Film della settimana #9

Jul 07, 2006 09:09

Requiem for a dream
2000, di Darren Aronofsky
con Ellen Burstyn, Jared Leto, Jennifer Connelly


"Requiem for a dream" attira lo spettatore incauto per il titolo evocativo. Certo, accostare la parola requiem alla parola dream fa già pensare a qualcosa di drammatico. In realtà questo è un film terribile, che non lascia scampo. E' una sfida per ogni spettatore, perchè non si sa fino alla fine se si riesca a terminarne la visione. Questo fa di "Requiem" un film praticamente unico nel suo genere: un tale raccapriccio, un nodo allo stomaco così forte lo può provocare solo "Salò o le 120 giornate di Sodoma" di Pasolini.
E' la storia di quattro personaggi: Sara, una casalinga teledipendente che sogna di fare un'apparizione in tv, Harry, il figlio di Sara, un eroinomane che sogna di diventare ricco spacciando assieme al suo compare Tyrone, e Marion, fidanzata di Harry, una ragazza dell'alta società che farebbe di tutto per una dose.
Proprio come il sovracitato film di Pasolini, anche "Requiem for a dream" è diviso in gironi infernali danteschi. Se nel film del regista bolognese i gironi erano esplicitamente citati (antinferno, girone delle manie, girone del sangue), in questo Aronofsky preferisce suddividerli in tre parti e con nomi fuorvianti: estate, autunno e inverno. Ma la citazione dantesca non è errata, i protagonisti, man mano che la storia si sviluppa, faranno sempre più esperienze degradanti e autodistruttive, quasi si trovassero in un Inferno terreno. Il film parla di dipendenza, una dipendenza più materiale che spirituale, anche perchè abitiamo nella società dei consumi e la materialità dell'esistenza è inevitabile. Questa dipendenza è frutto di una frammentazione della società, di un disagio crescente, è, se si vuole tradurre il titolo del film, la "Preghiera per la morte di un sogno". E ovviamente il sogno in questione è quello americano, dal niente diventare tutto.
La frammentazione è resa in maniera impeccabile dal regista, che suddivide più e più volte lo schermo attraverso l'uso dello split screen. Aronofsky non si limita a spezzettare lo schermo, ma applica diverse distorsioni visive e alcune trovate che sono davvero memorabili, e che elencarle qua rovinerebbe davvero la 'sorpresa'. Questo fa di "Requiem" più un'installazione artistica, un tableau vivent, che un film. Le scelte registiche e il montaggio frenetico da videoclip rendono il film iperreale, dando allo spettatore le stesse sensazioni che si avrebbero assumendo degli stupefacenti.
L'unico difetto di questa pellicola è, in parte, la scelta di casting. Niente da dire su Ellen Burstyn che non solo è perfetta per il ruolo, ma ha dato anche un'interpretazione da antologia. Suscitano qualche dubbio Jared Leto e Jennifer Connelly, non per la loro capacità interpretativa, più che altro per la loro fisicità. Insomma, sono troppo belli per fare gli eroinomani, troppo curati e in salute.
"Requiem for a dream" ha un grosso debito con Lynch, e non per sminuire il lavoro di Aronofsky. Però senza David Lynch questo film non sarebbe mai stato fatto. Ha anche una sorta di legame con alcuni scritti di Bret Easton Ellis e di Burroughs, non solo per i temi trattati, ma anche per la composizione stessa della storia.
Una nota di grande merito va alla magnifica colonna sonora di Clint Mansell, specialmente il tema principale "Lux aeterna", che assomiglia stilisticamente ai migliori Massive Attack.
Simbolicamente, in questo film, ha molta importanza la posizione fetale che tutti i protagonisti, durante lo svolgersi della vicenda, assumono. E' una sorta di volontà a tornare nella placenta, e quindi di voler ricominciare a vivere, a sognare. Ma questo sogno vale davvero la pena?

Le vecchie recensioni del "Film della settimana" le potete trovare tutte qui.
Previous post Next post
Up