Questa è la prima categoria aperta, promptate, miei intrepidi kinkers!
Fuoco alle polveri e si dia inizio alle danze! \o/
Ricordo che:
1. Un prompt per commento
2. Promptate nel MACRO apposito
2. Fandom - Pairing - Rating vanno nel Titolo
3. Kink e spiegazioni varie nel Commento
DOCTOR WHO/TORCHWOOD GAME OF THRONES/A SONG OF ICE AND FIRE GLEE INCEPTION
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Ma non è questo il rischio che corre adesso, mentre affonda nel corpo di Robb fino a dimenticare un tempo in cui quello non era naturale, in cui non conosceva il piacere di sciogliersi nel calore di un’altra persona. Il rischio è esattamente quello per cui ad un Guardiano della Notte è proibito - almeno in teoria - prendere una donna: quello di dimenticare il cuore nel suo letto. Ed è nel letto di un Re - sul suo petto, tra i suoi capelli, nella sua bocca - che Jon lo sta lasciando.
«La vita di un uomo dei Guardiani della Notte appartiene al reame. Non appartiene a un Re o a un lord… Un uomo dei guardiani della notte non prende moglie, non genera figli. La nostra moglie è il dovere. La nostra amante è l’onore» aveva detto il vecchio orso Mormont, prima che lui prestasse giuramento.
Sulle labbra di suo fratello, Jon si accorse di averlo infranto. Quel giorno e ancora prima di pronunciarlo, tutte le notti della sua veglia e tutte quelle a venire.
Era arrivato a Grande Inverno sul calar della sera, sotto una leggera nevicata. Dopo tre anni di lontananza, mai visione gli era parsa più dolce di quella delle torri che si profilavano lentamente all’orizzonte.
Robb gli aveva fatto portare cibo caldo e vino dell’estate, si era seduto con lui al tavolo e l’aveva intrattenuto a lungo.
«Hai freddo?» gli aveva chiesto di punto in bianco, posando una mano su una delle sue, guantate. «Chiederò di ravvivare il fuoco»
«No» Per abitudine, lui le teneva sempre coperte. In quel momento le aveva snudate, rivelando prima la sinistra - quella sana -, poi l’altra.
Robb non aveva fatto una piega alla vista della pelle brunita e contorta, solo una piccola ruga al centro della sua fronte liscia aveva palesato la sua preoccupazione. Jon l’aveva piegata davanti ai suoi occhi per mostrargli che l’uso, malgrado l’aspetto, non era stato compromesso.
«Com’è successo?» gli aveva chiesto allora suo fratello, sfiorando senza traccia di repulsione la carne martoriata. Jon glielo aveva raccontato.
«Quando andasti via con zio Benjen, mi dicesti che il nero era il tuo colore preferito. Lo è ancora?» lo aveva interrogato poi il Re del Nord, stropicciando una delle sue maniche, e lui aveva capito cosa gli stesse domandando: era pentito? Avrebbe voluto essere al suo posto? Lo detestava per questo?
Jon aveva fissato la corona ancora buttata a terra. Sembrava pesante; in tutti i sensi. «Ci sono molte cose che desidero e non potrò mai avere, Stark». Aver parlato un ultima volta con il loro padre, aver scoperto chi era sua madre, poter portare lo stesso nome dei suoi fratelli, non vergognarsi delle sue origini, a volte aveva perfino desiderato essere un uomo - magari un cavaliere - qualsiasi. «Essere al tuo posto non è tra queste» gli aveva assicurato senza mezzi termini.
Suo fratello gli aveva stretto brevemente la mano, accarezzandogli il dorso sfigurato con il pollice.
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Jon rallenta per puro dispetto, si tira su in ginocchio, gli afferra i fianchi e lo tiene fermo. Suo fratello ringhia, frustato, con un colpo di reni si mette seduto e lo spinge forte sulle spalle, riuscendo a buttarlo giù. Un attimo dopo è sopra di lui, a cavalcarlo, aperto come una puttana, dominante come un re.
Lui lo osserva gettare indietro il capo, dondolare i fianchi quasi troppo veloce per essere sopportabile, e lo vede bianco, forte ed implacabile, come il nord. Re dell’Inverno lo chiamano anche. Jon l’inverno lo conosce, quello vero, quello oltre la Barriera, quello che è tenuto a sorvegliare. Robb gli somiglia un po’ troppo; stesso fascino ineluttabile, pericoloso.
La foresta era come la ricordava, aveva riconosciuto ogni albero, ogni sentiero. Lui e Robb avevano lanciato i cavalli al galoppo e gareggiato fino a raggiungere il fiume, con Spettro e Vento Grigio al loro fianco, concorrendo anch’essi.
«Quanto resterai?» gli aveva chiesto suo fratello, quando si erano fermati.
«Una settimana, forse due, non di più».
Robb si era accigliato. «Troppo poco, sarà sempre troppo poco».
«Tornerò tra qualche mese, per il tuo matrimonio» aveva voluto rassicurarlo Jon, ma questo non era parso essere utile, affatto.
Il respiro di Robb è tranquillo, sul suo petto. Il suo corpo pesa - non è certo quello di un ragazzino, ormai - ma non importa.
«Com’è lei?» si ritrova a chiedergli.
«Chi?» risponde suo fratello, la voce soddisfatta, assonnata.
«La tua futura sposa».
Lui sta zitto così a lungo che Jon arriva a pensare che non voglia rispondergli, o che si sia addormentato. «Intelligente, discreta, abbastanza simpatica. Non è una bellezza, ma non è nemmeno spiacevole da guardare. Una ragazza normale, amabile» rivela infine. Poi si stringe a lui e per qualche secondo sembra il quindicenne che ha lasciato tre anni prima per andare sulla Barriera.
Jon sente la gola chiudersi in un nodo. Preferirebbe che la Frey che ha scelto fosse un po’ più bella e un po’ più antipatica; sarebbe più facile odiarla.
«Un giorno, quando i miei figli saranno adulti e mia moglie si sarà stancata di me, abdicherò e salirò sulla Barriera» dice all’improvviso Robb, il suo tono è onesto, determinato, adulto, ma la promessa è quella di un ragazzino.
«Non dire cose di cui potresti pentirti» lo redarguisce lui.
«Pentirmi di raggiungere te? Impossibile» dichiara.
Jon osserva i loro corpi intrecciati, disseminati di segni inequivocabili. Sono due bambini che giocano a fare gli adulti, o due adulti che giocano a fare i bambini? Vorrebbe avere una risposta. Vorrebbe chiedergli di essere delicato con il cuore che, in attesa che lui glielo riporti, sta lasciando lì.
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