[Ariyama] Doko ni itemo kimi wo koko ni kanjiteru 2/2

Jun 09, 2013 11:51

Doko ni itemo lomi wo koko ni kanjiteru Part 01

“Ryosuke, vai a chiamare tuo fratello, per favore?” chiese la madre al figlio che stava facendo colazione.
“Mamma, ora non ho tempo, Yuto sta per passare a prendermi.”
La donna lo guardò stranita e stava per obbiettare qualcosa quando il figlio minore la precedette.
“Mamma, è grande abbastanza da svegliarsi senza che ci sia qualcuno a farlo per lui, io non sono la sua balia!” rispose in modo irrispettoso, tanto che il padre alzò lo sguardo dal giornale che stava leggendo per riprendere il comportamento del figlio, interrotto però dalla porta della cucina che si apriva.
“Buongiorno…”
Un assonnato Daiki fece il suo ingresso, coprendo uno sbadiglio con la mano.
“Buongiorno, tesoro” lo salutò la donna, servendogli la colazione e, quando il fratello prese posto accanto a lui per mangiare, Ryosuke si alzò da tavola, ringraziando per il cibo e augurando alla famiglia una buona giornata.
Rimasti da soli, moglie e marito si guardarono, poi la donna parlò al figlio più grande.
“Dai-chan, non sarà ora di fare pace, voi due?” gli chiese, ragionevole. “Cosa è successo?” domandò, ma come sempre Daiki, come anche Ryosuke faceva sempre quando poneva a lui il medesimo quesito, si strinse nelle spalle, evitando di risponderle, continuando a mangiare la sua colazione, finendola velocemente e uscendo anche lui di casa.
Una volta chiusosi il cancello alle spalle, Daiki sospirò, salendo sulla bicicletta e pedalando verso la scuola; era in discreto anticipo e se la prese abbastanza comoda, allungando un po’ il tragitto, passando per il parco, suonando il campanello quando vide una sagoma di spalle, riconoscendone la figura.
Inoo Kei si voltò verso di lui, sorridendogli quando si accorse chi era e facendogli un cenno con la mano.
“Dai-chan, buongiorno!” gli augurò.
Il più piccolo gli sorrise, facendo un lieve movimento con la testa, suggerendogli di salire dietro di lui sulla bici.
“Vuoi un passaggio?” si offrì.
Kei annuì e, posata la cartella nel cestino, prese posto sul portapacchi, sedendosi con entrambe le gambe rivolte dallo stesso lato, stringendo Daiki per la vita. Quest’ultimo sorrise, preparandosi a rimettersi in marcia.
“Mi fai ridere, Kei-chan, ti siedi come le ragazze!” lo prese in giro, ma l’altro si strinse nelle spalle.
“Lo trovo più comodo!” affermò Kei, posando la testa contro la schiena di Daiki, socchiudendo gli occhi.
Il compagno di classe scosse il capo, raccomandandosi di tenersi forte, iniziando a pedalare verso la scuola. Quando arrivarono pressappoco davanti al cancello d’entrata, Daiki rallentò, notando che anche il fratello stesse in quello stesso istante varcandone l’ingresso; si fermò, posando un piede per terra, sentendolo parlare e ridere insieme ad altri due ragazzi, Yuto e Yuri, suoi compagni di classe: era da tanto che Daiki non lo vedeva con quell’espressione ridente in viso, a casa non lo guardava mai negli occhi e quando si ritrovavano riuniti a cena, Ryosuke aveva sempre lo sguardo basso e diceva poche parole anche con i genitori.
Gli mancava, gli mancava il suo fratellino.
Gli mancava enormemente il suo Ryosuke, il fratello di cui si era innamorato.
“Dai-chan?” si sentì chiamare da Inoo.
Daiki si volse e lo guardò a sua volta, cercando di sorridere: per un istante, fu tentato di chiedergli di scendere, di precederlo nel cortile, per evitare che gli insegnanti li rimproverassero se li avessero visti circolare in due sulla bicicletta, ma non lo fece.
