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"Allora, uomini di poca fede? Avete visto che io sono il genio del basket? Mi credete, ora?!" domandò il rosso ai suoi amici, mentre li accompagnava in stazione per prendere il treno che li avrebbe riportati a Kanagawa.
"Sì, Hanamichi, adesso crediamo che tu giochi in una squadra di basket come titolare, ma non ci sei sembrato poi così bravo!" lo contraddisse Noma.
"Che cosa?" mormorò senza neanche alzare la voce Sakuragi, troppo sconvolto da quello che stava ascoltando.
"Sì, ha ragione, capo, ci credevamo chissà cosa, ma ti sei fatto espellere per come si chiama? Fallo tecnico?" chiese Nozomi agli altri compari per conferma.
"No... no, quello avrebbe potuto comportare punti e il fine avrebbe giustificato i mezzi!" lo sostenne il biondo.
"Già, lui ha fatto ben due errori di passi! Hanamichi, scusa, ma lo sappiamo anche noi, e non ce ne intendiamo, che il numero minimo di passi senza palleggio è tre. Tu hai corso per metà campo con il pallone tra le mani" scossero solennemente la testa, sottolineando come fosse un caso disperato.
Hanamichi li guardava allibito: non credeva alle proprie orecchie!
"Ingrati! Io volevo dimostrarvi come fare uno spettacolare slam dunk, la mia seconda specialità dopo i rimbalzi e non avevate neanche apprezzato. Se poi il nonnetto avesse chiuso un occhio dandomi per buono quel punto. Tzè, invece no, oltre al danno la beffa!"
Yohei osservò in silenzio i quattro disquisire su cosa fosse giusto o meno fare e su chi ne sapesse di più a riguardo, interrompendoli quando si era avvicinato loro per distribuire i biglietti di ritorno, incentivandoli a obliterarli per non passare guai con i controlli.
Hanamichi uscì con loro sulla banchina, in attesa del treno, e uno strano silenzio era calato sul gruppetto: adesso che sentivano in lontananza il rumore di ferraglia e l'altoparlante annunciare l'arrivo del convoglio si sentivano imbarazzati.
Per Hanamichi era stato molto bello passare il suo primo compleanno lontano da casa con loro: era dura stare separati, erano i suoi migliori amici e anche se con loro mai l'avrebbe ammesso, gli mancavano, riuscivano a capirlo subito, lo facevano divertire, erano la sua famiglia.
Attesero che il mezzo si fermasse e, mentre la gente saliva e prendeva posto, Sakuragi abbracciò i suoi amici e per ultimo Yohei: si guardarono e sorrisero senza bisogno di parole.
Il rosso rimase in stazione fino a che il treno partì di nuovo e, salutando con la mano i suoi compagni, affacciatisi dal finestrino, si allontanò solo quando ormai il convoglio era diventato un puntino chiaro.
Con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni della divisa, la cartella sottobraccio, un po' incurvato nelle spalle, nella sua classica camminata, si era diretto a casa: uno strano senso di nostalgia lo invase e ripensò a quei due giorni passati insieme, al suo compleanno e alla festa durata fino al mattino seguente, la sveglia presto e i ragazzi che l'avevano buttato poco delicatamente giù dal letto, insistendo che non marinasse la scuola già a inizio semestre.
'Adesso sei più grande di un anno...' avevano detto solenni e Hanamichi si era rivoltato dall'altra parte borbottando un contraddittorio: 'cinque ore e due minuti....' ma i ragazzi avevano continuato come fossero delle mamme.
Al finire delle lezioni poi, nella pausa pranzo, Ayako l'aveva richiamato e, una volta uscito in cortile con la ragazza lì aveva trovato i suoi amici, con tanto di bagagli e borsoni, i quali volevano assolutamente assistere a una sua partita, prima di tornare a casa. Hanamichi aveva riso, ma non si era opposto, accettando di buon grado divertito. Così i ragazzi, con suo piacere, avevano anche assistito agli allenamenti, facendo il tifo e ridendo dei suoi errori, riempiendo la palestra di urla e chiacchiere, lasciando un'impronta di essi anche in quel luogo così caro al rosso, di modo che non si sentisse solo neanche in quel frangente e si ricordasse con un sorriso di quella giornata.
***
"Sono tornato!" gridò, togliendosi le scarpe, una volta salito alla villa.
In casa non si udiva un rumore e, curioso, Sakuragi andò in perlustrazione della cucina, alla ricerca di qualcosa da mangiare prima di cena. Aprì il frigo e, guardandosi attorno con fare furtivo, prese il cartone del succo di frutta preferito di Kaede, bevendone una lunga sorsata direttamente dalla confezione.
"Doaho!" una voce nota, carica di disappunto, lo sorprese e Hanamichi per poco non si soffocò con la bevanda.
"Kitsune, stavo per strozzarmi, ti pare il modo?" lo rimproverò, mettendo nuovamente in frigo la bibita e chiudendo l'elettrodomestico con noncuranza.
"Dovrei chiederlo io a te" rispose il moretto, incrociando le braccia al petto e posandosi con la spalla allo stipite della porta: indossava una morbida tuta blu che ad Hanamichi piaceva moltissimo e faceva sembrare il moro estremamente tenero. Il rosso, infatti, sorrise e gli si avvicinò: "Sei tornato prima, niente allenamenti supplementari?" chiese, fermandosi a un passo, ma senza accennare a volerlo sfiorare.
