[Edit]: Avevo fatto un post bellissimo dove spiegavo per filo e per segno perchè questo LJ è morticino ma CHIARAMENTE Firefox ha deciso di crashare alla grande prima di aver salvato qualunque cosa. Scusatemi se non riscrivo tutto ma ora non ho proprio le forze T-T
Il punto più importante di tutti comunque era che ormai non riesco più a stare dietro alla flist, quindi se c'è qualcosa che pensate dovrei vedere/ avete piacere che io veda, non fatevi nessun problema e ditemi u.u Oppure mi trovate perennemente sul mio
tumblr, ma se non ne avete uno e avete a cuore la vostra RL vi consiglio di starne alla larga.
Titolo: Ricordi che giocavo coi tuoi occhi nella stanza / Comequando
Fandom: DC Comics
Personaggi: Dick Grayson, Bruce Wayne, Jason Todd (JToddz)
Ship(s): Dick/Bruce, un vago Jay/Bruce
Rating: Pg13
Parole: rispettivamente 190 e 197
Disclaimer: Tutto della DC, no money
Note:
• La dedica va obbligatoriamente a
cialy_girl e alla
zoedriver , una perchè mi sopporta e mi aiuta e mi sopporta e mi sopporta xD, all'altra perchè non smetterò mai di scusarmi per averla trascinata nel baratro. Uhuh.
• Prime fic che scrivo dopo mille mila miliardi di anni. Sono piuttosto patetiche et cetera ma spero di risollevarmi presto ;_; Oltretutto non sono betate quindi faranno anche un po' schifo ma tant'è.
• Titoli e quote da De Gregori per la prima, Bluvertigo per la seconda!
Ricordi che giocavo coi tuoi occhi nella stanza
E due zingari stavano appoggiati alla notte
forse mano nella mano e si tenevano negli occhi
A volte Dick Grayson cercava di vedere il mondo attraverso gli occhi di Batman.
Lo faceva così spesso e così seriamente da crearne una vera e propria arte, che con il passare degli anni era andata raffinandosi sempre più. Per esempio, era ormai convinto che Batman non potesse vedere i colori: prova 1-A la relativa noncuranza con cui accettò il costume da robin, prova 1-B non lo emozionano i fiori. Era persino riuscito a dubitare che vedesse le persone, ed allora in quel caso chiudeva gli occhi, e vedeva forme, grigie e piatte e ferme, e termogrammi a forma umana con una voce, e spesso voci che conosceva.
Quella sera però, l'esercizio non gli riusciva.
Bruce teneva gli occhi chiusi ed il suo braccio intorno al collo lo distraeva. Il calore del suo corpo, che aveva decisamente sfondato il limite dello spazio personale di cortesia, lo confondeva, e se anche chiudeva gli occhi sentiva solamente un bacio e le forme non erano forme ma immagini surreali che si nascondevano sottopelle.
Quella sera decisamente non riusciva.
Bruce teneva gli occhi chiusi e, se li apriva, quello che vedeva era soltanto lui.
Comequando
ognuno ha i suoi segreti
e proprio per questo
il mio non si può svelare
Era la verità. Un po' come l'urlo “provaci, a salvarmi, provaci!” che lui non aveva mai gridato ma che tutti potevano giurare di aver sentito. E ci provavano, ovviamente, con le parole e con gli occhi, ma lui riusciva sempre a parlare più forte degli altri o a girarsi dall'altra parte, e con estrema facilità. E non erano movimenti sofferti o automatici, ma atti di drammatica potenza, perfetti, sottolineati dalla giusta battuta pronunciata con la giusta intonazione. Tanto da sembrare una messinscena. Ma che realtà può esistere in un mondo dove protagonisti sono uomini in costume.
Se non ci avessero provato, sarebbe stata la punizione più dolce di tutte. Ma lui aveva una parte da seguire, e se c'è una parte ci sono un palcoscenico ed un destino, o almeno una fiducia non ammessa e quasi ingiustificata. Come quando fa soffrire le persone e sorride ma sorride perchè soffrono a causa sua. Come quando pensa ma è il poter pensare a lui, come quando perde il treno ma è solo un'ora di solitudine in un binario affollato.
E' anche quando lo vede, e dice “Mi piace vederti lavorare”, ed è la verità.
Ma è nostalgia.