“Scusami, andiamo!” mormorò, premendo di nuovo sui pedali e passando di proposito davanti al terzetto, sorpassandolo, sentendo Kei rivolgere ai kohai un saluto allegro.
Sentì Nakajima e Chinen rispondere gentilmente, tranne Ryosuke e Daiki dovette fare forza su se stesso per non voltarsi a guardarlo: doveva continuare a portare avanti quella sceneggiata, lo faceva per il bene di Ryosuke; poco importava se lui avrebbe continuato a soffrire, presto l’altro si sarebbe dimenticato di quanto era successo tra loro, con l’aiuto di altre persone avrebbe superato il momento e si sarebbe innamorato di qualcun altro, qualcuno che avrebbe saputo farlo davvero felice.
Fermò la bici quando raggiunse la rastrelliera e attese che Kei scendesse, prima di smontare a sua volta e mettere la catena. Tese la cartella all’amico e questi gli si avvicinò, mormorandogli qualcosa all’orecchio, guardando i tre ragazzi muoversi in loro direzione.
“Yuuyan mi ha detto che sta uscendo con Chinen!” mormorò con espressione ridente nello sguardo.
Daiki lo guardò chinando leggermente il capo.
“Chi?”
Kei fece un musetto indispettito.
“Dai-chan!” gli colpì la spalla con una mano, con fare sdegnato. “Yuya! Il mio amico del corso D!” gli ricordò e quando Daiki comprese di chi stesse parlando, aprì la bocca con fare interessato, prendendo la propria cartella, poggiandosela su una spalla, reggendola con una mano.
“Davvero?” gli chiese curioso.
“Sì! Ma scusa, non lo sapevi?” domandò Inoo, chinando ora lui di lato il capo, scrutando l’altro confuso quando questi scosse la testa. “Pensavo che Ryo-chan te l’avesse detto! Lui e Chinen sono amici! Pare che sia stato tuo fratello a spronare Chinen a insistere con Yuuyan” gli spiegò. “Scusa, non parlate mai voi due? Eppure mi sembrava che foste molto uniti!” chiacchierò, incurante dei pensieri di Daiki. “Non è per spettegolare, certo, però…” scosse il capo, sollevando poi le spalle. “Beh, ora lo sai! Sono contento, comunque, Yuu-chan è davvero felice adesso!” commentò, battendo le mani tra loro.
Daiki vide i tre ragazzi farsi sempre più vicini e iniziò a camminare con Inoo verso la scuola, in modo da precedere il terzetto, senza riuscire a impedirsi di guardare con la coda dell’occhio il fratello che, sebbene fingesse bene di stare ad ascoltare quello che Yuto gli stava dicendo, era molto più attento alle sue di mosse. I loro occhi si incrociarono per un istante, ma Daiki fu veloce a dissimulare.
“Tu non hai qualcuno che ti piace, Dai-chan?” sentì chiedergli da Inoo, il quale aveva continuato a discorrere da solo e Daiki ne approfittò nuovamente: mise un braccio sulle spalle del più grande, attirandolo a sé, facendo scontrare le loro fronti, sorridendo quando rispose con tono di voce non troppo alto, ma abbastanza da essere udito da orecchie attente.
“Kei-chan, dovresti saperlo che a me piaci solo tu!” ridacchiò, stringendolo ed entrando insieme nell’edificio.
“Eh?” Chinen, che aveva a sua volta captato il discorso che i due stavano facendo, si fermò, rivolgendosi a Ryosuke il quale era rimasto indietro rispetto ai due amici. “Ryo-chan, tuo fratello e Inoo-kun stanno insieme?” gli chiese il più piccolo.
Yuto guardò anche lui Ryosuke che scosse il capo, sbattendo un paio di volte le palpebre.
“Non… non lo so” disse piano, sentiva il cuore battergli forte nel petto e faceva davvero male.
