Titolo: La colpa di amare
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi:Yamada Ryosuke/Chinen Yuri
Rating: NC-17
Genere: malinconico, triste
Warning: slash
Note:la puntata del VS Arashi a cui la storia fa riferimento è la #069 del 2009.08.15 in cui sono stati ospiti Yamada e Chinen.
Conteggio parole: 3577 (
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Era notte fonda, in tutto l’albergo regnava il silenzio o forse era semplicemente lui a non percepire alcun rumore; chiuso nella propria stanza, Chinen aveva lasciato fuori ogni cosa, ritagliando per sé e il proprio amante un piccolo angolo di mondo.
I loro sospiri riempivano l’aria, il profumo forte della pelle del compagno lo inebriava, mentre si inarcava a ogni tocco di quella mano esperta che sapeva come eccitarlo.
Allungò le braccia, aggrappandosi alle spalle forti, graffiando con le unghie, mentre sentiva la bocca rovente attorno al proprio sesso: non si era mai sentito così appagato e felice.
Sentiva il proprio cuore correre impazzito nel petto, il respiro sempre più corto, mentre ogni muscolo si tendeva, i piedi puntavano contro il materasso e il bacino, impaziente, si muoveva incontro a quella bocca e quelle mani che lo massaggiavano e si infilavano piano dentro di lui, iniziando a prepararlo.
Quelle dita lunghe, bagnate dalla propria saliva, scivolavano dentro di lui senza fatica: non provava eccessivo dolore, sentiva la pelle bruciare dove quelle mani si erano posate, dove i palmi lo avevano sfiorato ed era tutto così maledettamente bello che avrebbe voluto che quelle sensazioni non se ne andassero mai.
Allargò le gambe, permettendo all’uomo di sistemarsi tra esse e capì che stava per possederlo, finalmente.
Rilasciò un lungo ansimo, mentre sentiva il sesso dell’altro fregare contro le natiche e aprì gli occhi, cercando di rilassarsi; perché, in fondo, non aveva paura, non aveva niente di cui preoccuparsi, perché quello che di lì a poco stava per accadere era ciò che aveva sempre desiderato.
Si stiracchiò languidamente, scivolando con la schiena verso il basso, sollevando la testa dai cuscini, avvicinandosi al volto del compagno.
“Ohno-san…” lo chiamò in un sussurro, avventandosi sulle sue labbra, mentre il più grande, con una spinta decisa dei fianchi, lo penetrò completamente, ingoiando il suo grido, baciandolo con irruenza, depredando con la lingua quella piccola bocca, cercando di distrarlo.
Chinen gli strinse le cosce attorno ai fianchi, premendo con i polpastrelli sulla pelle scura e calda: amava il colore della pelle di Ohno, ai suoi occhi lo rendeva ancora più affascinante. Si separò da lui, guardandolo con le palpebre socchiuse e il fiatone, il cuore che rischiava di scappargli via dal petto.
Ohno gli sorrise, accarezzandogli il volto con una mano e portando l’altra tra le sue gambe, per aiutarlo a rilassarsi. Chinen cercò di calmarsi, allentando la presa delle braccia, lasciandole scivolare sul petto, affondando la testa tra i cuscini, mentre sentiva le labbra umide, percorrergli il petto e il più grande iniziare lentamente a muoversi; usciva dal suo corpo e affondava di nuovo dentro di lui, con sempre maggiore impeto.
Chinen ansimava, contorcendosi e andando incontro al bacino dell’amante, traendo sempre più godimento da quell’amplesso, allungò una mano per posarla sulla spalla di Ohno, dove cinque dita si unirono alle sue, stringendo fino a fargli male. Il più piccolo sorrise, ma gli ci volle poco per comprendere che non era quella la mano che avrebbe voluto tenere per sempre nella sua.
Spalancò gli occhi, mentre dietro la schiena dell’uomo che amava, si materializzava una nuova figura.
“Riida…” lo sentì pronunciare con quella voce strozzata che Chinen odiava.