Kaede annuì e si poggiò con la schiena alla porta, allungando le braccia, posando le mani sulla felpa rossa del suo ragazzo, attirandolo a sé, per stringerlo in vita. Hanamichi sorrise e gli cinse il collo.
"I tuoi amici sono partiti?" chiese il moro.
"Sì, andati, finalmente..." finse, alzando gli occhi al cielo.
Rukawa lo squadrò affatto convinto, sapeva che già gli mancavano, ma non l'avrebbe fatto sentire solo ancora per molto: sporse il viso baciandogli le labbra, ma se ne allontanò quasi subito.
"Grazie, kitsune" si sentì dire. "Mi hai fatto davvero un bellissimo regalo con la festa a sorpresa e tutto quanto. So che non sopporti la confusione, per cui quello che hai fatto per me è ancora più bello".
"Smettila, non ho fatto niente. E poi, te lo sei meritato" concesse.
Hanamichi si strinse a lui e lo ricercò per un bacio. Rimasero fermi sulla porta a scambiarsi
dolci effusioni, fino a che non sentirono il suono del pendolo del salotto scoccare le otto di sera. Hanamichi si staccò da lui, senza smettere di abbracciarlo, e si guardò intorno confuso: "I tuoi non sono ancora tornati" constatò.
Kaede si strinse nelle spalle: "Hanno avvisato che faranno tardi".
I suoi occhi dardeggiarono di malizia, mentre faceva quella semplice constatazione e stringeva a sé i fianchi del suo ragazzo, sporgendosi per baciargli piano la mandibola e scendere sulla gola.
"Mmmh, Kaede, cosa hai in mente?" mugolò, stringendosi a lui e sentendo il viso scaldarsi.
"Una sorpresa..." parlò contro la sua pelle, nella curva morbida alla base del collo, lasciando che la punta della lingua ne gustasse appieno il sapore.
"U-un altra?" mormorò il rosso, sospirando pesantemente.
"Mh... è per me, stavolta..."
Rukawa si staccò da lui e lo guardò con occhi scuriti d'aspettativa, mentre lo prendeva per mano e lo esortava a seguirlo.
Hanamichi sorrise e si lasciò guidare nel corridoio e poi verso il bagno: un leggero tepore lo investì non appena entrarono nella stanza, l'acqua tiepida scorreva nella vasca e a mano a mano che saliva di livello, riportava a galla la schiuma profumata. Kaede si avvicinò e chiuse il getto, mentre Hanamichi sorrideva malizioso: "Sei una volpe scaltra, hai calcolato tutto, vero?" disse, mentre si sfilava la felpa, restando a petto nudo e slacciava i pantaloni.
Rukawa si volse verso di lui e si avvicinò, fermandogli le mani, sostituendole con le proprie: "Non lascio nulla al caso io..." lo guardò in modo eloquente e mosse le dita liberando il bottone dall'asola dei jeans. Fece scendere piano anche la zip incontrando un leggero e alquanto sospetto rigonfiamento laddove le sue mani stavano operando.
Hanamichi arrossì, stordito da quella situazione ed eccitato per quello che sarebbe successo: alzò le braccia e fece scendere a sua volta la cerniera della giacca di Rukawa, liberandogli il petto candido, facendo passare le mani sulle spalle e sulla schiena, avvicinandosi a lui per baciarlo. Rukawa schiuse la bocca per accogliere quella del compagno infilandogli le mani all'interno dei jeans, prima sfiorando l'erezione incipiente e poi spostandosi sul sedere, accarezzando le sode rotondità.
Hanamichi mugolò sentendo quel tocco familiare e spinse in avanti il bacino, scontrando l'inguine teso del compagno.
"Hana..." lo ammonì il moretto, allontanandosi dalla sua bocca, tirandogli un labbro con i denti, continuando a suggerlo.
Hanamichi ridacchiò e Kaede si allontanò da lui per permettergli di finire di spogliarsi da solo, imitandolo a sua volta. Entrarono insieme nella vasca e Hanamichi si sistemò tra le gambe del moro, facendo combaciare la schiena al suo petto. Rukawa portò in avanti le braccia, avvolgendo quelle del compagno, iniziando distrattamente ad accarezzarlo. Hanamichi posò la nuca sulla spalla di Kaede e lo osservò da sotto in su, lasciandogli qualche bacio sul collo, sulla guancia o lungo la mascella.
"Mi sembra che sia passato un sacco di tempo dall'ultima volta che siamo stati insieme, Kaede..." soffiò via in un sussurro, giocando con la schiuma trasparente che usava per 'vestire' i loro corpi, come fosse una soffice coperta. "Lo trovi stupido?" chiese, dato che l'altro non aveva avuto alcuna reazione.
Kaede abbassò il volto, incontrando uno sguardo innocente e serio e sorrise appena, chinandosi su di lui, baciandolo in modo lento, accarezzando la sua lingua dolce e calda, mischiando i loro sapori.
