Titolo: Ora tu, se lo vuoi, canta la ballata della zucca con noi
Personaggi: Sherlock Holmes, John Watson, Mycroft Holmes, Gregory Lestrade, Mystrade
Rating: PG-13
Avvisi One-shot, slash e pre-slash (tra i piccoli John e Sherlock *D*)
Note: L'altra fic scritta per l'Halloween fest ma che poi non rispettava i parametri. Finalmente ho trovato la voglia di pubblicarla o/
Il titolo è preso dalla mia parte preferita di
Questo è Halloween, versione italiana di
This is Halloween (non credo freghi a nessuno), la canzone iniziale di Nightmare before Christmas <3
Fu solamente sul pianerottolo di casa Holmes che John infilò la zucca con uno sbuffo, il dito già proteso verso il campanello. Un po' d'aria fuoriuscì dal triangolo intagliato per il naso mentre con più angoscia di quanta volesse darne a vedere ruotava gli occhi sperando che la minaccia di sua sorella rimanesse solamente un brutto ricordo e non ci fosse davvero uno schifosissimo verme messo apposta pronto ad infilarglisi in un orecchio. Ma c'era solo arancione attorno a lui, sospirò sollevato e vide aprirsi finalmente la porta. Dio, si gelava là fuori. Probabilmente Sherlock era rimasto rifugiato tra i pizzi delle tende per vedere quanto tempo ci mettesse un corpo umano a morire assiderato. Forse si era stancato e l'aveva graziato.
- Sul serio, John? Quanto credi sia realistico un costume da zucca?
Sherlock si infilò i guanti mentre usciva di casa, le dita lunghe erano già pallide abbastanza senza che congelassero; la domestica alle sue spalle era già armata di spazzone e faceva scivolare via impronte invisibili dal parquet dell'ingresso.
- Ho avuto un preavviso di un'ora, ti aspettavi forse che escogitassi qualcosa di meglio? - John strinse le labbra, un po' per il freddo un po' perchè Sherlock era antipatico. - Certo che te lo aspettavi, dimentico con chi sto parlando.
- Un'ora e diciassette. - si limitò a replicare Sherlock. Fece un paio di passi in giardino e poi si voltò a squadrarlo. - E si, in effetti si, quantomeno mi aspettavo un po' di trucco a fingere pelle cadente e vestiti stracciati.
- Ci sono tre gradi, grazie per aver sperato in una mia futura polmonite.
Causa deformazione ormai professionale dovuta ad anni di allenamento, John si limitò a seguirlo fino a quando l'altro gli sventolò trionfalmente sotto il naso la lente di ingrandimento nuova.
- Non tutti hanno un armadio dedicato solo ai costumi, sai? - aveva poi continuato, offeso dalla scarsa considerazione data al costume. Poi si era accorto di come era vestito in effetti Sherlock. - Un armadio di travestimenti ed esci vestito da... te stesso?
- Mycroft.
- Dove? Viene con noi?
- Il costume. Mycroft. Sono vestito da mio fratello, John. - rimarcò quando vide l'espressione confusa del compagno. - Non credevo fosse difficile arrivarci.
- Oh, adesso capisco.
- E come potresti? Harriet è una donna.
- Non ci scommetterei, a volte sembra piuttosto mascolina.
- Sei tu che non sei mascolino abbastanza e ti fai battere da una donna. - uscì dal cancelletto infilandosi in strada. - Potevi vestirti da lei.
John ci riflettè. Non era male, come idea. - Non ci ho pensato.
- Immaginavo. Meglio vestirsi da un'irrazionale zucca parlante dotata di gambe e braccia.
- Harry ha insistito per intagliarmela, non ho voluto deluderla.
- Cos'ha voluto in cambio, che le facessi il bucato per un mese?
- Mamma l'ha minacciata con il trinciapollo. Si è evoluta, visto il fiasco con il vestito a fiori della volta scorsa.
Sherlock annuì, ma John poteva dire dalla mano chiusa in tasca sulla lente che i suoi cinque minuti di attenzione erano abbondantemente scaduti. Poi Sherlock si fermò di scatto e John che era rimasto indietro ad osservare gli altri costumi gli si schiantò tra le scapole. Erano appuntite come aghi, le dovette sfiorare un paio di volte per capire davvero che il dolore alle spalle era colpa loro.
- Guarda dove metti i piedi.
- Tu non fermarti all'improvviso e vedrai che i miei piedi staranno benissimo. - si massaggiò appena il braccio destro sperando di risvegliarlo. Sbuffò e decise che la zucca che aveva in testa l'aveva già seccato abbastanza: la tolse e se la ficcò sotto l'ascella meno ammaccata
Sherlock rimase fermo qualche secondo, osservando in fondo alla via.
- Tra queste strade un tempo familiari io avverto ombre dappertutto.
- Bene, grazie per avermi reso partecipe del tuo momento poetico. Si può sapere cosa diavolo hai visto?
- Mycroft. - si voltò improvvisamente. - E non ho inutili momenti poetici, riflettevo.
