Sep 12, 2011 12:58
Era notte fonda quando il signor Giebenrath, gli occhi arrossati dal lavoro giornaliero e dal troppo tempo speso accanto al camino scoppiettante, si mise a sedere al vecchio tavolo di famiglia, posando gli occhi sulla piccola montagna di lettere che giaceva, quasi abbandonata, davanti a lui.
Esaminandone una per una, come era solito fare quando lavorava, divise le raccomandate dalle lettere dei lontani parenti. Con una smorfia di tristezza notò che erano altre condoglianze, condoglianze espresse in poche parole d'inchiostro sulla fine carta da lettere. Un'altra pesava più delle altre: quando si accinse a strappare la ceralacca si accorse con sorpresa che non era diretta a lui, ma a Hans.
Le mani involontariamente cominciarono a tremargli: avrebbe voluto chiamare la vecchia Anna, ordinarle di disfarsi della lettera, magari di gettarla nel camino ancora acceso - ma solo una manciata di secondi dopo si trovò ad aprire la lettera, con estrema cautela, come se un tale gesto potesse far tornare in vita suo figlio.
Diede uno sguardo all'indirizzo, realizzando che proveniva, con ogni possibilità, dalla Foresta Nera.
Il mittente era un certo Hermann Heilner, un nome che era nuovo al signor Giebenrath, perché Hans non lo aveva nominato prima. Se ne sarebbe certamente ricordato, Joseph Giebenrath aveva una memoria di ferro, specialmente per gli affari.
La carta da lettere era sicuramente buona, almeno tre fogli, ma la grafia che le copriva era tutt'altro che ordinata: il signor Giebenrath dovette fare un notevole sforzo per comprendere ciò che vi era scritto.
Caro Hans,
mi dispiace non averti scritto prima, ma non mi è stato permesso avvicinarmi né alla penna, né al calamaio per almeno tre mesi, e la mia posta viene controllata giornalmente dal mio vecchio. Quando trovai finalmente un modo per inviare una lettera a Maulbronn, mi è giunta notizia che tu non c'eri più al seminario, ma che avevi fatto ritorno a casa.
Essere costretto a spendere l'intera giornata tra le quattro mura della mia nuova ed austera stanza mi ha concesso moltissimo tempo per pensare. Sai meglio di me quanto a me non piaccia pensare, non mi è mai piaciuto. Sei sempre stato tu il pensatore, eppure non hai mai pensato veramente con la tua testa, non è vero?
Se il rettore prima era genuinamente felice di non avermi più intorno, adesso posso immaginarmelo mentre si dispera, privato del suo migliore allievo in ebraico!
La vita del seminario non faceva per me, Hans, ma sicuramente a te donava di più. Io avevo cominciato ad odiare Omero, mentre a te interessava ogni giorno che passava.
Ma di questo ne sei ben consapevole, e non c'era bisogno dei fidati consigli del rettore per farti rendere conto di quanta cattiva influenza esercitavo su di te, sul suo alunno modello.
Non potendo scrivere, ho cominciato a pensare versi, e ad impararli a memoria, così come tu imparavi i passi dell'Odissea, per non dimenticarli quando avrei avuto finalmente della carta con me.
Ora che l'ho, sto scrivendo a te. Alcune delle cose che sto scrivendo le avevo in mente perfino dai tempi in cui ero ancora in seminario, e solo ora trovo il coraggio e la voglia di comunicartele. Non vis-à-vis, perché ciò è impossibile, ma la carta farà da tramite, sperando che un giorno tu possa rispondermi alla stessa maniera.
Ieri, mentre andavo in città col mio vecchio, sulla via del ritorno ho incontrato la ragazza di cui ti parlai una sera, quando mi raccontasti di tuo padre, dei tuoi studi e della pesca. E' cambiata da come me la ricordavo quando entrai in seminario, sicuramente più alta e più piena rispetto a come la figuravo nella mia mente. Mi ha solo buttato un'occhiata, e poi mi ha accuratamente evitato. E' stata lei a far scaturire in me la voglia di scriverti. Fino ad ora ho sempre e solo avuto il pensiero di scriverti una lettera, ma mai lo stimolo di farlo per davvero. Sono bravo solamente a comporre versi, questo lo sai meglio di me.
Mi sono reso conto di quanto mi manchi frequentare il seminario. Non intendo Maulbronn in sé, ma la desolazione e la pace del Waldsee, il silenzio notturno dei corridoi, la confusione dell'Ellade e perfino lo straziante violino di Emil Lucius. Talvolta ci penso e mi rendo conto di non essere stato molto intelligente nell'evadere quell'inferno, ma pur sempre inferno era.
Per te, al contrario, era il paradiso, non ho forse ragione? A te piaceva il greco, l'ebraico, il latino, perfino l'algebra.
A me piaceva sollazzarmi all'ombra dei salici, a perdere le ore preziose del pomeriggio assopito, dopo aver letto Lenau e Shakespeare. Tu invece sgobbavi, scommetto che sgobbi anche ora che non sei più in seminario.
Ieri, vedere Lisbeth, mi ha fatto capire moltissime cose. Una di queste è che non mi è mai mancato il seminario, ma mi è mancato il tempo che ho trascorso assieme a te, perché delle lezioni non mi interessava nulla, perché Omero lo conosco anche senza le loro vuote spiegazioni dietro ad ogni suo verso.
Ti parlai di lei perché Dunstan parlava sempre di ragazze, soprattutto di quelle che aveva a casa sua. Ma a me della bruna Lisbeth non è mai importato nulla. Non pensavo a lei quando rischiavo l'espulsione per averti accompagnato nelle tue passeggiate giornaliere, e certamente neanche a te è mai interessato parlare di ragazze.
Mio padre vuole che io faccia il notaio. Quello che non sa, povero diavolo, è che ho trovato un'affascinante corda nella soffitta, adatta ai miei scopi. Non c'è bisogno che ti scriva per filo e per segno le mie intenzioni, vero Hans? Sei abbastanza intelligente per capirle da te, nonostante tutta la segatura con cui ti hanno riempito la testa. Non mi riesce di immaginarmi col viso vecchio e rugoso, non sono nemmeno abile a far di conto. Ma tu farai strada, Hans. Tu non sei un perdigiorno come me.
Ma scrivimi! Scrivimi comunque, anche non potrò leggere nulla di quello che avrai scritto! Per me è fondamentale che tu lo faccia, Hans, perché potrai confessarmi tutto l'astio che non mi hai mai riferito quando avevi la possibilità di farlo, probabilmente perché non era nel tuo stile. Potrai urlarmi mesi di supplizio, e io non dovrò leggerlo e averne a male. Scrivimi Hans, scrivimi anche adesso, ché la tua grafia è sempre stata più ordinata e curata della mia, dannato calligrofilo.
Ti ho amato come un fratello, piccolo Giebenrath, e spero di non rivederti presto.
Hermann.
hermann hesse,
unterm rad,
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