Titolo: Kiss me, baby
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Arioka Daiki, Yamada Ryosuke
Pairing: Ariyama
Rating/Genere: PG/romantico, fluff
Warning: slash
Wordcount 2.949
fiumidiparoleNote: la storia è scritta per la
diecielode per la tabella Snack salati con il prompt ‘Arachidi’ e per la
500themes_ita con il prompt ‘La punta di un coltello’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella:
Snack salatiTabella:
500themes_ita Yamada arrivò di corsa nel luogo in cui si sarebbe tenuta la festa a sorpresa, che aveva organizzato insieme agli altri membri del gruppo, per il compleanno di Yuri. Non era in ritardo, anzi, era arrivato con largo anticipo perché aveva preso appuntamento con Daiki prima di incontrarsi con gli altri e poter così stare un po’ tra loro: tra gli impegni lavorativi nell’ultimo periodo si rendeva conto di aver trascurato un po’ la sua relazione e il fatto che neppure i loro amici più cari sapessero di loro, rendeva davvero difficile riuscire a godere anche di quei momenti che avevano per stare insieme durante il lavoro.
“Daiki!” lo chiamò, sollevando un braccio per farsi notare, ma rendendosi conto in ritardo che il più grande non era da solo. Sentendo il proprio nome Arioka si voltò e con lui anche Kei lo guardò sorridendo, sollevando una mano.
“Yama-chan!” lo salutò Inoo e Ryosuke si sforzò di sorridere e mostrarsi naturale, nonostante la delusione.
“Yamada!” lo chiamò lo stesso Daiki, facendogli un cenno.
“Sei stato puntualissimo!” commentò Kei non appena il più piccolo li raggiunse e Daiki, un passo dietro Inoo, di modo che quest’ultimo non potesse vederlo, fece una smorfia dispiaciuta all’indirizzo del proprio fidanzato come a scusarsi per quell’imprevisto.
“Sono emozionato neanche la festa fosse in mio onore” ridacchiò Ryosuke, affondando le mani nelle tasche. Guardò i due più grandi non trovando stranamente nulla da dire, sentendosi a disagio per quella inaspettata situazione: era sempre più difficile tenere a bada i propri sentimenti e nascondere quello che c’era tra lui e Daiki e a volte, non sapeva proprio come venirne fuori.
“Hikaru mi ha mandato un messaggio dicendomi che sta per arrivare anche lui insieme agli altri per allestire la sala” spiegò Kei, probabilmente per riempire il silenzio.
“Ah, a proposito!” si ricordò d’improvviso Kei, rivolgendosi a Daiki, dandogli un colpo alla spalla, cogliendo l’altro di sorpresa.
“Ehi! Cosa ho fatto?” rise Arioka, guardando l’amico.
“Questo” specificò Kei facendo nuovamente cenno come per colpirlo ancora, ma lasciando correre. “È per quello che hai detto ieri sera durante il party!” gli ricordò, guardandolo e sollevando un sopracciglio a mo’ di rimprovero e Daiki comprese subito, scoppiando a ridere.
“Ti sei offeso?” gli disse e Inoo scosse il capo.
“Non è per questo, ma ti avevo fatto una confidenza, non dovevi dirla agli altri!” sottolineò.
“Oh, ma era divertente e poi hai iniziato tu!” gli fece presente dandogli una gomitata.
Yamada ascoltò quello scambio di battute, guardando i due più grandi perplesso.
“Oh, scusa, Yama-chan, lascia stare, sappi solo che se mai dovessi confidare un segreto a Daiki non sono certo che tu saresti in buone mani!” Kei prese in giro Arioka.
“Ma cosa dici? Io li so mantenere i segreti, molto meglio di quello che credi!” affermò, guardando di sfuggita Yamada, il quale però era troppo concentrato su quello che era stato detto e come questo lo facesse sentire per cogliere la sua occhiata.