John seguì il suo sguardo fino ad il giardino di una piccola casa in fondo alla strada. Aguzzando un po' la vista adocchiò la lanterna spenta e le due figure che si muovevano nell'ombra.
- Certo. Come fai ad esserne sicuro?
- Sono diciassette anni che tento di sfuggirgli.
John avanzò cercando di dare una forma all'altra persona in movimento.
- Non ti sforzare, è Lestrade.
Sherlock lo sorpassò tranquillamente; diciassette anni che provava a sfuggirgli ma quando Mycroft non lo inseguiva era lui che andava alla sua ricerca. John, dal canto suo, pensò che Sherlock si era immerso troppo nelle sue storie di detective ancora una volta, se credeva davvero che nascosti all'ombra di una casa potessero esserci davvero suo fratello e Greg impegnati a fare chissà cosa. Poi passarono l'aiuola che dava sulla strada ed in effetti la cassetta delle lettere assomigliava parecchio alla buchetta della famiglia Lestrade. Sherlock si avvicinò silenzioso come un gatto ed accese la torcia che solo lui sapeva da dove diamine l'aveva fatta comparire. John capì solamente quando vide, mentre Sherlock ghignava di soddisfazione senza nemmeno constatare l'identità dei due soggetti; sapeva già di avere ragione e non c'era motivo di non ostentarlo.
- Sherlock! - era Lestrade, si, il tono era lo stesso di quando gli urlava dietro a scuola perchè correva nei corridoi durante il suo turno di vigilanza. Mycroft si voltò elegantemente dall'altra parte, riaggiustando la cravatta semi-slacciata.
- Qual buon vento, Mycroft.
La mascella spalancata di John passava ritmicamente da uno agli altri dei tre ragazzi presenti.
- Che piacevole sorpresa, fratellino.
- Mai quanto quella che sta provando John al momento, temo.
Mycroft sorrise forzatamente rivolgendosi a lui. - Tieni al caldo la gola, potrebbe venirti un raffreddore. - John si affrettò ad eseguire e riavvicinò le labbra, terrorizzato dal pensiero di ammalarsi e rimanere in balia delle cure di sua sorella.
- Cosa mi dici della gola di Lestrade? Stando alla vostra vicinanza devi averla esplorata a fondo, non sia mai che ti attacchi qualche germe. Nessun segno di malattia? - Sherlock gongolava palesemente, ormai.
Gregory diventò bordeaux e con un colpo di tosse abbassò lo sguardo sui fiori, tutto il suo coraggio in caduta libera, mentre Mycroft si preoccupava di gestire il fratello indirizzandogli un sorriso gelido.
- Greg è perfettamente in salute, ma grazie della preoccupazione.
John dovette tirarlo per la manica un paio di volte, prima che Sherlock si decidesse ad abbandonare il campo. Da vincitore, ma sempre abbandono era. Attraversarono la strada e tornarono sotto la luce debole dei lampioni; la nebbia si stava alzando e se volevano passare da qualche casa sarebbe stato meglio andare prima che la temperatura colasse a picco.
- Soddisfatto? - Sherlock sorrise ed alzò il bavero del cappotto per ripararsi da una folata di vento particolarmente fastidiosa. John arrancava vicino a lui, ma a quella domanda accelerò appena per portarsi esattamente al passo con l'altro e mostrargli tutta la sua indignazione.
- Mi stai dicendo che abbiamo disturbato quei due solo perchè tu potessi dimostrarmi che avevi ragione? Pensavo che il vizio ti fosse passato.
- La nebbia mi mette malinconia, sono voluto tornare alle vecchie abitudini per un momento. E poi tu non sei ancora del tutto convinto delle mie capacità, John, nonostante te ne abbia dato prova più volte in questi dieci anni. Dieci anni gettati nel cestino. Odio sprecare il tempo e tu lo sai.
- Bene, mi hai convinto. Ti credo, sei un genio.
Questa volta fu Sherlock a sbuffare. - Lo dici solo perchè vuoi che smetta di provartelo.
- Se provarmelo significa disturbare tuo fratello e Greg mentre... fanno cose, allora si, voglio che tu la smetta. E' fastidioso.
- Come vuoi. - aumentò improvvisamente il passo in direzione della casa di Mary, John dovette correre per stargli dietro.
- La tua bambola è scomparsa, probabilmente rubata da uno dei bambini che era qui nei paraggi durante la festa di Halloween che dai ogni anno. Sta venendo freddo e si avvicina l'orario di dormire, ora sono andati tutti a casa e tu piangi sotto al portico sperando che qualcuno torni e te la restituisca perchè sei una bambina inutile che ha come unica amica quella bambola che per sua sfortuna non può ribellarsi e quindi sfuggire alla tua immensa stupidità. Ma visto che non sopporto le persone stupide e tantomeno i bambini stupidi che piangono senza motivo, la tua bambola l'ha presa Gary. Te l'aveva presa ad inizio serata per gettarla nella caraffa del succo di frutta, ma poi qualche altro inutile bambino l'ha rovesciata mandando a monte il suo piano, perciò l'ha nascosta nel giubbotto dimenticandosene. Quando se ne è andato ha preso la giacca e quindi anche la bambola nascosta dentro senza nemmeno ricordare che ci fosse. Prego, non c'è di che. - girò sui tacchi e svoltò in direzione di casa. John ansimava alle sue spalle per dover mantenere la velocità, un minuscolo sorriso gli stava però nascendo sulle labbra.