“Yuuyan mi ha detto che vedeva Kei più su di giri ultimamente, forse è per questo. Devo dirglielo!” scherzò, riprendendo a camminare.
Ryosuke non sapeva che pensare, non voleva rispondere a quelle domande, non le voleva sentire e non voleva conoscerne le risposte.
“Ryo?”
La voce preoccupata di Yuto lo riscosse dai propri pensieri e portò lo sguardo su di lui, abbozzando un sorriso.
“Scusami, Yuto-kun, andiamo o faremo tardi!” cercò di riprendersi, accelerando il passo, raggiungendo Chinen, dandogli una pacca sulla spalla prima di sorpassarlo e venire rincorso a sua volta.

*

“Avete preso tutto?”
“Sì, mamma!”
“Non volete che papà vi accompagni almeno alla fermata?” domandò per l’ennesima volta e
Daiki rise dell’apprensione della donna, sistemandosi meglio lo zaino sulle spalle.
“Ryo, tu?” si rivolse al figlio più piccolo, guardandolo affettuosamente.
“Ho messo tutto quello che mi serve, mamma, saremo di ritorno tra tre giorni e non è la prima volta che prendiamo un autobus, non ti preoccupare!” le ricordò, cercando di non essere scortese, nonostante si sentisse particolarmente nervoso.
Stavano uscendo di casa molto presto quella mattina, dovevano attendere alla fermata il pullman che sarebbe passato a prenderli, per portarli a Kanagawa, meta che era stata scelta per la gita scolastica, più precisamente nella località balneare di Kamakura.
“State attenti e divertitevi!” li salutò la donna, vedendoli andare via.
Il tragitto che i due fratelli fecero insieme era stato caratterizzato dal silenzio più totale, Ryosuke camminava a passo svelto, avanti a Daiki e il fratello si limitava a osservarlo in silenzio; nessuno dei due aveva intenzione di rivolgere all’altro la parola, l’uno perché ancora offeso e l’altro perché credeva di non essere abbastanza sicuro di sé da non dire qualcosa che avrebbe potuto complicare ulteriormente le cose tra loro.
“Ryo-chan!”
Una voce nota chiamò il nome del compagno il quale sollevò lo sguardo vedendo Yuri dall’altra parte del marciapiede, davanti alla fermata dell’autobus, in compagnia di altre due persone.
“Yuri, cosa ci fai qui?” gli chiese, stranito che l’altro fosse in quel quartiere, visto che il suo era da tutt’altra parte e mancava ancora diversa strada da fare prima di raggiungere la scuola. Guardò e accennò un saluto con il capo al ragazzo alto accanto a Chinen, ignorando la terza presenza al suo fianco che era Inoo Kei, il quale, dopo averlo comunque salutato, si era messo a chiacchierare con Daiki.
Yuri chinò il capo, sorridendo un po’ a disagio, indicando all’amico il ragazzo più alto, eludendo la sua domanda.
“Ryo, lui è Takaki Yuya!” li presentò ufficialmente.
Ryosuke si avvicinò, stringendogli la mano e accennando un sorriso.
“Sì, ci siamo già visti a scuola qualche volta. Piacere, per favore, prenditi cura di Yuri!” gli disse in tono scherzosamente solenne, guadagnandosi una spinta da parte dell’amico.
“Non starlo a sentire!” si affrettò a dire al più grande, il quale lo guardò divertito.
“Oh, non devo prendermi cura di te?” domandò Takaki, ironico e Yuri gli colpì il braccio, scivolando con la mano verso il palmo del più grande, stringendogliela.
Ryosuke li osservò, notando la complicità che avevano acquisito e si intristì leggermente, provando una punta di gelosia.
“Che bello che ci siamo incontrati qui, così possiamo andare tutti insieme!” esclamò Inoo, felice. “Yuuyan però deve rimanere a casa, la sua classe non ha aderito al progetto scolastico” spiegò, guardando Daiki.