Sapeva che ogni tanto Daiki e gli altri componenti dei BEST organizzavano delle feste per divertirsi e non ne era mai stato geloso. In quel momento invece, sentendo Inoo e Daiki parlare in quel modo, sapere che ci potessero essere delle cose che a lui il fidanzato non diceva, ma che Kei o gli altri ragazzi conoscevano l’aveva fatto rimanere male. Si sentiva escluso dalla vita del fidanzato e odiava sentirsi in difetto: lui a Daiki diceva tutto, era il suo migliore amico, così come lo era Yuri e non gli nascondeva mai nulla, invece da qualche tempo Ryosuke aveva iniziato a pensare a svariate cose e il fatto di non riuscire a essere presente in modo completo nella vita privata di Arioka lo straniva. Il fatto che i loro amici non sapessero di lui, di loro, non immaginassero quanto forte fosse in realtà il loro legame, lo infastidiva, specie quando si rendeva conto che altri passavano più tempo insieme ad Arioka che non lui.
“Yamada, hai sentito?” Inoo gli sventolò una mano davanti al volto e Ryosuke si riebbe, sbattendo le palpebre.
“Eh?”
“Ma che hai oggi, Yama-chan?” rise il più grande. “A cosa pensi che hai la testa fra le nuvole?” gli chiese e Ryosuke scosse la testa.
“Scusami, hai ragione. Mi dicevi?”
“Ho detto che gli altri stanno arrivando e pensavamo che tu potresti andare a prendere Yuri per portarlo qui con una scusa!” propose.
“Ah, sì, non ci sono problemi!”
“Tu e Yuri siete molto amici, sono certo che se anche ti presenti a casa sua senza preavviso non si insospettirà di nulla!” continuò Kei sorridendo e in qualche modo Yamada non gradì quella puntualizzazione.
Arioka si accorse del suo sguardo perso e cercò di comprenderne la ragione, ma senza avere modo di accorrere in suo aiuto.
“Eccoli!” Kei saltò su nel vedere un furgoncino fermarsi accanto al marciapiede e Hikaru fargli cenno con la mano. “Ma quanto ci avete messo?” lo prese in giro Inoo, ridendo e avvicinandosi alla macchina.
“Dillo a Kota! Ha ordinato da mangiare l’intero negozio! Anzi, venite a darci una mano!” li spronò Hikaru, scendendo dall’auto e aprendo il cofano di modo che gli altri potessero prendere i vassoi.
“Ryo?”
Una volta rimasti soli, Daiki prese Yamada per un braccio, trattenendolo con sé. “Aspetta…” gli disse, sorridendo poi a Yuya che tornò verso di loro con in mano un ampio vassoio, aprendogli la porta dal momento che l’altro non poteva fare da sé. “Adesso vengo ad aiutarvi” assicurò, spostandosi in disparte con Yamada per potergli parlare.
Lontano da sguardi indiscreti, Daiki circondò il più piccolo in vita, abbracciandolo.
“Chibi, che hai?” gli chiese, posandogli poi una mano sulla fronte. “Ti vedo strano e giù di tono” affermò, guardandolo con fare curioso. “Mi dispiace per Kei, volevo mandarti un messaggio, ma continuava a controllare le mie mosse” spiegò, ma Yamada lo interruppe, incrociando le braccia al petto, offeso con il più grande, senza una ragione specifica.
“Non importa non sono arrabbiato, non potevi farci niente. Mi ha solo colto di sorpresa” ammise.
“E sei sicuro non ci sia altro?” chiese ancora Daiki.
“Sì… no” si corresse, stringendosi nelle spalle. “Ma non importa è una sciocchezza” sminuì.
“Se ti fa stare così non lo è… avanti dimmelo, non ti lascio andare altrimenti” gli disse Daiki, stringendolo maggiormente contro di sé.
“Niente, davvero, stavo solo pensando a una cosa” tergiversò ancora il più piccolo.
“Ryosuke” lo riprese Daiki.
Yamada si sforzò di sorridere e sollevò il capo per guardarlo, prendendogli le guance e baciandolo in modo veloce sulle labbra, cogliendolo di sorpresa, riuscendo a svicolare dalla sua presa.
“Vado a prendere Yuri. Mi mandi un messaggio quando avete fatto?” gli chiese, senza dargli tempo di rendersi conto di nulla.
“Ryosuke!” lo richiamò Daiki, sospirando poi e scuotendo il capo. “Non mi scappi, sappilo!” lo mise in guardia, puntandogli contro l’indice e Yamada sorrise, salutandolo con la mano, andando a casa di Yuri.
