Pomeriggio a passeggio per Viale del Vignola, in anticipo di quasi un’ora per l’appuntamento con l’avvocato. Ultimo atto di quello che è stato l’annus terribilis, il 2007. Complice la pioggia, o forse solo l’assurdità dei nomi delle vie di questo quartiere, non mi sono reso conto di avere già percorso queste strade finchè non ho visto il Bar, in piazza Melozzo da Forlì. A parte il lastricato lucido di pioggia, niente sembra essere cambiato: persino i vecchi, seduti in fila davanti alla vetrina, sembrano non essersi mai alzati.
Per fortuna piove, o non resisterei alla tentazione di sedermi a quella stessa panchina sulla quale io e Lidia abbiamo passato un pomeriggio a guardare i bambini giocare a pallone, anche allora aspettando di salire da Anna Paola.
C’è un che di simmetrico nel ritrovarmi qui, a distanza di quasi due anni. Ho come la sensazione che il tempo scorra all’indietro, come se stessi riavvolgendo il nastro di una videocassetta.
Su da Anna Paola mi siedo appena, il tempo di pagarla, nel minuto di attesa mentre la segretaria fa una fotocopia del mio codice fiscale per la fattura lei si scusa per essersi dovuta rivolgere ad un’agenzia di recupero crediti. LEI che si scusa? E’ fatta così. D’altronde, quando le avevo detto che non avrei più divorziato, lei mi ha abbracciato esultando, nonostante fosse amica di Lidia, non mia. Sorrido, sono io che dovrei scusarmi, ma non mi va di spiegarle che ho inconsciamente evitato questo giorno per quasi un anno, trovando sempre cose più urgenti, più importanti da fare, modi più divertenti di spendere i miei soldi. Chissà poi perché. Ci stringiamo la mano, lei inconsciamente mi ha dato del lei per tutto il tempo, lei che aveva insistito a che ci dessimo del tu.
Meglio così. Non c’è molto che valga la pena di ricordare, e appena in strada, già mi confondo tra gli ombrelli.