- Così andava bene. - si limitò a dire di nuovo sul pianerottolo da cui era partito.
- Hai le dita blu. - John notò che la mano che teneva stretta la zucca era in effetti leggermente rigida. - Interessante.
- Sherlock. - lo guardò torvo, scandendo bene le parole per cercare di imprimergliele nel cervello. - Non. Sono. Un. Esperimento. Capiscilo una volta per tutte e smettila di considerare in quanto tempo potrei congelarmi.
- Entra, dirò a mia madre di farci una cioccolata calda. Rimani a dormire.
- Perchè tu possa studiare quanto in fretta passo dalla forma di ghiacciolo a quella di lava fusa? No, grazie, sai che non riesco a dormire quando mi fissi.
- Allora dormi nella camera di Mycroft. Rimane fuori stanotte.
- Ma come-
- L'ho detto io a mamma, prima di uscire. Immaginavo che la nostra piccola sorpresa li avrebbe interrotti sul più bello, dovranno recuperare e quindi chiudersi in casa almeno per un paio d'ore. Immagina la pigrizia di Mycroft e dopo il rapporto-
- No, basta, non mi interessa saperlo e non voglio neanche provare ad immaginarlo.
- Come vuoi. - aprì la porta di casa in un gesto fluido ed evitò appositamente di spazzare i piedi sullo zerbino all'ingresso. John fece in tempo a lanciare un'ultima occhiata alla città fantasma nascosta nell'oceano di nebbia prima che la porta venisse velocemente chiusa dalla minacciosa domestica di casa Holmes. Gli intimò di togliersi le scarpe e mollare la zucca prima di macchiare la tappezzeria e poi lo spedì per le scale dietro a Sherlock.
Solo quando Sherlock si mise a strillare - sua madre odiava che lo gridasse, perciò lo faceva ogni volta che ne aveva l'occasione - si rese conto di dover avvisare anche la sua, di mamma.
- Mamma, John rimane a dormire, lo metto nella camera di Mycroft.
Una telefonata dopo, anche la signora Watson era al corrente, e John veniva spinto dalla governante ad usufruire della vasca pronta per lui al piano di sopra. Di sicuro nulla aveva a che vedere con l'aspetto malconcio dei suoi abiti da zucca; probabilmente credevano che nascondessero chissà quale arma batteriologica pronta a sterminare casa Holmes.
A John piaceva e non piaceva, stare a casa Holmes. Era grande, ben arredata, e disponeva di ogni sorta di comfort, ma rimanere là anche solo per cinque minuti significava venire sballottato da Sherlock su e giù per quelli che sembravano sempre più dei tre piani effettivi, ogni volta c'era un esperimento nuovo che doveva assolutamente vedere. Oppure, come quella sera, l'esperimento alla fine era lui.
Sherlock lo aspettava al varco. Attese che uscisse nuovamente vestito dal bagno - indossando come sempre uno dei suoi pigiami con maniche e gambe arrotolate - prima di spingerlo in camera sua per mostrargli le novità. Era il fiero possessore di un formicaio tenuto in cattività dentro un acquario ed un vaso di funghi velenosi, quella sera. John non provò neanche a chiedersi se le due cose fossero collegate; meglio non pensarci.
Sherlock l'aveva poi piazzato nel suo letto con la promessa tazza di cioccolata calda, un libro di poesie di Baudelaire - Perchè a quanto pare sei fissato con le poesie, John, ed in camera di Mycroft c'era questo - ed una mano fuori dal piumone per studiare davvero quanto ci mettesse a scongelarsi e tornare di una temperatura umana. Quantomeno ad un certo punto tra una pagina fitta di appunti ed un'altra gli mise un film; John pensò che se quello era il prezzo per lasciare che Sherlock lo studiasse, poteva anche farselo andare bene. Si addormentò in fretta, ed il mattino dopo aveva ricordi sporadici di Sherlock che gli tirava le dita durante la notte analizzando prima questo e poi quello
Si svegliò perchè stava scomodo e gli veniva da starnutire. I ricci di Sherlock gli solleticavano il naso e dopo una breve ricerca nelle vicinanze, scovò il quadernino che gli punzecchiava la schiena con almeno sette pagine di dati minuziosamente riportati riguardo la sua mano. Cercò di arrivarne a capo, ma o erano troppo complicati o era davvero troppo presto per far lavorare il cervello. L'ultima riga sembrava però suggerigli che la sua mano, verso mezzanotte e tre quarti, era tornata di colorito naturale. Rassicurato dal fatto che non stesse morendo, John permise addirittura che uno Sherlock infastidito dai suoi movimenti gli tirasse un paio di calci. Lo ripagò con un pizzicotto sul braccio e tornò a dormire.