*
“Ryosuke? Cosa ci fai qui?” chiese Yuri, trovandosi l’altro davanti alla porta di casa.
“Ehi, Yuri!” lo salutò il più grande sorridendo. “Posso? Permesso!” si fece spazio in casa, togliendosi le scarpe. “Passavo di qui e mi sono detto che potevo controllare che ci fossi!” spiegò.
“Lo sai come passo il mio giorno libero, dove vuoi che me ne vada?” sottolineò Chinen, indicandogli il pigiama che indossava.
“Oh, quindi non esci?” continuò Yamada, andando a sedersi sul divano, osservando la televisione accesa e storcendo la bocca. “Che roba è?” chiese.
“Non lo so, l’ho appena accesa, mi sono svegliato da poco e cercavo qualcosa di interessante da guardare. Tu cosa ci fai da queste parti?” lo citò, dal momento che casa sua non era esattamente vicina a quel quartiere e per il centro sarebbe dovuto andare in tutt’altra direzione per raggiungerlo.
“Mh” Yamada si strinse nelle spalle e osservò l’altro sedersi al suo fianco.
“Avanti, cosa c’è?” lo spronò ad aprirsi Chinen.
“Niente!” negò Yamada, con il volto scuro.
“Sei impossibile!” Yuri sollevò gli occhi al cielo e continuò a fissarlo, tacendo per vedere chi dei due avrebbe ceduto prima e, come si aspettava, fu Ryosuke a parlargli di sua spontanea volontà, rovesciandogli addosso parole incomprensibili.
“Noi siamo amici, vero Yuri?” domandò.
“Sì…” rispose l’altro appena titubante, curioso di sapere dove sarebbe andato a parare con quella sua domanda.
“Ecco… e ti infastidirebbe sapere che ti nascondo le cose?”
“Mh, dipende da che cose sono. Se siamo amici e tu volessi parlarmi io ti ascolterei, ma se tu non volessi dirmelo…”
“E se noi stessimo insieme?”
“Prego?” Chinen sbarrò gli occhi, ma Yamada non si curò del suo stupore.
“Sì, insomma, se noi stessimo insieme e io per esempio uscissi con altre persone, che sono miei amici e dicessi a loro delle cose che però tu non sai, tu come ti sentiresti? Non saresti infastidito o geloso? O…”
“Ryosuke” lo fermò Yuri, posandogli una mano sulla spalla. “Io non ci sto capendo niente, davvero. Vorrei aiutarti ma…”
“Lascia stare, non importa!” negò Yamada alzandosi dal divano e sentendo il telefono vibrare.
“Come non importa? Mi hai appena riempito la testa di cose senza senso e…” non riuscì a finire di parlargli che Yamada sorrise, interrompendolo.
“Usciamo?”
“Cosa?” Yuri era sempre più confuso.
“Sì, dai, usciamo un po’, non puoi stare sempre in pigiama, dai dai!” lo spronò, prendendogli le mani e invitandolo ad andare a cambiarsi. “Io ti aspetto qui!” gli assicurò e Yuri non riuscì a stare dietro a quel suo strano sbalzo d’umore che dovette arrendersi.
“Torno subito!” gli disse, pensando che un po’ d’aria gli avrebbe fatto bene, non tanto a lui quanto a Ryosuke, sperando che magari sarebbe rinsavito un minimo.
*
“Allora, vuoi dirmi cos’era quel discorso di prima e dove stiamo andando?” chiese, non comprendendo quale fosse la meta che l’altro aveva deciso di raggiungere.
“Passeggiamo un po’ a caso, ogni tanto è bello no? Il senso del mistero, dell’avventura!” gli disse con fare teatrale e Yuri si fermò, prendendolo per un braccio, facendolo voltare verso di sé. “Sei sicuro di stare bene?” gli chiese ancora e Yamada annuì.
“Certo che sì!” assicurò. “Uh, vieni un attimo!” gli disse poi, tirandolo con sé nell’edificio dove sapeva che gli altri lo stavano aspettando e Yuri si trovò suo malgrado a doverlo seguire.
“Ryosuke, ma cosa fai? Non possiamo entrare qui, è proprietà…”
“Sorpresa!” un coro di voci e uno scoppio seguito da una cascata di stelle filanti interruppero Yuri, lasciandolo senza parole e alquanto spesato.
