![](http://pics.livejournal.com/kusobaba/pic/0002g0wt/s320x240)
Facendo un giro sul sito del Ministero dei Beni Culturali a caccia di un'idea per il pezzo della settimana ho letto una notizia che mi ha lasciata un po' di stucco: i primi di ottobre dovrebbe aprire al pubblico Vigna Barberini, una porzione di Palatino dove ho lasciato un pezzetto di cuore.
Calcolate che stiamo parlando della cima del colle, uno spiazzo con una chiesetta, un orticello, quel che resta di un tempio e poi un belvedere che affaccia direttamente sul Colosseo.
Non esiste punto migliore per ammirarlo, vi sembrerà di stare guardando un dipinto settecentesco.
Il magazzino dello scavo della Prof.sa P. si trovava proprio lì dietro.
Location scomodissima, quando dopo otto-ore-otto di scavo sotto il sole cocente di luglio dovevi macinare scalini sopra scalini imbracciando cassette cariche di cocci.
Eppure, alcuni dei miei ricordi più belli sono legati a quel posto, sia dal punto di vista universitario sia, soprattutto, umano.
Ho riso, pianto, imparato, mangiato, scherzato e perfino flirtato, lì.
Mi sono sentita fiera di me e mi sono odiata nel giro di poche ore.
Guardando una semplice foto mi sono sentita trasportare indietro di anni, scoprendo con stupore che alcune cose della vita di allora mi mancano più di quanto credessi.
Eppure, il rancore è ancora così forte che non credo che riuscirei a metterci piede.
Ho bisogno di altro tempo.
Prima o poi arriverà il giorno di settembre in cui troverò il coraggio di tornare lassù, senza scarpe da cantiere, senza terra tra i capelli.
Sovrapporrò la vecchia e la nuova me, come si fa con le piante disegnate sul poliestere.
Mi siederò da qualche parte a gambe incrociate e poserò a terra il fardello.
E lascerò che se lo riprenda la terra, seppellito dai passi degli ignari turisti.