Titolo: You own the place where all my thoughts go hiding (Underneath your clothes - Shakira)
Fandom: RPF - Hey!Say!JUMP
Personaggi: Yamada Ryosuke, Chinen Yuri, Arioka Daiki
Pairing: Ariyama
Set di temi: Set 4 - La Bella e la Bestia
Prompt: 10. “Hai qualcosa che non ho mai visto prima in te”
Rating: NC-17
Genere: romantico
Warning: slash
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Note: la storia inoltre è scritta per il
mmom_italia set Roberta con il prompt #1. Dito/a
Conteggio parole: 4.618 (
fiumidiparole wordcount)
Tabella:
qui Yamada stava seduto sulla poltrona nel salotto di casa intento a leggere un libro: quel pomeriggio non aveva alcun impegno e aveva deciso di trascorrere la serata in tutta tranquillità. Aveva la casa a sua completa disposizione, dal momento che Daiki era fuori a registrare la puntata dello Shounen, e se anche quella pace era distensiva, non vedeva l’ora che il ragazzo tornasse per stare un po’ insieme: era raro che avessero dei momenti da trascorrere come i fidanzati che erano, senza doversi preoccupare del lavoro o dei compagni con i quali passavano gran parte delle loro giornate. Arioka gli aveva detto che non avrebbe tardato e che avrebbero cenato insieme perché contava di tornare presto, così Ryosuke, per far trascorrere più velocemente il tempo d’attesa, si era messo a leggere.
Seduto di traverso sulla poltrona, dava le spalle al bracciolo, le gambe raggomitolate al petto e il volume aperto sulle ginocchia mentre un braccio era piegato sula spalliera. Sollevò gli occhiali da vista, stropicciandosi un occhio con una mano: per quanto fosse assolutamente appagate non fare niente, la stanchezza e la noia facevano facilmente capolino.
Senza più troppo interesse per le righe che aveva davanti, lasciò vagare la mente, senza vedere realmente le parole che leggeva, perdendo contatto con la realtà, non accorgendosi della porta d’ingresso che si apriva.
Daiki entrò in casa, annunciandosi come d’abitudine, ma non ricevendo alcuna risposta credette di essere solo. Si spostò in cucina, immaginando di trovare un biglietto di Yamada che lo avvisava di quel cambio di programma inaspettato -quella mattina quando era uscito di casa, infatti, gli aveva detto che sarebbe rimasto in casa a oziare- ma non vi trovò nulla. Si spostò in camera mettendosi degli abiti più comodi, un paio di vecchi jeans scoloriti e una maglia larga. Sulla scrivania vide che le chiavi di casa di Yamada erano al loro posto e allora sorrise, giungendo alla conclusione che, forse, l’altro non l’aveva semplicemente sentito rientrare.
Lo cercò un po’ per casa, affacciandosi in salotto e lì finalmente lo vide: ancora nella medesima posizione, con la testa scivolata sul braccio abbassato, usato come cuscino.
Gli fece molta tenerezza, non seppe dire bene come, ma era convinto che il più piccolo si fosse sentito particolarmente solo quel giorno e avesse finito per annoiarsi; sorrise tra sé, avvicinandosi a lui piano, stendendo le braccia quando gli fu vicino, chinandosi su di lui e abbracciandolo in collo, per sporgersi con il viso.
“Sono a casa” sussurrò al suo orecchio con voce divertita, quando lo sentì sobbalzare e voltarsi, baciandolo poi dolcemente sulla bocca.
“Bentornato” rispose Yamada, con un mezzo sorriso. “Mi hai spaventato, ero sovrappensiero.”
“Me ne sono accorto! Sono rimasto a guardarti per un po’, eri carino” gli disse, stringendolo a sé, spostandosi per sedersi davanti a lui, nonostante la poltrona non fosse poi così spaziosa per due persone, allargando le gambe per incastrarsi tra quelle piegate di Yamada.