“Grazie per avermelo ricordato, Kei” lo rimproverò il più grande, dandogli un buffetto sulla testa.
“Lui è qui solo per accompagnare Chii-chan, l’ha ospitato da lui stanotte perché così avrebbe fatto meno strada!”
“Kei!” lo ripresero in coro i diretti interessati e l’altro mosse una mano per aria. “Oh, andiamo, tanto l’avevano capito tutti! Oh, ecco il bus!” cambiò argomento, sollevando una mano per fare cenno all’autista di fermarsi.
“Ciao, ciao, Yuuyan, ti porterò un souvenir!” gli disse, mimando un bacio, soffiando poi sul palmo della propria mano e salendo sul mezzo.
Daiki salì dietro di lui e quando anche Ryosuke fece per imitarli, con la coda dell’occhio non poté fare a meno di notare l’amico che, tesosi sulle punte dei piedi, aveva salutato Yuya con un veloce bacio sulle labbra mentre l’altro l’aveva tenuto appena per la vita raccomandandogli di fare attenzione. Chinen aveva annuito e Ryosuke si era affrettato a salire, prendendo posto accanto a Yuto che era già sul bus e gli aveva tenuto il posto libero accanto a sé.
Ryosuke sistemò lo zaino sopra la propria testa, nello scomparto disponibile, soffermandosi per alcuni istanti a guardare il fratello e Inoo che parlavano con alcuni loro compagni di classe.
“Ryo-chan, tutto bene?” lo distrasse Yuto e il più grande scosse il capo, cercando di sorridere, sedendosi accanto a lui e voltandosi per guardare Chinen seduto dietro di loro e affacciatosi nei sedili avanti per chiacchierare.

*

“Ryo-chan?”
Yuto aveva sollevato lo sguardo dalla rivista che stava leggendo, rivolgendosi a Ryosuke, steso nella parte superiore del letto a castello che condivideva con Chinen.
“Mh?”
“Ti va di fare una passeggiata sulla spiaggia?” gli domandò Yuto, mettendosi a sedere, vedendo l’altro pensarci un poco su prima di annuire piano e scendere con un balzo, scrivendo qualche riga in un foglio.
“Chinen non tornerà tanto presto, doveva chiamare Yuya, ma è meglio che gli lasci un appunto, nel caso rientri prima di noi” spiegò il più grande, guardando l’altro e sorridendogli.
Lasciarono comunque accese le luci della casetta di legno e si avviarono alla spiaggia; non parlarono molto, Ryosuke non aveva granché voglia di fare conversazione, perso nei suoi pensieri, mentre ascoltava l’infrangersi lento delle onde sugli scogli vicini alla riva.
“Si sta bene qui!” commentò Yuto, affiancandolo quando l’altro si avvicinò al bagnasciuga, lasciando che si bagnasse i piedi.
“Mh!” annuì il compagno di classe, senza guardarlo, sempre con quell’espressione assente.
Yuto lo scrutò qualche attimo, lasciando che lo distanziasse un po’, prima di richiamare la sua attenzione.
“Ryosuke?” mormorò abbastanza forte da fare in modo che l’altro lo sentisse.
“Mh?” gli ripeté ancora, senza fermarsi, ma dovendo farlo quando non sentì la presenza del più piccolo di fianco a sé; si volse, per vedere dove fosse, trovandolo poco distante da lui, pochi passi indietro.
Yuto gli sorrise, stringendosi nelle spalle, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni, a disagio.
“Scusami” disse Ryosuke, scuotendo la testa, tornando verso di lui, sorridendogli con un po’ più di convinzione. “Non sono di molta compagnia, perdonami!” si scusò ancora.
“L’ho notato, per questo ti ho chiesto di fare due passi insieme. Cos’hai, Ryo?” gli domandò.
“Niente!” rispose l’altro, troppo velocemente perché Yuto se la bevesse.
