[Hikanoo-Ariyama] Let's make tomorrow a brighter and better day (07/10)

Dec 08, 2013 18:37

Titolo: Let’s make tomorrow a brighter and better day [Be the light - One Ok Rock-]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yaotome Hikaru, Inoo Kei, Arioka Daiki, Yamada Ryosuke
Pairing: slight!Dainoo, Hikanoo, Ariyama
Rating/Genere: PG/romantico, malinconico, fluff
Warning: slash
Wordcount 21.611 fiumidiparole
Note: la storia è scritta per la 500themes_ita con i prompt ‘Cautela tradita’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: 500themes_ita

Kei era nervoso, continuava a cambiare posizione delle gambe ogni secondo, prima le accavallava, poi le intrecciava sotto la sedia, univa i piedi, muoveva il ginocchio con impazienza e così facendo attirava su di sé gli sguardi delle persone che come lui attendevano in sala.
“Scusi” disse poi rivolto alla ragazza che aveva seduta di fianco e questa gli sorrise.
Guardò l’orologio, ponderando se non fosse il caso di lasciar perdere e tornarsene a casa o continuare ad aspettare: quando si era presentato all’accettazione e aveva chiesto all’infermiera se Hikaru fosse di turno aveva quasi sperato che gli dicesse di no. Invece la donna gli aveva sorriso annuendo e Kei aveva preso quello come un segno del destino. Non che fosse particolarmente influenzabile a riguardo, ma era come se cercasse una sorta di giustificazione, di qualcosa che lo tranquillizzasse sul fatto che stava facendo la cosa giusta.
Se non l’avesse trovato, allora si sarebbe convinto che non era una cosa corretta quella che stava facendo e sarebbe tornato da dove era venuto: invece Hiakaru era lì, dietro quella porta e da quanto gli avevano detto allo sportello, in meno di mezz’ora avrebbe finito il proprio turno e avrebbe potuto riceverlo.
E quindi Kei si era seduto e aveva pazientemente atteso.
Quando la porta dell’ambulatorio si aprì per l’ennesima volta e Kei sollevò lo sguardo, vide Hikaru, senza camice e con la borsa a tracolla, uscire dallo studio, permettendo a un collega di sostituirlo.
“Otsukaresama deshita.”
“Otsukare!”
Inoo alzò di scatto la testa e altrettanto velocemente si mise in piedi, attirando nuovamente su di sé tutti gli sguardi, compreso quello di Yaotome che da spaesato divenne più brillante.
Kei si chinò leggermente verso di lui per salutarlo, avvicinandosi.
“Buon pomeriggio, Hikaru-sensei!” lo salutò con un sorriso che Hikaru ricambiò ampiamente.
“Kei! Che sorpresa! Che ci fai qui? Stai di nuovo male? Perché non ti hanno fatto passare?” chiese il medico, cercando con lo sguardo un’infermiera, ma Inoo si affrettò a spiegare.
“No, no, assolutamente. Sto benissimo, io ecco in realtà sono venuto in visita di cortesia, ho portato questi!” disse, sollevando le braccia e l’involto che aveva messo in una busta. “Li ho fatti io, sono dei biscotti con delle gocce di cioccolato, ho pensato di portartene qualcuno. Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per me, per avermi assistito e curato e… lo so che sembra una cosa stupida!” disse con un leggero imbarazzo, ma Hikaru rise, prendendogli il polso con una mano e con l’altra i manici del sacchetto.
“Invece non penso lo sia, Kei, anzi, ti ringrazio molto hai avuto un pensiero gentile. Avevo proprio fame! Grazie!” gli disse, levandolo d’impiccio e Inoo sorrise.
“Sono contento!” annuì, tergiversando un istante, prima di togliere il disturbo, aveva consegnato quello che doveva, l’aveva visto come desiderava, non aveva alcun motivo per continuare a stare lì, a guardarsi e sorridersi, impedendo a Hikaru di andare a casa a riposarsi dopo il lavoro.
“Beh, allora, io posso anche andare. Anche tu sarai stanco, penso, quindi… ci vediamo” gli disse, sollevando una mano e muovendo appena un passo indietro, quando Yaotome lo fermò.
“Kei?”
“Dimmi!” rispose di fretta il più grande, serrando poi le labbra, cercando di non apparire né troppo inutilmente entusiasta, né altrettanto speranzoso.