"No, sembra così anche a me..." ammise e Hanamichi sorrise apertamente. Il rosso si mise dritto, voltandosi leggermente su un fianco per poterlo abbracciare meglio, accoccolandosi su di lui. Baciò una spalla bianca, accarezzando con la mano il muscolo e l'avambraccio, spostandola poi sul fianco, massaggiando il petto e l'addome, continuando a disperdere baci infiniti sul torace liscio, assaporandolo con la lingua, lasciandosi trasportare dalle sensazioni che in quel momento l'avvolgevano. Kaede si abbandonò alle sue cure sapienti, sentendo la lingua ruvida sfiorare e torturare i capezzoli, mordicchiandone la punta eretta. Schiuse di più le gambe, per fargli posto e farlo stare più comodo, sentendo la mano del rosso scivolare tra esse e accarezzarlo intimamente. Rukawa portò una mano sul fianco cominciando a lambire lentamente la pelle tiepida, mentre l'altra, posata sul bordo esterno della vasca, aveva premuto un pulsante colorato. Improvvisamente, da un punto non meglio definito dal fondo della vasca, sentirono provenire un rumore sommesso: Hanamichi smise di baciare il corpo del compagno e guardò Kaede confuso, prima che la risposta si manifestasse di fronte ai suoi occhi, quando la superficie dell'acqua cominciò a incresparsi di piccole ondine continue e Hanamichi sentì il proprio corpo stretto in quella dolce vibrazione.
Kaede sorrise dell'espressione sul suo viso e rubò un bacio a quelle labbra arricciate.
"È un idromassaggio!" constatò il rosso.
"Doaho, non dirmi che non te n'eri accorto?" lo riprese intuendo lo stupore nei suoi occhi.
"Certo che no! Cosa ne potevo sapere? Mi sono sempre solo fatto la doccia e non ho mai…"
A entrambi sfuggì un lamento di piacere quando Hanamichi, per osservare la pulsantiera nascosta con la quale Kaede stava regolando la velocità della pressione, era scivolato sul corpo del moro, portando a contatto i loro piaceri. Si guardarono con occhi scintillanti, prima di precipitare in un limbo sospeso in cui i sensi e l'eccitazione facevano da padrone. Kaede fece poggiare Hanamichi al bordo della vasca, in direzione del gettito idromassaggio e questi si inarcò sospirando, alzando le braccia e stringendosi a Kaede posizionatosi su di lui, spingendolo contro la parete di porcellana. Il moro fece scomparire sott'acqua una mano per accarezzare il corpo del compagno: con strette possessive e forti masturbava vigorosamente il sesso di Hanamichi e affondava in lui sfiorando la sua intimità senza mai violarla completamente costringendo Sakuragi a gemere di disappunto e insoddisfazione. Kaede si divertì a torturare il compagno fino a che, dopo un ringhio e qualche minaccia di affogamento istantaneo, il moro decise di accontentarlo e portare finalmente ristoro anche al proprio corpo teso. Aiutò Hanamichi a sistemarsi meglio contro lo scivolo della vasca e fu subito su di lui, si sfregò sensualmente sul suo corpo, scendendo a baciargli la gola, arrossandola di piccole macchie rosse, affondando in lui a poco a poco. La superficie increspata dell'acqua massaggiava i loro muscoli tesi e la pelle contratta, leggermente sudata nonostante il caldo nido acquatico nel quale erano immersi.
Hanamichi ricercò la bocca del compagno e si ancorò a essa e alle sue spalle, unico contatto con la realtà per rimanere cosciente. Quando furono di nuovo uniti, Rukawa nascose la fronte contro il collo di Hanamichi, stringendolo in vita e cominciando da subito a muoversi con lui: l'acqua che li circondava favoriva i movimenti, azzerando l'attrito tra i corpi, permettendo un più rapido movimento di fianchi.
Hanamichi sospirava a bocca aperta, gemendo e stringendo le gambe attorno alla vita del moro, intrecciandone i piedi sulla schiena. Rukawa con una mano gli stringeva il fianco e con l'altra era scivolato sul suo corpo a dargli ulteriore piacere, dettando il ritmo di affondo, costringendo Hanamichi a venire prepotentemente nella sua stretta nello stesso momento in cui anche lui raggiungeva il pieno soddisfacimento dei sensi. Scivolò facilmente via dal calore del rosso, abbracciandolo esausto, attirandolo contro di sé, invertendo le loro posizioni: diminuì l'intensità della pressione dell'acqua e con una mano accarezzava i capelli carmini, aspettando che Hanamichi riprendesse fiato. Quando i battiti dei loro cuori tornarono normali e sentì il cugino stringerlo con forza e i suoi baci sulla pelle, si scostò da lui per guardarlo.
"Come stai?"
"Bene e ti amo, Kaede..." gli confessò.
Rukawa gli baciò la fronte, posando su di essa le labbra calde, e sorrise.
Rimasero ancora qualche secondo stretti nell'intimità di quell'abbraccio, poi Rukawa aprì il getto della doccia e si alzò, aiutando Sakuragi a fare lo stesso, per sciacquarsi entrambi dalla schiuma e poi uscire dalla vasca. Si presero del tempo ancora per asciugarsi a vicenda e coccolarsi, scambiandosi qualche bacio e rapide carezze, ma senza approfondire mai. Si spostarono nella stanza di Rukawa, dove il moro prestò al suo ragazzo degli abiti comodi e lo osservò poi sedersi sul letto.
"Hai fame?" chiese, mentre si infilava una felpa pulita.
Hanamichi si sedette spalle al muro, mettendosi comodo, e portò una mano sullo stomaco: "In effetti, adesso che mi ci fai pensare sì" disse con un sorriso.
Rukawa annuì e si allontanò, facendo cenno a Sakuragi di aspettarlo.
Hanamichi si stese sul letto e guardò il soffitto, concentrando la sua attenzione su un punto immaginario, portò un braccio dietro la testa e sentì qualcosa tirargli i capelli: "Ahi!" si lamentò, grattandosi la nuca. Si guardò il polso e ricordò di avere il braccialetto che gli aveva regalato Kaede: tenne il braccio teso davanti al viso e mosse la mano facendo ondeggiare il ciondolo, sorridendo dolcemente, vedendo come la luce si infrangeva sul metallo e restituiva sul muro bianco un riflesso luminoso. Si divertì a giocare come un bambino in quel modo e un pensiero improvviso lo colpì, accendendo il suo genio.