“Se non vuoi parlarmene, va bene, ma sono il tuo migliore amico, sai che puoi contare sempre su di me. Posso capire che non abbia voglia di parlarmene, ma almeno non fingere” gli chiese e Ryosuke gli fu grato per quelle parole.
Gli prese le mani, stringendole affettuosamente e cercando di apparire più tranquillo e rilassato, per non farlo ulteriormente preoccupare.
“È tutto apposto, Yutti, assicurò!”
L’altro lo fissò, ma non era tanto convinto; gli strinse maggiormente le mani quando Ryosuke tentò di scostarsi e lo attirò a sé, facendolo avanzare di un passo.
“Ryo” lo chiamò di nuovo, con tono serio e un’espressione del volto grave. “Ryo, c’è una cosa che devo dirti…” esordì.
Ryosuke lo guardò chinando appena il capo e restando in ascolto.
“Ecco… io ci ho pensato bene, volevo aspettare che tu tornassi quello di sempre, ma… io sono innamorato di te” confessò, vedendo Ryosuke assumere un’espressione sorpresa.
“Come?”
Yuto gli strinse ancora le dita, avanzando lui stavolta.
“Mi piaci, Ryo. Mi piaci da un anno e mezzo ormai e… aspettavo sempre il momento giusto per dirtelo, ma quel momento sembrava non essere mai opportuno e… ecco, vorrei che sapessi che ci sono, che ci sono come amico e… e come qualcosa di più se me lo permetterai, per cui se qualche problema ti impensierisce, parlamene, Ryo. Io ci sono” confessò in modo quasi formale.
“Io ecco…” Ryosuke cercò di articolare un discorso, ma non vi riuscì. La dichiarazione di Nakajima l’aveva sorpreso, non aveva idea che l’amico provasse per lui quel genere di sentimenti, l’aveva sempre visto solo come un amico, un buon amico, ma nulla di più. E in quel periodo in cui era stato assorbito dai suoi problemi con Daiki non aveva avvertito i segnali che l’avrebbero dovuto avvisare che Yuto stava cambiando e intendeva confessarsi a lui.
“Non devi rispondermi niente adesso, se non vuoi… io volevo solo che lo sapessi. Sai, ho pensato a Chinen e a quello che gli hai detto su Yuya, che non doveva scoraggiarsi, ma fargli sapere quello che provava, che non doveva arrendersi senza tentare e io ho provato” concluse, guardandolo dritto negli occhi, lasciandogli andare una mano e portandola al suo volto, accarezzandogli una guancia.
Ryosuke fu colto alla sprovvista da quel gesto e si scostò un attimo, prima di lasciarsi vezzeggiare; il tocco della mano di Yuto era gentile e caldo, come calde erano le labbra che si erano poggiate sulle sue e ora premevano per avere qualcosa di più.
“Scusami” si scostò Yuto, guardando l’altro stranito e Ryosuke si ritrovò a scuotere il capo, tranquillizzandolo; non era stato spiacevole quel bacio e anche se non era Yuto la persona di cui Ryosuke era innamorato e che voleva al suo fianco, quella confessione gli aveva fatto piacere, facendogli battere più forte il cuore, risanandolo in qualche modo, dopo la ferita infertagli dal tradimento e dall’abbandono di Daiki.
Si sporse allora a sua volta verso il compagno, tendendosi appena per raggiungere le sue labbra, sentendosi stringere dalle braccia di Yuto che lo attirò a sé per baciarlo con più trasporto, spingendolo a indietreggiare.
Ryosuke si abbandonò a quelle sensazioni, assecondandolo quando Yuto risollevò le mani sulle sue spalle, chiedendogli di sedersi sulla sabbia e poi di stendersi, permettendogli di salire su di lui; ma quando le labbra di Nakajima scivolarono sul suo collo e le mani tentarono di infilarsi sotto la maglietta, Ryosuke si irrigidì.
