Fandom: RPF-Arashi
Personaggi: Ohno Satoshi/Ninomiya Kazunari
Pairing: Ohmiya
Rating: Verde
Genere: fluff, romantico
Disclaimer: gli Arashi non mi appartengono, non li conosco personalmente e tante altre di quelle cose che mi rendono triste perché loro non sono miei ç__ç La storia non è scritta a scopo di lucro.
Note: A Natale si è tutti più buoni e sebbene io quest’anno non l’abbia sentito proprio per niente, ho voluto scrivere qualcosa a tema. Per cui il rating e il genere sono quello che sono. Siccome non riuscivo a scrivere nulla che mi soddisfacesse (ho iniziato troppe cose e non ne ho finita neanche una) ho chiesto a
simph8 (grazie Chia, mi hai veramente aiutata tantissimo) di darmi tre prompt Ohmiya. L’idea iniziale era regalare una di queste storie a
yukiko_no_niji, dato che era rimasta lei senza regalo, poi, però, dopo averle scritte tutte e tre, ho tirato a sorte con i bigliettini e le ho smistate secondo il volere del Fato.
Note2: immaginate Nino versione 2007 XD
Questa è per:
yukiko_no_niji. Tanto fluff, spero che ti piaccia, comunque.
Buon Natale *-*
*il prompt è nascosto se non volete spoiler non evidenziate, se siete curiosi, invece, il testo apparirà maGGicamente selezionando qua sotto*
Pairing: Ohno x Nino
Prompt: “Abbiamo la giornata libera. Pensavo di fare dei biscotti per Natale. Vuoi aiutarmi?”
“Perché dovrei? Preferisco giocare a “Zelda””
Immagine:
*qui* Christmas biscuits
Quando Ninomiya aprì gli occhi, era già mezzogiorno passato; si stiracchiò, restando ancora a girarsi tra le coperte, affondando la testa tra i cuscini, prima di decidersi a darsi una rinfrescata per svegliarsi completamente. Senza preoccuparsi di cambiarsi, si diresse in salotto, individuando subito il divano e lanciandosi sopra. Si passò una mano tra i capelli un po’ troppo lunghi, abbandonandosi con le spalle tra il poggiolo e lo schienale, recuperando dal tavolo il suo preziosissimo Nintendo.
L’accese e iniziò a giocare, continuando dall’ultimo punto di salvataggio.
Poco dopo, dalla cucina, fece capolino Ohno, avvicinandosi con una tazza di caffé.
“Buongiorno” lo salutò il più grande, allungandosi verso di lui per rubargli un bacio, dal quale Nino si scostò distrattamente, continuando a giocare, bofonchiando un “’giorno”, troppo concentrato sulla partita per prestargli attenzione.
Satoshi si sedette accanto a lui sul divano, costringendo Nino a piegare le gambe, accovacciandosi stretto dalla sua parte, incurante comunque di ciò che gli accadeva intorno.
Ohno rimase per un po’ a osservarlo giocare: gli faceva tenerezza, ancora in pigiama, con i capelli in disordine che gli ricadevano sul volto e un piccolo broncio sul viso.
“Nino?” lo chiamò il più grande, allungando un braccio, passandoglielo sotto le ginocchia e facendogli stendere le gambe su di sé, accarezzandogli distratto una coscia.
“Mh?” gli rispose Kazunari, senza staccare gli occhi dallo schermo.
“Oggi abbiamo la giornata libera” iniziò, sperando di attirare la sua attenzione. “Pensavo di fare dei biscotti per Natale. Vuoi aiutarmi?” domandò, restando in attesa, un po’ ansioso.
Sapeva bene che era una proposta azzardata, un po’ sciocca e infantile, ma si era svegliato particolarmente di buon umore e la prospettiva di passare finalmente un po’ di tempo insieme senza preoccuparsi di fare tutto di corsa perché poi dovevano lavorare, gli faceva sentire maggiormente lo spirito Natalizio che in quei giorni stava invadendo tutti, tranne loro. Erano troppo occupati a lavorare per potersi rendere veramente conto di che giorno fosse.
Ninomiya fermò un istante le dita che premevano sui tasti, volgendo appena gli occhi su Ohno.
“Perché dovrei? Preferisco giocare a ‘Zelda’” rispose, stringendosi nelle spalle, tornando alla partita.
Ohno fermò la mano che ancora lo vezzeggiava, preso in contropiede da quella risposta che non si aspettava realmente.
