Titolo: Do not wish to be anything but what you are, and try to be that perfectly
Fandom: Teodosia (Mitologia Greca)
Personaggi: Zeus & Ganimede
Warning: Slash, uomini che nel 21esimo secolo si chiamano Zeus e Ganimede
Conteggio Parole: 554
Prompt: Do not wish to be anything but what you are, and try to be that perfectly
Figura Retorica: Anticlimax
Parola: Sufficiente
Note: per le note vi rimando all'ultimo post della
sleepo_galz community. Insomma, se vi state domandando "MA PERCHE'?" lì potrete trovare una risposta (più o meno) soddisfacente.
Scuse: scusa, consecutio temporum
Aveva detto: “Vieni stasera. Ti aspetto, a casa mia. E questa volta da soli”
Alle nove, alle dieci, cosa? Facciamo le undici e mezza va', prima sbrigo due faccende così poi posso dedicarmi solo a te. Buffetto.
Ganimede avrebbe scommesso tutto quello che aveva, tutto quello che aveva ottenuto, che non era stato Zeus a far sloggiare Era per la notte. Se lo immaginava tutto gongolante nel soggiorno, a fingere di ascoltare qualcuno, pensando solamente al momento in cui lui sarebbe arrivato.
Convinto che quell'oasi di pace, tranquillità, amore e bellezza l'avesse creata lui e solamente lui.
Ed era questo che lo mandava in bestia. Non solo aveva la superbia per poter pensare una cosa del genere, ma aveva tutte le ragioni. Con lui nessun valido argomento era sufficiente.
Il Caos, la Fortuna, gli Eventi.
Tutto girava attorno a Zeus, lui compreso.
Le Undici, la sigaretta accesa.
E' uno di quei ragazzi segretamente innamorati dei cliché, da qui la sigaretta. Da qui il pensare alla propria vita osservando le luci della città godendosi la brezza della sera. D'altra parte, come evitarlo?
C'era stato un tempo in cui non gliene importava più di tanto. Prima che Zeus lo abbordasse in un supermercato, prima dei ristoranti cinesi con i biscotti che ti parlano, prima dei maiali caramellati all'ananas, molto prima di conoscere Era.
Quando Zeus lo guardava con gli occhi lucidi e lui non poteva fare altro che chiedersi se non avesse una qualche allergia. Aveva imparato troppo presto a chiedersi cosa avrebbe fatto Zeus per lui, fino a dove si sarebbe spinto. La verità è che Zeus si spingeva ovunque, salvo poi non riuscire mai a tornare indietro.
Le dodici e mezza e la cenere si è mangiata mezza sigaretta.
Non era sicuro di averne paura. Era difficile avere paura di qualcuno che mette il ghiaccio nel Martini.
Ganimede sorrise. Poteva chiedergli tutto. L'eternità che avrebbe potuto avere davanti. Il tintinnio del ghiaccio nel bicchiere di Martini nella sua mente non riusciva a farlo smettere di ridere.
L'una e mezza e il mozzicone cade nella grata di un tombino.
Ganimede salì in fretta le scale della villetta e suonò il campanello, posando tutto il peso del corpo sul suo dito indice. Un click lo avvertì che era ora di entrare.
Zeus lo aspettava seduto sulla poltrona, sorseggiando, neanche a farlo apposta, un martini con ghiaccio. Dovette reprimere una risata.
“Ti sembrano le 11, Ganimede?”
Il ragazzo fece spallucce. “Avevo da fare, sai.”
“Ah sì? Da fare?”
“Da fare.”
Il sorriso stampato sulla faccia di Zeus lasciava intendere come non credesse ad una parola di quello che usciva dalla bocca di Ganimede.
“Guarda che sono stanco anche io a volte, cosa credi. Non volevo nemmeno venire, sta sera.”
“Però sei venuto.”
Ganimede si lasciò cadere a corpo morto sullo schienale della poltrona, le mani sulle spalle di Zeus.
“Beh sono venuto perchè...”
Zeus lo sentì tentennare e piegò la testa all'indietro per vederlo meglio. I loro nasi ora quasi si toccavano.
“Fa' silenzio. Ganimede. Sei un bastardo.”
Ganimede annuì silenziosamente.
“Ma lo sei così... perfettamente. Avrai quello che vuoi. Tutto quello che vuoi, e ti perdono.”
Ganimede non aveva capito, ma ormai Zeus si era alzato e lo aveva disteso sul divano, ed era troppo tardi.