On Air: "La Vie en Rose" - Edith Piaf

Jul 16, 2008 19:22



Mi guardò confusa dal mio invito di restare con noi, a casa mia, per pranzo. Probabilmente la trovò una cosa fuori luogo, molto più di quanto la trovassi io. Ma cosa avrei dovuto fare? Avevo già accettato l’invito di Roxanne, liquidarla per andare a mangiare un sufflè al cioccolato, visto il nostro rapporto di lavoro, mi sembrava inadeguato, e deludere mia figlia mi avrebbe fatto star male tutta la giornata.
“Beh” - sorrise, per la prima volta nei suoi occhi vidi un leggero velo di imbarazzo, il che mi fece capire che sì, anche lei era un essere umano come noi, nonostante tutto - “adoro il cioccolato, sarò ben lieta di gustare le prelibatezze di tua figlia” - appoggiò una mano sulla mia spalla per ritrarla due istanti più tardi.


“Bene allora dai, entrate in casa e accomodatevi” - Serena era festosa come non mai, era da quando ci eravamo trasferiti in Francia che non invitava nessuno per pranzare con noi, aveva lasciato tutti i suoi amici dall’altra parte dell’universo, non era stato facile per lei ambientarsi a Parigi, cambiare abitudini e stile di vita ma ribadiva sempre (e molte volte non con ironia) che mi avrebbe seguito in capo al mondo per tenermi d’occhio. La sua apprensione e il suo modo di dimostrarmi costantemente che mi adorava almeno quanto io adoravo lei, mi rendevano una persona migliore, mi davano forza e coraggio.


Entrammo in casa, la mia cucina non era sicuramente di lusso, non il lusso a cui era abituata una come Roxanne per lo meno.
“Ti chiedo scusa per il disordine e per beh.. per le condizioni precarie della mia casa” - sorrisi mentre ci sedemmo a tavola.
“E’ molto carina invece Eric” - si guardò rapidamente intorno - “è accogliente e calda ed è..familiare” - annuì seriamente abbassando la testa un attimo per poi riprendere a guardarmi dritto negli occhi - “i mobili possono essere costosi e pregiati quanto vuoi, ma se non hai una persona cara con cui condividerli diventano molto freddi” - quel velo di malinconia nella sua voce mi fece trasalire appena, era una donna famosa eppure si sentiva sola.


“Allora di che parlate?” - mia figlia arrivò al momento giusto per risollevare l’animo di entrambi, le diedi una mano a servire le porzioni e mi riaccomodai al mio posto.
“Parlavamo della nostra casa, Roxanne a quanto pare la trova molto carina” - presi una cucchiaiata di cioccolata e la portai alla bocca, tenendo lo sguardo fisso sul tavolo.
“Papà” - sbuffò appena contrariata - “la nostra casa E’ carina, non ci manca niente, abbiamo una cucina, i letti, un bel bagno, dei divani ed una bella tv” - poi fece una pausa e si voltò verso Roxanne - “mio padre è fissato di non potermi dare la casa dei miei sogni, come se una donna per essere felice avesse davvero bisogno di parquet e soprammobili d’oro!” - bevvi un sorso d’acqua ripensando alle parole di pochi istanti prima, sicuramente la mia collega e mia figlia sarebbero andate molto d’accordo.
“Concordo pienamente” - obbiettò Roxanne - “questa è una casa vissuta e si vede” - sospirò - “se vedeste la mia..sembra un museo” - rise e noi con lei.


“Di cosa ti occupi tu Roxanne” - ecco arrivata la domanda da un milione di dollari, sobbalzai facendomi andare di traverso l’ultima porzione di cioccolato mentre la donna al mio fianco mantenne tutta la compostezza possibile.
“Organizzo spettacoli per ‘la vie en rose’, insomma li organizza il mio capo io, come ti ho detto, sono solo una vice presidente” - si pulì le labbra tamponandole delicatamente con un pezzo di Scottex, tra le sue mani ogni oggetto pareva avere una classe infinita, persino un fazzolettino di carta dei grandi magazzini.
“Solo?! Accidenti! Io ho fatto Biancaneve in quinta elementare..cioè Biancaneve era una mia compagna, a me avevo dato la parte della mela!!” - scoppiarono entrambe a ridere mentre io le guardavo con una punta di felicità, mi piacevano insieme, Rox sarebbe stata un ottima madre per Serena, ma naturalmente ciò che pensavo era totalmente fuori da ogni logica.


Parlammo, anzi parlarono per un infinità di tempo, prendemmo una seconda porzione di soufflè, il caffè e l’ammazza caffè durante tutta la chiacchierata e le due arrivarono a scoprire di avere una passione comune: il pianoforte.
Entrambe avevano seguito lo stesso corso di musica con lo stesso professore anche se naturalmente in anni differenti.
“La prossima settimana il professor Zimmer terrà un concerto proprio in teatro” - esordì Roxanne, entusiasta.
“Si, ho saputo e ho saputo anche che i biglietti sono andati tutti esauriti nella prima settimana di vendita” - sospirò tristemente Serena.
“Beh, come sapete io conto qualcosa in quel posto” - ci guardò entrambi mentre io avevo già capito la proposta che la donna si accingeva a fare, Serena iniziava a far brillare gli occhi dall’emozione.
“Oddio, non dirmi che potresti procurarmi un biglietto!” - naturalmente era ovvio che poteva, così, con il mio permesso si misero d’accordo per incontrarsi alla vie en rose la settimana successiva.


“Ti ringrazio davvero Roxanne, non immagini che piacere enorme mi hai fatto, a mercoledì!!” - si era fatto veramente tardi, Roxanne decise che era arrivata l’ora di andare e, dopo aver salutato Serena l’accompagnai alla porta.
“Non ti da fastidio vero, se porto tua figlia al concerto, non le accadrà niente, te lo prometto” - mi diede una carezza sulla guancia che mi provocò un brivido lungo la schiena, avrei dovuto dirgli che non era nei miei principali desideri far uscire mia figlia con una prostituta ma naturalmente non ne ebbi il coraggio.
“No, davvero. Nessun problema, ti prego solo.. beh se potresti evitare di tenere lontani i tuoi clienti, sai è una ragazzina” - glielo dissi tutto d’un fiato, non mi spiegai nemmeno come mi nacquero quelle parole, ma Serena per me era tutto, cercavo solo di proteggerla, Roxanne al contrario di ciò che mi aspettavo, rise divertita.
“Eric so quello che faccio, quante volte devo ripeterti di non sottovalutarmi? E comunque, se vuoi unirti anche tu a noi” - mi guardò sensualissima - “mentre tua figlia guarderà Zimmer, saprò io come evitare di farti addormentare a suon di note”.
Mi guardai intorno, imbarazzato e irritato allo stesso tempo la trascinai verso la sua macchina - “Ma che cosa dici!! Credevo ti fosse passata quella stramba idea” - borbottai sottovoce per evitare di farmi sentire da orecchie indiscrete.
Sorrise ancora più seducente - “Mi diverte un mondo provocarti” - ammise - “sei così..fragile”.
E con quelle parole salì sulla sua auto e se ne andò, lasciandomi per l’ennesima volta quell’amaro in bocca e quella voglia di averla che mai avrei soddisfatto.

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