“Mi stavo un po’ annoiando, anche questo libro ha perso totalmente il suo fascino” ammise, allungando un braccio per posarlo sul tavolo. “Sei rientrato da tanto?” gli chiese, lasciando scivolare in avanti i piedi, avvicinandosi a lui, circondandogli una gamba con il braccio e iniziando a disegnare dei cerchi sulla stoffa, sopra il ginocchio. “A te come è andata?” domandò, sorridendogli.
Daiki gli prese la mano che giocherellava su di lui, palmo contro palmo, intrecciando le loro dita, lasciandole scorrere avanti e indietro, in un movimento distratto dall’alto verso il basso.
“Tutto bene, te l’avevo detto che avremo finito presto!”
Yamada annuì, sporgendosi verso di lui, facendo perno sulla sua gamba piegata, per baciarlo di nuovo.
Il più grande sorrise, trattenendolo contro di sé, infilandogli la mano libera tra i capelli, accarezzando la nuca con le dita; Yamada pensò che il suo Dai-chan gli era proprio mancato e la cosa doveva essere reciproca. Il più piccolo, rise nel bacio, allontanandosi dispettoso quando Arioka schiuse le labbra. Si sollevò e, dandogli le spalle per tre quarti, si sedette sulla spalliera della poltrona facendogli l’occhiolino.
“I love you ~” canticchiò, in una buffa imitazione di se stesso come quando si esibiva nel proprio solo, ispirato al drama di cui era protagonista.
Daiki scosse la testa, inginocchiandosi davanti a lui, prendendolo per la vita, in modo che si mettesse dritto, infilandosi tra le sue gambe. Gli prese le stecche degli occhiali, sfilandoglieli dal viso e posandoli sul tavolo insieme al libro, tendendosi poi per baciarlo, aspettando qualche istante prima di posare le labbra sulle sue, scrutando divertito il più piccolo. Yamada gli mise le mani sulle spalle, scivolando in avanti, muovendosi per primo, schiudendo la bocca: prese a giocherellare morbidamente con il labbro superiore, suggendolo piano, infilando la lingua e trovando risposta in quella di Daiki che gli andò incontro. Si muovevano piano, facendo risuonare piccoli schiocchi nell’aria e brevi sospiri; entrambi a occhi chiusi lasciavano che le sensazioni di quella vicinanza si impossessassero di loro e l’istinto facesse il resto. Daiki portò le mani nuovamente attorno ai fianchi di Yamada, infilandole poco dopo al di sotto della felpa, accarezzando direttamente la sua pelle. Ryosuke sospirò, tirando indietro la pancia, ma rilassandosi subito dopo, lasciandosi toccare; Daiki percorse con brevi carezze lo stomaco e il petto, arrotolandogli la felpa fin sul collo, prima di interrompere il bacio e scivolare con le labbra sullo sterno, mentre le dita erano tornate a scorrere sui fianchi e il torace.
Yamada si sfilò da solo la felpa con un gesto repentino, reggendosi con le mani alla testata della poltrona, stringendo il tessuto di finta pelle, grattando con le unghie: sentiva il proprio corpo scaldarsi e l’eccitazione crescere talmente tanto in fretta da annebbiargli il cervello. Quando le labbra di Daiki si posarono sulla pancia e l’ombelico e una mano scivolò nell’interno coscia, iniziando ad accarezzarlo più intimamente, si lasciò scappare un lungo ansimo di piacere che sorprese per primo se stesso. Arioka si fermò, guardandolo con stupore e Yamada si morse il labbro inferiore; imbarazzato, abbassò lo sguardo, arrossendo immediatamente, mentre sentiva le guance scottare: era successo altre volte che si fossero toccati in quel modo, non era certo la prima occasione che avevano per stare così uniti, spesso capitava che, prima di addormentarsi, la sera si distendessero sul letto insieme e passassero dai semplici e innocenti baci a qualcosa di più; Daiki gli aveva fatto provare notevoli e importanti sensazioni in quei mesi e Yamada sentiva che per il momento questo a entrambi era sufficiente. In quel momento, invece, anche se non avevano fatto nulla di particolare, anche se Daiki non aveva ancora fatto niente, Yamada, dentro di sé, sapeva che quella volta sarebbe stato diverso e non si sarebbero fermati alle semplici carezze.