Non così freddo, non così indifferente. E davanti a quella reazione completamente disinteressata, Ohno non riuscì a ribattere, non riuscì ad arrabbiarsi, non riuscì a fare niente, limitandosi ad alzarsi dal divano e tornare in cucina. Osservò il libro di ricette che aveva preso in prestito da casa di sua madre e per un istante fu tentato di scaraventarlo lontano, tanto si sentiva irritato e deluso, ma decise che non avrebbe dato a Nino quella soddisfazione, se, in tal caso, avesse almeno avuto la decenza di andare a vedere perché stava distruggendo mezza cucina. Ohno non era il tipo da fare quel genere di cose, manteneva sempre una calma invidiabile e quasi fastidiosa a volte, anche per se stesso. Ma era fatto così.
Non voleva, però, restare in casa, si sarebbe infastidito maggiormente, specie perché Nino, a quanto pareva, come al solito, sembrava non essersi reso conto di quello che aveva fatto.
Ohno non si aspettava che gli desse una risposta positiva, era vero, ma dentro di sé credeva in quel rapporto che stavano costruendo e quella reazione l’aveva ferito.
Prese il cappotto e le chiavi di casa, mormorando un distratto ‘Esco’ prima di chiudere la porta senza aspettare risposta che, immaginava, non ci sarebbe stata comunque.
Iniziò a camminare a passo svelto, senza guardare realmente dove andava, troppo nervoso, troppo arrabbiato, troppo frustrato per dare un senso alle proprie azioni.
Fuori l’aria era fredda e portava, in qualche modo, un po’ di sollievo ai suoi nervi, il fiato usciva veloce dalla bocca, trasformandosi in piccole nuvoline bianche. Non vedeva la gente che passeggiava tranquilla per la strada, non sentiva le risate allegre delle comitive o dei bambini che osservavano entusiaste le vetrine colorate e piene di giocattoli.
Rallentò l’andatura, fermandosi poi di colpo in mezzo strada.
Ripensò a quanto era successo, ripensò alla propria proposta, era stupida e forse troppo sdolcinata, ma gli sembrava una cosa carina, era un modo come un altro di fare qualcosa insieme.
Le parole di Nino gli riecheggiavano nel cervello.
Perché dovrei?
Già, perché avrebbe dovuto? Non aveva saputo cosa rispondergli, anche se adesso gli venivano alla mente un sacco di ragioni per le quali avrebbe potuto fare lo sforzo di passare qualche ora con lui.
Anche se vivevano insieme e si vedevano tutti i gironi a lavoro, non avevano mai realmente del tempo da trascorrere insieme come una coppia. Perché erano una coppia, forse Nino questo l’aveva dimenticato. O se lo ricordava solamente quando si rotolavano sotto le lenzuola o quando, per scaricare lo stress a fine giornata, non aspettava neanche di arrivare in camera o al massimo sul divano e gli saltava addosso non appena si erano chiusi la porta alle spalle.
Perché non era sufficiente abitare sotto lo stesso tetto o frequentare gli stessi posti per poter dire che stavano insieme, non era stare nella stessa stanza, facendosi compagnia in silenzio, lui a disegnare e Nino a giocare con quella maledettissima console, che voleva dire passare del tempo insieme.
Satoshi sapeva come fosse fatto Nino e gli piaceva anche con tutti i suoi difetti, al di là di tutto, perché Nino non era perfetto, neanche lui lo era, ma che non capisse delle cose così semplici, lo facevano stare male.
Perché così sentiva come se fosse solo lui quello coinvolto nella loro storia. Si sentiva in qualche modo usato come qualcuno che vive con te e che ti fa sentire meno il peso della solitudine, qualcuno con cui fare sesso e sfogare le proprie voglie, ma con cui non condividi nient’altro che un fugace momento di pieno appagamento che alla fine non ti lascia nulla dentro. Non avrebbe voluto fare quei pensieri, ma non riusciva a impedirselo.
I biscotti erano solo uno stupido pretesto per stare insieme. Perché Nino non riusciva a capirlo?
Riprese a camminare, stavolta con più calma, fermandosi in un bar, osservando dalla vetrata il via vai di gente, cercando di perdersi tra loro.
Non seppe dire quanto rimase là fermo a rimuginare, il tempo riprese a scorrere solo quando la cameriera andò a destarlo dai propri pensieri, avvisandolo che avrebbero chiuso di lì a pochi minuti.
Ohno si scusò, pagando il conto, lasciando una piccola mancia per il disturbo, rimettendosi in strada. Distrattamente prese il telefono per guardare l’ora e si rese conto che non era poi così tardi, eppure non era stato via abbastanza da spingere Nino a scrivergli o telefonargli perché non trovò nessun avviso. O, forse, non gli interessava davvero nulla di quello che poteva fare quando non stavano insieme.