“Yuto…” lo chiamò con un leggero affanno, non dovuto però all’eccitazione, bensì a un senso di disagio. “Yuto, fermati, per favore. Andiamoci piano” gli chiese, cercando di scostarlo da sé.
“Perché?” mormorò il più piccolo, staccando un istante la bocca dalla sua pelle e guardandolo, tornando a baciarlo sulla bocca, ma Ryosuke si allontanò, volgendo il viso di lato, per impedirgli di continuare. “Devi solo rilassarti, Ryo-chan, vedrai che poi tutte le cose brutte spariranno e le cose andranno meglio, perché adesso ci sono io con te. Ti prometto che andrà tutto bene!” continuò, posandogli le mani sulle spalle per tenerlo fermo e farsi ascoltare.
“No, lasciami, non voglio… è… Yuto!” lo chiamò, cercando di risollevarsi, ma l’altro si era sistemato cavalcioni su di lui e gli impediva qualsiasi fuga.
“Mi hai baciato, Ryo-chan, non dirmi che non ti è piaciuto!” lo riprese e Ryosuke scosse il capo.
“Non… non è così che si fa, Yuto, per favore, io… io non sono innamorato di te!” gli disse, posandogli le mani sul petto, riuscendo per un istante a fermarlo.
L’altro lo guardò con fare quasi sconvolto, stringendogli le braccia.
“Cosa vorrebbe dire? Perché mi hai baciato allora?” chiese.
“Io… io… sei mio amico e… ero lusingato dalla tua dichiarazione, ma è troppo presto!” gli disse, cercando di farlo ragionare, sperando che capisse.
Ma l’altro non era dello stesso avviso, anzi, sembrava decisamente fin troppo preso e non aveva intenzione di farsi scaricare a quel modo.
“Beh, mi dispiace per i tuoi tempi così lenti, ma io ormai non posso aspettare!” gli disse, tornando di nuovo a chinarsi su di lui e Ryosuke si spaventò ancora di più, perché non riconosceva più il suo amico e non riusciva a trovare una via di scampo a quella situazione: Yuto era troppo forte e in una posizione di vantaggio. Anche se scalciava e cercava di allontanarlo con le braccia, sfuggendo ai suoi baci e urlando per chiamare aiuto, sembrava essere perduto.
“Smettila! Yuto, finiscila, per favore! Aiuto. Aiuto!” gridò. “Daiki…” mormorò, ansimando, sentendosi sull’orlo delle lacrime per la propria impotenza. “Dai-chan!” chiamò ancora. “Aiutami, Daiki!” gridò, sentendo poi il peso sopra di sé sparire; aprì gli occhi, giusto in tempo per vedere Yuto voltarsi e dare una gomitata sul volto di qualcuno.
Ryosuke si mise a sedere, indietreggiando con il sedere sulla sabbia, vedendo il fratello maggiore prendere nuovamente il più piccolo per una spalla e dargli un pugno sul viso, mandandolo disteso a terra.
“Non avvicinarti mai più a lui! E adesso sparisci!” lo sentì minacciarlo in modo duro e Ryosuke vide Yuto inciampare sulla sabbia e correre via.
“Stai bene?”
Daiki si chinò accanto al fratello, posandogli una mano sulla spalla e il più piccolo lo scostò di malo modo, voltando il viso per non guardarlo e non farsi vedere così indifeso.
“Sto bene, lasciami!” gli rispose piccato, imbarazzato che l’altro l’avesse dovuto salvare, magari l’aveva anche sentito invocare il suo nome.
“Dovremo andare a dirlo agli insegnanti!” cercò di farlo ragionare il maggiore.
“No, è una questione che riguarda me e lui” replicò alzandosi e ripulendosi i vestiti dalla sabbia. “Tu non preoccuparti. Torna pure dal tuo Kei-chan, si sentirà solo senza di te” gli disse con cattiveria, non riuscendo a impedirsi quella battuta; eppure si era ripromesso che mai gli avrebbe dato la soddisfazione di vederlo geloso di lui o gli avrebbe dato modo di fargli capire quanto la cosa lo facesse soffrire.