E lui non aveva neanche voglia di smettere: non aveva mai detto a Daiki di amarlo, non in modo esplicito, perché non erano molte le parole con le quali esprimevano i loro sentimenti. Yamada poteva sentire ogni giorno quanto Daiki lo considerasse importante, anche senza bisogno di grandi proclami, però forse era arrivato il momento per entrambi di crescere e dare a quel rapporto una svolta; Yamada voleva che Daiki e quello che c’era fra loro fosse quel punto fermo su cui essere certo di poter fare affidamento in ogni momento, in ogni situazione e voleva portarlo a un livello più alto.
Arioka aveva aspettato per lui, il più grande era da sempre stato innamorato di Yamada, questo Ryosuke lo sapeva, per lui invece era stato diverso, quando aveva imparato ad accettare l’affetto di Arioka era appena uscito da una delusione amorosa e, a quei tempi, non avrebbe mai pensato di riprendersi in quel modo e tanto in fretta. A volte, Yamada si fermava a pensare che forse quello che aveva provato in passato non poteva essere stato realmente amore se era riuscito ad andare oltre con tanta facilità, altre volte pensava che, invece, lo fosse stato, ma che quello che stava vivendo in quel momento con Daiki lo era molto di più; forse perché lui aveva scoperto di amarlo e Daiki lo ricambiava, forse era quello; Yamada non lo sapeva e non aveva poi molta importanza in quel momento.
Fece un profondo respiro, tornando a spostare l’attenzione sul più grande, sorridendogli, e abbracciandolo.
“Ryosuke” Daiki chiamò dolcemente il suo nome, unendo le loro fronti. Quando aveva iniziato a coccolarlo, non aveva intenzione di spingere Yamada a fare qualcosa che non si sentisse, ma il modo in cui l’altro lo guardava, il modo in cui il suo corpo fremeva e l’atmosfera che di colpo era cambiata, gli fecero capire che quella volta sarebbe stato diverso.
Il più piccolo scivolò in avanti, incastrandosi tra la spalliera e il corpo di Daiki, piegando le gambe, circondandogli il torace e sporgendosi per baciarlo di nuovo: schiuse le labbra, cercando quelle del ragazzo, il quale spostò di lato la testa per un più agevole movimento e riprendendo ad accarezzare il collo scoperto di Yamada; lasciò scorrere le dita sotto al mento, sollevandogli il viso, spostandosi con le nocche di lato, sulle spalle, scendendo con il palmo sulle scapole per afferrarlo meglio. Con le ginocchia indietreggiò per stare più comodo, sedendosi come prima stava il compagno, permettendogli di sistemarsi tra le sue gambe. Ryosuke lo seguì nei movimenti, senza staccarsi dalle sue labbra, lasciando vagare le mani sotto la maglia, levandogliela a sua volta, smettendo per un istante di baciarlo. Quando tornò su di lui si spostò sul collo, depositando piccoli baci e tocchi di lingua, dapprima timidi, poi sempre più esperti, a mano a mano che assaporava il gusto particolare della sua pelle, inebriandosene.
Arioka si lasciò vezzeggiare in quel modo, seguendo il percorso di quella bocca tentatrice su di sé con il capo abbandonato all’indietro e gli occhi socchiusi, con una mano gli accarezzava la schiena e con l’altra era scivolato lungo il braccio, spingendo il gomito verso di sé, risalendo sul polso afferrandogli le dita tra le sue.
Gli accarezzò gentilmente i capelli, sentendolo spostarsi sul suo corpo e le mani slacciare abili il bottone dei jeans, aprendo la cerniera lentamente, gesti che Yamada aveva compiuto su di lui infinite volte, ma che quella sera riuscirono a farlo fremere come non si era mai sentito. Ryosuke gli abbassò completamente i pantaloni, sfilandoglieli dalle gambe, prima una poi l’altra, esasperando apposta con movimenti lenti. Attese che il fidanzato aprisse gli occhi e lo guardasse, prima di avvicinarsi nuovamente a lui e chinarsi tra le sue gambe: posò la mano a palmo aperto sull’erezione di Daiki, osservandone le reazioni facendo una lieve pressione, scostando la biancheria che lo costringeva, circondando la base con entrambe le mani, fino ad abbassarsi su di lui, inglobandola senza tergiversare oltre, sentendolo sospirare pesantemente.
