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Una settimana esatta dopo la consegna dei moduli per la gita a Okinawa, i membri del club di basket del liceo Shohoku, Shojo, Kainan e Ryonan si trovavano all'aeroporto di Tokyo, pronti a fare la fila al check-in per l'imbarco.
Hanamichi era più euforico del normale: non era mai stato in un aeroporto e quello era il primo viaggio importante che faceva. Ovviamente non sarebbero usciti dal Giappone, ma il fatto stesso di prendere per la prima volta l'aereo lo entusiasmava non poco.
Kaede, al contrario, era il solito volpino assonnato: quella notte il rosso non era riuscito a dormire tanta l'eccitazione, mentre il cugino si era svegliato tardi come sempre, facendo fare a entrambi ritardo.
Durante il viaggio, Hanamichi, deciso a non disturbare oltre lo stato comatoso in cui versava il suo volpino, si era seduto lontano da lui per chiacchierare con gli altri ragazzi della squadra: sapeva che Kaede non lo faceva per male, ma anche se non glielo diceva apertamente, in certi momenti, trovava la sua voce particolarmente fastidiosa e Hanamichi, non volendo litigare con lui, cercava di dargli noia il meno possibile.
"Ehi, Hana!" lo richiamò Mitsui, interrompendo il corso dei suoi pensieri. "Vai avanti, tocca a te!" il giocatore lo spinse un poco per le spalle, mentre l'addetta allo sportello gli sorrideva. Sakuragi, imbarazzato, fece un passo e, dopo aver consegnato alla ragazza i documenti di viaggio, posò il proprio bagaglio sul rullo scorrevole dove, dopo essere stato pesato, venne spedito al deposito. Hanamichi sorrise ringraziandola e allontanandosi per far posto al prossimo.
Si guardò intorno alla ricerca del cugino e lo raggiunse con un sorriso: "Ehi volpe!" lo chiamò. Rukawa si voltò, all'orecchio destro portava l'auricolare, mentre l'altro era libero per sentire eventuali comunicazioni.
"Doaho!" gli disse il moro, prendendo posto su una seggiola attendendo l'imbarco.
Hanamichi si sedette accanto a lui e sbirciò il suo biglietto, sorridendo apertamente.
Rukawa lo guardò confuso e Sakuragi spiegò: "Siamo seduti vicini". Rukawa controllò a sua volta, emettendo un piccolo sbuffo come se la cosa fosse irrilevante. Hanamichi si guardò intorno circospetto, poi si chinò su di lui, sussurrando a voce bassa: "Guarda che lo so che anche tu sei contento! E poi ho scoperto che il Mister non ha assegnato le stanze in ordine alfabetico, quindi dovrai fare a meno del Tensai in questi giorni. Sai una cosa?" gli disse risollevandosi, parlando sempre con voce moderata, per non farsi udire da altri.
"Un po' speravo che potessimo passare del tempo insieme. Non sarà come a casa, non possiamo... imboscarci" disse arrossendo e giocando con gli angoli del biglietto, piegandoli un po', "… saremo troppo presi dagli allenamenti e ci saranno tutti i ragazzi... uff, speravo di poter condividere la stanza... peccato!" disse, incrociando le braccia dietro la testa.
"Mannaggia!" rifletté in un secondo momento. "E dovrò anche fingere che la cosa mi vada bene... grr!"
Rukawa avrebbe voluto dire qualcosa per quella seria confessione: lui non ci aveva pensato. Fino a quel momento non aveva valutato tutte quelle eventualità e la possibilità che non avrebbero potuto avere del tempo per stare insieme. In teoria, avrebbero dovuto recitare la solita sceneggiata dei cugini rivali, ma non aveva considerato che sarebbe stato difficile, adesso, continuare a fingere. E se in tutti quei giorni non avessero potuto passare del tempo insieme? Era così abituato ad avere Hanamichi nella sua vita, a colorare le sue giornate che quello era un risvolto imprevisto al quale non era preparato.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma i ragazzi che si stavano avvicinando a loro gli impedirono di parlare. Vide Hanamichi alzarsi in piedi e chiacchierare con Sendo e gli altri giocatori, litigando con Nobunaga come suo solito.
Una volta che tutti ebbero passato il controllo automatico, nella grande sala d'attesa per l'imbarco si era creata una gran confusione: gli studenti erano euforici per la partenza e per quel periodo di 'vacanza' che li attendeva. Quando dall'altoparlante venne annunciato di prepararsi i giocatori, ordinatamente, si misero in fila, ciascuno insieme al proprio compagno di viaggio, così come era stato suggerito dagli allenatori per evitare di creare disagio agli altri passeggeri.
Le parole del mister del Ryonan erano state esattamente queste: "Siete grandi, grossi e numerosi, per non parlare del chiasso che fate tutti insieme. Cercate il vostro compagno e disponetevi in fila, non voglio sentire che siete spaiati o altri passeggeri che si lamentano di voi o vi farò immediatamente scendere e resterete a casa!"
Così era stato imposto l'ordine e la risalita sull'aereo si svolse senza problemi, con estrema gratitudine degli assistenti di volo che non avevano dovuto fare loro da guida.
Hanamichi si abbandonò sul comodo sedile, posizionando il proprio bagaglio a mano tra i piedi, spingendolo sotto la poltrona avanti alla sua. Osservò fuori dall'oblò sentendo Rukawa sistemarsi a sua volta e le ginocchia sfiorarsi. Si voltò verso il compagno e gli sorrise lievemente. Rukawa sembrava, però, non essersene accorto: era ancora più silenzioso del solito e questo non gli piaceva. Avrebbe voluto chiedergli spiegazioni, farlo parlare o sfiorargli un braccio per stabilire un contatto, ma il ragazzo sembrava essersi estraniato nel proprio mondo, cuffie alle orecchie e gli occhi socchiusi che fissava avanti a sé.
Rinunciò, tornando a guardare all'esterno, mentre osservava l'asfalto cominciare a muoversi e i tratti del paesaggio correre veloci sotto il suo sguardo, in una confusione di colori: quando l'aereo spiccò il volo, staccandosi da terra, la pressione atmosferica ovattò ogni suono. Stava seduto dritto, immobile sulla poltroncina imbottita, stringendo le mani sul bracciolo, rilassandosi, in attesa che il velivolo tornasse in posizione orizzontale.