Ohno, che ancora si muoveva dentro di lui, si fermò e, con occhi vacui, si voltò verso Ninomiya, sorridendogli; a lui rivolse un sorriso nuovo, diverso da quello che prima aveva ricevuto per sé, un sorriso che, Chinen sapeva, non gli sarebbe mai appartenuto.
In un attimo, il terrore colse il più piccolo, mentre vedeva Ohno allontanarsi, abbandonarlo e dimenticarsi della sua esistenza, per abbracciare e baciare il nuovo ragazzo. Yuri poteva vedere quanto diverso fosse il modo in cui Ohno lo baciava, il modo in cui Ninomiya lo ricambiava e riusciva a farlo sospirare, qualcosa che lui, un ragazzino, non sarebbe mai riuscito a fare.
Perché non poteva competere, per lui non c’era spazio e non l’avrebbe trovato mai.
Si svegliò di soprassalto, con il fiatone, la fronte madida di sudore e sulle guance ancora il calore delle lacrime che gli tiravano la pelle. Strinse i pugni sulle lenzuola, portandosi poi le ginocchia al petto con frustrazione, domandandosi il perché, il motivo di quei sogni, che non facevano altro che ricordargli quale fosse il proprio posto, sogni che avrebbero dovuto farlo stare bene e, invece, continuavano a prenderlo a schiaffi, ricordandogli quale fosse la realtà: preso in giro dal suo stesso inconscio.
Si alzò dal letto, andando a farsi una doccia, aprì a tutta potenza la manopola dell’acqua e si infilò sotto il gettito senza neanche aspettare che scaldasse; a testa bassa, strinse gli occhi, le braccia tese lungo i fianchi, e tremava. Nervoso e oltremodo irritato, tirò un pugno contro la parete, lasciandosi scivolare sul piatto doccia: era inutile e lo sapeva, inutile continuare a illudersi, inutile continuare a prendersela per dei sogni, inutile continuare a sperare e farsi del male. Inutile era quell’amore che si ostinava ancora adesso a portare avanti: Ohno Satoshi, come un uomo, non l’avrebbe considerato, non l’avrebbe mai visto come qualcosa di più di un kohai e lui doveva farsene una ragione. Doveva andare avanti, anche perché, sapeva benissimo, per lui non c’era posto, Ohno aveva già qualcuno che amava al suo fianco e che non avrebbe mai lasciato, soprattutto non l’avrebbe fatto per un bambino.
Se ne era reso conto una volta di più quella sera stessa, quando, terminate le riprese del VS Arashi in cui lui e Yamada-kun erano stati ospiti, a fine registrazioni era andato a cercarlo; aveva raggiunto Ohno nei camerini per avere l’opportunità di parlare da solo con lui. E sarebbe andato tutto bene, si sarebbe accontentato, gli sarebbe bastato anche solo scambiare quattro chiacchiere con lui, magari sarebbe riuscito a chiedergli un appuntamento, sarebbe riuscito finalmente a chiedergli di andare a pesca insieme. Invece, ogni suo buon proposito era stato rovinato da Ninomiya che aveva fatto irruzione nello spogliatoio portandoglielo via, inventando un impegno comune improrogabile. Chinen sapeva che era una bugia, sapeva che il piano del sempai era solo quello di fargli un dispetto: l’aveva capito dal suo sorriso troppo tirato, dal modo in cui gli aveva detto ‘bye bye, Chinen-kun’ e gliel’aveva portato via. E Ohno l’aveva seguito, Ohno l’aveva guardato con uno sguardo acceso, la sua attenzione era stata assolutamente catturata dal compagno di gruppo e, mentre uscivano insieme dalla stanza, le loro mani si erano appena sfiorate, un contatto fugace, ma che non era stato casuale, perché per loro era naturale farlo, era naturale toccarsi ed essere vicini. Troppo vicini.