Quando Rukawa rientrò nella stanza con un vassoio in mano e dei tramezzini, Hanamichi saltò seduto sul letto: "Kitsune!" urlò, facendogli cenno di avvicinarsi lesto a lui.
Rukawa si sedette e posò il vassoio sul comodino, prima che Hanamichi potesse afferrarlo per le spalle e lo voltasse verso di sé: "Prendiamoci un gatto, kitsune!"
"Come?" fu l'impreparata risposta del moro.
"Sì, dai, sarebbe bello! Ho sempre desiderato un gatto, ma mia mamma non ha mai voluto che lo adottassi, perché è allergica. Pensa che quando mi fermavo ad accarezzarne qualcuno in strada e rientravo a casa iniziava a starnutire e non si fermava più. Allora dovevo andare a farmi la doccia completa perché lei insisteva che altrimenti non avrebbe potuto smettere" spiegò pensieroso mentre Rukawa si sistemava meglio sul materasso e cominciava a mangiare.
"Come ti è venuta questa idea?" gli chiese, alla fine del suo racconto.
Hanamichi si strinse nelle spalle, un po' imbarazzato: non poteva certo dirgli quello che stava facendo quando gli era venuta in mente quell'idea, l'avrebbe guardato malissimo.
"Allora?" chiese, invece, avvicinandosi a lui gattoni, sedendosi tra le sue gambe, facendo finta di non aver sentito.
Rukawa lo scrutò un attimo vedendolo curioso in attesa e annuì con il capo: Hanamichi sorrise felice e si sporse a baciarlo sulle labbra. Si fermò, però, quando stava per raggiungerle e, con la punta della lingua, le ripulì da alcune tracce di maionese, trasformando poi quella sensuale operazione in un bacio appassionato, ritrovandosi subito dopo steso sul corpo di Kaede con le sue mani infilate sotto la maglia sulla schiena, mentre lui gli accarezzava i capelli.
"Ma non avevi fame?" gli sussurrò poi quando si separarono lentamente.
"Sì, ma si è trasformata in un altro tipo di appetito" lo corresse malizioso, lasciando scendere le mani sul sedere, infilando due dita al di là dell'elastico della tuta.
Hanamichi rise, staccandosi da lui e stendendosi al suo fianco, lasciando intrecciate le loro gambe, facendole scorrere tra quelle del compagno. Posò la testa sulla spalla di Kaede, alzando il braccio per scostargli i capelli dal viso. Il moro la prese per sé, baciandone il palmo e giocherellando con il ciondolo del bracciale, guardandolo poi in modo dolce: "L'hai messo" disse, come fosse stupito.
"Certo, stupida volpe, perché non avrei dovuto, mi piace tanto!"
"Non l'avevo notato".
"Perché lo tolgo agli allenamenti. Ce l'ho anche a scuola, ben nascosto sotto la divisa" lo guardò furbetto, sapendo che era una violazione al regolamento portare oggetti personali come bracciali o catenine che attirassero l'attenzione.
Rimasero in silenzio, con Rukawa che accarezzava i capelli di Hanamichi e quest'ultimo si divertiva a intrecciare le dita delle loro mani, giocando e grattando i polpastrelli di Kaede, facendogli il solletico. Si spinse maggiormente contro di lui, chiudendo gli occhi e sbadigliando.
"Sei stanco?" chiese Rukawa, accarezzandogli una guancia.
Hanamichi sollevò il capo e annuì, sfregando il viso sulla stoffa morbida della felpa: "I ragazzi non mi hanno fatto dormire ieri e tu sei una tentazione, Kaede, se continui a coccolarmi in questo modo potrei addormentarmi, per cui..." disse, sollevandosi da lui di malavoglia, "conviene che vada."
“Doaho, ti rendi conto che sembriamo due separati in casa!" gli disse il moretto, trattenendolo per un braccio, baciandogli il collo per farlo cedere e il rosso scoppiò a ridere.
"Sai che hai ragione, kitsune, allora posso andare?"
"Non vedo come potrei impedirtelo" fece il sostenuto.
"E non sarai arrabbiato con me perché ti lascio qui a dormire solo soletto?" chiese ancora con voce melliflua e cantilenante.
"Nh".
"Brava la mia volpe!" gli disse con un sorriso, schioccandogli un bacio a fior di labbra e saltando giù dal letto uscendo dalla stanza. Rukawa si abbandonò con un sospiro sul materasso, convinto che non l'avrebbe mai spuntata con Hanamichi: era troppo buono e lo adorava troppo per fare la parte del ragazzo cattivo e insensibile.
Si stese sul materasso, raggomitolandosi sotto le coperte e percependo sulla fodera del cuscino l'odore buono di Hanamichi: con quel profumo a cullare i sui sogni almeno poteva immaginare che fosse lì con lui.
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Ho freddo... respiro a bocca socchiusa, nuvolette di fumo escono dalle mie labbra... batto appena i denti. Le braccia strette al corpo... fa tanto freddo... sono vestito troppo leggero, ma stamattina faceva caldo... la scuola sta per finire... Non vedo l'ora, sono così stanco... chissà se passerò l'esame... sì, niente pensieri negativi, Hanamichi, sei il Tensai... l'anno prossimo sarà l'ultimo e... l'anno prossimo... devo fare qualcosa l'anno prossimo, mi sto impegnando molto... studio, studio, studio... sono chino sui libri, non ho mai studiato tanto in vita mia... formule, equazioni, date, nomi importanti... cosa sono tutte queste nozioni?
