[Inoobu] Hajimari no uta nari hibi ite

Dec 23, 2012 15:04

Titolo: Hajimari no uta nari hibi ite (The song of our beginning is echoing) [One Love -Arashi-]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yabu Kota, Inoo Kei
Pairing: Inoobu
Rating: PG
Genere: AU
Warning: slash
Wordcount: 1.636 fiumidiparole
Note: la storia è scritta per la Maritombola indetta da maridichallenge con il prompt 23. ispirato a questa canzone, per la community diecielode per la tabella Ideal Good con il prompt ‘Armonia’ e per la 500themes_ita con il prompt ‘melodia ossessionante’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: Maritombola
Tabella: Ideal Good
Tabella: 500themes

Quando Kota si è trasferito in quella nuova città, in quel quartiere per iniziare la sua nuova vita da lavoratore, lontano dalla propria famiglia e dagli amici di quel piccolo paesino che fino a quel momento era stato tutto il suo mondo, è stato elettrizzato e spaventato allo stesso tempo. Non è di certo più un bambino, sa che cosa vuol dire avere delle responsabilità, ma allo stesso tempo non si sente neanche tanto grande e vorrebbe ancora avere una guida, qualcuno che lo aiuti a camminare, tendendogli una mano, discretamente, lasciando che impari a muoversi con le proprie gambe, ma al tempo stesso sapere di poter contare su quella presenza silenziosa e certa che, in qualsiasi momento, gli possa essere di conforto.
Si è alzato presto quella mattina, il cielo è ancora scuro, il sole, come lui, si sta appena svegliando e fa capolino tra le rade nuvole, colorando l’orizzonte di un tiepido azzurro.
Kota spalanca la finestra lasciando che il vento pungente del primo mattino lo svegli, colpendogli il viso e rabbrividisce, stringendosi le mani sulle braccia, guardando quel paesaggio per lui ancora sconosciuto: altri palazzi si stagliano davanti alla sua vista, in lontananza un parco e ancora troppe poche auto circolano sulla strada. Inspira l’aria gelida e fa per rientrare in camera quando si accorge di una luce nella finestra del terzo piano del palazzo di fronte al proprio accendersi e la tenda scostarsi, permettendogli di vedere un ragazzo che come lui, con l’aria ancora assonnata, guarda fuori; copre uno sbadiglio con la mano, ha i capelli scompigliati e il viso stanco che suggerisce che vorrebbe davvero stare sotto le coperte piuttosto che alzarsi: Kota sorride, sentendosi un po’ meno solo per il fatto di non essere l’unico a doversi svegliare prima dell’alba e resta a osservare il giovane che, a occhio e croce, deve avere più o meno la sua età.
Si ritira dalla finestra, andando in cucina, preparandosi il caffè che gli darà la carica a iniziare la giornata e torna in camera, accendendo il computer per controllare le mail, sedendosi alla scrivania, sorseggiando piano la bevanda calda e forte che gli porta subito giovamento e volge il viso di nuovo verso la finestra, scoprendo che anche lo sconosciuto si è fermato a fare colazione.
Kota si sporge meglio sulla sedia, curioso delle abitudini di quel misterioso vicino che non si accorge del suo sguardo che lo segue silenzioso, mentre lui si versa del latte caldo nella tazza e lo zucchera abbondantemente, perdendosi in chissà quali pensieri mentre gira il cucchiaino e poi sorride, portandosi la tazza alle labbra, scaldandosi le mani.
Kota sorseggia a sua volta il proprio caffè, immaginando quale contrasto di sapori nascerebbe se potessero unire quelle loro abitudini, lui che la miscela è solito prenderla amara per non perdersi in zuccherose fantasie, per mantenere sempre un contatto con la realtà.
Torna alle sue faccende, sentendosi un po’ meno solo, riscoprendosi a sorridere, lanciando qualche altra occhiata fuori dalla finestra, scoprendo il ragazzo sempre lì, seduto al tavolo, come lui, una mano a sorreggere il viso, lo sguardo perso nel vuoto e quel leggero sorriso sulle labbra.
E quasi gli dispiace doversi alzare, perché non può più condividere con lui quella routine.
Spegne il portatile e si prepara di fretta, ha perso il conto del tempo, fluito troppo in fretta, più del solito: si fa una doccia veloce, si veste e prende le proprie cose, le chiavi dell’auto, quelle di casa, torna in camera e si affaccia alla finestra, ma il ragazzo di prima non è più seduto al tavolo, le luci dell’appartamento sono spente, forse è giù uscito, è stato più bravo di lui dopotutto e probabilmente non arriverà in ritardo a lavoro o dovunque si svolga la sua giornata. Kota sorride e gli augura una buona mattinata.
È già passato un mese da quando la sua nuova vita è cominciata e Kota non avrebbe mai pensato di trovarsi così bene dati i presupposti: è diventato più forte, non ha più paura o, meglio, ha imparato a contare sulle proprie forze e non si sente più solo, sebbene ancora non conosca bene nessuno in particolare, eccezion fatta per i colleghi e i saluti cordiali che scambia con i coinquilini del suo stesso palazzo.
Eppure si sente felice e non si sente solo: ogni mattina si sveglia, sempre molto presto, a quello probabilmente non si abituerà mai, ma sorride non appena apre la finestra, attende, osservando che quella di fronte si illumini, diversi minuti dopo la sua, e il ragazzo misterioso faccia capolino, guardando fuori, scrutando il cielo per comprendere come si prospetterà la giornata.
