Mi è partita la mano, oltre che l’ultimo neurone sano e il briciolo di autocontrollo che mi era rimasto dopo mesi e mesi di training autogeno e dopo aver contato fino a numeri infinitesimali, credo anche di averne scoperto di nuovi, sono il nuovo Einstein!
Oggi sono particolarmente piccata, quindi vi prendete questa Mandy così come viene! E permettetemi davvero un piccolissimo sclero.
Sono qui per contestualizzare la nascita di
questo.
Dunque, non so se l’abbiate mai notato, ma, nell’introduzione alla raccolta della
BDT su EFP, ci sono di volta in volta gli avvertimenti al genere e al tipo di storia che l’ultimo capitolo di questa raccolta tratta. Ebbene, se non l’aveste fatto, consiglio di tornare indietro e leggerlo, perché questa è una death fic.
Non mi sono fatta molti problemi di sorta, non sono stata indecisa se scriverlo o meno. Io lo dico, perché, da lettrice, vorrei sapere quando apro una storia a cosa vado incontro, spoiler o non spoiler. Non mi interessa rovinare l’effetto sorpresa, assolutamente. Per lo meno quando si tratta di fan fiction particolari, preferisco mettere le mani avanti. Poi, ognuno decide per sé. Personalmente, inserirei anche l’het come avvertimento, specie in taluni fandom.
Detto questo, permettetemi un piccolo sfogo per contestualizzare la storia. Perché ho scritto questo piccolo cameo?
Ebbene, perché sono un po’ stufa. Sono stufa, e anche io ogni tanto ho i miei bravi cinque minuti, di sentirmi sempre attaccata (non a me personalmente, ma in quanto facente parte di questa categoria di autrici) in quanto scrittrice di storie a lieto fine.
Sembrerà un controsenso, ma per quanto non mi freghi niente del parere altrui, (io non vivo di recensioni o di sapere se a te persona sconosciuta che non ho mai visto piaccia quello che scrivo. Alle persone di cui mi frega, se proprio voglio un parere, lo mando in privato) mi rompe le palle sentire sempre gli stessi discorsi in merito, anche se io continuerò a scrivere e fare quello che mi piace.
Io amo il fluff, mi piace che le cose vadano bene, almeno dove posso avere io il pieno controllo. Che che se ne dica, i personaggi tentano di fare quello che voglio, a volte ci riescono altre no, sia quelli miei che quelli appartenenti al relativo creatore, come recitano i disclaimer, ma sono IO che li gestisco e se voglio che vadano li lascio andare, se non possono farlo, fanno come voglio io.
Premesso ciò, non è vero che, sebbene si continui ad affermare il contrario in questa eterna e inutile lotta, il fluff sia un sottogenere e l’angst sia il non plus ultra.
Chi l’ha detto che scrivere fluff sia facile? Chi l’ha detto che le storie fluff non siano belle o siano scontate perché sai che il lieto fine è assicurato? Come dice la mia Oneesama, allora, lo stesso discorso dovrebbe vale per chi scrive angst, anche quello è scontato e banale, tanto, si sa, finisce male. Perché, è errore comune scrivere tragedie senza capo né coda, solo per il gusto di far soffrire i personaggi e devi essere brava, ma veramente brava per non far pensare al lettore che il tuo personaggio o chi per lui sia completamente folle e psicopatico, perché sta agendo così e sembra lo faccia, tanto per fare.
Attenzione,però!
Così come per ogni cosa, chi scrive un genere piuttosto che un altro, può toppare. Io stessa posso aver toppato, anzi, HO toppato. Quando, per esempio, ho iniziato a scrivere o quando mi avvicinavo a un nuovo fandom, sono scaduta in sviolinatezze e smielerie (lo so che non sono parole che esistono) che hanno fatto storcere il naso, ma non solo a quelli che scrivono angst, anche a coloro che amano come me il fluff. Mi è stato detto e non me la sono presa, perché ammetto che potrebbe essere e, inoltre, ho capito che mi è stato detto come critica costruttiva.
Io stessa a volte non approvo ogni cosa fluff che leggo. Anzi, credetemi, mi cascano spesso le braccia.
Bisogna avere equilibrio.
Ritengo che le scelte di ognuno non debbano essere razionalizzate né criticate o giudicate.
Nessuno può giudicare un altro per quello che è il gusto del singolo.
Non ti piace quello che scrivo? Bene, non leggere, io per prima lo faccio. Non mi venire a dire ovvietà se la storia è scritta bene e a te non piace il genere, puoi contestare se scrivo con i piedi, ma non quello che scrivo. Puoi dire se ti sembra che un personaggio sia OOC.