Dopo pochi minuti di volo, una volta stabilizzata la velocità ed essere riuscito a riprendere il controllo del proprio udito, percependo nuovamente ogni rumore per quello che era, comprese le chiacchiere dei suoi compagni, Sakuragi sorrise osservando le nuvole bianche che fiancheggiavano l'aereo e il colore intenso del cielo che quasi lo abbagliava. Sentì qualcosa urtargli il gomito e si volse, osservando come Rukawa, a occhi chiusi, si fosse subito appisolato lasciandosi andare contro di lui, posando la testa sulla sua spalla. Si intenerì nell'osservarlo: socchiuse le tendine, in modo che la luce non infastidisse il riposo del suo volpino e, tornando a osservare il percorso dell'aereo nel mini monitor posto davanti a sé, si godette il viaggio. Ma la sua tranquillità non durò a lungo, dopo un po' si stancò anche di osservare il puntino giallo seguire la linea rossa e cominciò a muoversi impaziente per cercare di trovare una posizione più comoda, ma senza alcun risultato. Erano in viaggio da appena sessanta minuti e ne avevano ancora per un'altra ora e mezzo: non ne poteva più.
Un mormorio basso gli arrivò in un soffio impalpabile all'orecchio: "Doaho..." si voltò appena, chinando il volto specchiandosi in due polle blu profonde.
"Baka kitsune, non stavi dormendo?" lo rimbeccò, parlando a voce bassa.
"Con te che ti muovi in questo modo? Non sei fatto per fare il cuscino, per niente comodo" gli disse, guardandolo da sotto in su, ma senza accennare a spostarsi dal suo braccio.
"Ah, sì? Beh, mi scusi se ha trovato scomodi i nostri servizi" gli disse in falsetto, "mi ricorderò di questo, volpe antipatica!" si offese. Rukawa sollevò il capo, solo per sedersi meglio sul sedile, e, mantenendo comunque i loto volti vicini, dopo essersi sfilato un auricolare, lo porse al rosso che lo prese confuso, portandolo all'orecchio.
"Il viaggio ti sembrerà meno noioso..." gli disse, mentre gli sfiorava discretamente il dorso della mano, quasi fosse un movimento casuale. Hanamichi sorrise per quel pensiero gentile, rimanendo buono, in attesa che arrivassero.
Dopo un viaggio durato più di due ore, i ragazzi, una volta atterrati, furono ben lieti di raggiungere a piedi l'albergo nel quale avevano prenotato, tanto più che il percorso da fare non era molto lungo e una bella camminata dopo tutta quell'immobilità avrebbe fatto bene a tutti loro.
I ragazzi osservavano curiosi la zona che si ritrovavano a visitare, cercando di memorizzare alcuni dettagli che li potessero aiutare a orientarsi. Alcuni di loro erano alla ricerca di qualche ristorantino o locale del posto nel quale fare una capatina qualora avessero avuto qualche serata di permesso.
Hanamichi camminava soddisfatto insieme ai propri compagni di squadra, chiacchierando allegramente, tenendo sott'occhio Rukawa che, in silenzio, li seguiva: non portava più gli auricolari e si limitava ad ascoltare passivamente i discorsi che lo circondavano.
"È un vero peccato, Sakuragi, che le ragazze non siano state invitate a questa gita, scommetto che ti sarebbe piaciuto visitare la città con Haruko, eh?" disse qualcuno e Hanamichi, ridendo scompostamente, cercò di sdrammatizzare: era da diverso tempo che non veniva riportata alla luce la sua fantomatica storia con la manager e non aveva intenzione di ricominciare tutto da capo.
"Beh, sai com'è? Io sono un uomo libero... un ragazzo nel pieno delle sue forze e non posso legarmi fin da ora a qualcuno in modo serio. Comunque con Haruko siamo solamente dei buoni amici... siete voi che, maliziosi, volete vederci chissà cosa" spiegò con un sorriso e i ragazzi fecero finta di assecondarlo, convinti del fatto loro.
Sakuragi non osò voltarsi verso il suo ragazzo anche se immaginava perfettamente l'espressione che doveva avere il suo viso in quel momento: avevano da poco affrontato l'argomento e anche se Rukawa aveva detto di comprendere le sue ragioni, Hanamichi sapeva anche quanto per Kaede fosse difficile accettare che qualcuno potesse anche solo pensare che tra il rosso e la manager ci fosse del tenero.
Giunti all'hotel, tutti i giocatori si radunarono nella hall, mentre i loro coach consegnavano i documenti e assegnavano le stanze. Fu il mister dello Shohoku a parlare: "Ragazzi, per la disposizione delle camere non procederemo in ordine alfabetico, ma a sorteggio, per non fare torto a nessuno. Questo sarà un modo per conoscervi e interagire tra i vari caratteri di ciascuna squadra" sorrise, lasciando vagare lo sguardo su tutti loro.
"Dunque, cominciamo... per comodità noi abbiamo già estratto le coppie, sarete divisi a gruppi di due o di tre" prese il blocco nel quale erano appuntati i nomi e a mano a mano che le coppie venivano formate, gli interessati si avvicinavano al mister Taoka per prendere in consegna le chiavi della stanza.
"Sakuragi Hanamichi e... Sendo Akira!" chiamò Anzai. Akira sorrise e, insieme al rosso, cominciò a salire le scale. Entrambi i ragazzi non poterono fare a meno di voltarsi indietro a guardare ciascuno il proprio ragazzo e quello che Hanamichi vide non gli piacque per niente: Rukawa, se possibile, era diventato ancora più pallido e aveva assottigliato lo sguardo.
Un brivido di puro terrore percorse la schiena del rosso: sicuramente quella decisione, per quanto voluta dal fato, non doveva piacere poi molto alla sua volpe e quello che Sendo fece dopo, ancora meno, perché il porcospino, così come Hanamichi aveva simpaticamente cominciato a chiamarlo a causa della sua strana pettinatura all'insù, volendo fare un piccolo dispetto al suo migliore amico, sfoderando il suo miglior sorriso angelico cinse le spalle di Hanamichi con un braccio, attirandolo a sé.
"Andiamo, Hanachan... siamo stati fortunati a capitare insieme in stanza, non sei contento?" chiese a voce un po' troppo alta, facendo arrossire Sakuragi.
"C... certo!" rispose sicuro l'interpellato, anche se trovava ancora alquanto difficile rapportarsi con i modi di fare piuttosto particolari dell'amico. Avrebbe tanto voluto voltarsi per vedere ancora la faccia di Kaede, ma venne tirato via dal suo nuovo compagno di stanza che, allegro, cominciò a chiacchierare.
***
Ai giocatori fu lasciata libera il resto della mattinata per potersi riposare dal viaggio e poi, dopo pranzo, erano cominciati gli allenamenti.
Per via di un accordo fatto tra il gestore dell'albergo e il proprietario del centro sportivo costruito dall'altra parte della strada, venne lasciata a disposizione dei giocatori la palestra adibita alle attività di squadra.