“Senti, io non sono poi così stanco, se ti va, possiamo mangiare insieme questi biscotti. Non abito molto lontano da qui e se non lo trovi sfacciato da parte mia, potrei invitarti una tazza di te” buttò lì e Kei dovette trattenersi dall’impulso di annuire vigorosamente con la testa.
“Va bene!” rispose. “Cioè, sì, mi piacerebbe, non è poco professionale, vero? Insomma, non c’entra niente che io sia un tuo paziente o cose del genere?” si volle assicurare e Hikaru rise di gusto, tranquillizzandolo.
“No, non penso ci siano problemi” assicurò il medico. “Andiamo?” lo esortò poi e il più grande annuì.
Fecero appena pochi isolati a piedi prima di arrivare di fronte all’appartamento del giovane medico.
“È davvero vicinissima!” esclamò Kei, sorpreso.
“Te l’avevo detto, ma nonostante questo, Ryosuke riesce ad arrivare in ritardo alle volte!” scherzò.
“Oh, dai non essere cattivo, Hikka!” lo riprese Inoo, ridendo e pronunciando quel diminutivo con assoluta naturalezza. “Ah!” esclamò, rendendosi conto di quello che aveva detto, mostrandosi appena imbarazzato e Hikaru scosse il capo.
“Vieni” lo accolse in casa, facendolo passare per primo.
“Permesso!” l’altro entrò, togliendosi le scarpe e voltandosi a guardare il medico: “A proposito, Ryosuke?” chiese. “Non vorrei disturbarlo se è in casa!” si preoccupò.
“Figurati” lo rassicurò Hikaru. “Oggi ha il giorno libero ed è andato a trovare i suoi, tornerà questa sera per cena, mi ha detto. Ma anche nel caso ci fosse stato, sono certo che avrebbe avuto piacere a vederti!”
“Dici?”
“Ovvio, perché?” Hikaru si stupì della sorpresa del più grande alla sua affermazione.
“Non lo so” spiegò Kei, seguendo Hikaru in cucina, osservandolo muoversi tra mensole e fornelli, mettendo a bollire un po’ d’acqua sul fuoco. “Ho provato a scrivergli quando sono stato dimesso. Avrei voluto salutarlo prima di lasciare l’ospedale, ma mi hanno detto che stava facendo dei giri di controllo e non ho voluto disturbarlo!”
“Ah sì, ricordo…” annuì Hikaru, prendendo una scatola di latta, facendo scegliere all’altro il gusto di infuso che preferiva.
“Ci siamo scambiati i numeri e ho provato a scrivergli, ma non mi ha mai risposto” affermò Kei, decidendo per un filtro di tè verde e anche Hikaru prese il medesimo gusto.
“Davvero?” Hikaru lo guardò sorpreso, preparanzo le tazze. “Non mi ha detto nulla” mormorò con fare pensieroso, spegnendo il fuoco sotto al bollitore, versando l’acqua nelle tazze.
“Grazie!” annuì Kei sorridendogli.
“Però, in effetti, ora che mi ci fai pensare, da qualche giorno lo trovo strano. Magari è solo dispiaciuto perché non vi potete più vedere e si vergogna!” provò Hikaru, cercando di risollevare a quel modo il morale di Inoo.
“Forse hai ragione, magari potrei portare anche a lui dei dolcetti, così magari gli torna il sorriso!” si ingegnò.
“Ottima idea, a Ryo piacciono queste cose!”
“Mantieni il segreto però. Voglio fargli una sorpresa. Cosa mi consigli?” si informò, dolcificando con un po’ di miele.
“Ah, gli piace di tutto, ma se vuoi davvero andare sul sicuro, un dolce con le fragole, qualsiasi cosa, una crostata, delle tortine, quello che ti pare, lui ne va matto!” affermò con sicurezza e Kei appuntò mentalmente la dritta. “Tu invece, come stai?” gli chiese, prendendo un sorso della miscela.
Kei posò le mani sulla tazza e sorrise in modo malinconico.
“Se ti preoccupi come medico, bene, non ho più avuto alcun mancamento e nonostante i nuovi ritmi di lavoro mi sento in forma, forse adesso che almeno non ho più questo pensiero, mi prendo un po’ più cura di me. Devo essere in forze e non salto un pasto, anzi, ci sono fin troppe uscite fra colleghi in cui la compagnia piacevole mi porta a essere molto più rilassato e a mangiare tanto!” spiegò con un sorriso entusiasta.