“Ma cosa…?” domandò, vedendo poi i suoi amici che gli sorridevano e battevano le mani per lui.
“Buon compleanno, Yuri!” Ryosuke gli mise le mani sulle spalle, guardandolo con fare divertito per l’espressione incredula che leggeva sul suo viso.
“Ma che avete combinato?” chiese il festeggiato, avanzando e andando a ringraziare personalmente i suoi amici che avevano organizzato per lui quella festa a sorpresa. “Voi siete tutti matti!” disse loro, leggermente imbarazzato nel vedere gli addobbi e come avevano allestito la sala in suo onore. “Grazie!” esclamò, inchinandosi appena e sorridendo grato.
“Quindi sei venuto a casa mia a comportarti come un pazzo per confondermi ancora di più?” chiese rivolto a Yamada, il quale si strinse nelle spalle.
“L’abbiamo mandato noi, per distrarti e poi portarti qui mentre preparavamo tutto!” spiegò Yabu, tendendo al più piccolo un cappellino a forma di cono.
“Lo devo mettere?” chiese questi, storcendo il naso e il più grande rise.
“Assolutamente sì!” annuì e Chinen dovette capitolare, indossando il suo cappello da festeggiato e divertendosi insieme agli altri.
E se la festa a sorpresa era stata un successo e tutti si stavano rilassando, ridendo e scherzando tra loro, per un giorno dimentichi dei doveri lavorativi, lo stesso non poteva dirsi di Yamada che dopo aver fatto gli auguri a Yuri e aver chiacchierato un po’ con Yuto e Keito, si era poi appartato senza che nessuno si accorgesse troppo della sua assenza.
Yamada osservava i suoi amici che si divertivano tra loro e anche se sapeva che in altre circostanze sarebbe stato uno dei primi a far con loro baldoria, non se la sentiva, non in quel frangente: era ancora disturbato da qualcosa e quel qualcosa non stava facendo niente per venirgli incontro. Daiki continuava a ignorarlo a comportarsi come se lui non esistesse, come se non fosse nessuno o non si accorgesse della sua assenza e la cosa non gli piaceva. Lo sapeva che non avrebbe dovuto prendersela tanto, ma era arrivato al punto che non gli importava più molto di quello che potevano pensare gli altri se avessero saputo la verità. Non potevano certo capire che avevano una relazione più intima solo se parlavano, no? E allora perché Daiki non andava da lui e non lo invitava a unirsi a loro? Perché lo lasciava in disparte? Lo stava odiano davvero tanto e odiava anche di più se stesso perché gli permetteva di farlo sentire in quel modo.
Si avvicinò al tavolo degli stuzzichini, impossessandosi della ciotola con gli arachidi e mangiandone in quantità, uno dopo l’altro, prima di versarsi da bere, per fare spazio ad altri snack.
“Stai annegando i tuoi dispiaceri nelle noccioline?” gli disse Arioka, vedendo l’altro prendere altra frutta secca e mandarla giù con disappunto.
“E se anche fosse? La cosa mi pare che non interessi a nessuno!” sbottò, prendendo un piatto e tagliandosi un pezzo di torta.
“Ma come fai a mischiare così dolce e salato?” domandò Daiki, non cogliendo la sua provocazione, divertito dal modo di fare del più piccolo.
Yamada se ne accorse e lo guardò con rimprovero: “Non prendermi in giro!” sbottò. “Io sono serio!” affermò.
Arioka rise e prese con due dita la punta del coltello che Yamada inconsciamente gli aveva rivolto contro, spostandolo da sé.
“Scusa…” disse il più piccolo che non si era accorto del suo movimento, riponendo la posata e prendendo la sua fetta, ma Daiki gli allontanò il piatto, volendo la sua attenzione.
“Che c’è?” chiese Yamada, facendo finta di niente e Daiki rise appena sottovoce, prendendolo per i fianchi, facendolo indietreggiare verso il muro.
“Lo sai che quando fai così mi viene voglia di baciarti?” lo provocò e Ryosuke non distolse da lui lo sguardo, ma facendo ancora il sostenuto.
“Non obbietti?” chiese il più grande.
