Title: ‘Pillow talk (In your own way)’
Author:
jen_jmPairing: Zlatan Ibrahimović/Davide Santon
Rating: PG-13/R
Category: slash
Word count: circa 2,600
Warnings: linguaggio
Disclaimer: se mi appartenessero-- meglio che non finisca questa frase. Non sono miei, punto.
Author’s Notes: sequel di
Too much e
Not enough, la cui lettura è vivamente consigliata per capire di cosa parlano questi due.
Summary: “Che succede? […] Ti manca casa?” - “No, idiota,” sbuffa fuori Davide un po’ divertito, ma il suo sorriso svanisce immediatamente. “E’ successo un casino,” aggiunge, e Zlatan aspetta che continui. “Con Mario.”
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“Che ci fai qui?” chiede Zlatan non appena apre la porta e si trova davanti Davide.
“Cos’è, posso venire qui solo quando mi inviti tu?” ribatte lui irritato e un po’ deluso da quell’accoglienza non proprio gioiosa, anche se in fondo un po’ se l’aspettava. “Mario e gli altri stanno facendo casino di sopra, volevo un po’ di tranquillità.”
“Non ti hanno chiesto dove te ne andavi in pigiama?” Zlatan si sposta per lasciarlo entrare ma a quelle parole Davide esita.
“Ho detto che andavo a fare due passi,” si giustifica incerto e alla fine si decide ad entrare nella stanza.
“E ci hanno creduto?” Zlatan richiude la porta e vi si appoggia, incuriosito.
In risposta, Davide alza le spalle e si guarda attorno per qualche attimo. Il letto è quasi intatto, fatta eccezione per le increspature del copriletto, segno che Zlatan era sdraiato fino a poco prima, probabilmente a guardare la tv. Di José nessuna traccia.
“Speravi di interrompere qualcosa?” scherza lo zingaro scuotendo il capo. “Ti avremmo chiamato, sai?”
“Non sono qui per quello,” risponde Davide un po’ imbronciato, ma non si ribella quando Zlatan gli passa un braccio intorno alla vita. “So che ti sembrerà incredibile, ma non penso solamente al sesso. Ho anche altre cose per la testa.”
“Peccato, stavo già pensando di trovarti qualche soprannome carino che facesse rima con puttana,” gli mormora Zlatan all’orecchio, per ritrovarsi poi ad imprecare a voce alta quando Davide gli pianta un gomito nelle costole
“Sei uno stronzo,” sbotta avviandosi piano verso la porta, furioso.
Giusto il tempo di riprendersi dal colpo e Zlatan lo ferma, afferrandogli il braccio. “Stavo scherzando, Dade,” gli dice con un sorrisetto strafottente. “Non fare il bambino.”
“Vaffanculo.” È tutto ciò che Davide gli concede, cercando di liberarsi, e quando lo zingaro lo blocca passandogli un braccio intorno al petto, lui cerca di morderlo.
“Piantala!” Zlatan ride, cercando di evitare la presa dei suoi denti, ma quando non ci riesce e li sente affondare appena sopra il polso, lo lascia andare di scatto, imprecando di nuovo. “Ho detto che scherzavo, hai finito di massacrarmi?”
“No,” borbotta Davide indispettito, ma non prosegue verso la porta. “Sei ancora uno stronzo.”
Zlatan gli si avvicina con un sorrisetto e alza gli occhi al cielo quando lui fa un passo indietro. “Falla finita, dai,” tenta, ma l’altro non sembra volergli dar retta. “E va bene, fa’ come vuoi, torna su dagli altri.”
“Non ci voglio tornare, su,” mormora Davide più a se stesso che a Zlatan, che nel frattempo si è sdraiato di nuovo sul letto e ha già il telecomando in mano. Senza dire una parola raggiunge la poltroncina accanto al comodino e si siede, rivolgendo gli occhi alla televisione.