E Kota ha imparato a riconoscere un po’ i suoi pensieri, sebbene non vi abbia mai parlato, sebbene l’altro non sappia neanche della sua esistenza, del fatto che ogni giorno Kota gli fa silenziosamente compagnia, augurandogli il suo buongiorno e sperando che possa passare una buona giornata.
Riconosce il suo sguardo dispiaciuto quando fuori piove, riconosce l’ilarità in quegli occhi quando vede il cielo tingersi di colori caldi, segno che splenderà il sole quel giorno e lo riconosce quando la nebbia avvolge la città e sa che lui vorrebbe restare a casa, piuttosto che andare a lavoro.
Ha scoperto tante cose Kota di quel ragazzo, solo restando affacciato alla finestra, conosce le sue abitudini, come passare a comprare del pane fresco nella bottega sotto casa, ha scoperto la sua gentilezza quando tiene aperto il portone permettendo all’anziana signora che abita nel suo stesso palazzo di passare con le sue buste della spesa, piccoli gesti, piccole quotidianità che gli fanno desiderare giorno dopo giorno di poter esserne parte.
Ama in particolar modo i giorni di festa, Kota, quando nel silenzio che accompagna il suo ticchettare di tasti al computer, si unisce l’armonia di note del pianoforte, proveniente dalla finestra di fronte, dove il ragazzo suona inconsapevole per lui quella dolce musica, melodia ossessionante di cui Kota non può fare a meno. Ascoltando le prime note, interrompe qualsiasi cosa stia facendo e prende una sedia, accostandola alla finestra, sistemandosi con le braccia incrociate sul davanzale, la finestra bene aperta e si abbandona a quel suono delicato, a quelle note profonde, immaginando quelle mani scivolare sulla tastiera del pianoforte, lasciandosi cullare da quella musica.
E poi è di nuovo un altro giorno, un’altra mattina in cui tutto si ripete uguale e Kota si sofferma sempre davanti a quella finestra a guardarlo, a bearsi di ogni singolo gesto che il ragazzo compie, preparandosi a uscire di casa.
Ed è nella frazione di un secondo che Kota prende la sua decisione: quando vede le luci spegnersi si precipita fuori dall’appartamento a sua volta, di corsa, fuori dal palazzo, attraversa la strada e resta in attesa, osservando verso l’alto e poco dopo lui è lì, scende le scale e indossa la sua eleganza del mattino. Si stringe nel cappotto, perché fuori fa ancora troppo freddo, si soffia piano sulle mani, fregandole tra loro prima di infilarsi i guanti per scaldarle e fermandosi sorpreso nel vedere Kota alla fine delle scale.
Rallenta il passo e si inchina leggermente.
“Buongiorno” saluta e accenna un sorriso e il suono della sua voce è armonioso come Kota se lo è sempre immaginato, forse anche meglio che nelle sue fantasie.
“Buongiorno” risponde, facendolo passare, continuando a sorridere.
Il ragazzo lo supera e cammina quasi fino al portone, prima di fermarsi e voltarsi verso di lui, chinando di lato la testa.
“Scusami, ci siamo già visti da qualche parte?” gli chiede e Kota non può fare a meno di sorridere ancora di più, avvicinandosi a lui di un passo.
“In un certo senso sì, mi chiamo Kota, abito nel palazzo di fronte. Mi sono trasferito da poco” si presenta. “Ti può sembrare folle, ma durante questo mese e mezzo ti ho osservato dalla mia finestra, ogni singola mattina” svela e non lo sa perché ha così tanta fiducia in se stesso da parlargli in quel modo, ma sa che ha fatto la cosa giusta quando il ragazzo non si scompone per quella rivelazione e semplicemente sorride.
“Mi chiamo Kei” gli dice in modo gentile. “Eri tu allora…” riflette, affondando il volto nella sciarpa, imbarazzato.
“Mi dispiace, non era mia intenzione spaventarti. Non sono solito comportarmi così!” gli spiega. “Non ho cattive, intenzioni” assicura e sa che quell’affermazione alle orecchie di Kei potrebbe non sembrare affatto rassicurante, in fondo ha appena ammesso di averlo spiato per diverso tempo, ma come prima il ragazzo non sembra essere spaventato, anzi, sorride, sollevando di nuovo il volto.
“Grazie!” gli dice e Kota non riesce a comprendere. “Lo so, sembra davvero strano, ma ho avvertito il tuo sguardo per tutto questo tempo, ma non era qualcosa di spiacevole” spiega. “Era come se mi proteggessi…” gli confessa. “È strano lo so… dovrei reagire in modo diverso, forse.”
Kota scuote il capo e allunga una mano, prova a stringere quella di Kei il quale ricambia senza paura.
“Allora siamo strani in due” gli dice. “Potrei essermi innamorato di te senza averti mai parlato… è strano anche questo?” gli chiede e Kei sorride ancora di più.
“Mai come me che potrei essermi innamorato di te senza neanche averti mai visto” confessa.
Kota gli si avvicina di più, restando in piedi davanti a lui e prendendogli anche l’altra mano.
“Possiamo cercare di scoprire se la cosa può funzionare anche in modo normale, cosa ne dici?” propone e vede Kei annuire.
“Adesso però devo andare o farò tardi” gli dice il ragazzo. “Finisco alle sei stasera” lo informa. “Potresti venire a cena, se ti va?”
Ed è Kei stavolta a fare la prima mossa e Kota annuisce.
“Mi farebbe piacere” afferma, lasciandolo libero di andare, ma prima di allontanarsi, Kei gli posa una mano sulla spalla e gli bacia una guancia.
“Buona giornata, Kota.”
“Buona giornata anche a te, Kei.”

comm: 500themes_ita, genere: oneshot, hey! say! jump: inoo kei, pairing: inoobu, tabella: ideal good, hey! say! jump: yabu kota, fanfiction: hey! say! jump, comm: maridichallenge, comm: diecielode, tabella: 500themes, genere: au, rpf, warning: slash

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