Dopo il solito riscaldamento individuale, i ragazzi erano stati divisi in squadre miste, formate da giocatori dei diversi club, per disputare delle mini partite da concludersi in un unico tempo di gioco. E, come in una sorta di torneo, i vincitori di ogni incontro si sarebbero scontrati nella finale.
Purtroppo per il rosso, dopo neanche due incontri, venne eliminato a causa del raggiungimento del numero massimo di falli consentito: relegato in panchina, offeso per essere stato, a suo dire, ingiustamente squalificato, si era seduto accanto a Fujima* a osservare i compagni giocare.
Sbuffando insofferente, aveva attirato l'attenzione dell'amico che chiese con un sorriso: "Sakuragi, c'è qualcosa che non va?"
"Certo! Io mi annoio, non è giusto che sia stato squalificato!" disse con rammarico, volgendosi a guardarlo. "A te non da fastidio? Non dico adesso che non sei più a scuola, ma, quando ancora facevi parte della squadra come parte integrante... come facevi a stare qui seduto e vedere gli altri giocare? Non ti prudevano le mani dalla voglia di scendere in campo?" gli chiese. Lui aveva cominciato a giocare da poco e ormai questo sport gli era entrato talmente tanto dentro che cominciava a comprendere sempre meglio il motivo per cui Kaede sembrava non poter fare a meno di giocare qualche ora ogni giorno. Vedere poi gli altri allenarsi e non poter essere lì con loro era veramente una tortura.
Fujima si strinse nelle spalle, senza perdere di vista le azioni di gioco dei suoi compagni: "No... perché, anche se non prendevo parte al gioco, era come se fossi lì con loro e partecipassi attivamente. Si apprende moltissimo anche guardando e se qualcuno di loro prova uno schema nuovo o compie un'azione particolare è come se anche io stessi con il fiato sospeso, sperando che la palla entri nella retina per fare punto. Anche se non fisicamente sono con loro mentalmente, è un ottimo esercizio. Inoltre, facendo da supporter visivo ho una visuale completa su ciascuno dei miei compagni e degli avversari e posso correggerli o dare loro dei consigli per muoversi con più scioltezza. Anche questo è importante. Devi sfruttare ogni ruolo, non si è giocatori solo se si sta correndo da una parte all'altra del campo, ma anche restando dietro la linea bianca e stando seduti a osservare" concluse, volgendosi a guardarlo.
Hanamichi lo osservava a bocca aperta: credeva di aver capito cosa il giocatore volesse dirgli, ma lui pensava proprio di non esserne capace. Forse perché, rispetto a Kenji, era più un tipo d'azione e non aveva moltissima pazienza, aveva bisogno di fare qualcosa, non stare con le mani in mano.
"E poi..." proseguì il castano, "… adesso puoi capire dove hai sbagliato per cercare, la prossima volta, di non ripetere gli stessi errori e rimanere più a lungo sul campo" gli sorrise.
"Mh..." Hanamichi annuì e si concentrò sulla partita, cercando si stare attento alle mosse dei suoi compagni e degli avversari, così come gli aveva consigliato l'amico.
In effetti, passato il fastidio per essere stato mandato fuori, Hanamichi si rese conto che, da spettatore, riusciva a comprendere meglio e si accorgeva di cose che dall'interno spesso gli sfuggivano.
Le squadre in campo vedevano giocatori dello Shohoku e del Kainan scontrarsi contro quelli del Ryonan e dello Shojo insieme e Sakuragi dovette ammettere che la partita cominciò a prenderlo, facendolo emozionare come solo vedere gli scontri in tv riuscivano a fare.
Memorizzò movimenti e passaggi di ciascun giocatore, prima di soffermarsi a osservare Kaede. L'aveva visto giocare spesso e ogni volta di più ne rimaneva affascinato: l'espressione del suo viso, solitamente seria e quasi apatica, mutava, rimaneva concentratissimo sul gioco e non perdeva alcun passaggio. Correva dietro la palla come se stesse calcolando i movimenti per non disperdere energie a vuoto e aveva una prontezza di riflessi invidiabile. Le labbra socchiuse respiravano con un leggero affanno ogni volta che si fermava per intercettare la palla dell'avversario e i suoi muscoli tesi erano pronti al contrattacco.
Quando riusciva a prendere possesso di palla, correva veloce verso la metà campo avversaria sbaragliando la difesa e coloro che si mettevano sul suo cammino, facendo una finta a destra, uno scarto a sinistra e i suoi movimenti fluidi ed eleganti Hanamichi poteva quasi paragonarli a una danza. Inoltre, era bellissimo: stanco per lo sforzo della partita, le braccia forti e le gambe, coperte solo da un paio di corti pantaloncini, erano velate da un leggero strato di sudore; sul viso piccole gocce salate lo incorniciavano, facendo in modo che i corti capelli e la frangia si attaccassero a esso e Rukawa, spesso, era costretto a passarsi sulla fronte il braccio, al quale aveva stretto, come sempre, la sua fascetta nera per tergersi il sudore.
Avrebbe tanto voluto concentrarsi anche su altri dettagli, ma non vi riusciva, lo osservava ammirato e fiero di lui. In quel momento sentì crescere dentro di sé una sensazione forte e il proprio cuore accelerò inspiegabilmente i battiti: solamente guardarlo da lontano riusciva a riempirlo di sensazioni diverse e sconosciute che lo sommergevano, rendendolo inquieto e calmo allo stesso tempo.
Perché? Si chiese. Cosa gli stava succedendo?
"Doaho, ti sei incantato?" una voce bassa, conosciuta, dall'inflessione morbida e sensuale riscosse Hanamichi dai suoi pensieri, facendolo tornare al presente.
"Eh?" chiese spaesato.
Rukawa lo guardò confuso e ripeté: "Ho detto se mi passi l'acqua, per favore!" chiese, allungando una mano e guardando dietro Hanamichi il contenitore degli integratori e delle bottigliette d'acqua.
"Oh... s... sì, scusa... tieni!" disse Hanamichi, voltandosi con il busto e recuperando una bottiglietta d'acqua naturale, porgendogliela. Le loro dita si sfiorarono un attimo e Hanamichi arrossì, percependo in quel brevissimo contatto il calore del corpo del cugino. Rukawa se ne accorse e lo guardò senza comprendere.
"Stai male?" chiese, dopo aver bevuto un lungo sorso.