Fece per allontanarsi, quando si sentì tirare per un polso, ritrovandosi nuovamente seduto sulla sabbia, tra le gambe di Daiki, il quale lo abbracciò, stringendolo a sé e nascondendo il volto contro il suo collo.
“Perché non vuoi capire?” biascicò piano il più grande, stringendo gli occhi, abbracciando forte il fratello.
Ryosuke si sorprese voltando leggermente la testa, scostandosi appena con l’intento di guardarlo in viso, ma Daiki era ancora chino su di lui e non gli si mostrava.
“Perché non capisci che lo faccio per te!” mormorò ancora quasi con frustrazione, aggrappandosi con una mano alla maglietta, sulla schiena, e con l’altra stringendogli i capelli.
Ryosuke spalancò gli occhi, serrandoli poi, inspirando il profumo della pelle del fratello.
“Cosa fai per me, Daiki? Cosa? Mi ignori? Mi tradisci?” domandò retorico, scostandolo da sé e portandogli una mano sulla guancia, guardandolo negli occhi, lasciando scivolare due lacrime, quando confessò di nuovo: “Io... io ti amo e... e sei tu quello che non vuole-”
Daiki non gli permise di concludere, gli prese il volto con entrambe le mani, attirandolo a sé per baciarlo: Ryosuke schiuse subito le labbra, andando incontro alla lingua del fratello, esigendo quel contatto, inebriandosene come se da quello dipendesse la sua stessa vita, stringendogli i capelli, mordendogli il labbro inferiore, sentendo Daiki lamentarsi appena.
Si scostò da lui, vedendo che un lato della bocca sanguinava e ricordò della ferita che gli aveva procurato Yuto quando l’aveva colpito.
“Scusa” bisbigliò, avvicinando le dita al piccolo taglio e Daiki scosse la testa, accarezzandogli il viso con una mano, sentendo i polpastrelli del fratello passare delicati sulle sue labbra, prima di venire sostituiti di nuovo dalla sua bocca che stavolta si posò sulla sua con più dolcezza, baciandolo lentamente, senza fretta, come se in quel modo stessero recuperando il tempo perso in cui erano stati divisi.
“Ti amo, Ryosuke” gli confessò stavolta per primo Daiki passandogli le mani sulla schiena e il fratello si sporse per abbracciarlo, venendo ricambiato con altrettanta forza, rispondendo a voce bassa: “Ti amo anche io, Daiki.”

*

“Ho deciso di andare a studiare all’estero la prossima primavera” esordì Daiki, interrompendo la carezza tra i capelli del fratello.
Questi si scostò da lui, guardandolo con occhi grandi.
“Cosa? Perché?”
“È la cosa più giusta da fare, per entrambi, Ryo” spiegò, baciandogli la spalla nuda, sollevando meglio il lenzuolo sui loro corpi nudi.
“Quando l’hai deciso? Perché non me ne hai parlato?”
“È un po’ che ci penso. Per il momento sarà solo un anno, poi si vedrà!” lo informò.
Ryosuke si volse, mettendosi in ginocchio sul letto, tra le gambe del fratello, scuotendo il capo.
“No…” mormorò a voce bassa. “No, non voglio!” protestò.
“Lo faccio anche per te, Ryo! Per il tuo bene” gli disse, volendo farlo ragionare.
“No, Daiki, no! Tu non devi fare niente per me! Se… se vuoi il mio bene allora stai con me. Non andartene, non lasciarmi solo! Io…” fece una pausa, costringendosi a non lasciarsi sopraffare dalle emozioni. “Io non sono felice se non ci sei tu con me, perché non lo capisci?” gli chiese, stringendo i pugni.
Daiki scosse la testa, allungando le mani, prendendogli il volto, attirandolo verso di sé, unendo le loro fronti.