Si rimise sulla strada di casa, passando davanti a un supermarket, decidendo di comprare comunque gli ingredienti per fare i biscotti, se anche Nino non voleva farli, non vedeva motivo di privarsene lui stesso: li avrebbe poi portati un po’ alla famiglia o ai ragazzi il giorno dopo a lavoro, sicuramente Aiba ne sarebbe stato entusiasta. E, per un istante, immaginò come sarebbe stato dividere la propria vita con qualcuno che non fosse Nino, se al posto suo avesse scelto uno qualsiasi dei suoi compagni di gruppo o dei suoi amici al di fuori degli Arashi.
Scosse il capo, cacciando immediatamente via quei pensieri, perché, nonostante tutto, lo amava, amava troppo Nino per permettere a una stupida incomprensione di fargli venire dei dubbi.
Rientrò a casa in silenzio, levandosi le scarpe e sentendo Ninomiya parlare con qualcuno. Tese l’orecchio, cercando di non fare rumore: era al telefono.
“Ho capito, Aiba-chan… grazie. No, davvero, non ti preoccupare, molto probabilmente si è addormentato da qualche parte”
Ohno rimase interdetto da quella frase.
“Stupido vecchio!” lo sentì mormorare tra i denti, dopo aver chiuso la chiamata.
Satoshi sorrise, immaginando cosa dovesse essere successo, sentendosi stupidamente felice; in fondo, conosceva abbastanza Nino da sapere che, anche se era preoccupato per lui, non l’avrebbe dato a vedere e, soprattutto, consapevole di essere lui nel torto stavolta, ci avrebbe messo un po’ per capire di aver sbagliato e chiedere scusa. Fosse anche fargli una telefonata o scrivergli una mail.
Aprì e richiuse la porta facendo rumore stavolta, fingendo di essere appena arrivato. Si levò scarpe e cappotto, tornando in cucina come se nulla fosse, posando sul tavolo la busta con la spesa.
“Sono tornato” mormorò, guardando Nino che stava seduto sulla sedia della cucina: era ancora in pigiama, le mani tra le gambe che lo guardava storto, quasi con rimprovero.
“Ce ne hai messo di tempo” lo sentì rispondergli e Ohno si strinse nelle spalle.
“Dove sei stato?” domandò Nino e il più grande lo percepì lo sforzo che stava facendo per non irritarsi ancora di più.
“In giro…”
“Per quattro ore? Senza una meta?” domandò l’altro sconcertato, perdendo per un attimo il controllo su se stesso.
“No, sono andato a trovare Aiba” guardò Nino con la coda dell’occhio. Il ragazzo era pronto a ribattere qualcosa, ma poi evitò, se gli avesse detto che sapeva che non era stato da lui, perché l’aveva chiamato personalmente, allora avrebbe dovuto ammettere che era preoccupato.
“Tornando poi mi sono fermato a prendere gli ingredienti per i biscotti!” continuò, aprendo il libro di cucina e sollevando le maniche della felpa.
“Ancora con questi biscotti!” sbuffò Nino, scendendo dalla sedia, ma prima che potesse allontanarsi Ohno lo fermò.
“Vuoi aiutarmi?” chiese di nuovo. Nino si volse a guardarlo, poi si passò una mano tra i capelli e lo raggiunse, prendendo un grembiule da cucina, legandoselo dietro la schiena.
“Se proprio devo” si arrese e Ohno sorrise.
Si lavarono le mani e, dividendosi i compiti, iniziarono a preparare l’impasto: farina, zucchero, tuorli d’uovo, burro fuso; Ohno si occupò di impastare, mentre Nino aveva utilizzato una più comoda e già pronta pasta frolla che il più grande aveva acquistato al negozio, iniziando a intagliare le formine, aiutandosi con gli appositi stampini.
“Hai proprio fatto le cose per bene” sentì dire da Nino che alternava formine di albero di Natale, alle più classiche stelle o fiocchi di neve. Ohno sorrise, scuotendo il capo.
“C’erano solo quelli” disse.
“Non mi stavo lamentando” volle precisare Ninomiya, intento a preparare la glassa. Una volta finito, si avvicinò a osservare il lavoro del compagno, incantato dal modo in cui modellava la pasta fino a renderla una pagnotta tonda, da cui poi iniziò a dividere le porzioni, per creare i biscotti. Ninomiya rubò un pezzo di pastella, assaporandola, trovandola deliziosa e dolce quanto bastava.
“Com’è?” domandò Ohno, prendendone a sua volta un pezzo per assaggiarla.