Zlatan lo guarda con un sopraciglio inarcato e aspetta che lui si volti, ma il ragazzino non lo fa, ostinato. Dopo qualche minuto di snervante silenzio, interrotto dalla tv che nessuno dei due sta davvero ascoltando, Davide tira su i piedi sulla sedia e si abbraccia le gambe in un gesto solo apparentemente infantile, ma che fa trasparire che sì, deve averle davvero parecchie cose per la testa. E Zlatan si sente davvero uno stronzo, per una volta.
“Ehi,” lo chiama piano, la sua voce spoglia dell’arroganza di prima. “Vieni qui, dai.”
Davide lo guarda di traverso per diversi secondi, aspettandosi che scoppi a ridere o che faccia un’altra delle sue uscite da bastardo quale è, ma il ragazzo rimane semplicemente in silenzio, aspettando una sua mossa. E Davide alla fine si arrende e si sdraia sul letto, lasciando però qualche centimetro tra loro per sottolineare che ce l’ha ancora un po’ con lui.
Quello che non si aspetta davvero è che Zlatan gli infili un braccio sotto il collo e che se lo tiri contro, annullando di fatto quella distanza. Il ragazzino lo lascia fare e affonda il viso contro la sua spalla, grato nonostante tutto di quel contatto a suo modo affettuoso.
“Scherzavo davvero, prima,” gli ripete lo zingaro e questa volta il tono è sincero, come se si fosse reso conto che Davide forse - forse eh, Zlatan, testa di cazzo che non sei altro, gli suggerisce la voce di José nella testa - ha bisogno di sentirsi qualcosa di più che una scopata, che forse si è presentato lì perché di Zlatan si fida. “Che c’è che non va?”
“Non credo che ti interessi,” risponde semplicemente Davide senza guardarlo. “Stronzo,” aggiunge dopo qualche secondo, come se ci avesse riflettuto su.
“Se ti tratto male sono uno stronzo, se cerco di trattarti bene sono comunque uno stronzo.” Zlatan gli afferra il mento e lo fa voltare, senza però stringere la presa. “Che devo fare, mh?”
Davide abbassa lo sguardo a quelle parole e il sorriso dell’altro si spegne un po’. Non ci pensa su troppo, china il viso e lo bacia, sentendolo sbuffare una protesta contro le sue labbra e tirarsi indietro.
“Il mister--” inizia Davide, ma viene fermato dalla risata di Zlatan, che stavolta è di genuino divertimento e per poco non contagia anche lui.
“Sai, penso che tu possa iniziare a chiamarlo per nome, a questo punto,” suggerisce accarezzandogli il labbro con il pollice, un gesto che inizia a piacergli per qualche motivo che non si sa spiegare razionalmente.
“Fa strano,” obietta Davide senza tanta convinzione.
“Ti ci abituerai,” gli risponde lui con una lieve scrollata di spalle, e il ‘ne avrai di tempo, non vai da nessuna parte’ rimane sottinteso. “E comunque, non c’è bisogno del suo permesso.”
“La pensa così anche lui?” chiede il ragazzino con un’espressione sarcastica che gli arriccia le labbra e che fa venire a Zlatan la voglia di baciarlo di nuovo, senza troppe spiegazioni.
“Se vuoi puoi chiamarlo e chiederglielo,” propone lo zingaro, lasciandosi cadere pigramente sul cuscino.
Davide sembra pensarci su per qualche secondo, poi decide che forse è meglio evitare di disturbarlo. Soprattutto perché se Zlatan sta davvero cercando di essere civile con lui, vuole goderselo da solo, José ne ha già avuto il tempo, in fondo. Quel pensiero lo sorprende un po’ e per un attimo si sente anche in colpa per quella fitta di egoismo, però se ne dimentica quando il ragazzo lo bacia di nuovo, e lui questa volta non si oppone. Si rilassa contro il suo fianco e poco dopo infila una mano sotto la maglietta di Zlatan, prendendo ad accarezzargli lo stomaco senza malizia, solo per avere il contatto della sua pelle sotto le dita.