'Hanamichiii....'
'Mamma? Arrivo, mamma... sto studiando' rispondo, ma lei non mi sente, lei... dov'è?
'Mamma...' la chiamò.
Sono seduto alla mia scrivania... nella mia stanza... a Kanagawa... e certo, che doaho... dove dovrei essere se non.... doaho... cos'è questo suono? Chi...
Mi muovo a disagio sulla sedia, vorrei alzarmi, ma non riesco... io... sono inchiodato qui... mi muovo troppo velocemente e dalla scrivania qualcosa precipita a terra insieme ai libri. Mi fermo e cerco di calmarmi... qualcosa attira la mia attenzione e... un opuscolo?
Una mano che non è la mia, lo raccoglie per me... mi volto: 'mamma'.
Mi sorride e mi porge il depliant: 'Liceo Shohoku- Tokyo' lo leggo a voce alta, ma non esce voce dalla mia gola. Mia madre ancora sorride. Perché? Perché, mamma... ti vuoi liberare di me?
'Mamma... mamma... mammaaaa!'
Urlo, ma lei non c'è più.
Il suono dell'allarme nel telefono risvegliò Hanamichi di colpo: si drizzò a sedere sul letto non riuscendo a capire dove si trovasse. Quel suono insistente e fastidioso che aveva coronato l'ultima parte del sogno continuava a disturbarlo. Allungò una mano e, automaticamente, spense il telefono, in attesa che si accendesse, accorgendosi che erano quasi le otto.
"È tardissimo!" strepitò Sakuragi alzandosi e mandando all'aria le coperte, infilandosi di corsa in bagno.
"Perché cavolo non è venuto nessuno a chiamarmi?" si domandò, mentre si faceva la doccia e si lavava contemporaneamente i denti per risparmiare minuti preziosi.
Uscì dal bagno e, sulla pelle ancora bagnata, infilò la camicia della divisa estiva, scapicollandosi direttamente nel cortile interno: non aveva neanche il tempo per far colazione.
Ayako era stranamente puntigliosa e passava da lui per dargli la sveglia prima di uscire di casa, invece quella mattina pareva essersene dimenticata o forse era lui a dormire così profondamente tanto da non essersene accorto? Probabile, si convinse infine: la sveglia aveva fatto in tempo a riattivarsi tre volte ogni dieci minuti e per miracolo era riuscito a sentirla.
Non gli era mai successo, forse, stava sognando qualcosa di bello anche se non ricordava cosa.
Saltellando su un piede si allacciava la scarpa, reggendo tra i denti il manico della cartella, senza guardare dove camminava, tanto che andò a sbattere contro qualcosa: "Ahi, mer..." trattenne l'imprecazione, lasciando andare la cartella e tirando fuori la lingua che aveva morso.
"Che schifo" borbottò, sentendo il sapore metallico del sangue in bocca.
"Doaho!" lo apostrofò una voce nota, la voce di colui contro il quale Sakuragi era accidentalmente andato a sbattere contro.
"Kitsune, sono in ritardo, non ho tempo!" sbraitò, recuperando la cartella e pronto a correre per superare il proprio record personale, ma non riuscì a muoversi perché Kaede lo trattenne per il bordo della giacca.
Hanamichi si voltò con occhi lucidi di supplica, ma il moro lo ignorava: gli si avvicinò e gli baciò le labbra, corteggiandole come solo lui riusciva a fare per chiedere accesso a quella bocca che gli apparteneva. Hanamichi abbandonò ogni remora o protesta, perdendosi in quel bacio che lo stordì, alzò le braccia a cingere il collo della sua volpe, mentre duellava con la sua lingua e sentiva Kaede stringere tra le labbra la propria, succhiarla avido, lasciando entrambi senza fiato.
"Sei una volpe scorretta" sussurrò staccandosi da lui, ma restando abbracciati: Kaede con le mani posate sulla sua vita lo teneva ancorato a sé.
Il moro non ribatté, rubandogli un altro bacio, recuperando la bici dal garage: "Ti dò un passaggio, andiamo!" gli disse mentre montava sul sellino, aspettando che Hanamichi prendesse posto sul portapacchi. Le cartelle di entrambi vennero abbandonate nel cestino anteriore così il rosso poté stringersi a Rukawa e il volpino, dopo essersi raccomandato di tenersi stretto, iniziò a pedalare alla volta della scuola.
Riuscirono ad arrivare giusto in tempo per sentire la campanella suonare un’ultima volta: Ayako aveva proprio ragione! Rukawa aveva la straordinaria capacità di arrivare in orario anche quando sembrava che fosse un'impresa impossibile.
Presero posto in classe prima che il professore varcasse la soglia della porta e, vedendoli leggermente affaticati e con i capelli scompigliati, l'uomo lanciò loro un'occhiata scettica di rimprovero. Hanamichi, però, si rivolse con uno sguardo al suo ragazzo e sghignazzò tra sé: neanche questa volta era riuscito a prenderli in fallo.
Era un vero peccato che a scuola dovessero sedere così distanti l'uno dall'altro: dalla sua postazione Hanamichi aveva un'ampia visuale della classe e talvolta si perdeva a osservare il moro sonnecchiare sul banco, ma gli sarebbe piaciuto ancora di più osservarlo da vicino. Questo pensiero non l'aveva mai neanche rivelato a Kaede, perché sicuramente lo avrebbe liquidato con qualcosa di assolutamente a-romantico facendolo rimanere male, per cui si era sempre astenuto limitandosi a scrutarlo da lontano.