Kazunari lo osservò, e prima che potesse pulirsi le mani, gli bloccò il polso; avvicinò le labbra alla mano, prendendo i residui di pasta sulle dita del Riida, grattando con i denti, suggendogli la punta dei polpastrelli, incatenando i loro sguardi. Ohno allontanò la mano e, prendendogli il volto lo avvicinò ancora di più a sé, baciandolo piano. Nino gli poggiò le mani sulla vita, rilassandosi contro di lui, abbandonandosi completamente alle cure della bocca del compagno.
“Mi dispiace” mormorò pianissimo quando si separarono, abbassando lo sguardo. Ohno lo circondò con le braccia, guardandolo, ma senza proferire parola. Ninomiya sollevò di nuovo la testa per guardarlo e ripeté con più convinzione.
“Mi dispiace di essere stato brusco, stamattina. Non volevo farti rimanere male, ma… lo sai come sono fatto.”
Ohno gli passò una mano dietro la nuca, infilandola tra i capelli, accarezzandolo: “Non credere di potertela sempre scampare con questa scusa” lo strinse, baciandogli la fronte.
Ninomiya lo guardò, sorridendo, sollevandosi leggermente sporgendo in fuori la lingua, passandogliela sulla punta del naso.
“Nino! Che schifo!” Ohno si pulì con una mano, fingendosi infastidito, mentre i suoi occhi ridevano.
“Avevi dello zucchero!” si giustificò l’altro, allontanandosi da lui, posando le formine sulla teglia da forno cospargendole di glassa.
Ohno si lavò le mani, prima di prendere qualcosa dalla busta e scartare una confezione. Nino lo osservò e Ohno gi diede le spalle.
“Non puoi guardare, è una sorpresa” disse, prendendo un pezzo abbastanza grande di pasta, iniziando a lavorarci.
Nino non comprendeva, ma lo lasciò fare, mettendo a cuocere la prima infornata di biscotti, tenendo il tempo per evitare di farli bruciare.
Quando fu il turno di Ohno, fece allontanare il più piccolo, ingiungendogli di aiutarlo a sistemare il disordine che avevano creato per tenerlo impegnato. Nino stranamente non si lamentò, iniziando a lavare le stoviglie, mentre Ohno ripuliva il banco da lavoro.
Quando il din della sveglia suonò Ohno guardò Nino che sollevò le mani in segno di resa: “Ho capito, mi levo di torno, vado a giocare!”
“So dove trovarti!” gli rispose il Riida, mentre disponeva le formine appena cotte, iniziando a decorarle con i coloranti per dolci.
Quando terminò la propria opera la osservò soddisfatto; preparò in una ciotola i dolci che avevano fatto insieme e prese la formina più grande rispetto alle altre nascondendola dietro la schiena. Raggiunse Nino in salotto, il quale, vedendolo arrivare, mise in pausa il gioco, chiudendo il Nintendo, osservandolo con un leggero sorriso.
“Siamo stati bravi, guarda!” gli mostrò i dolci di glassa, incentivandolo a prenderne uno, ma Nino si sporse, cercando di indovinare cosa nascondesse.
“Che c’è lì?”
“Curioso?” lo provocò Ohno con una risata.
“Assolutamente no.”
“Bugiardo!” Satoshi gli rubò un bacio sulle labbra e dopo aver posato la scodella sul tavolino tornò a guardare Nino.
“Sei pronto?”
“Oh-chan finiscila e dammi…”
Si interruppe, sbarrando gli occhi quando Ohno gli mise davanti un biscotto più grande degli altri che rappresentava Link, l’eroe dell’avventura di Zelda.
Era perfetto! Il cappellino verde, i capelli biondi, gli occhi azzurri, il vestito aveva anche la cintura e il biscotto impugnava la spada nella classica posa della cover.
Nino teneva il biscotto tra le mani senza sapere cosa dire, Ohno non riusciva a interpretare correttamente quel silenzio, per cui iniziò a parlare.
“Avevo solo la base dello stampino. Come l’ho visto ho dovuto prenderlo. Spero che sia fedele all’originale, ho cercato di fare memoria, ma ho avuto dei dubbi sugli occhi e-” fu costretto a tacere quando Nino gli si lanciò praticamente addosso, abbracciandolo e depositandogli un bacio sul collo, senza sapere che altro fare.
Non se l’aspettava per niente, nonostante quella mattina l’avesse trattato male, lui era uscito e vedendo quello stampino l’aveva comprato pensando a lui, per fargli quella sorpresa. Sentiva un avvolgente calore invaderlo, mentre si separava da lui, restando comunque vicini.
“Se non lo mangi subito il colore si scioglie” gli disse Satoshi, prendendogli una mano e posandosi la punta delle dita sulle labbra socchiuse.
“Buono” mormorò, prima che Nino lo attirasse nuovamente a sé per baciarlo.