I fianchi scattarono involontariamente verso quell’avvolgente calore e quella lingua che fregava sulla sua pelle tesa. Yamada sapeva bene come muoversi su di lui, dove spostarsi per farlo eccitare maggiormente, per fargli provare quanto più piacere possibile, alternava movimenti veloci a suzioni più lente, provando un incredibile soddisfazione nel sentire Daiki sotto di sé tremare e stringergli i capelli sempre di più.
“Ryo-chan… Ryo-chan, fermo!” gli chiese Daiki, allentando la presa sulla sua testa e facendo in modo che si scostasse da sé.
Yamada si allontanò da lui, guardandolo per un momento dubbioso e Arioka gli sorrise , spingendolo a sedersi e poi a sdraiarsi, stendendosi su di lui, prima di baciarlo velocemente sulle labbra e tranquillizzarlo.
“Lascia fare a me, adesso” gli chiese, mormorando direttamente al suo orecchio, prendendogli il lobo tra i denti, mordendolo e suggendo tattico, sentendo Yamada rabbrividire e inarcare la schiena.
Approfittò di quel movimento per abbassargli contemporaneamente i pantaloni della tuta e la biancheria, portandogli due dita alle labbra, di modo che le schiudesse, introducendo le falangi, suggerendo a Yamada di inumidirle con la propria saliva. Con la mano libera lo eccitava con carezze esperte, giocando con le dita, stringendo quando sentiva Yamada inspirare più forte e rallentando quando spingeva i fianchi verso di lui; Daiki lo osservava incantato, mentre a occhi chiusi lasciava scivolare lascivamente la lingua negli spazi tra le dita, prendendole completamente nella sua bocca, succhiando con forza, come se volesse portare a termine il lavoro che prima l’altro gli aveva impedito di concludere. Arioka si sporse a baciarlo sostituendo la propria lingua alle dita, distraendo Yamada mentre faceva passare il braccio dietro la sua schiena e iniziava ad accarezzargli piano le natiche, cercando la sua entrata. Ne stuzzicò le pareti grinzose con la punta del polpastrello, aiutandosi con le altre dita a separare i glutei: il suo ragazzo era stretto e Daiki non voleva fargli male, non poteva impedire che provasse dolore, ma voleva che ne sentisse il meno possibile. Con attenzione, per quanto il proprio istinto e i movimenti di Yamada sotto di sé gli e lo permettevano infilò il medio dentro di lui, sentendolo sospirare e stringere automaticamente i muscoli.
“Ryosuke…” lo chiamò piano, spostandosi nuovamente verso l’orecchio, passando la lingua sul padiglione, depositando piccoli baci sulla cute delicata. “Ryo-chan” mormorò, spostandosi per guardarlo, aspettando che schiudesse gli occhi.
“Ryo” gli sorrise, accarezzandogli con l’altra mano la guancia. “Non fare così, cerca di rilassarti” gli suggerì, scendendo sul collo, lasciando scorrere le labbra sulla gola. “Lasciami entrare” chiese sulla sua pelle.
“Fa male” mugolò il più piccolo.
Daiki sorrise appena, sollevando le iridi scure su di lui.
“Lo so, tesoro” lo vezzeggiò, tornando verso il basso, stringendo il suo sesso, mentre spingeva ancora un po’ dentro di lui, sentendolo rilassarsi appena. Yamada strinse gli occhi e Daiki si fermò di nuovo, vedendolo sospirare a labbra socchiuse, cercando di seguire il suo consiglio.
“Vuoi che smetta?” gli domandò a voce bassa e Yamada si affrettò a scuotere il capo allungando un braccio, posandolo sulla spalla nuda di Daiki.