“Non rendere le cose più difficili, Ryo. Ho già preparato i documenti, mamma e papà sono d’accordo” spiegò.
“Perché?” Ryosuke si scostò da lui. “Io ero l’unico a non sapere, io…”
“Sapevo che non l’avresti presa bene” ammise.
“Ah, beh, almeno di questo ne eri consapevole” gli disse ironico.
“Ryo…” sospirò Daiki.
“Verrò a trovarti a ogni festa comandata, tornerai a casa per Natale, prenderò un aereo, una nave, quello che serve e passeremo insieme il tuo compleanno e voglio festeggiare con te il mio” progettò, ma Daiki continuava a negarsi.
“Tu devi farti una vita, Ryo, noi non possiamo continuare così!”
“Non mi interessa, Daiki! Non mi importa cosa è giusto o sbagliato per gli altri, mi importa solo cosa è giusto per me. Tu…” lo guardò dritto negli occhi e chiese: “Tu mi dimenticherai? Riusciresti a farti una vita senza di me? Rispondimi!” lo spronò. “Rispondimi sinceramente, guardami negli occhi e non provare a mentirmi!” gli chiese sincerità.
“Ti dimenticherò” gli rispose l’altro atono e senza nessun sentimento e, proprio per questo, Ryosuke sapeva che stava mentendo.
“Bugiardo” gli disse, sedendosi tra le sue gambe e abbracciandolo in vita.
Daiki ricambiò appena, voleva allontanarlo, se voleva che Ryosuke lo ascoltasse, lui per primo doveva credere in quello che diceva, ma gli era impossibile, perché la determinazione e i sentimenti di Ryosuke erano forti e, come i suoi, non potevano essere estirpati con tanta facilità.
“Quando parti?” si sentì chiedere a voce bassa.
“Fra tre giorni” rispose con lo stesso tono.
Ryosuke sussultò nell’abbraccio e Daiki si sentì stringere ancora di più, poi il più piccolo sollevò il volto verso di lui e gli fece una proposta.
“Andiamo da qualche parte. Solo tu e io. Due giorni, Daiki, due giorni in un posto in cui non ci conosce nessuno. Voglio stare con te. Poi ti dirò addio. Così quando partirai potrò essere forte” gli disse.
Daiki lo guardò perplesso, non capiva se in quel modo avesse accettato il suo discorso precedente o meno. La sua espressione doveva essere palese, comunque, perché Ryosuke aggiunse: “Non ti sto lasciando, Daiki. Non puoi chiedermi di farlo. E non mi sto neanche arrendendo. Io ti amo e questo non cambierà anche se saremo lontani, non mi farà smettere di amarti, però su una cosa hai ragione: non verremo mai accettati e, ora come ora, non posso permettermi niente, nessuna distrazione, nessun passo falso, perché non voglio perderti. Finirò questi due anni e andrò all’università, ti seguirò Daiki, ovunque andrai, non mi importa di niente. Se tu mi vorrai ancora, io voglio stare con te e se questo vuol dire tradire la mia famiglia, beh, non mi importa. L’unica cosa che importa per me sei tu” concluse.
Daiki lo guardò intensamente, non aveva più le forze per opporglisi, non poteva continuare a fingere di essere forte da solo, non poteva reprimere i suoi sentimenti più di quello che stava facendo, perché Ryosuke aveva ragione, un atteggiamento del genere non faceva bene né a lui, né al fratello, come invece aveva inutilmente tentato di convincersi che fosse.
Lo strinse a sé, sollevandogli il mento per baciarlo, non gli sarebbe importato nulla di quello che sarebbe successo, se avesse avuto Ryosuke al suo fianco; per lui e per quell’amore avrebbe imparato a vivere nella menzogna, fino al momento in cui non sarebbero di nuovo stati insieme e avrebbero portato e condiviso per sempre insieme il peso di quell’amore colpevole.

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