Ma la sua non era solo gelosia, quando pensava a Ninomiya Kazunari, Chinen non poteva fare a meno di odiarlo, di provare rabbia, perché aveva quello che lui aveva sempre desiderato e non se lo meritava. Non gli piaceva come lo trattava, che fosse per seguire un copione ai programmi, che fosse solo per finta, lo facesse anche solo per proteggere quella loro relazione, lo infastidiva quando si prendeva gioco di lui. E lo mandava in bestia quando si atteggiava perché il più grande sapeva, Ninomiya aveva capito cosa Chinen provasse per Ohno. Non sopportava il suo sguardo da presa in giro, odiava come riusciva a farlo sentire scoperto e malediva e odiava se stesso, perché una parte di lui era consapevole che avesse ragione, una parte di lui era conscia di non essere all’altezza e questo non lo poteva sopportare.
Eppure, nonostante questo, non poteva fare a meno di pensare che Ninomiya non fosse una brava persona, non meritava l’amore di Ohno, non meritava di averlo al proprio fianco, di questo Chinen ne era assolutamente convinto.
***
Un rumore, simile a dei colpi sul legno, infastidì il sonno di Yamada che fu così costretto a svegliarsi. Si rigirò nelle coperte, cercando di capire da dove provenisse il fastidioso disturbo, realizzando poi che qualcuno stava bussando alla sua porta.
Si alzò dal letto, senza curarsi di infilarsi i pantaloni del pigiama e andò ad aprire.
“Chi è?” domandò, accostandosi contro il legno, e dall’altra parte una voce bassa gli rispose.
“Sono io.”
Yamada aprì e si trovò davanti il compagno di gruppo, registrò distrattamente che si era presentato davanti a lui in pigiama e un’espressione triste e spaesata in viso, prima di ritrovarsi con la schiena contro la porta e le labbra del più piccolo schiacciate sulle sue.
In un primo momento Ryosuke spalancò gli occhi, senza comprendere cosa passasse per la mente del compagno, ma quando sentì le sue labbra diminuire la pressione e iniziare e schiudersi lentamente, ricercandolo in un bacio più dolce e rilassato, si lasciò andare; abbassò le palpebre e portò le mani a cingere la vita dell’amico.
Si baciarono in quel modo appena accennato per diversi minuti, fino a che non fu Chinen a interrompere il contatto, allontanandosi dal suo volto, abbassando il capo.
“Yuri?” gli chiese Ryosuke, cercando di guardarlo, allungando una mano per scostargli i capelli dal viso, ma l’altro parlò prima che potesse sfiorarlo, guardandolo dritto negli occhi.
“Posso restare con te stanotte?” gli domandò.
Yamada lo osservò per diversi istanti, cercando di leggere nel suo sguardo tormentato e annuì con il capo, sentiva il cuore accelerare i battiti, aveva ancora sulle labbra il calore di quelle del ragazzo e si sentiva incredibilmente felice.
Sapeva di non doverlo essere, perché Chinen, si vedeva, era sconvolto, lo conosceva abbastanza da riuscire a interpretare i suoi silenzi, per cui, si limitò a mormorare un semplicissimo: “sì”.
Chinen abbozzò un piccolo sorriso, che nascondeva in sé un’ombra di malinconia, e abbracciò l’amico. Ryosuke lo strinse a sé con forza, inspirando il profumo del doccia schiuma, passandogli una mano tra i capelli ancora umidi, sentendo le mani dell’altro infilarsi sotto la sua maglia da notte, passare sulla schiena e risalire verso l’alto. Quando si scostarono, Chinen non lo lasciò andare, lo fissò negli occhi e chinò nuovamente la testa verso il viso di Yamada che gli andò incontro, chiudendo gli occhi e offrendogli le labbra: Chinen sapeva che quello che stava facendo non era corretto, sapeva che in quel modo non stava facendo altro che ferire il compagno, ma ne aveva bisogno, in quel momento aveva bisogno di lui, di qualcuno che gli volesse bene, di qualcuno che lo amasse per quello che era, di qualcuno che tenesse veramente a lui e per il quale lui era la persona più importante.
Chinen non era uno stupido, sapeva che da tempo Ryosuke era innamorato di lui e per quanto avesse provato a pensare a lui negli stessi termini, per quanto avesse voluto vederlo come qualcosa di più di un amico, di un compagno, di un collega di lavoro, non ci era riuscito, perché la sua mente era occupata sempre da quella persona, la stessa per la quale adesso si ritrovava stretto tra le braccia di Yamada, che cercava i suoi baci, il suo calore.
