#2 Omosessualità e cinema: dall'epoca d'oro di Hollywood a oggi

Dec 16, 2006 13:37

Gli anni Cinquanta sono stati, soprattutto per gli Stati Uniti, l'epoca della perfezione a tutti i costi, della realizzazione dei sogni, di una vita tranquilla e pulita dopo la guerra. Spesso questa ossessione per gli alti (pseudo)valori morali ha portato, com'è logico per l'epoca, all'insabbiamento delle piccole realtà che era meglio non mostrare. Siccome il cinema è lo specchio della società in ogni sua forma, anche Hollywood ha seguito questa ondata di perbenismo. Sullo schermo gli uomini erano sempre perfettamente pettinati e abbigliati, eleganti e cortesi, e finivano tutti per sposarsi. Non esisteva una realtà diversa dal matrimonio uomo-donna. In questo frangente si può cominciare col collocare il film "La gatta sul tetto che scotta" (1958). Sullo sfondo del classico drammone famigliare alla Tennessee Williams si muovono i personaggi di Maggie (Elizabeth Taylor) e di suo marito Brick (Paul Newman). Brick è un ex giocatore di football che resiste alle attenzioni della moglie e beve. E' in una costante depressione per la morte del suo amico ed ex compagno di squadra Skipper. Così, almeno, è quello che è stato mostrato nel lungometraggio. Dagli anni Trenta, ad Hollywood, esisteva un codice di regolamentazione, il Codice Hays, che letteralmente impediva ai produttori, registi e sceneggiatori di mettere in scena la sessualità. Figuriamoci poi una "perversione sessuale" come l'omosessualità. Nella play originale di Williams il personaggio di Brick è depresso perchè l'uomo di cui era innamorato è morto. Sempre nel dramma teatrale Skipper cerca di sedurre la moglie di Brick per portare quest'ultimo ad interessarsi a sè. Questi due punti focali sono stati letteralmente stravolti: Skipper non è più l'oggetto del desiderio ma un "amico" e il tentativo di seduzione non è più un turbamento di tipo sessuale ma una delusione nei confronti dell'amico/mito. La versione cinematografica, nonostante sia piacevole a vedersi e molto ben interpretata, risulta ridicola. Il primo film a parlare direttamente di omosessualità fu fatto, curiosamente, un anno dopo il sopracitato film con Paul Newman, nel 1959. Questa volta il film fu diretto da Joseph L. Mankievicz, uno dei più grandi registi della Hollywood "alternativa" e stranamente impegnata socialmente, e tratto da un'opera teatrale del sempre magnifico Tennessee Williams. Il personaggio omosessuale, fulcro della vicenda, nel film non viene mai mostrato se non di spalle, non ha voce, e la storia comincia tempo dopo la sua misteriosa morte. Preoccupata per la salute mentale della ex-fidanzata del figlio, che non a caso si chiama Sebastian (San Sebastiano compare spesso nelle rappresentazioni religiose come un ragazzo effemminato), la madre Violet decide di chiamare un medico per sottoporre la ragazza a una lobotomia. La realtà è che la madre vuole evitare che la ragazza faccia delle rivelazioni scomode sul figlio deceduto. Sebastian viene descritto da Violet come un poeta, un amante dei bei vestiti e sempre in compagnia "di giovanotti". Se da un lato il film non fa che ribadire degli sterotipi consolidati sull'omosessualità (madre opprimente, padre assente, adescamento di ragazzini) dall'altro la inserisce in un contesto sociale dove il segreto terribile non è tanto nell'omosessualità in sè, ma nel rapporto madre-figlio e nella folle non accettazione di Violet della sessualità di Sebastian. E' curioso notare come Sebastian muoia in modo analogo (sebbene molto più agghiacciante) a Pier Paolo Pasolini. Negli anni Sessanta c'è poco di interessante sull'argomento nel panorama mondiale. Sempre ad Hollywood viene girato, nel 1960 "Psycho" di Alfred Hitchcock dove l'assassino ha delle non precisate tendenze omosessuali. Hitchcock ebbe una certa ricorrenza nell'affiancare una velata omosessualità al crimine e all'assassinio. Ciò si può riscontrare nell'interessante "Nodo alla gola" del 1948 (girato in pianosequenza) e nel bellissimo "Rebecca la prima moglie" del 1940.