“Continua, Dai-chan, lo voglio davvero” confessò, arrossendo, portando anche l’altro braccio a cingere il collo del più grande, tendendosi per baciarlo. Daiki lo lasciò fare, spingendo ancora più a fondo il dito in lui, cercando di muoverlo in modo circolare, sentendo dapprima Yamada opporre inconsciamente resistenza, poi rilassarsi appena. Approfittò di quel momento per aiutarsi anche con altre due dita, per inserirne un secondo e allargarlo maggiormente; sentì Ryosuke stringersi a lui, il respiro affrettato contro la spalla, mentre si prestava a distrarlo, accarezzandolo ovunque, concentrandosi per accrescere il suo piacere.
Con accuratezza, sfilò le dita, abbracciandolo, baciandogli il collo, prima di sollevarsi; Yamada schiuse gli occhi, guardandolo confuso, il respiro accelerato e il volto leggermente arrossato.
“Daiki?” mormorò appena.
Il più grande sorrise, prendendogli scherzosamente il naso con due dita, baciandogli la fronte.
“Aspettami qui un secondo” gli chiese, alzandosi e sparendo dal salotto.
Yamada sospirò pesantemente, portandosi una mano sul cuore e mettendosi a sedere, inginocchiandosi poi sulla poltrona, abbracciando la spalliera, per osservare fuori dalla finestra con lo sguardo un po’ appannato: tirò su con il naso, sentendosi vicino alle lacrime. Non capiva perché si sentisse in quel modo, lui voleva davvero fare l’amore con Daiki, eppure aveva paura e non riusciva a rilassarsi: si fidava di lui, lo amava, sapeva che lo amava, eppure era spaventato da quello che sarebbe successo dopo; se Daiki si fosse reso conto di aver fatto uno sbaglio scegliendo lui? Nascose la testa contro il braccio piegato, portando l’altro sopra i capelli: perché adesso si metteva a pensare a tutte quelle cose, restava un mistero, doveva rilassarsi, cercare di calmarsi, non peggiorare il proprio stato.
Un paio di labbra calde sulla sua schiena lo fecero sobbalzare e sollevò di scatto la testa, scoprendo che Daiki era tornato e stava in piedi dietro di lui.
Lo scrutò imbarazzato per essersi fatto cogliere in un momento di debolezza, ma il più grande non disse niente per non metterlo a disagio, fece per voltarsi, ma Arioka lo fermò, posandogli una mano al centro della schiena.
“Aspetta, resta così” gli suggerì, mettendosi in ginocchio sul pavimento, prendendogli le caviglie e chiedendogli solamente di allargare un poco le gambe. Yamada notò, solo quando lo vide svitare il tappo, il tubetto di crema bianco che Daiki aveva in mano.
Arrossendo completamente fino alla punta delle orecchie, comprese come mai il fidanzato l’avesse lasciato solo prima e posò la fronte contro la spalliera, sentendo il proprio cuore riprendere a battere furiosamente.
“Non hai cambiato idea allora” biascicò a voce talmente bassa che credette di averlo solo pensato se non fosse stato per la risata leggera di Daiki e della sua voce divertita che gli rispose.
“Ovvio che no, perché avrei dovuto?” domandò a sua volta, ma non era una risposta quella che cercava; lo abbracciò da dietro, attirandolo verso di sé, premendo sulla pancia perché si sporgesse e Yamada chiuse gli occhi, quando sentì di nuovo le labbra su di sé che da metà schiena ridiscendevano verso il basso, sempre più giù, fino a che non sentì la lingua umida leccarlo malizioso dove non avrebbe dovuto, facendolo avvampare.
“Dai-chan” lo pregò per convincerlo a smettere, perché avrebbe potuto morire per il troppo imbarazzo, ma quello che uscì dalle sue labbra era stato molto più simile a un ansimo di piena approvazione più che di rimprovero tanto che il più grande sorrise, soddisfatto; in quel modo, Yamada si sarebbe distratto e rilassato più facilmente.