“Sono contento! Quindi i tuoi sforzi e la tua pazienza sono stati premiati!”
“Sì e sono veramente felice, mi piace questo lavoro!”
Hikaru lo vide sinceramente felice e lo fu a sua volta.
“E se invece mi preoccupassi per te come amico?” azzardò, guardandolo da sotto in su.
Kei sorrise ancora, poggiandosi con le spalle alla sedia, allungando le braccia sul tavolo.
“Se me lo chiedi come amico” ripeté. “Ti direi che è ancora tutto esattamente fermo al solito punto.”
“Non ne avete parlato?” azzardò Yaotome e Kei scosse la testa.
“Non penso che, anche se lo facessimo, le cose si aggiusterebbero.”
“Beh, ma almeno metteresti un punto fermo. E, non lo so, non pensi che saresti meglio poi? Lo so che non dovrei impicciarmi, ma come amico” sottolineò, “mi sento di dirti che secondo me sbagliate entrambi. La paura che tutto finisca spaventa, questo sì, lo capisco, ma non è ormai già tutto finito? In questo modo siete legati a qualcosa di vecchio e triste, vi precludete di essere felici, di nuovo. Da soli o accanto a qualcun altro, non importa, solo andando avanti lo potrete capire, ma a mio parere non serve a niente continuare a portarsi dietro i brandelli di un rapporto ormai consumato e che non vi dà nulla, privandovi addirittura di quel poco che vi rimane” parlò, in modo fin troppo coinvolto che Kei ne rimase sorpreso, non sapeva se quello che Hikaru aveva detto era stato per esperienza diretta o fosse un’astratta riflessione, ma sapeva che aveva ragione.
E soprattutto, sapeva che almeno con se stesso, Kei non poteva più fingere.
Vide Hikaru sorridere e imbarazzarsi appena, ridacchiando.
“Scusami, ho parlato troppo, forse non mi sarei dovuto permettere…” esordì Yaotome e Kei si alzò dalla sedia, si avvicinò al medico, stringendo il pomello della sedia sulla quale l’altro era seduto e quando l’altro sollevò la testa per parlargli ancora, si chinò quel tanto che bastava per posare le labbra sulle sue.
Hikaru rimase un solo istante con gli occhi aperti, il tempo di rendersi conto di quello che stava accadendo e abbassando poi le palpebre, ricambiando il bacio.
Kei schiuse la bocca, permettendo a Hikaru di muovere la lingua verso la sua, accarezzarla, giocarci insieme, assaporandolo completamente.
Il medico allungò le braccia, posandogli le mani sui fianchi, tirandosi in piedi, avvicinando i loro corpi, stringendolo completamente.
Quando si separarono, dopo minuti che a entrambi parvero infiniti, non si allontanarono l’uno dall’altro, Hikaru lo continuò a tenere stretto a sé, tenendo le fronti una contro l’altra, sospirando piano, percependo il sorriso disegnato sulle labbra del più grande.
“Hai sorriso” commentò Hikaru, aprendo di nuovo gli occhi, sfiorandogli una guancia con le dita.
Kei non riuscì a smettere, stringendogli la maglietta sui fianchi, dondolando appena.
“Qualcuno mi ha detto che sono più bello se lo faccio” mormorò piano Inoo.
“E aveva ragione” commentò Hikaru, guardandolo in viso, passandogli il pollice sul contorno labbra.
“Ed era anche da un sacco di tempo che non avevo alcun motivo per farlo. Credevo di aver dimenticato come si fa” ammise, scostando indietro la testa, guardando Hikaru negli occhi e l’altro non faticò a credergli.
“Ti prometto che non permetterò che tu lo perda di nuovo” affermò il medico e Kei annuì.
Sollevò le braccia, circondando il collo di Hikaru, stringendosi a lui: ci aveva provato, aveva provato a non dare retta a quella bassa vocina che proveniva dal profondo del suo cuore fin dalla prima volta che aveva incontrato il medico, eppure aveva ceduto, aveva fatto talmente tanto silenzio che quel fievole mormorio era diventato un urlo, cedendo al richiamo di quei sentimenti che a lungo erano rimasti sopiti dentro di lui.
Ogni cautela era stata tradita e in quel momento non c’era niente che a Kei importasse di più di sentire le braccia di Hikaru stringersi a lui e sentire il sapore delle sue labbra contro le proprie.

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