Titolo: Pull Me Under
Fandom: Original
Rating: G
Conteggio parole: 970
Disclaimer: Mio! Miei! Tutto mio! Anche se grandemente ispirato a Metal Gear Solid…
Note: 1- Chi sa chi è Eric Finch?
2- Non parlo croato, ho usato un traduttore, quindi potrebbe esserci qualche errore…
I'm not the same kid
I was when I was younger
I just thought you should know
I'm not the same kid
I was when I was younger
I just thought you
I just thought you should know
Senses Fail, Still Searching
Ripartirono al mattino successivo che era ancora presto. Doug rifiutò l’offerta di Astor di dargli il cambio e guidò sicuro, addentrandosi sempre più nello Stato della Pennsylvania. Era un po’ brusco e pensieroso e Astor decise di non parlare. Nei pressi di una cittadina di nome Lock Heaven, Doug indicò la loro destinazione con un cenno: un piccolo aeroporto turistico su una distesa di verde, sabbia e cemento; fuori dall’hangar principale un paio di uomini si affannavano intorno a un Lincoln biplano azzurro acceso. Doug parcheggiò non distante e si avviò verso i due meccanici: -Vieni.
Astor si attardò scendendo dalla macchina per guardarsi un po’ intorno. Il campo di volo era deserto, forse per l’ora, forse per il tempo: il cielo era leggermente coperto e l’aria grigia.
-Cas Banac?- chiese Doug nel frattempo ai due meccanici e Astor si affrettò a raggiungerlo.
-Dentro.
-Vuoi lasciare il paese con un aereo turistico?- domandò Astor a bassa voce, affiancandoglisi.
-Certo che no! Non siamo mica contrabbandieri. Ti servono documenti falsi e ho un amico che può aiutarci. Scegli un nome.
-Uh…- rispose Astor, sistemandosi gli occhiali -d’accordo…
Entrarono nell’hangar e quasi immediatamente un uomo venne loro incontro: -To je ljepo vidjeti, moi prijateli!
L’uomo aveva capelli scuri, una barba di una settimana e un aspetto decisamente pericoloso. Se gli fosse venuto incontro in quel modo in metropolitana, Astor gli avrebbe consegnato il portafogli, ma doveva ammettere di non essere molto coraggioso.
-Draji prijatelju!- rispose invece Doug e i due si abbracciarono scambiandosi pacche sulle spalle e altre parole in quella lingua sconosciuta.
-Cosa posso fare per te amico? Sei venuto a fare un ripasso di lingua prima di ripartire?- chiese l’uomo ammiccando. Doug distolse lo sguardo, come improvvisamente a disagio e si prese un paio di respiri prima di rispondere: -No, ho bisogno di un’altra delle tue abilità. Il mio compagno di viaggio ha bisogno di documenti. Questo è Cas- spiegò ad Astor, -Eravamo commilitoni.
Cas Banac osservò il rosso e quando ricominciò a parlare quella strana lingua con tantissime i, Astor era certo che stesse domandando spiegazioni. Doug rispose con fermezza e Cas si arrese.
-Hai il passaporto?- domandò ad Astor.
-No.
-Rifalli tutti, non usare i vecchi come base: voglio essere sicuro.- intervenne Doug
-Costerà di più.
-Farai un favore a un vecchio compagno d’armi.
-Te ne ho già fatti parecchi in Croazia…Hai sentito? Bobetko è morto. Kurvin sin!- Cas scosse la testa e si accense una sigaretta, offrendone poi agli altri -Davvero non stai per partire? Ci avrei giurato…
-Ho le mie ragioni.- rispose Doug, e stavolta l’argomento era chiuso.
Banac si rivolse ad Astor: -Come vuoi che ti battezzi, amico?
-Eric Finch.- rispose il rosso senza esitazione. Gli altri due si scambiarono un’occhiata. Doug alzò gli occhi al cielo come irritato e gli si avvicinò, costringendolo ad indietreggiare di alcuni passi. -C-Che c’è?
-Sei sicuro? Dev’essere un nome a cui nessuno che ti conosce potrebbe pensare. Niente nomi di vecchi amici o di attori preferiti, chiaro?
-Ah, allora non va bene, è un personaggio di…non importa.
Doug alzò le sopracciglia e incrociò le braccia, in attesa.
-Ehm, è difficile se mi guardi così…- si scusò Astor, sforzandosi di pensare. Doug sbuffò. Quando era bambino uno dei figli dei vicini aveva i capelli rossi. Come si chiamava? Rex? Oppure…-Che ne dici di Ray? Come Raymond…
Astor rimase colpito: -Ok. Per il cognome, va bene Chandler? Raymond Chandler, mi piace.
-Ray.- Doug fece un mezzo sorriso.
-Ce l’avete fatta? Allora possiamo festeggiare!- esclamò Banac, facendo loro cenno di seguirlo nel suo ufficio.
Si fermarono a mangiare a una tavola calda vicino a una stazione di servizio sull’interstatale 80. Il tempo si era rimesso: forse nel pomeriggio il piccolo Lincoln azzurro cielo avrebbe potuto decollare dal campo di volo.
-Eravate insieme nell’esercito?- chiese Ray finendo il suo pancake.
-Non proprio. Cas era un pilota. Ci ha affiancato in Croazia come interprete: i suoi nonni erano di Zagabria. Una volta lasciata l’aeronautica militare si è dedicato ad attività, per così dire, alternative.
Doug sembrava più disteso ora. Si guardava attorno con calma e questa volta spiegò a Ray dove aveva intenzione di dirigersi. In realtà un posto valeva l’altro: ora che Ray aveva dei documenti falsi erano relativamente al sicuro, a meno che non incrociassero qualcuno che lo conosceva di persona, e questo era piuttosto improbabile da quando avevano lasciato New York.
Se gli uomini del programma LANGOSTA non li avevano seguiti fin lì, era possibile che se li fossero lasciati alle spalle definitivamente. Quanto alla polizia, probabilmente ricercava Astor Baüer per interrogarlo, ma i detective avrebbero pensato per prima cosa che fosse nascosto dai genitori. Comunque non sarebbe stato male dare un’occhiata ai giornali per farsi un’idea di come si vano muovendo gli investigatori. Ray tirò fuori il portatile e si allacciò alla connessione del locale.
-Ci metto un attimo.- disse, e dopo un minuto stavano fissando la foto di un sorridente Bertrand Russel e un articolo sulla sua morte. Ray sussultò e ammutolì. Si sentiva accaldato e aveva la bocca piena di saliva. Schizzò fuori dal locale mentre Doug ancora si domandava se fosse stata la foto o il titoletto (‘Giovane programmatore ucciso con due colpi di pistola’) a fargli effetto. Lo raggiuse fuori che stava finendo di rimettere la colazione. Lo raddrizzò e gli diede qualche pacca sulla schiena.
-Sembrava felice. Io non l’ho mai visto felice. Pensavo non lo fosse e che quindi…- cominciò Ray, ma Doug lo interruppe subito: -Non è stata colpa tua.- ‘Non è stata colpa tua’ si ripetè, tra sé e sé.