E Yamada in qualche modo doveva aver capito con quale spirito Yuri era andato da lui quella sera e per quante volte si fosse ripetuto che non doveva permettergli di prendersi in quel modo gioco di lui, ogni volta che Chinen lo cercava, ogni volta che richiedeva le sue attenzioni, lui era sempre lì per dargliele, per accontentarlo. Anche se questo significava che poi stava male, anche se poi soffriva il doppio e si ritrovava da solo a piangere e a prendersela con se stesso per essere stato così debole, per non essere in grado di contrastare quell’amore che pian piano lo stava consumando e che a lungo andare l’avrebbe distrutto.
Lo amava e semplicemente non riusciva a dirgli di no, il suo cuore non poteva stargli lontano, fosse anche solo per del sesso consolatorio, fosse anche solo per riuscire a farlo suo nell’illusione di una notte, di un piacere effimero, avrebbe continuato a farsi trovare da lui e ad aspettarlo.
E, come succedeva ogni volta, mentre sentiva le labbra di Chinen percorrere il suo collo, i denti mordere la pelle e la bocca succhiare, per lasciare marchi e segni, Yamada abbandonò qualsiasi scrupolo, afferrando da quel momento quante più emozioni, quante più sensazioni possibili. Per sentirsi vivo, prima che il senso di vuoto prendesse possesso del suo cuore.
Gli strinse le braccia attorno al collo e, mentre le mani di Chinen dalla maglietta scivolavano dentro i boxer, accarezzandogli i glutei e scivolando tra essi, lo spinse a indietreggiare, spostandosi sul letto; lo fece sedere, allontanandosi da lui, inginocchiandosi sul pavimento. Lo guardò un istante, sorridendogli, come per tranquillizzarlo che fosse tutto apposto, che lo capiva e che non gli faceva alcuna colpa, ma che si assumeva la responsabilità delle proprie azioni.
Yuri gli passò una mano sulla fronte, pettinandogli i capelli con le dita, mentre Ryosuke gli tirava l’elastico dei pantaloni del pigiama, levandoglieli piano. Chinen portò un braccio indietro, facendo perno sul materasso, arrovesciando il capo quando sentì le mani di Yamada iniziare ad accarezzare il suo sesso che reagì immediatamente a quelle attenzioni; sospirò pesantemente, mentre sentiva il fiato caldo di Ryosuke sulla sua pelle e poi la bocca circondarlo e iniziare a succhiare in un movimento dall’alto verso il basso. Con la lingua ne segnava la lunghezza, lo stuzzicava con le dita, portandolo lentamente verso la follia più pura, facendogli dimenticare ogni cosa. Yuri si lasciò andare all’indietro, portando anche l’altra mano tra i capelli scuri del compagno, muovendosi verso di lui a ritmo incalzante, lasciandosi andare completamente.
Yamada continuò a muoversi su di lui, prendendolo sempre più a fondo, succhiando con forza, quando sentiva le dita di Chinen intrecciarsi disperate ai suoi capelli.