Mentre il professore cominciava la lezione, dopo aver fatto l'appello, Hanamichi si perse a scrutare il cielo limpido: la scuola era quasi finita, mancavano pochi giorni agli esami, ma ancora i docenti si ostinavano nel ripasso generale. Eppure, non erano sempre stati loro i primi a dire che quel genere di studio in extremis non sarebbe valso a nulla se durante tutto l'anno non si aveva lavorato con costanza? Hanamichi proprio non capiva.
Ma lui poteva ritenersi fortunato, si sentiva abbastanza preparato, avendo studiato assiduamente con Kaede e talvolta anche con Ayako, e poteva permettersi di distrarsi.
Si lasciò andare mollemente sulla sedia e incrociò le braccia sul banco, posandovi la testa; rivolgendo lo sguardo al cielo azzurro, chiuse gli occhi: si sentì improvvisamente stanco, aveva dormito proprio male quella notte e, così, si lasciò andare a un piccolo pisolino o di pomeriggio agli allenamenti non sarebbe riuscito a centrare un canestro. E chi avrebbe potuto stare a sentire Miyagi lamentarsi e crucciarsi di non essere un buon capitano? Rifletté, sorridendo appena.
Ho freddo... tremo e un senso di nausea mi stringe la bocca dello stomaco, impedendomi quasi di respirare... Dove mi trovo? Non so, non riconosco questo posto. Mi guardo intorno e il buio mi avvolge, vedo una luce lontana e mi avvicino, veloce.
'Andiamo, corri!' mi ripeto, ma le mie gambe non vogliono sapere di collaborare. Mi sento pesante, cado a terra e provo a strisciare, faccio forza sulle braccia, affidandomi completamente a loro... forse riesco ad acquisire velocità...
'…'
Sento una voce: 'Chi è?'
'… … …'
'Non riesco a sentirti... ah...' qualcosa mi ha punto. Fa male... mi fermo e sono nuovamente in piedi, la voce non la sento più, il nodo alla gola è scomparso, ma le mie mani... osservo le mie mani e...
'NOOOO!'
"Sei in ritardo, Sakuragi!" Miyagi stava osservando i compagni correre per il campo e aveva lanciato uno sguardo sconsolato ad Hanamichi arrivato ultimo in palestra anche quel giorno.
"Fila a cambiarti!" gli disse, senza neanche voler ascoltare le sue eventuali spiegazioni: dalla faccia che aveva doveva essersi addormentato da qualche parte, ultimamente lo faceva spesso, stava diventando peggio di Rukawa.
Chi va con lo zoppo impara a zoppicare, si ripeté, mentre con il fischietto tra le labbra impartiva il ritmo di corsa ai compagni.
La bella stagione era arrivata velocemente, gli ultimi due mesi di scuola erano praticamente volati e il campionato quasi finito. Erano riusciti a guadagnare un'ottima posizione in classifica e si stavano allenando per partecipare alla selezione per le semifinali: non poteva in alcun modo permettere che battessero la fiacca.
Molti di loro, poi, erano impegnati con gli esami di fine corso e quelli di ammissione all'università, per cui il tempo da dedicare al basket era veramente poco e voleva che tutti sfruttassero al massimo quelle ore del pomeriggio.
Osservò Sakuragi rientrare in campo: adesso c'erano proprio tutti. Lasciò ad Ayako il fischietto e si unì ai compagni nella corsa di riscaldamento. Hanamichi aveva affiancato Rukawa e Mitsui che parlottavano su una prossima uscita.
"Ragazzi dobbiamo assolutamente fare una rimpatriata, è un secolo che non ci vediamo tutti insieme! Akira mi chiede ogni volta di voi" propose la guardia.
"Il porcospino sta tentando di carpire informazioni da te sulla squadra e sulla nostra arma segreta, cioè io, e tu vorresti cederci in pasto al nemico, vero?" insinuò Sakuragi, continuando incurante nel suo parlare da solo, mentre Mitsui lo guardava scuotendo il capo. "Cosa non si fa per amore! Mi auguro che tu non gli racconti chissà che cosa con qualche... qualche... quando voi..." arrossì immediatamente e Mitsui ci mise tre secondi netti per capire cosa il rossino stesse insinuando e non senza qualche difficoltà.
Scoppiò a ridere e quasi perse l'equilibrio sbilanciandosi in avanti, ma non perse occasione di punzecchiarlo un po': "Hanamichi, sei pessimo! Non riesci neanche a scherzare su simili argomenti e poi ti incarti da solo. Sei un caso disperato e comunque sappi che Akira e io quando stiamo insieme non ci curiamo del mondo esterno. In quei momenti" sottolineò, "tu o qualsiasi altra persona siete l'ultimo dei nostri pensieri" precisò con un sorriso sconcio.
"E lo spero bene" fu il commento appena sussurrato di Rukawa che squadrò i due che parlavano di argomenti faziosi e assolutamente fuori luogo.
Hanamichi si voltò verso il suo ragazzo e arrossì intensamente, sotto sotto contento di quella sua gelosia e che si manifestava ancora in ogni sua più piccola forma.