E, anche qui, debito distinguo: un Rukawa chiacchierone che non dice assolutamente nulla è OOC, ma un Rukawa che parla con il cuore a un Hanamichi di cui è innamorato è IC e non perché lo scrivo io, ma perché vi è una ragione dietro, vi è razionalità e Hanamichi non è un veggente per capire che hn piuttosto che nh voglia dire Ti amo e non Doaho.
Se uno si appresta a leggere una mia storia sa a cosa va incontro, sa perché non lo puoi non sapere se leggi le mie storie da sempre.
E sì, diciamo che io mi sento personalmente colpita quando mi si sottolinea che, sebbene il risultato sia piaciuto, alla fine si tratta pur sempre di me e non ci si poteva aspettare niente di diverso.
Non è bello, perché non mi state dicendo che sono brava, mi state dicendo che, alla fine, scrivo sempre la stessa cosa e sono prevedibilissima. E non sono io che sono permalosa (sì, lo sono, ma per altre cose), ma oggettivamente questo è il messaggio che arriva.
Chiariamolo: basta, basta davvero, perché è frustrante sentirselo dire, sempre, ripetere in continuazione, anche se è sottoforma di complimento e fatto senza alcuna malizia o cattiva intenzione, basta. Io so cosa scrivo, so cosa mi piace scrivere, perché ribadire ovvietà?
Ed è da questo che nasce la mia idea di scrivere questa storia. Pensate pure che io sia una sciocca ragazza infantile, che a venticinque anni sta ancora qui a combattere contro i mulini a vento, tanto io resto della mia idea, voi della vostra, ma in qualche modo dovevo sfogare questa cosa che ho dentro.
Quindi mi sono sfidata, mi sono voluta mettere alla prova per dare uno schiaffo morale a tutte le persone che credono che l’angst sia il meglio, a tutti coloro che pensano che io non potrò scrivere nient’altro che belle cose felici e a lieto fine -i miei personaggi non si fanno di crack, davvero-.
Solo perché in quel frangente sono tranquilli non significa che lo siano sempre dentro.
Come con le persone, se mi vedete sempre allegra e felice, se dò sempre l’impressione di non avere problemi, non è che io non li abbia e viva in un mondo perfetto in cui sono soddisfatta.
Pin pon, sbagliato! Semplicemente, non sono cose che riguardano il prossimo e, ripeto, per me il mondo della scrittura è un posto dove voglio, esigo, pretendo di stare bene, prima di tutto con me stessa, poi, se incontro persone che condividono le mie idee, ben venga, sono bene accette, ma sono solo IO l’unica che conta qui.
Quindi, mi spiace solo che ci passino Hanamichi e Rukawa, perché avevo deciso che avrei finito in bellezza questa tabella e anche se questo non sarà l’ultimo dei prompt, questa storia c’è!
Negli avvisi ho messo di proposito OOC, ma non perché a me lo sembrino. Per quanto questo non sia decisamente il mio genere, mi sono impegnata e l’ho scritta con il cuore, davvero. Anzi, mi sono stupita di come mi sia venuto incredibilmente naturale scriverlo. Però, almeno ci ho provato.
E, se devo essere completamente sincera, mentre scrivevo, arrivata alla fine non ho provato niente, mentre digitavo sui tasti non ho provato assolutamente niente e se per scrivere una bella storia io devo essere solo un mezzo, beh, allora mi dispiace, riconfermo ciò che ho detto e ciò che sono e che non cambierei per nulla al mondo.
Ultime note post lettura: passo a spiegare alcune cose, innanzitutto è una storia scritta al presente, perché credo che riesca a rendere maggiormente i pensieri del protagonista e possa aiutare a immedesimarsi. Le ripetizioni dei pronomi personali sono un modo per marcare qualcosa che a Rukawa manca, che aveva e che ha buttato al vento.
La seconda persona, che personalmente adoro, dei ricordi, è come una sorta di voce della coscienza che riprende e riporta alla mente, mettendoti faccia a faccia con la realtà che vuoi dimenticare ed è un’accusa.
Passiamo ora a dire che sì, Rukawa ama, ha amato moltissimo Hanamichi, si sente in colpa perché pensa che, se fossero andati via da quel parco, se lui non l’avesse baciato, non sarebbero stati scoperti. Il destino avrebbe fatto lo stesso, se anche avessero passeggiato svelti, perché fa il suo corso, incurante del singolo.
Ho deciso di non far morire Rukawa, perché, per come lo vedo io, lui non lo farebbe mai, per come lo vedo io, in questa particolare circostanza, lui preferisce soffrire e pagare pegno, morendo pian piano dentro, lasciandosi andare alla colpa e di quella continuare a soffrire, perché non merita di trovare sollievo nella morte che, per come la vedo io, sarebbe un modo lieto nonostante tutto di concludere la storia, perché, per come la prenderei io, Hanamichi e Rukawa, in quel modo, sarebbero di nuovo insieme.