Si allontanò da lui poco prima che venisse, diminuendo l’intensità delle suzioni, muovendo solo la lingua, fino a lasciarlo completamente orfano del suo calore. Si sollevò in piedi, sfilandosi i boxer e aprendo le gambe: Chinen, con un mugolio frustrato, aprì gli occhi, sollevandosi sui gomiti, fermandosi a guardarlo. Gli sorrise, mentre si rimetteva dritto e portava un braccio a cingergli la vita, attirandolo verso di sé: una mano sotto la maglia per accarezzargli la schiena e il sedere, mentre con l’altra risalì il petto, il collo, fino alle labbra, dove lo convinse a schiuderle e Ryosuke, sempre senza staccare lo sguardo da quello profondo del compagno, iniziò a suggere due dita, ripetendo gli stessi movimenti che aveva compiuto prima con il suo sesso. Lasciò scorrere la lingua tra indice e medio, afferrando la punta, grattandola con i denti, prima di farle scomparire completamente e succhiare. Chinen si mordeva un labbro, sentiva il proprio sesso urlare impaziente tra le gambe, cercando però di trattenersi. Quando ne ebbe abbastanza, sfilò le dita dalla bocca di Yamada, un filo di saliva a fare da testimone, portando la mano dietro la schiena del più grande. Con i polpastrelli cercò l’entrata tra le natiche, infilando un primo dito: vide Ryosuke trattenere un istante il fiato e con la mano libera gli afferrò la nuca, portandolo verso di sé per baciarlo. E stavolta quel contatto non aveva nulla di dolce o tenero: era urgente, passionale, disperato. Chinen gli morse le labbra, spinse la lingua dentro la bocca di Yamada, ne accarezzò i denti e il palato, mentre infilava completamente l’indice e con il medio si faceva ulteriore spazio. Non dovette aspettare molto perché il compagno si abituasse alla sua presenza e il corpo iniziasse a chiedergli di più. Yamada gli mise le mani sulle spalle, stringendole e muovendo indietro il sedere, divaricando maggiormente le gambe per avvicinarsi a lui.
Chinen allora tolse le dita da lui e, prendendolo per i fianchi, lo aiutò a impalarsi su di sé, prima con attenzione, poi quando anche Ryosuke fu pronto, lo penetrò completamente, stringendolo subito a sé, baciandolo di nuovo, dappertutto: sulle labbra, le guance, il collo. Una mano ad accarezzargli la schiena, l’altra sul suo sesso si muoveva in un massaggio ipnotico: le dita stringevano la carne, risalivano e riscendevano, mentre iniziava a muoversi.
Quando gli arrivarono chiari i mugolii di piacere, direttamente dentro l’orecchio e sentì l’altro completamente rilassato contro di sé, gli strinse un fianco, sussurrandogli qualcosa contro la guancia.
Ryosuke annuì e, stringendogli le gambe attorno alle cosce, con le ginocchia che facevano perno sul materasso, lo aiutò a sfilarsi da sé, sedendosi di nuovo su di lui, ripetendo quei movimenti all’infinito, in un crescendo sempre più rapido e veloce.
Chinen guardò Yamada, il volto sfigurato in una smorfia di piacere, i capelli umidi gli incorniciavano il viso, rendendolo ai suoi occhi la creatura più bella; e, in quel momento, sentì anche una profonda tristezza nel cuore, nei propri confronti e in quelli dell’amico, perché Ryosuke gli si stava donando con assoluta fiducia, perché lo amava, perché si stava annullando per un suo capriccio, sapendo che poi avrebbe sofferto.
Era un egoista, perché nonostante sapesse tutto questo, non riusciva a fare a meno di lui, di cercarlo ogni volta e, dopo tutto quel tempo, cosa ancora peggiore, non riusciva comunque ad amarlo come entrambi avrebbero voluto che fosse. Era solo sesso, mera consolazione da una parte, vana illusione dall’altra.
Con rabbia, Chinen ribaltò le loro posizioni, uscì completamente da lui, costringendolo a stendersi sul materasso e possedendolo di nuovo: Yamada artigliò le lenzuola, gridando di piacere, sotto le spinte irruente e disperate, raggiungendo l’orgasmo, senza che riuscisse più a trattenersi. Avrebbe voluto non fermarsi mai, avrebbe voluto sentire per sempre Chinen dentro di sé, avrebbe voluto che restassero una sola cosa per sempre, ma sapeva che questo era impossibile e il suo desiderio sarebbe rimasto irrealizzato.
Si abbandonò, Yamada, esausto sul materasso, mentre Yuri gli era ancora dentro alla ricerca del piacere, attimo che lo colse poco dopo: Ryosuke lo osservò, lo vide inarcarsi verso di lui, le braccia tendersi e fare forza sul letto, per poi lasciarsi andare a un lungo gemito mentre veniva.
Sfiancato, Chinen uscì dal corpo del più grande, stendendosi prono al suo fianco; Yamada osservò incantato il suo profilo, mentre entrambi riprendevano fiato. Quando Yuri aprì gli occhi, sorprese l’altro a osservarlo con un leggero incurvarsi di labbra.