Quando si tira indietro è un po’ più rilassato e chiude gli occhi, cercando di fare ordine nella testa.
“Che succede?” chiede ancora Zlatan vagamente impaziente, ma va bene così, non sarebbe lui se si limitasse a coccolarlo. Davide quasi ride quando l’associazione Zlatan-coccole fa capolino nella sua mente, ma provvede a non dare sfogo a questo impulso. È una bella sensazione stare lì, stretti al suo corpo e con il suo braccio attorno alle spalle, per una volta senza litigare o stuzzicarsi, o farsi prendere per il culo per quanto è diventato sentimentale. “Ti manca casa?”
“No, idiota,” sbuffa fuori Davide un po’ divertito, ma il suo sorriso svanisce immediatamente. “E’ successo un casino,” aggiunge, e Zlatan aspetta che continui. “Con Mario.” C’è un minuto intero di silenzio, poi un sospiro quasi impercettibile che il ragazzino nemmeno si rende conto di aver esalato. “Mi ha baciato.”
“Come, prego?” Zlatan sbatte le palpebre una decina di volte, cercando lo sguardo di Davide senza però riuscire ad incontrarlo. “Stai scherzando?”
“Nelle docce,” risponde solamente l’altro, confermandogli che no, non sta scherzando. “Adesso fa finta che non sia successo nulla e non so come comportarmi,” spiega, spingendo via quella sensazione che gli attanaglia lo stomaco e che gli sconsiglia vivamente di confidarsi con Zlatan, perché forse non è proprio una buona idea visto quello che hanno, qualsiasi cosa sia. “Non sfottere.”
“Nemmeno io sono così stronzo,” ribatte lui chiaramente offeso, poi allo sguardo eloquente di Davide, che lo guarda finalmente in faccia, si lascia sfuggire un mezzo ghigno. “Va bene, lo sono. ‘Fanculo. Non lo sono adesso.”
“Perché sei uno stronzo bipolare, ecco perché,” borbotta Davide, abbozzando un sorriso, sollevato dal fatto che il ragazzo non paia intenzionato a rovinare quel momento. “Comunque è una cosa stupida, passerà, volevo solo-- non lo so, dirlo a qualcuno. Mi sta tirando scemo.”
“Vuoi che parli con lui?” L’offerta di Zlatan lo sorprende e quando lo guarda negli occhi nota una scintilla di irritazione che lo inquieta. “Non mi va che sia in giro a molestarti.”
“Ma non è in giro a molestarmi, imbecille,” sbotta Davide e si sente arrossire appena a quell’eccesso idiota di cavalleria che pare uscito dal nulla e che poteva rimanerci, a suo parere. “Quasi nemmeno mi parla.”
“Allora qual è il problema?” Zlatan aggrotta le sopraciglia, genuinamente confuso e ancora innervosito all’idea che Mario possa aver allungato le mani su Davide. Che è il loro Davide, ora. Poi un’idea gli fa capolino subdola nella mente e la sua rabbia aumenta di un po’. “Lui ti piace? È per questo che sei in crisi?”
“No. Sì.” Davide fa una lunga pausa, incerto su cosa dire. “E’ tutto troppo incasinato. Lo sai che gli voglio bene, cazzo, lo sa mezzo mondo, e adesso nemmeno mi guarda in faccia.”
“Gli passerà,” risponde Zlatan con un tono che tradisce quanto stia facendo ricorso alla sua esigua scorta di pazienza per portare avanti quella conversazione. “E comunque a José non dire niente, non gli renderebbe la vita troppo facile.”
“Perché dovrebbe?” Davide lo guarda onestamente confuso e per un attimo il ragazzo vorrebbe schiaffeggiarlo.
“E’ un tipo possessivo, nel caso tu non l’avessi notato,” gli ricorda Zlatan con una punta di sarcasmo esasperato.