Yamada chiuse gli occhi, stringendo la spalliera della poltrona, mentre una nuova sensazione di calore gli montava dentro: non aveva mai provato emozioni così intense prima; quando all’inizio Daiki lo toccava e lui aveva imparato come ricambiare quelle attenzioni, Ryosuke aveva pensato che niente l’avrebbe mai reso più appagato di così, invece, in quel momento, con la lingua di Daiki che giocava con il suo corpo e le dita che lo sfioravano così intimamente, sentiva come se il cuore gli potesse da un momento all’altro scappare via dal petto, era come se il sangue avesse iniziato a fluire velocemente nelle sue vene, sentiva il corpo bollente, le tempie pulsare e la testa pesante e leggera allo stesso tempo: come quando aveva la febbre e il suo corpo reagiva in modi totalmente discordanti tra loro. La lingua di Daiki agevolava il percorso delle dita che il più grande aveva fatto nuovamente scivolare dentro di lui; e stavolta non aveva fatto così male: doveva ancora abituarsi a quell’intrusione, ma adesso era come un sottile fastidio al quale sapeva che si sarebbe abituato presto. Non era più spaventato da quelle nuove sensazioni, anzi, le aveva accolte e accettate e stava iniziando a trarne piacere.
Quando Arioka sentì il corpo del più piccolo abituarsi alle sue invadenti carezze, continuò a muovere due dita dentro di lui, scostando la bocca, risalendo verso l’alto senza mai separarsi dalla sua pelle, passando la lingua lungo la colonna vertebrale verso la nuca. Yamada era curvo in avanti, con la fronte sulla spalliera e Daiki gli morse delicatamente una scapola, prima di continuare la sua risalita e depositare una scia di baci da una spalla all’altra, sentendo Yamada sospirare pesantemente.
“Ryosuke…” ansimò con voce roca, alzandosi dal pavimento e piegando le ginocchia sulla poltrona, poggiandosi contro di lui: non resisteva più, sentiva il proprio corpo implorarlo per ricevere soddisfazione e sentire Yamada finalmente arrendevole accrebbe la sua voglia.
Yamada sollevò il capo, quando sentì la mano di Arioka sfiorargli il fianco, da sotto l’ascella al bacino, passando per la pancia e su verso il petto. Daiki piegò le dita, segnando le ossa delle clavicole del più piccolo, continuando a muovere le dita dentro di lui e a baciare, mordere, leccare la sua pelle calda e umida di sudore, come se avesse perso coscienza di sé, come se tutto quello che desiderava fosse sentirlo, sentirlo davvero. Così come voleva Yamada d’altronde.
Percepire quanto l’altro lo volesse rese Yamada felice e gli fece desiderare di accontentarlo, decidendo di seguire, senza più preoccuparsi di niente, i segnali che il proprio corpo gli mandava.
Sollevò un braccio, portandolo indietro e affondando le mani tra i capelli di Daiki, chiedendogli di sollevare il viso verso di sé. Si girò lentamente, cercandogli le labbra e coinvolgendolo in un bacio sensuale e passionale; andò incontro alla sua lingua gareggiando con essa per il comando del bacio, mugolando, quando Daiki tolse le dita da lui, per afferrargli i fianchi, infilandogli le unghie nella pelle, spingendolo in avanti.
Quando rimase senza respiro e sentì il bisogno di nuova aria, Yamada si allontanò da lui, nascondendo il volto contro il collo di Daiki, sentendo il rimbombo del suo cuore, ritrovandosi a sorridere.
“Ryo” si sentì chiamare dolcemente prima di ritrovarsi con il tubetto di crema tra le mani e Arioka che gli mostrava il palmo aperto. “Spremine un po’” gli chiese il fidanzato e Yamada obbedì, abbondando consapevolmente, facendo sorridere il fidanzato.