Sakuragi scosse il capo velocemente, alzandosi e allontanandosi da lui e da tutte quelle sensazioni forti. Si diresse nello spogliatoio per andare a sciacquarsi il viso e tentare di riprendere il respiro: non si era accorto quando, ma qualcosa in lui si era come fermata e il fiato gli usciva spezzato, a tratti. Chino sul lavabo, continuava a gettarsi acqua sul volto, schiaffeggiandosi leggermente le guance e respirando a bocca aperta. Posò i palmi sul bordo della porcellana bianca, riflettendosi nel grande specchio che copriva tutta la parete sopra i lavandini: le guance erano leggermente rosate, ma non le sentiva più roventi e il cuore sembrava stesse tornando a battere normalmente nel petto, facendolo calmare. Si bagnò nuovamente le mani e le passò tra i capelli, tirandoli indietro, scuotendo poi la testa per eliminare le gocce in eccesso.
Respirò con lunghi sospiri e decise di rientrare in palestra: non aveva ancora capito cosa gli fosse successo, né per quale motivo avesse reagito in quel modo. Era la prima volta che perdeva talmente tanto il controllo delle proprie emozioni, forse era stanco per il viaggio, magari non aveva mangiato bene a pranzo e adesso gli era venuto un piccolo attacco di panico o uno abbassamento di pressione, non sapeva dirlo con certezza.
Una volta messo nuovamente piede nella grande sala, si sentì immediatamente osservato: i compagni avevano smesso di giocare e adesso lo guardavano confusi, il mister si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla fronte. Hanamichi arrossì imbarazzato e colto di sorpresa.
"Meno male!" disse solo l'uomo con un sorriso.
"Ragazzi..." si rivolse ai giocatori, "falso allarme, Sakuragi sta bene... continuiamo con l'ultima partita, poi rientriamo, avete tutti bisogno di riposare" decretò il mister del Kainan e i ragazzi delle squadre finaliste si prepararono a scendere in campo.
Hanamichi rimase imbambolato a bordo campo: non aveva assolutamente capito cosa fosse successo. Immediatamente, Sendo e Mitsui, prima di prendere posto nel grande rettangolo di gioco, si avvicinarono a lui scuotendolo: "Hana, che ti è preso? Sei scappato via di corsa ed eri così pallido... non farlo più, ci hai fatto prendere un colpo!" gli disse serio Mitsui, dandogli una pacca sul braccio, allontanandosi.
"E non solo a noi!" gli disse Sendo, facendogli l'occhiolino, prima di allontanarsi a sua volta.
Hanamichi si passò una mano sugli occhi scuotendo la testa, tornando a sedersi accanto a Fujima. Nel farlo, però, il suo sguardo incrociò quello preoccupato e serio della volpe che, vicino alle panchine, si attardava a sistemarsi la fascetta. Il suo cuore, stavolta, perse un battito, ma quella reazione Hanamichi seppe bene a cosa fosse dovuta: senza essere visto, sorrise al suo ragazzo per tranquillizzarlo, chiedendogli silenziosamente scusa per averlo fatto preoccupare, facendogli un cenno di vittoria con la mano.
Anche se poco convinto, Rukawa accennò un movimento con il capo e andò a disputare quell'ultimo incontro: quando aveva visto Hanamichi tremare e sbiancare, prima di vederlo accendersi di un vistoso colorito paonazzo, qualcosa nel suo stomaco si era smosso, come se l'avessero colpito con un pugno di ferro. Aveva davvero avuto paura per lui, la sua era stata una reazione strana, ma non gli aveva dato il tempo di chiedergli nulla che il ragazzo era scappato via. Anche gli altri giocatori si erano accorti di qualcosa perché si erano ammutoliti d'un tratto, guardando in direzione dello spogliatoio, osservando le due ante mobili della porta che si muovevano avanti e indietro.
Era stato Fujima poi a parlare ed esprimere a voce alta il pensiero di molti, preoccupato per la sua salute, ma prima che Rukawa potesse muovere un solo passo per andare ad accertarsi di persona sulle condizioni fisiche del cugino, Hanamichi aveva fatto ritorno dopo pochi minuti e sembrava tornato normale.
L'aveva osservato attentamente per assicurarsi che stesse davvero bene e, quando l'aveva guardato e gli aveva sorriso un po' timido, solo allora Kaede si era tranquillizzato un po' e aveva ripreso a giocare, ripromettendosi di farsi spiegare poi da Hanamichi cosa veramente gli fosse capitato.
***
A cena, nella cucina dell'albergo regnava un silenzio particolare: i ragazzi, esausti per il lungo viaggio e l'allenamento, erano particolarmente mogi e fuori una pioggia leggera aveva cominciato a cadere, impedendo ai loro animi di essere particolarmente gioviali.
"Uffa... speriamo che non piova tutto il tempo... volevo andare a visitare la città, prendere dei souvenir e magari vedere qualche bel locale del posto!" si lamentò Nobunaga. Molti ragazzi concordarono con lui, decidendo però di essere positivi.
Hanamichi restava ancora in silenzio, un po' scosso dal proprio comportamento, sforzandosi però di mangiare qualcosa anche se non aveva fame: per di più, non voleva far preoccupare ulteriormente e inutilmente i suoi amici. Rukawa poi non smetteva di fissarlo: voleva forse farsi scoprire?
Quando poi, chi prima, chi dopo, i ragazzi si ritirarono nelle loro camere, anche Hanamichi precedette Sendo, rimasto con Mitsui e altri ragazzi a guardare un po' di televisione, messa a disposizione dal gestore dell'albergo.
Il rosso chiese le chiavi alla reception e stava per salire le scale, quando, nel momento in cui le porte dell'ascensore si aprirono, si sentì tirare per un braccio e poi spingere dentro da qualcuno.
"Kitsune! Ma che modi!" si lamentò con il cugino, il quale, però, non rispose, aspettando che fossero usciti dal cubicolo per parlare. Si fece scortare da Hanamichi nella sua camera ed entrò con lui.
Il rosso si sedette con un sospiro esausto sul letto, sdraiandosi subito dopo: "Tu, come mai non sei rimasto a vedere la tv con gli altri?" chiese. Si sentiva strano a stare da solo con Rukawa e non capiva perché.
"E tu come mai fingi che vada tutto bene?" chiese di rimando il moro, avvicinandosi al letto e posizionandosi sopra il compagno, senza però gravargli con il proprio peso: aveva puntato le ginocchia sul materasso e posato le mani su di esso accanto alla testa del cugino di modo che non potesse sfuggire al suo sguardo.
"Cosa ti è successo prima in palestra?" chiese, addolcendo il tono, facendogli capire il suo stato di preoccupazione, cosicché non gli mentisse. Hanamichi sospirò, cercando di rilassarsi e alzò le mani posandole sulle braccia tese di Kaede.
"Non lo so..." ammise e Rukawa comprese che fosse la verità. Si sedette sul letto, aspettando che Hanamichi lo imitasse e si guardarono: il rosso sorrideva un po' colpevole e Rukawa batté la fronte contro la sua, facendo risuonare nell'aria un piccolo tonk.