"Ehi, Mitsui!" si intromise allora il capitano, avvicinandosi a loro: "Che hai fatto?" chiese, indicando con un cenno del capo la fasciatura lungo l'avambraccio e il rigonfiamento sospetto. "Guarda che non puoi permetterti una menomazione, ci servi in squadra!" sottolineò con sguardo duro: quando faceva così, era sulla buona strada per diventare il clone perfetto di Akagi.
Il moro, però, lo tranquillizzò subito spiegando: "Stai tranquillo, nano, sono ancora tutto integro e conto di restare in salute per un bel pezzo. Ho avuto un piccolo incidente in officina. Stavo trafficando con il motore di una vecchia moto, il proprietario si è raccomandato tantissimo affinché non facessi danni e la sistemassi al più presto perché doveva essere esposta a non so quale evento..." disse vago, tornando poi sul motivo del proprio infortunio. "In sostanza, mentre ero steso a controllare il motore ho chiesto al nuovo ragazzo assunto di passarmi un attrezzo e non so come, zak! Mi sono ritrovato con un trancio sul braccio. Cavoli che male, sanguinava in un modo spaventoso, un taglio bello lungo, vedete?" mostrò la fasciatura e fece anche per togliersi la benda, ma Miyagi lo fermò: "Lascia stare, abbiamo capito, non levarla" disse voltando il capo.
Mitsui si mise a ridere prendendolo in giro sul fatto che non avesse stomaco neanche per osservare un piccolo taglietto, continuando il loro giro incuranti di colui che avevano lasciato indietro.
Hanamichi, infatti, mentre Hisashi raccontava, alle parole 'taglio e sangue' si irrigidì, perdendo improvvisamente ogni forza: diminuì l'andatura della corsa fino a che non fu costretto a camminare e poi a fermarsi. L'unico a essersi accorto dell'assenza del rosso fu Rukawa, che correva accanto a lui, e si volse indietro non sentendone più la presenza al proprio fianco. Si girò per riprenderlo, ma non riuscì a emettere suono: Hanamichi stava camminando sempre più piano fino a fermarsi e i suoi occhi erano spenti, fissava un punto indefinito davanti a sé. Aveva il respiro affrettato e sudava parecchio nonostante non ci fosse poi tanto caldo e non avevano tenuto un ritmo di corsa sostenuto. Kaede si accorse che qualcosa non andava e si fermò a sua volta, correndo al fianco del suo ragazzo preoccupato, ma non arrivò comunque in tempo per sostenerlo che Hanamichi cadde svenuto sul parquet.
Corro.. corro... annaspo stanco... non ce la faccio... oggi Miyagi ci ha fatto sudare tantissimo, lui e la sua assurda mania del campionato. Sapere che questo è niente in confronto a quello a cui l'anno scorso Akagi ha sottoposto i ragazzi non mi consola... sono stanco e non mi sento più le gambe. Mi fermo e mi siedo al centro del campo. Respiro piano, ascolto il battito lento del mio cuore, una mano al petto, stringo la divisa dello Shohoku tra le dita... mi fa male... il cuore mi fa male.
Abbasso la testa e mi guardo il torace, la mano stretta a pugno, la stoffa tutta stropicciata: lentamente il dolore si affievolisce, allento la stretta e... sangue.
Il palmo della mia mano sanguina e percepisco sottile quell'odore ferroso che mi stordisce.
L'allontano di scatto, mi ripulisco con foga sui pantaloncini bianchi - che, però, non si sporcano - e la mia mano è sempre più rossa, sempre più fredda. Il sangue cola tra le dita ed è pesante, la mia mano è pesante.
La scuoto con vigore fendendo l'aria. La guardo di nuovo... non sanguina più...
"Hanamichi, rispondimi!" la voce quasi isterica di Rukawa fu la prima cosa che sentì non appena riprese conoscenza. Una luce forte gli infastidì la vista e fu costretto a portarsi una mano sugli occhi per non rimanerne accecato, li schiuse piano e, opachi e sfumati, si delineavano i contorni di diverse sagome attorno a lui.
"Hanamichi, ti sei ripreso!" la voce sollevata di Haruko gli arrivò distrattamente alle orecchie, mentre si perdeva negli occhi intensi di Rukawa, chino su di lui: l’ala piccola gli teneva le mani sulle guance, accarezzandogli il collo, forse senza neanche rendersene conto e sul viso aveva un'espressione preoccupata e lo scrutava attento.
"Kitsune..." pronunciò quella come prima parola, mentre tentava di alzarsi e Rukawa gli sollevava la testa che, il rosso si accorse solo dopo, aveva tenuto posata sulle sue gambe.
Sakuragi guardò stordito i compagni attorno a lui e, portandosi una mano alla fronte, chiese: "Cosa è successo?"
"Questo lo chiediamo noi a te: sei caduto da solo come un sacco di patate e non riprendevi conoscenza" replicò Mitsui, cercando di stemperare la tensione.
"Oh... io... io non lo so, forse un calo di pressione..." spiegò, affatto convinto.
Provava la stessa sensazione di incertezza e confusione che sentiva ogni volta che si svegliava la mattina, la stessa che aveva avvertito destandosi e trovandosi da solo in classe quel pomeriggio, prima di andare agli allenamenti.
Si mise dritto in piedi e Rukawa fu al suo fianco, pronto a sostenerlo: "Sto bene adesso, comunque... possiamo riprendere, non vi preoccupate" disse, molleggiando sulle gambe per dare corpo alle sue parole.
"Non se ne parla neanche!" intervenne Ayako, gettandogli poco femminilmente in faccia una pezza bagnata. "Tu adesso fili in infermeria! Kaede, accompagnalo!" disse.