“Sì, ma sai quanto gliene può fregare se Mario mi caccia la lingua in gola,” insiste Davide con un’occhiataccia infastidita dal suo modo di fare, come se Mario avesse fatto un torto a lui. “Io tra voi due ci sono capitato per caso.”
“E’ incredibile come non tu non capisca mai un cazzo,” ride Zlatan e la sua rabbia sembra affievolirsi. “Tu, tra noi due, ci sei perché ti vogliamo.”
“Detto da te è proprio credibile,” sbotta Davide e si libera della sua presa senza preavviso, ma non appena si è messo a sedere si blocca.
“Sei libero di non crederci, ma pensi che sarei stato qui ad ascoltare le tue lagne se non me ne fregasse un cazzo di te?” lo rimbecca Zlatan, rendendosi conto della pessima scelta di parole solo quando legge la rabbia sul viso dell’altro.
“Bel modo di dimostrarlo,” mormora Davide alzandosi in piedi, ma prima che possa allontanarsi, Zlatan gli afferra un braccio e lo tira di nuovo giù sul letto. “Vaffanculo, lasciami.”
Lo zingaro stringe la presa e Davide si volta e lo morde di nuovo, nello stesso punto di prima, ma questa volta Zlatan impreca senza lasciarlo andare nonostante la stretta sia più decisa e dolorosa. Lo ribalta sotto di sé e gli blocca i polsi sul letto con una mano, mentre porta il braccio ferito fuori portata.
“Sei un selvaggio, cazzo,” sbotta guardando i tagli provocati dai denti del ragazzino, il quale si calma e smette di scalciare non appena vede il sangue. Zlatan si nemmeno ci fa caso, semplicemente si alza e se ne va in bagno, imprecando sottovoce. “Torna su da Mario, magari puoi staccargliela a morsi la lingua la prossima volta,” lo apostrofa furioso dall’altra stanza.
Davide lo raggiunge qualche secondo dopo, incerto su cosa dire e mortificato per avergli fatto sul serio del male. Nello specchio sopra il lavandino, vede Zlatan indirizzargli uno sguardo scocciato e furibondo, ma cerca di non farsi intimorire. Si sente in colpa sì, perché nonostante il suo atteggiamento di merda e la mancanza di tatto, il ragazzo è stato a sentirlo e ha anche cercato di dargli una mano, a modo suo.
“Smettila di fissarmi,” sbotta Zlatan, per poi soffiare una scia di parolacce a denti stretti quando versa il disinfettante sulla ferita.
A quel punto Davide si fa avanti senza una parola e recupera la garza per fasciarlo, perché sanno entrambi che - anche se la ferita, alla fine, non è chissà cosa - lasciarla scoperta vorrebbe dire dover spiegare un morso sul braccio, e non sarebbe facile. Lo fascia con attenzione e senza incontrare il suo sguardo, concentrandosi nel reprimere quella fitta allo stomaco che gli sta troncando un po’ il respiro.
Una volta finito, fa per voltarsi e andarsene, ma Zlatan nota i suoi occhi lucidi e lo ferma, questa volta con delicatezza. “Smetti di fare il bambino,” gli sussurra abbracciandolo da dietro. “Sei una testa di cazzo, ma non cambia quello che ho detto.”
“Che sopporti le mie lagne perché tu e José possiate scoparmi?” offre Davide, ma si sente ancora in colpa e non prova nemmeno ad arrabbiarsi.
“Che me ne frega qualcosa di te,” lo corregge Zlatan pizzicandogli il fianco a mo’ di rimprovero. “E l’ho espresso da deficiente, va bene. Ma cazzo, non mi piace fare questi discorsi, e lo sai.”
“No che non lo so,” insiste Davide testardo, ma si lascia guidare al letto. “Tutto quello che so per certo su di te è che sei uno stronzo.”