Per un attimo, quando lo vide portarsi la mano unta tra le gambe e iniziare a cospargere di crema bianca il proprio sesso, tentò di distogliere lo sguardo imbarazzato, ma si trattenne continuando a guardarlo, incuriosito dai movimenti di Daiki su di sé. Vedeva il suo membro sparire nel pugno, mentre si preoccupava di spandere la crema bianca su tutta la pelle; aveva voglia di toccarlo a sua volta, di lasciar scivolare le dita sul suo sesso per sentirlo ingrossarsi contro il proprio palmo, così come tante altre volte era successo, era una sensazione che lo appagava avere Daiki in sua completa balìa, doveva ammetterlo. Eppure vedere l’altro accarezzarsi lo eccitava ugualmente, era una sensazione diversa, ma che lo lasciava comunque senza fiato.
A quei pensieri un rinnovato calore si impossessò di lui e sollevò lo sguardo sul viso del più grande quando questi aprì maggiormente le gambe, per sistemarsi meglio dietro di lui. Gli porse l’altra mano, mostrandogli tre dita, e Yamada vi versò sopra un altro po’ di crema, sentendo immediatamente la pomata fredda su di sé, scendere lungo la linea delle natiche. Con il braccio libero, Daiki circondò Yamada per la vita, portandolo contro il proprio petto.
“Sei pronto, Ryosuke?” gli chiese, mentre la punta già premeva contro il suo sedere e due dita gli separavano i glutei.
Yamada inghiottì a vuoto, annuendo e arrovesciando il capo all’indietro, premendo la fronte contro la gola del fidanzato, mentre Arioka entrava piano in lui.
Il più grande sentiva il respiro affrettato di Yamada che, a labbra dischiuse e palpebre abbassate, mugolava di tanto in tanto, mentre cercava di rilassarsi. Il più piccolo gli prese una mano tra le sue, intrecciandone con una le dita, mentre l’altra posava sul dorso, tenendola stretta al proprio petto, dove Arioka poteva sentire il battito forsennato del suo cuore.
“Ryosuke” pronunciò il suo nome dolcemente, mentre ormai era quasi completamente dentro di lui e riprendeva ad accarezzarlo. Premette il pollice sulla punta, scivolando verso il basso, stringendogli con due dita la base nel momento in cui affondò completamente.
Yamada si morse le labbra per non gridare, strizzando gli occhi. Daiki gli baciò la fronte sudata, mentre stringeva la sua mano come una rassicurazione e il suo sesso per aiutarlo a non pensare al dolore che provava. E Yamada gliene fu grato, prese dei profondi respiri, calmandosi, iniziando ad abituarsi a quella presenza nuova.
“Ryosuke” Daiki lo chiamò ancora, iniziando a muoversi appena, sfilandosi di pochi centimetri, affondando di nuovo, inarcando appena la schiena, mordendosi le labbra, per costringersi a quel ritmo lento, sentiva quelle strette e calde pareti avvolgerlo e l’istinto gli diceva di muoversi più in fretta, di accelerare i tempi e dettare un ritmo di affondo sostenuto, ma si trattenne.
Perché Yamada lo guardava con quello sguardo fiducioso, le iridi leggermente velate dalle lacrime che cercava di non far scivolare, resistendo al dolore, cercando di abituarsi presto.
Chinò il capo, baciandolo alla base del collo, stringendo forte la presa su di lui, massaggiandogli il torace, stuzzicando con le dita i capezzoli, spostandosi quasi casualmente e senza una meta precisa sul suo petto, prima di intrecciare nuovamente le loro dita e spingere di più dentro di lui, sfilandosi di volta in volta di qualche centimetro in più e riaffondare, fino a che il ritmo non si fece pressante, quasi urgente e lo stesso Yamada iniziava a lasciare libera la voce in gemiti sempre più vicini all’orgasmo.