"Ahi... Kaede!" gli disse Hanamichi ridendo. "Mi dispiace averti fatto preoccupare, forse sono solo un po' stanco per il viaggio, sai, l'emozione, l'adrenalina. Troppe sensazioni tutte in una volta hanno dato alla testa al Tensai!" si prese in giro sorridendo.
Rukawa lo guardò poco convinto e si sporse per baciarlo, ma Hanamichi volse il viso porgendogli la guancia.
"No, no, no... non voglio che, se per disgrazia, dovessi essere malato contagi anche te, poi come lo spieghiamo agli altri?" disse, allontanandosi, ma Rukawa non si lasciò scoraggiare: Hanamichi lo stava evitando ed era proprio questo che voleva impedire, non ne conosceva il motivo, ma non voleva che accadesse, doveva parlargli e non si sarebbe arreso.
"Tranquillo doaho, gli stupidi non si ammalano e io, comunque, sono disposto a correre il rischio!" rispose, tentando ancora di baciarlo.
Hanamichi, però, si indignò e si scostò da lui, puntandogli le mani sul petto: "Oh, grazie tante, baka kitsune, beh sei stupido anche tu, se lo vuoi sapere!" gli disse, offeso ponendo maggiore distanza anche tra i loro corpi.
Rukawa scosse il capo, decidendo per il momento di ritirarsi, lo guardò fisso, decretando la resa, informandolo che se ne sarebbe andato, ma quando Hanamichi fu distratto, a tradimento, gli rubò un bacio sulle labbra.
Sorrise malizioso, vedendo il volto del rosso aprirsi in una smorfia sconvolta, per essere stato così poco preparato e si alzò dal letto.
Quando fu vicino alla porta la aprì e, prima di uscire, si voltò un'ultima volta: "Buonanotte, doaho!" disse.
"Buonanotte, baka kitsune!" rispose Hanamichi, tirandosi le coperte fin sulla testa.
31_
Un vociare esterno e poi un suono sordo contro il legno della porta avevano destato il sonno leggero nel quale Hanamichi era caduto e il ragazzo, confuso, cercava di capire dove si trovasse. Aveva un gran mal di testa, eppure la sera prima non era andato a letto troppo tardi, né ricordava di aver bevuto qualcosa che avesse potuto dargli alla testa, pertanto, rimaneva solo una possibile spiegazione per quel suo stato: troppi pensieri.
La sua prima notte a Okinawa era stata disturbata da mille elucubrazioni che il suo cervello, neanche nel mondo onirico, aveva smesso di elaborare.
Si sentiva stanco e stava male. Voltò il viso nell'oscurità della stanza e si accorse, solo in quel momento, della presenza che, china ai piedi del letto, lo osservava con un sorriso.
"Aaah! Sendo!" strepitò, mettendosi a sedere di scatto e maledicendo il suo compagno di stanza che a sua volta lo guardava arrabbiato e un po' infastidito per quella reazione spropositata.
"Ma sei pazzo?!" si chiesero l'un l'altro all'unisono.
Hanamichi si teneva una tempia con la mano, premendo contro di essa, massaggiandosi la testa lentamente.
"Stavo controllando se fossi sveglio..." spiegò il ragazzo più grande, sollevandosi da terra e mostrandosi ancora in pigiama. "Ho sentito che ci davano la sveglia e volevo assicurarmi che l'avessi sentita. Eri già salito in camera ieri e non potevi saperlo, ma i nostri coach hanno deciso che questa mattina faremo un escursione per andare a visitare un po' di architettura storica e ci alleneremo nel pomeriggio" spiegò, avvicinandosi alle finestre e aprendo gli infissi, constatando personalmente il meteo favorevole. La pioggia della scorsa sera pareva essersi esaurita durante la notte e adesso, sebbene il sole non fosse ancora completamente sorto, una luce calda stava rischiarando piacevolmente il cielo.
"Nh... ho capito... vuoi andare per primo al bagno?" chiese il rosso, mentre ancora tentava di combattere, e possibilmente vincere, contro l'emicrania.
"Già fatto... mi sono alzato stranamente in anticipo, mi vesto e scendo a fare colazione!" lo informò con un sorriso, prima di sedersi accanto a lui sul letto. "Stai male?" chiese, sfiorandogli la fronte con una mano.
Hanamichi si scostò a quel contatto improvviso: ma insomma, perché tutti erano fissati che dovesse avere la febbre?
"No... no, solo un po' di mal di testa... troppi pensieri, suppongo" aggiunse senza riflettere. Akira si alzò avvicinandosi alla propria valigia e, dopo averne tirato fuori il cambio, prese qualcosa da un astuccio chiaro, tornando dal rosso. Gli porse una piccola confezione bianca e Hanamichi la scrutò: "Grazie..." disse piano, osservando il blister di antidolorifici.
Sendo sorrise e cominciò a cambiarsi in camera. Il rosso osservò per qualche secondo i suoi movimenti, prima di arrossire e capire cosa il ragazzo avesse in mente di fare: "Waaa, Sendo!" lo richiamò, fiondandosi fuori dal letto e chiudendosi in bagno.
Akira, che era leggermente piegato in avanti e con i pantaloni del pigiama alle ginocchia, intento a sfilarli, non comprese subito, poi, osservando casualmente il proprio riflesso nello specchio, realizzò a sua volta mettendosi a ridere di gusto. Hanamichi era veramente un piccolo ingenuo e faceva tenerezza, anche se, dalla porta chiusa, lo sentiva borbottare qualcosa contro di lui e i suoi modi poco professionali.
***
Già a metà mattina, Hanamichi cominciò a sentirsi molto meglio: il cerchio alla testa era passato grazie alla medicina miracolosa datagli da Sendo e sembrava aver abbandonato i cupi e strani pensieri del giorno precedente. Curioso, dunque, andava in giro insieme ai compagni per le vie antiche della città, fotografando diversi paesaggi e monumenti in pietra*.
Rukawa, da lontano, osservava le sue mosse, tenendolo d'occhio: era sollevato di vederlo ridere e scherzare con i compagni, ma sapeva che qualsiasi cosa avesse avuto la sera precedente non andava sottovalutata. Di tanto in tanto i loro sguardi si incrociavano, quasi casualmente e Kaede vedeva come il viso di Hanamichi si rilassasse quando incontrava i suoi occhi: sicuramente era difficile fingere per lui, Rukawa aveva un buon autocontrollo e sapeva approfittare delle occasioni propizie, ma si accorgeva che Sakuragi lo cercava sempre e gli spiaceva non riuscire a passare più tempo insieme, sebbene anche lui lo desiderasse.