Si avvicinò a lui, posandogli una mano sulla guancia e tendendosi pigramente a baciargli le labbra, come quando era arrivato da lui, triste e disperato.
Ryosuke chiuse un istante gli occhi, riaprendoli subito quando l’altro si allontanò, rotolando sulla schiena: rimasero immobili, uno vicino all’altro a fissare il soffitto. Istanti di silenzio che sembrarono anni, prima che Chinen parlasse.
“Mi dispiace” disse solo e Yamada non rispose e Yuri non si aspettava che rispondesse niente. Perché non c’era nulla da aggiungere, non c’era niente in quel momento che giustificasse le sue scuse, che gli sollevasse la coscienza o che desse pace allo spirito di Ryosuke.
Ancora silenzio, i respiri che andavano regolarizzandosi e un fruscio di lenzuola: Yamada si sedette sul bordo del letto, infilandosi nuovamente la biancheria. Chinen, ancora disteso, osservava la schiena del compagno e dalla sua postura comprese.
“Sarà meglio che tu vada ora” mormorò Yamada, cercando di far apparire ferma la propria voce.
Non ci riusciva: anche quella volta aveva perso, perché adesso che tutto era finito, adesso che la realtà aveva di nuovo preso il proprio ruolo in quella dimensione, tutto diventava difficile e doloroso. E non c’era più niente.
Avrebbe voluto dirgli di restare, avrebbe voluto tanto dormire abbracciato a lui, avrebbe voluto essere per Chinen quell’ancora di salvezza, ma chi avrebbe salvato lui poi, dagli altri e da se stesso.
Avrebbe davvero voluto averlo vicino a sé, ogni volta il suo cuore gridava perché gli dicesse di restare, di fermarsi, ma Ryosuke sapeva che non era possibile, perché se fosse rimasto, se l’indomani si fossero svegliati insieme nello stesso letto, vicini, con i volti a distanza di un respiro, sarebbe stato per lui più difficile. Per quanto lo desiderasse, per quanto il suo corpo, sfinito dall’amplesso volesse ricreare e ricercare con lui quel genere di intimità, per come stavano le cose adesso tra loro sarebbe stato ancora più doloroso.
E Chinen lo sapeva benissimo, anche se non gli aveva mai dovuto dire nulla a proposito, comprendeva perché poi il compagno, senza più guardarlo gli chiedeva di andarsene, senza spiegazioni, così come lui arrivava senza dire una parola, senza che l’altro sapesse cosa lo tormentasse tanto, al punto da spingerlo nel suo letto.
Yuri si alzò a sua volta, rivestendosi e, a passi leggeri, uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle, rimase fermo, immobile con la schiena contro il legno fino a che non sentì la serratura scattare. Poggiò la testa contro il legno della porta e, come ogni volta, si impose di restare lì, seduto in mezzo al corridoio buio ad ascoltare il pianto silenzioso di Yamada.
E si sentì un mostro, come ogni volta si sentì l’ultimo scarto dell’umanità, perché quando si vuol bene a una persona, spesso è fin troppo facile ferirla, fare perno sulle debolezze altrui per rivalsa personale. È tanto è più facile calpestare i sentimenti del prossimo, tanto più è difficile tenere a freno poi i sensi di colpa, troppo difficile assumersi le proprie responsabilità.
Avrebbe voluto sparire dalla faccia della terra, avrebbe voluto cancellarsi per quello che aveva appena fatto, perché non aveva alcun senso, perché Yamada non meritava un simile trattamento, perché Chinen non meritava quelle lacrime e quell’amore tanto forte.
Ed era solo colpa sua se Yamada stava male, perché lui per primo non era in grado di amare, lo faceva nel modo sbagliato, ostinandosi a inseguire qualcosa di irrealizzabile e per quell’amore, per quella stessa persona che non l’avrebbe mai ricambiato, lo stava facendo soffrire.
E per questo si odiava e non se lo sarebbe mai e poi mai perdonato.