“Dovrei obbiettare qualcosa?” parlò Yamada a mezza bocca.
“Non lo so” Arioka si strinse nelle spalle.
Yamada roteò gli occhi, esasperato, colpendogli una spalla: “Non ti sopporto quando fai così, Dai-chan!” ammise. “Perché ti diverti a confondermi?”
“Ma io non lo faccio Ryo!”
“Invece sì, mi tratti con freddezza, mi ignori come se solo standomi vicino chissà gli altri cosa potrebbero pensare. Non voglio certo che mi dichiari amore eterno davanti a tutti, ma ogni tanto potresti anche venire a parlare con me!” sbuffò.
“E non stiamo parlando adesso?” continuò Arioka, volendo che gli dicesse esattamente cosa lo tormentava, anche se ci stava volendo un bel po’.
“No, adesso stiamo litigando. E tu non stai facendo bene affinché io ti perdoni!”
“Aspetta, perché devo essere io a farmi perdonare?” domandò il più grande.
“Perché io non ho fatto niente. Io non faccio mai niente Dai-chan! Sei tu che non mi racconti nulla, che vai a fare le feste con i tuoi amici e io resto a casa da solo. Passano più tempo loro con te che non io!” buttò tutto fuori, abbassando poi lo sguardo e Arioka sorrise.
Poggiò le braccia contro il muro, imprigionando il più piccolo contro di sé e lasciandogli scivolare poi le mani sui fianchi.
“Ryosuke…” lo chiamò.
“Cosa?”
“Guardami…”
“No, voglio altri arachidi, voglio sparire dentro quella ciotola!” disse, cercando di sfuggirgli e Daiki scoppiò a ridere in modo molto rumoroso che nemmeno la musica di sottofondo era riuscita a coprire, facendo voltare tutti dalla loro parte.
“Daiki…” Ryosuke gli colpì il braccio, ammonendolo. “Smettila, guarda che hai combinato. Spostati!” cercò di spingerlo via da sé.
“No…” si oppose Arioka. “Non era quello che volevi?” gli chiese, sorridendogli quando Yamada lo guardò sorpreso. “Non volevi dirgli di noi?” domandò, facendo in modo che si avvicinasse a sé.
“Io no… sì cioè, ma non era così che…” inciampò nelle parole, vedendo l’altro avvicinarsi a lui pericolosamente. “Cosa stai facendo?” gli chiese, ormai in preda al panico.
“Secondo te? Quello che avrei dovuto fare molto tempo fa, senza ascoltarti quando mi hai detto di tenere questa cosa per noi. Io non mi vergogno di te o di quello che provo, per cui non ho più intenzione di fingere, Ryosuke” gli disse e Yamada lo guardò spalancando gli occhi. Era la prima volta che Daiki gli parlava in quel modo e Yamada si scoprì felice, il cuore quasi gli esplose per il piacere che provò nel sentire il fidanzato esporsi in quel modo che quando sentì le labbra di Arioka posarsi sulle proprie, vi si abbandonò completamente, chiudendo gli occhi e ricambiando il bacio, posandogli una mano contro la guancia, nascondendo quel loro gesto agli sguardi indiscreti dei loro amici i quali, capeggiati da Hikaru, si unirono in un coro scherzoso di schiamazzi.
Ryosuke sentì Daiki stringerlo forte contro di sé, esigendo un contatto maggiore con la sua bocca, assaporandolo completamente in quel bacio tanto che quando si separarono, entrambi erano a corto di fiato. Ryosuke, con il volto arrossato per l’imbarazzo, guardò Daiki sorridendo appena con fare vergognoso.
“Mi dispiace” mormorò.
“E di cosa?” chiese Arioka.
“Di averti costretto a baciarmi davanti a tutti” spiegò.
“Non mi hai costretto” assicurò Daiki e gli sorrise. “Mi hai solo dato la giusta motivazione e poi l’ho fatto più per me che per te” sorrise in modo malizioso, sfiorandogli la guancia con le dita. “Perché adesso non ho più scuse e niente mi tratterrà più, quando ne ho voglia, dal baciarti senza preoccuparmi di niente e di nessuno. A partire da adesso” affermò, sorridendogli, chinandosi a baciarlo di nuovo.