All'ora di pranzo, il gruppetto fece una pausa e, recuperate dall'autobus le sacche con il bento preparato loro dall'albergo, si incamminarono a piedi verso una vasta radura dove si sarebbero fermati a mangiare. I ragazzi si divisero a gruppetti più o meno numerosi e Rukawa colse immediatamente l'occasione per stare insieme al suo ragazzo: Hanamichi si era seduto ai piedi di un albero, con la schiena posata al tronco robusto, cominciando a mangiare da solo, il moro lo raggiunse e si sedette accanto a lui, nella medesima posizione, in modo da essere vicini, ma senza dare nell'occhio.
"Ciao..." lo salutò il moretto e Hanamichi, che non si era accorto del suo arrivo, nel sentire la sua voce si volse a guardarlo.
"Ehi, straniero..." gli disse, sorridendogli spontaneamente senza curarsi di essere visto o meno dai loro compagni, in fondo, erano tutti talmente presi dal pasto e dalle loro chiacchiere da non far caso a loro.
"… è strano, avrei creduto che avremmo avuto più tempo da passare insieme, invece il coach prima ci ha divisi e poi anche in allenamento non c'è occasione di giocare insieme. Sai, ci frequentavamo di più quando non stavamo insieme!" gli disse Hanamichi, ridacchiando leggermente. Ma nonostante il suo tono, Rukawa scorse una nota triste in quell'affermazione e pensò che i suoi sospetti non erano poi tanto campati per aria.
"Nh..." si limitò ad annuire, tornando a mangiare.
"Kaede..." lo richiamò Hanamichi: per una volta che riuscivano a stare insieme non voleva passare quei minuti con lui in silenzio. "Con chi sei finito in stanza? Non te l'ho chiesto" disse, voltandosi a guardarlo, riprendendo a mangiare.
"Il capitano..." rispose il moro, osservando il bento del suo compagno e rubandogli un funghetto, dandogli in cambio un pezzo di carota che a lui non faceva impazzire.
Hanamichi sorrise, arrossendo per quel gesto così naturale e che non si aspettava che Kaede avrebbe mai fatto e mangiò la carota in modo piuttosto rumoroso, sorridendo dell'espressione infastidita che si dipinse sul volto del cugino.
Divertito da quel nuovo modo che avevano trovato per stuzzicarsi, Hanamichi si sporse rubandogli da sotto il naso l'ultimo polipetto rimasto che Kaede aveva appunto lasciato alla fine, poiché era uno dei suoi preferiti.
"Ladro! Non puoi prenderlo, quello è mio!" gli disse, afferrando rapido le bacchette del compagno tentando di fargli lasciare la presa.
"Eddai, Kaede erano buonissimi e io li ho mangiati tutti i miei..." gli disse, facendogli gli occhi dolci tentando di rabbonirlo, ma senza successo.
"Doaho, sei un ingordo!" lo riprese, lottando ancora con lui per il possesso del piccolo mollusco. In quella loro disputa, concentrati com'erano, non si accorsero dell'arrivo di due figure che si avvicinavano divertite.
"Baka kitsune, sei senza cuore! Io ti ho dato il mio fungo" strepitava il rosso.
"Sì, ma io ti ho dato la carota!" ribatteva il moro.
Un movimento veloce di entrambi e le punte delle bacchette slittarono l'una sull'altra rischiando di far cadere il polipetto della contesa sull'erba, ma una terza mano, velocissima si frappose tra i due litiganti salvando il cibo. I due ragazzi si volsero verso il nuovo arrivato e videro Sendo avvicinare due dita alle labbra di Mitsui che, con un sorriso, accolse quel delizioso regalo.
Hanamichi aprì la bocca senza emettere suono, scioccatissimo, osservando la guardia masticare contento il suo polpetto. Kaede, invece, era rimasto come al solito impassibile, limitandosi a pizzicare con la punta dei bastoncini di legno la guancia del suo ragazzo.
"Grazie!" disse semplicemente Mitsui, una volta mandato giù il boccone, sedendosi di fronte ai due, incrociando le gambe. Lo stesso fece Sendo, sistemandosi accanto al suo compagno.
"Dai, ragazzi... non mettete il muso... sapete come si dice, no? Tra i due litiganti..." scherzò Akira. "E poi, eravate così carini, prima di cominciare a litigare come due mocciosi, sembravate quasi una coppietta di veri fidanzati" li prese in giro Mitsui. Hanamichi arrossì: in verità anche lui aveva pensato la stessa cosa e la sensazione non gli dispiaceva per niente, ma perché, poi, dovevano sempre mettersi a litigare, questo lo voleva tanto sapere anche lui.
Terminarono di mangiare in compagnia dei loro amici, rilassandosi prima di ricongiungersi con il gruppo quando il mister li richiamò per salire tutti sul pullman.
***
Esausto, a fine giornata, Hanamichi si abbandonò sul letto, sbadigliando sonoramente e stiracchiando i muscoli della schiena, sollevando le braccia verso l'alto.
Una risata spensierata e poi una voce: "Hanamichi, sembra che tu abbia fatto chissà quale fatica oggi..."
"Ma è vero! Non hai visto come mi davano addosso tutti quanti?! Quasi, quasi rimpiango Ayako e il suo ventaglio!" disse, restando sdraiato e voltando il viso verso il letto accanto al suo.
"Ma dai, non ti stavamo dando addosso, dici tu! Erano consigli, dovresti essere grato e onorato: i migliori giocatori della prefettura che condividono con te i loro segreti sul basket, non è cosa da disprezzare!" disse Sendo, gioviale, muovendo avanti e indietro il dito indice in segno di diniego.
Hanamichi sbuffò: "Umpf, un genio del mio calibro non ha bisogno dei vostri consigli, sono perfetto così come sono!" si impuntò, voltandosi verso il muro, dando le spalle al ragazzo, fingendosi superiore.
Quel pomeriggio, di ritorno dalla loro piccola gita, come da programma, si erano svolti gli allenamenti e, questa volta, Sakuragi aveva partecipato attivamente insieme ai compagni: un breve riscaldamento, dieci giri di corsa e poi esercizi individuali o di gruppo, prima di disputare una partitella a conclusione del tutto.
Il mister Anzai aveva esonerato Hanamichi dal fare i soliti fondamentali per non farlo sentire a disagio e 'inferiore' verso gli altri ragazzi e al rosso non sembrava neanche vero: aveva sperato così di far vedere a tutti le sue capacità e miglioramenti, ma questo non era stato possibile, perché, invece dei noiosissimi esercizi di base in solitario, a turno, ciascun giocatore si era unito a lui per fare dei passaggi in coppia, tiri e mini scontri di pochi minuti, con il risultato che Hanamichi si ritrovava continuamente sotto esame e con tutti che gli dicevano cosa poteva fare o non doveva fare per eseguire lanci puliti, dispensando consigli su come evitare di commettere fallo e infrazione per un numero eccessivo di passi.