“Sì, però sono uno stronzo che ti vuole bene, Dade,” gli mormora Zlatan con un sorrisetto e per una volta lui riesce quasi a credergli.
“Hai uno strano modo di voler bene alla gente,” borbotta Davide, sdraiandosi sulla schiena.
Zlatan gli è accanto un paio di secondi dopo, silenzioso e con gli occhi puntati alla tv. Non fa nessun movimento per cercare di tirarselo vicino o per guardarlo e il ragazzino si morde un labbro, incerto. Dopo qualche minuto si decide e si accoccola contro il suo fianco, ignorando lo sguardo interrogativo che riceve in quel momento.
“Devo tornare su,” mugugna contro la sua spalla, chiaramente non entusiasta della cosa.
“Dormi qui,” gli propone Zlatan con un sospiro stanco. “C’è abbastanza spazio, Diego torna domani.”
“Il m-- José mi stacca la testa se non torno in camera mia,” risponde Davide alzandosi a sedere, facendosi convincere ancora un volta dal suo tono che forse non sarebbe dovuto venire lì.
“Ci penso io a lui,” lo rassicura Zlatan, tirandolo giù nella posizione di prima, e questa volta se lo attira contro.
“Ah, adesso fai il premuroso?” chiede il ragazzino con un’aria scettica, che gli fa guadagnare un altro pizzicotto sul fianco.
“Sta’ zitto, Dade.” Zlatan ha di nuovo gli occhi sulla tv, ma la sua mano si infila sotto la maglietta ad accarezzargli la pelle della schiena.
Davide chiude gli occhi e si rilassa a quel tocco lento e tranquillo, così diverso da pochi minuti prima. Il pensiero del morso gli riaffiora alla mente e vorrebbe scusarsi ancora, dire a Zlatan che sì, è uno stronzo, ma che stasera un po’ gli vuole bene anche lui. In realtà quello che esce dalle sue labbra è un mugolio indistinto mentre il sonno piano piano gli avvolge la mente, rendendogli difficile reagire.
È così che José li trova un’ora dopo, Davide addormentato, con il viso disteso di chi si sta davvero godendo il sonno, e Zlatan ancora preso a guardare la tv con la mano appoggiata sul fianco del ragazzino. Si lascia sfuggire un sorriso sincero mentre li raggiunge e si siede sul bordo del letto.
“Problemi?” chiede in un sussurro, cercando di non svegliare Davide.
“Ne parliamo domani,” risponde semplicemente Zlatan, allungando l’altra mano per afferrare la camicia di José e tirarlo più vicino. “Ha bisogno di un po’ di calma, stasera.”
“Farò finta di non averlo visto,” concede l’allenatore, non del tutto felice della situazione. “Ma che non la prenda come abitudine,” aggiunge risoluto, prima di lasciarsi baciare dal ragazzo. “Che ti è successo al braccio?” chiede quando si separano e lui nota la fasciatura.
“Mi ha morso,” lo informa Zlatan con un sorrisetto sarcastico.
“Un po’ di calma, eh?” lo canzona José divertito, per poi avviarsi verso la porta.
“Lasciamo perdere,” mormora il ragazzo, ma sorride mentre lo guarda uscire, poi volta la testa il necessario per posare un bacio sulla fronte di Davide.
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A/N:sono consapevole che questa storia messa qui così è puramente una continuazione delle altre due, senza grandi risvolti di trama (o porn). Tutte e tre le storie in realtà fanno parte di un progetto moooolto più grande e che per ora è solamente nella mia testa. Perché? Beh, semplicemente perché devo trovare il tempo di metterlo in atto, e poi perché per farlo ho bisogno di determinate conoscenze relative alle dinamiche della squadra e all’organizzazione della baracca tutta. LOL
Quindi per ora questa è qui perché mi è piaciuto scriverla e perché se la archivio sul computer poi scordo dov’è e lui se la mangia. X’D
Detto questo, se vi è anche piaciuto leggerla, sono molto felice. :D