Quando Hanamichi la guardò confuso, prima che potesse ribattere lo ammonì: "Altrimenti chiamo tua madre e tu sai cosa ti aspetta!" lo minacciò, mettendolo in guardia.
I ragazzi della squadra risero, sollevati di vedere che comunque il compagno stesse bene, esortandolo a seguire il consiglio della manager.
Rukawa gli prese il panno bagnato dalle mani e glielo posò in testa, spingendolo fuori dalla palestra per accompagnarlo in infermeria.
"La pressione è leggermente bassa e credo tu abbia avuto un calo di zuccheri, ti trovo dimagrito, Sakuragi, mangi?" si informò il medico dopo aver visitato il suo paziente sotto lo sguardo attento di Rukawa.
"Certo, non salto un pasto" assicurò il rosso e Rukawa confermò con un cenno del capo: a casa mangiava come e forse più del solito, per cui non si spiegava come potesse avere avuto quel malore.
"Va bene... forse sei sotto stress per gli esami e anche se mangi non riesci a metabolizzare..." disse l'infermiere alla fine della sua analisi, prescrivendogli degli integratori naturali da assumere al mattino a colazione. "Queste ti aiuteranno con i sali minerali e le vitamine che non riesci ad assimilare con il cibo, non sono nulla di nocivo o che ti impediscano di studiare o giocare, anzi...*" precisò, vedendo che il moro aveva guardato scettico il barattolino con le pastiglie.
"Può restare un po' qui a riposare?" chiese Rukawa all'uomo in camice bianco che stava uscendo dalla stanzetta.
"Sì, tu puoi tornare agli allenamenti e passare a prenderlo come finisci. È ancora un po' debole è meglio sospendere l'attività agonistica per oggi" si raccomandò e i due ragazzi annuirono, restando poi da soli.
Hanamichi stava seduto sul lettino con una leggera coperta sulle ginocchia e aveva posato le spalle contro i morbidi cuscini. Rukawa si sedette al suo fianco, guardandolo preoccupato, cercando di carpire più informazioni di quelle che era riuscito a dargli il medico dopo i dovuti accertamenti.
Sakuragi lo comprese e sorrise, sfiorandogli il braccio con la mano: "Dai, kitsune, non fare quella faccia, sto bene!"
"Mh..." rispose il moro, poco convinto.
"È stato solo un calo di zuccheri, l'hai sentito" tentò ancora di convincerlo. "E poi ha ragione, sono stressato per lo studio, mi sto impegnando molto e i risultati li vedi anche tu" sottolineò per dare ancora più veridicità alle proprie parole. "È normale..." disse ancora.
Rukawa non fiatò e allungò una mano per sfiorargli la guancia: Hanamichi arrossì e premette il viso contro il suo palmo. Kaede portò anche l'altra mano ad accarezzarlo incorniciandogli il volto e avvicinandosi a lui per baciarlo. Gli sfiorò le labbra dolcemente, corteggiandole, fregandole contro le proprie, prima di schiuderle e prendere tra le sue quelle di Hanamichi, suggendole dolcemente. Il rossino mugolò piano, sospirando contro il viso del compagno, alzando le braccia per cingergli il collo e abbandonandosi meglio contro i morbidi cuscini dietro di sé.
Rukawa si tese con il busto per seguirlo in quel movimento, posando le mani sul materasso e cercando con la lingua accesso alla bocca del compagno. Si baciarono dolcemente, mischiando e fondendo i reciproci sapori, fino a che, esausti e senza fiato, furono costretti a separarsi. Hanamichi aveva le guance leggermente colorate e Kaede sondava il suo viso, baciandogli lievemente le labbra. Il rosso gli mordicchiò la punta del naso, prima di accarezzarlo con il proprio e sorrise.
"Mi dispiace, Kaede..." sussurrò. "Ti ho fatto spaventare, ma adesso è passato, anche se, se dopo mi diventi così dolce, penso che potrei cominciare di proposito a trascurare la mia salute" ridacchiò leggermente, stringendoselo contro. Rukawa mormorò un doaho appena percettibile, prima che la sua bocca venisse nuovamente catturata da quella del rosso.
Quando riuscirono a separarsi, Rukawa raccomandò al rossino di riposare e che sarebbe passato a prenderlo dopo aver terminato gli allenamenti. Hanamichi annuì e si mise sotto le coperte cercando di assopirsi: a Kaede non aveva detto nulla per non farlo preoccupare, ma aveva il sospetto, sempre più certezza, che il suo stato dipendesse dalle notti che ultimamente stava passando quasi completamente in bianco.
Il suo ragazzo aveva una faccia preoccupatissima che non aveva avuto il coraggio di dirgli cosa realmente gli stesse accadendo. Inoltre, neanche lui avrebbe saputo spiegare con lucidità quello che sentiva: i suoi sogni erano vuoti ma allo stesso tempo talmente intensi e ricchi di dettagli ed emozioni confuse che non riusciva poi a ricordarne il contenuto.
Se avesse saputo cosa nel subconscio lo agitava avrebbe potuto capire e cercare di risolvere il problema da vigile, ma in quel momento nulla lo turbava: con Kaede andava tutto meravigliosamente, a casa era ben voluto, sentiva sua madre quasi ogni giorno e lei era entusiasta della propria vita; la scuola e il basket non erano un problema, per cui proprio non capiva cosa ci fosse di così profondo da sconvolgerlo tanto.
Si rigirò nel letto coprendosi fin sopra la testa e cercando di rilassarsi per poter riposare, sperando di riuscirci.