Alcuni dei ragazzi poi, sicuramente per farlo indispettire e prenderlo un po' in giro, per spiegargli anche le cose più semplici usavano un tono di voce saccente che ad Hanamichi non piaceva per niente.
Sendo rise, ricordando quante volte il suo compagno di stanza avesse perso la pazienza, rischiando anche di saltare al collo del 'maestro' di turno. I ragazzi, molti facenti parte della loro comitiva di amici, lo facevano solo per farlo arrabbiare, conoscendo bene il suo ego smisurato, e Hanamichi ci cascava puntualmente in pieno.
"Dai, Hana! Lo facevano apposta per farti arrabbiare... tu dovevi essere superiore!" lo scosse, sedendosi accanto a lui e facendolo voltare verso di sé.
"Io sono superiore!" aveva borbottato Hanamichi dandogli ancora le spalle.
"La cosa bella poi è che la volpaccia è l'unico a non essersi avvicinato... o, beh, se anche lui aveva intenzione di prendersi gioco di me è stato meglio così, ma almeno poteva far finta di voler passare del tempo insieme" disse mogio.
Sendo sorrise dolcemente a quelle parole e, incrociando le mani, guardando dritto davanti a sé, parlò: "Oh, ma sappi che non ti ha perso di vista un secondo!"
"Nh?" adesso aveva tutta la sua attenzione, Sakuragi si voltò, sedendosi sul letto, in ascolto. Sendo lo guardò un attimo poi proseguì: "Io so perché Rukawa non si è avvicinato... non ci arrivi?" chiese, vedendo la sua espressione confusa.
"Era semplicemente geloso, perché tutti ti prestavano attenzione. Lui non lo può fare! Ricorda che, se anche io e Mitsui sappiamo come stanno le cose tra voi, vi siete costruiti attorno una certa reputazione e dovete proseguire su questa linea" disse sincero.
Hanamichi abbassò il capo comprendendo le sue parole: aveva ragione, ma lui ci stava male lo stesso. Non voleva che fossero una di quelle coppiette sempre appiccicate, ma la sua volpe gli mancava e se ne rendeva conto ogni momento di più che passavano vicini l'uno all'altro, ma comunque distanti.
"Lo so, ma ho come l'impressione che lui ci pensi di meno a me" gli disse. Incrociò le gambe all'indiana, sprofondando le mani tra esse, spingendo i pugni sul materasso a disagio: aveva bisogno di parlare con qualcuno, ma non voleva ferire i sentimenti di Sendo. Sapeva che ormai per lui Kaede era solo un buon amico e con Mitsui erano felici, ma gli sembrava comunque indelicato.
"Avanti, Hana, dì quello che devi... siamo amici e se hai bisogno di confidarti io sono qui o non dirmi che ritieni che sia Yohei l’unico in grado di capirti e degno della tua fiducia?" gli chiese, conoscendo già la risposta.
Hanamichi lo guardò con occhi grandi, affrettandosi a rispondere: "No, no... io ho fiducia anche in voi, ma ecco... uff... per esempio" si decise a parlare, "quando siamo partiti avevo davvero sperato di avere del tempo per stare da solo con lui, chiacchierare normalmente, senza dover fingere di non poterci vedere... neanche a casa possiamo farlo e questo lo so, è colpa mia. Invece, ci hanno separati e, tra gli allenamenti e le altre attività, non riusciamo ad avere un po' di tempo per noi. Anche prima a pranzo, stava andando tutto bene e, come ha detto Mitchi, sembravamo anche carini, poi, però, ci siamo messi a fare gli scemi e l'atmosfera è stata rovinata. Io lo so che Kaede ci tiene a me ed è geloso... anche troppo alle volte... ne abbiamo anche parlato, ma anche se lo so, ho bisogno di qualcosa, anche un gesto stupido" disse.
Sendo comprese cosa volesse dirgli e, portando indietro le mani, si tese voltando il viso, posando la guancia sulla propria spalla. Gli sorrise e disse: "Lo so... voi siete una coppia strana. Ahaha, aspetta, non volevo offenderti, mi spiego. Prendi me e Hisashi, a noi non interessa niente, siamo spontanei l'uno con l'altro e ignoriamo il resto del mondo quando stiamo insieme. Voi, invece, anche se vi siete trovati e, in qualche modo vi compensate, siete ancora inesperti. E soprattutto avete due modi di dimostrare affetto diversi. Io conosco Kaede da moltissimo e ho toccato con mano il suo modo di esternare i sentimenti: lui è un ragazzo chiuso, fondamentalmente isolato e che a volte non pensa. Basta vedere tutte le volte che, agli inizi, anche con te, soprattutto con te, si comportava da bambino, mascherando quello che sentiva, mi segui?" Hanamichi fece un cenno con la testa.
"Tu sei timido, poco esperto e sei rimasto segnato dalle tue esperienze passate forse hai bisogno di segnali e gesti fermi e veri, perché hai paura di non venire accettato. Questo l'hai provato quando sei stato rifiutato da quelle ragazze e magari, se scavi dentro di te, anche se adesso mi guardi così..." gli disse severo, in seguito alla faccia poco convinta con la quale Hanamichi lo scrutava per quella sua analisi profonda, "… troverai un motivo più serio che non puoi imputare solo a quelle ragazze che ti hanno rifiutato" rivelò.
Hanamichi riflette e forse il ragazzo non aveva tutti i torti: anche se voleva essere forte, era rimasto segnato dal rifiuto più profondo che, così come quelle ragazze, a priori, anche la famiglia del padre aveva avuto nei suoi confronti e in quelli di sua madre. Forse era per questa vecchia ragione che aveva bisogno di sentire Kaede più vicino di ogni altra persona.
Sendo sorrise, convinto che Hanamichi fosse arrivato alla conclusione corretta e, dopo qualche istante di silenzio, continuò: "Adesso che hai finalmente trovato la persona giusta che ti ricambia, per un insieme di coincidenze e situazioni, sei costretto a tenere a bada i tuoi sentimenti, mentre vorresti solo dare a Kaede tutto te stesso" altra pausa e altro assenso di Hanamichi che comprese che l'amico aveva ancora altro da dirgli e stette in silenzio.