Dagli anni Settanta in poi si assiste a un progressivo interessamento del cinema nei confronti di questo argomento. Non si può non citare il film-capolavoro "Morte a Venezia" di Luchino Visconti del 1970. In questo film, che consiste in una raccolta di immagini e musica del più alto lirismo possibile, il compositore Gustav von Aschenbach si innamora del bellissimo (e giovane) Tadzio. Più che un desiderio di tipo carnale quello del compositore è un amore per la bellezza in generale, e quindi per l'arte. Sempre in Italia, verso la fine degli anni Settanta, viene girato il film "Il vizietto", dimostrazione storica di quello che la società italiana pensava (e in parte pensa ancora) dell'omosessualità. Il film del 1978 mostra un omosessuale altamente effemminato e stravagante secondo i dettami della cultura popolare del meridione (a Napoli, ad esempio, i gay effemminati sono chiamati "femminielli"). Negli anni Ottanta l'unico esempio rilevante è "La legge del desiderio" (1986) di Pedro Almodovar. Il film narra in modo magistrale, divertente, ma anche molto drammatico una storia d'amore gay. Sempre rimanendo sul registro del melodramma che avrebbe poi reso Almodovar estremamente celebre, il film è il più alto esempio di storia d'amore tra due uomini. Per il resto, in questa decade, c'è stato una sorta di oblio sul tema. Questo probabilmente a causa del dilagare del virus dell'AIDS che ha portato non solo a disastrose conseguenze ma anche a un notevole passo indietro sul piano sociale. Negli anni Novanta si consolidarono i movimenti di liberazione gay e lesbici. In concomitanza a questi è interessante segnalare il caso de "Il silenzio degli innocenti" (1991, di Jonathan Demme). Il film fu accusato dalle associazioni gay e lesbiche (glbt) di essere omofobo perchè l'assassino uccide delle ragazze per travestirsi da donna. In realtà nel film stesso è espresso chiaramente, tramite il personaggio di Hannibal Lecter, che l'assassino non è omosessuale. A prova di ciò si può riportare la battuta di Lecter: "Lui crede di essere un transessuale. Probabilmente ha creduto di essere molte cose in vita sua...". Il regista Jonathan Demme fu profondamente colpito da questo duro attacco al film, così nel 1993 girò "Philadelphia" un film decisamente pro-gay e molto toccante che riapacificò gli animi di tutti. Dagli anni Novanta in poi la situazione cinematografica (e ovviamente anche della società) ha portato a una produzione sempre maggiore di pellicole pienamente o parzialmente a tematica omosessuale. Il passo avanti compiuto dalla società si può notare anche dalla quantità di personaggi gay presenti nel mezzo più popolare del mondo: la tv. Nel 1994 fu girato il film "Creature del cielo" diretto da Peter Jackson. E' un film estremamente poetico e crudele. E' la storia di due ragazze e del loro amore contrastato da genitori iperprotettivi e conservatori. E il finale, come in tutti i casi di frustrazione delle passioni, non può che essere tragico. E' un film da vedere non solo per la storia e la regia, ma anche per un Peter Jackson inedito, maturo, in bilico tra i film splatter che l'hanno reso noto e la consacrazione de "Il signore degli anelli". Tra gli anni Novanta e l'inizio del Ventunesimo Secolo si sono prodotte un'infinità di pellicole con risultati altalenanti. Il 2004 è l'anno del capolavoro "Mysterious skin" di Gregg Araki. E' la storia di due ragazzi in cerca della verità sul loro passato. E' un film crudele, viscerale, a tratti un po' eccessivo nella violenza psicologica e fisica, ma diretto e scritto magistralmente. Nel 2005 usciva il film "I segreti di Brokeback Mountain", osannato dalla critica, e con un titolo modificato e pruriginoso nell'edizione italiana. Fu ingiustamente considerato "capolavoro" per il seguente motivo: se si vuole narrare una storia d'amore deve funzionare anche se si cambiano i connotati dei personaggi. Deve essere universale. In questo caso se i personaggi coinvolti fossero stati un uomo e una donna non avrebbe avuto neanche un decimo dell'hype che ha avuto. E questo puzza tremendamente di strategia commerciale. E' un film per il popolo, così come in letteratura si può trovare il corrispettivo nella serie di romanzi rosa "Harmony", ma probabilmente questi sono scritti molto meglio. Il difetto principale è quindi quello di essere sceneggiato male e di risultare dispersivo. Il film si svolge in un arco di tempo di vent'anni e il massimo dell'invecchiamento fisico dei protagonisti sono un paio di baffi posticci e delle basettone. Questo sta a dimostrare quanto Hollywood sia poco seria in materia di rinunce all'aspetto fisico dei protagonisti in favore di una più seria caratterizzazione della storia e dei personaggi. "Brokeback Mountain" è inoltre un film poco sincero perchè cerca di ribaltare lo stereoticpo del cowboy macho, quando in realtà è una fantasia ricorrente nell'immaginario erotico gay dagli anni Settanta, in favore di una storia vuota e inconcludente. Per non parlare di alcune battute francamente penose e che possono essere facilmente interpretate come doppi sensi, facendo scaturire l'ilarità di chiunque (ad esempio: "Tu non mi hai mai portato un pesce!"). Passando per un ottimo film come "Transamerica" si può finire parlando del magnifico film "C.R.A.Z.Y" del 2005 di Jean-Marc Vallée. Il film è la lunga storia di accettazione di Zachary, ed è l'unico e perfetto esempio di come un ragazzo negli anni Sessanta attraversi i vari periodi di frustrazione attraverso la musica. Si può quindi suddividere il film in quattro parti corrispondenti a quattro generi musicali: scoperta della sessualità (glam-rock), confusione sessuale (punk), depressione (dark), promiscuità (disco music). Se ci fosse stata una quinta parte sarebbe stata: alienazione (elettronica). In ogni caso il film si conclude nel migliore dei modi, aiutato da una regia stupefacente, ricca di trovate e a tratti visionaria.
E' bene concludere precisando che si sta parlando di omosessualità nel cinema, e non di "cinema gay". Il cinema gay è quello ghettizzante, indirizzato a un pubblico ristretto e che non vuole farsi conoscere all'esterno. E' autoreferenziale e anche anticinematografico poichè non divulga e non mostra niente di nuovo, non dà nessuno spunto per nessuno. A dimostare l'esistenza di questo tipo di cinematografia basti guardare nei negozi che vendono dvd, in molti di essi c'è la sezione "queer".
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