“Daiki” Ryosuke invocava il nome del fidanzato, abbandonandosi contro il suo petto, assecondando con il bacino i suoi movimenti, spingendo indietro il sedere, afferrandogli una mano per farsi abbracciare e stringere, mentre sentiva il proprio corpo fuggire dal controllo della mente e muoversi senza freni per avere di più, chiedendo maggiore soddisfazione fino a che, esausto e senza riuscire più a resistere, raggiunse l’orgasmo, chinandosi in avanti, aggrappandosi alla spalliera della poltrona e sciogliendosi nella stretta della mano di Daiki. Arioka continuò, invece, a spingere dentro di lui, sentendosi più libero di agire, cercando di trarne ancora il massimo piacere, fino a che a sua volta, dopo altre intense spinte, venne dentro di lui soffocando un grido contro la nuca del più piccolo. Riprese velocemente fiato, uscendo delicatamente del corpo del ragazzo, che emise un leggero mugolio, sedendosi sulla poltrona e trascinando su di sé il corpo sfatto di Yamada che ancora ad occhi socchiusi cercava di riprendersi. Gli accarezzò dolcemente le guance che scoprì essere umide e vi posò sopra le labbra, constatando il gusto salato della sua pelle. Gli accarezzò il braccio, scivolando verso il palmo, posandovi contro il proprio, sentendo Yamada ricambiare debolmente la sua stretta e poi schiudere le palpebre.
“Tesoro” lo cullò con tono gentile. “Stai bene?”
Il più piccolo annuì, prendendo un respiro, cercando di sistemarsi meglio contro di lui, dato il piccolo spazio, rabbrividendo. “Ho freddo” mormorò, facendo sorridere il più grande che lo strinse, facendolo spostare prima di alzarsi e tendergli una mano.
“Vieni, andiamo in camera” suggerì, raggiungendo la stanza da letto, facendo stendere per primo il più piccolo sotto le coperte, stringendolo quando gli si stese accanto, posando la testa sul suo stesso cuscino, scrutandolo curioso. Si sporse a dargli un bacio sulle labbra, schiudendole appena, suggendole pigramente, allungando una mano, tirandogli indietro i capelli.
“Come ti senti?” gli chiese, preoccupato.
“Sto bene, Dai-chan” assicurò, muovendosi verso di lui, sorridendo in modo sincero, prima di fare una faccia dubbiosa, portando indietro la testa, per guardarlo meglio.
“Che c’è?”
“Adesso non dirai qualcosa di sdolcinato o imbarazzante riguardo quello che è successo, vero? Questo non cambierà le cose tra noi, vero?” si volle informare.
Daiki rise piano, scrutandolo a sua volta, piegando un braccio, posandovi sopra la testa.
“Yama-chan” esordì, assumendo un tono serio e guardandolo dritto negli occhi, prima di accostarsi e sollevargli il mento con due dita, avvicinandolo a sé. “Nei tuoi occhi ora…” esordì. “Hai qualcosa che non ho mai visto prima in te” mormorò con voce roca, facendo arrossire il compagno che lo spinse per le spalle, a disagio.
“Scemo.”
Daiki rotolò sul letto, stendendosi di schiena, ridendo, allungando una mano, prendendo quella di Yamada, attirandolo verso di sé.
“Vieni qui, Ryo” mormorò con tono dolce. “Non dirò nulla di sconveniente, prometto” assicurò serio.
Yamada si raggomitolò al suo fianco, sentendo le dita di Arioka scivolare sulla sua schiena per vezzeggiarlo.
“Certo che non cambierà niente, anzi a dire il vero sì, qualcosa è cambiato. D’ora in poi sarà tutto più interessante” e nel suo tono di voce non vi era traccia di malizia o altro. Yamada lo guardò curioso, trasformando il sorriso che gli rivolse in uno sbadiglio.
“Scusa” gli disse. “Sono stanco adesso.”
Yamada lo strinse, facendo in modo che si accomodasse meglio su di sé, poi lo richiamò, piano, prima che cadesse nell’incoscienza del sonno.
“Ryosuke, volevo solo dirti che ti amo” mormorò.
Yamada aprì di scatto gli occhi, sorpreso, non aspettandosi quella dichiarazione così diretta: era la prima volta che Daiki glielo diceva e si sentì felice.
Gli cinse il collo con un braccio, sollevandosi per baciarlo sulla bocca, mormorando la sua risposta.
“Ti amo anche io, Daiki.”