"Dall'altra abbiamo Kaede... io sono stato con lui per un po' di tempo. Inutile che ti dica, o forse lo sai già, che ho fatto io il primo passo con lui. Sapevo che per me lui era più di un amico e, quando ho deciso di essere sincero mi sono dichiarato: ero pronto anche a sentirmi dire che non avrebbe più voluto avere a che fare con me per quei miei sentimenti, cosa che, comunque, dentro di me, sapevo che non sarebbe mai successa. Kaede non è una persona che dà giudizi a priori e poi lui ama le persone forti di carattere e sincere; forse uno dei motivi che l'ha spinto a dirmi di sì, oltre per il fatto che si trovasse bene in mia compagnia, è stato il mio coraggio. Comunque, ti sto facendo questo discorso per dirti che io conosco Kaede, so come è stare con lui e credimi: quello che c'è tra voi non è neanche paragonabile a quello che avevamo io e lui. Kaede è diverso, ma non perché adesso riesca ad aprirsi di più rispetto a prima, quello non è cambiato, semplicemente adesso è veramente innamorato. Ha scelto lui di esserlo, lui ha scelto te! Capisci cosa voglio dirti, Hana? La differenza? "
Il rosso, leggermente imbarazzato, aveva annuito.
Sendo sorrise e gli disordinò i capelli affettuosamente, scompigliandogli il ciuffo della frangia, come farebbe un fratello maggiore.
"Ehi!" Hanamichi si portò le mani in testa, guardandolo confuso: che gli era preso?
"Siete ancora agli inizi, Hana, è normale avere di questi pensieri, un po' paranoici visto che sono campati in aria, ma sono normali. Sei innamorato e ci sta tutto, anche questo essere un po' insicuro, cosa che, posso scommetterci il mio taglio di capelli, prova anche Kaede, sebbene lui appaia più forte. Ma tiene a te e, tanto più tieni a una persona, beh... tanto più si diventa stupidi!" concluse con un sorriso per stemperare il clima di aspettativa e serietà che quella conversazione aveva creato tra loro.
Hanamichi, adesso, rosso più per l'irritazione di quell'ultimo appunto che per l'imbarazzo, si slanciò verso Sendo, atterrandolo al materasso, cominciando a fargli il solletico e colpirlo leggermente, facendogli rimangiare quanto detto alla fine.
"E io che ti credevo anche saggio... ho davvero pensato che lo fossi! Per tua informazione, poi" sottolineò, cercando di parlare al di sopra della risata di Sendo che tentava di parare i suoi colpi, "… guarda che se noi siamo stupidi, tu e quella tua sottospecie di ragazzo lo siete ancora di più!" si vendicò.
"Ahahah... lo so, infatti è vero! L'unica differenza è che io non ho problemi ad ammetterlo!" sottolineò.
Tra risa, improperi e movimenti sospetti degli immobili, i due non si accorsero di un leggero bussare alla porta, fino a che una voce conosciuta non chiese loro spiegazioni a tutto quel chiasso.
Hanamichi si fermò di scatto, con un pugno ancora sospeso per aria, liberando Sendo che rimase steso di traverso sul letto, andando ad aprire la porta.
Quello che non credeva di trovarsi davanti era che, oltre a Mitsui, sull'uscio, ci fosse anche il suo volpino che osservava il suo abbigliamento stropicciato e i capelli sconvolti con espressione confusa. Kaede sollevò lo sguardo e, oltre le spalle del suo ragazzo, scorse Sendo, steso supino sul letto di Hanamichi, che li guardava a testa in giù ed era nelle medesime condizioni del rosso.
Rukawa fece nuovamente scorrere lo sguardo sul suo ragazzo e poi sull'amico guardando storto entrambi.
"Oh-oh!" Mitsui, velocissimo, corse dentro la stanza, sollevò di peso il suo ragazzo per un braccio, portandolo via da lì o di lui, dato lo sguardo del moro, non ne sarebbe rimasto nulla.
"Noi andiamo a farci una passeggiata... torniamo subito" disse, mentre Sendo, sorridente, faceva anche "ciao-ciao" con la mano.
Rukawa mosse un passo in avanti e chiuse la porta dietro di sé: "Doaho!" disse, mentre avanzava e Hanamichi indietreggiava.
"Ehm... kitsune, ecco, non è come pensi!" mise le mani avanti.
"Nh... e cosa penso?"
"E... eheheheh... non lo so! A cosa stai pensando? Ehi, che ci fai qui a proposito?" gli chiese, cambiando abilmente argomento.
"Niente, mi ci ha trascinato, Mitsui!" rispose secco.
Hanamichi spalancò gli occhi, colpito per quella risposta così fredda e si sedette nuovamente sul letto, quello di Sendo stavolta.
"Ah... ecco..." disse deluso, mentre abbassava lo sguardo.
"Doaho!" Rukawa rimaneva in piedi davanti a lui con le braccia conserte. "Tu dormi qui?" chiese.
Hanamichi osservò il letto sul quale, senza rendersene conto si era seduto, e scosse la testa: "No, è di Akira..." disse senza guardarlo, prima di sentirsi sollevare di peso e poi ricadere sulle soffici trapunte del suo letto. Non ebbe il tempo di sconvolgersi che sentì il corpo di Rukawa sistemarsi su di lui e la sua bocca divorare la propria in un contatto famelico e urgente.
Rispose al bacio senza neanche avere il tempo di pensare, chiudendo gli occhi e abbandonandosi alle sensazioni: avevano entrambi bisogno di quel contatto e doveva avvenire in quell'esatto momento.
Quando emersero dal bacio, Rukawa si staccò piano da lui, recuperando tracce del suo sapore, respirando leggermente più veloce e seguendo un piccolo rivolo di saliva sfuggito dalle loro labbra.
"Allora, doaho, sai perché sono qui?" chiese lui.
"Hai detto che... ti ci ha portato Mitsui..." rispose il rosso, schiudendo le palpebre e perdendosi nello sguardo profondo del suo ragazzo.
"Idiota..." gli disse l'altro in un sussurro, dolcemente, scendendo con le labbra ad accarezzargli una guancia, spostandosi sulla mascella e poi sul collo, mentre rispondeva contro la sua pelle calda, "… volevo vederti..." confessò, facendo sorridere Hanamichi che si strinse a lui, abbracciandolo per le spalle.
Il cuore di Sakuragi saltò felice nel petto: Sendo aveva ragione, erano due pasticcioni, timidi, insicuri e anche senza esperienza, ma erano innamorati e tanto bastava per tranquillizzarlo e scacciare via tutti quegli strani e contorti pensieri che si era fatto in quelle poche ore. Tutto adesso perdeva importanza e valore, gli bastava solo rimanere stretto tra le braccia di Kaede ancora per un po', almeno fino a che il suo sorridente compagno di stanza e quell'ex teppista del suo ragazzo non sarebbero tornati per ritirarsi ognuno nella propria camera.