Fandom: Iliade (?)
Titolo: Di gloria e destini avversi
Rating: Verde
Conto Parole: 388
Personaggi: Ettore, nominati Paride, Menelao , Elena e Achille
Avvertimenti: Ettore leggermente OOC
Prompt: Iliade: Sfiga chiama, Ettore risponde - Squadra 5 aka I Sei Samurai (e un Gabbiano Ninja)
Note dell'Autore: Nel momento in cui ho partorito questa storia non ero in pieno possesso delle mie facoltà mentali, pertanto rivolgo le mie più sincere e profonde scuse a Omero, a Ettore, a tutta la letteratura greca (anche quella contemporanea), alla mia prof di latino e di greco (che se leggesse quello che ho partorito mi boccerebbe in tronco) e a tutti voi.
- * Nella cultura greca, la cosa più importante per un uomo era combattere in difesa della propria patria, ma non tanto per quello che potremmo definire oggi uno spirito patriottico, quanto più che altro per la paura di deludere il proprio popolo: infatti, il valore di un uomo dipendeva esclusivamente dall'opinione che gli altri avevano di lui. Di conseguenza, l'aspirazione più grande per un eroe era quella di morire in battaglia, perché la morte avrebbe portato gloria non solo a lui stesso, ma anche alla sua intera stirpe; da questo punto di vista, quindi, l'eroe per eccellenza del ciclo troiano era Ettore *teamEttore*
Di gloria e destini avversi
Sentiva il sudore colargli sulla fronte e poi giù, lungo il collo, fino ad infilarsi sotto la stretta corazza.
L'aria del pomeriggio era particolarmente calda e afosa, la terra che sollevava al suo passaggio gli bruciava gli occhi e il fiato cominciava a venirgli meno. Aveva i polmoni in fiamme e le ginocchia diventavano più pesanti ad ogni passo che compiva, ma doveva assolutamente proseguire, o non avrebbe più avuto scampo. Fece un scatto in avanti per aumentare il ritmo della corsa e si voltò all'indietro, ansimando. Non lo vedeva, ma sapeva che era lì, pronto ad aspettare il momento in cui sarebbe crollato a terra, stremato dalla fatica.
Non poteva credere che tutto era cominciato perché quel coglione di suo fratello aveva avuto la brillante idea di innamorarsi della moglie del re di Sparta, nonché cognata del re dei re greci. Tuttavia, se si fosse limitato a diventare suo amante, avendo l'accortezza di non farsi scoprire da Menelao, nulla di grave sarebbe successo. Invece, quell'idiota patentato aveva pensato bene di rapire Elena e di portarla con sé a Troia, non solo violando la legge dell'ospitalità, meglio nota come la più importante delle leggi imposte dagli déi agli uomini, ma provocando anche l'ira del marito cornuto, che aveva così deciso di invadere le coste dell'Asia Minore insieme al suo seguito di soldati Achei.
Dal canto suo, Ettore non aveva potuto rifiutare di entrare in guerra, perché altrimenti si sarebbe mostrato vile, e fin da bambino gli era stato insegnato che in cima alla scala di valori di un eroe degno di essere chiamato tale c'era l'onore. Ma in quel preciso istante, per quanto sapesse che la sua eventuale morte avrebbe portato a lui e alla sua stirpe una gloria imperitura*, rimpianse il momento in cui, poco prima, aveva deciso di non ascoltare i consigli dei suoi genitori, che avevano tentato di persuaderlo dall'affrontare in duello il più forte e valoroso guerriero del suo tempo.
La verità era una sola: lui, Ettore Dardanide, era un completo sfigato. Anzi, peggio ancora, uno sfigato con un fratello coglione.
Davvero meraviglioso! Pensò sarcastico, maledicendo il proprio destino avverso.
Lanciò una breve occhiata alle mura e scorse il volto del fratello, che assisteva immobile alla sua imminente morte.
Se sopravvivo, giuro su Zeus egioco che lo uccido con le mie stesse mani!