Jun 26, 2009 02:01
"Dimentica...Dimentica...".
Quella voce secca, piatta, insistente, come gocce di pioggia lente ed inesorabili che cadendo su una lastra di metallo saturino l'aria di echi metallici.
"Corri ora...Corri".
I neon che fuggono, alti e disumani sulla testa, mentre lo stretto vicolo sembra non avere mai fine. Il caldo e l'umidità sono entità materiali e palpabili, che ardono la gola ed incendiano i polmoni, impedendo perfino il respiro, come Dei antichi e vendicativi che, irati, investano l'uomo e la terra con la loro collera. Una ragione per smettere di correre. Mille per continuare. La testa di Gaia è un caleidoscopio di emozioni e sensazioni, la maggior parte artificiali, che la jovaina genera attraverso la sua rete neurale. La dose non doveva essere così massiccia, ma qualcosa era andato storto. Probabilmente il prodigio aveva tagliato troppo la roba ed ora era lei a farne le spese. Non c'è mai da fidarsi di questi spacciatori di 8-9 anni con gli occhi da vecchio a causa dell'abuso di jovaina, ma loro sono gli unici ad averla. Legge di mercato. Gaia corre e non si guarda indietro, davanti agli occhi ancora strada e strada, colori, aerotaxi in attesa di clienti e squadre di 'urbani' che pattugliano i vicoli a caccia di taglie o di reietti abbandonati sulla strada strafatti ed incapaci di sottrarsi alle loro sevizie.
"A chi importa dei reietti?".
Era la risposta degli urbani a chi chiedeva loro il motivo di tanta rabbia. La violenza è nella natura umana da sempre, una sete di sangue che nessuno potrà mai estinguere.
"E' solo un gioco, piccola".
Così le diceva il padre tenendola sulle ginocchia. Ma sapeva che non era vero. Lo aveva sempre saputo. Anche ora l'unico pensiero lucido che Gaia aveva era che niente è un gioco.
"Corri bambina...Corri...".
Il pavimento della stazione rifletteva gli ologrammi pubblicitari della D-COKE. "Sissignori, solo 0,00001 calorie al litro grazie al nuovissimo ed esclusivo sistema di sintesi nucleica del D-SUGAR. Tenere lontano dalla portata dei bambini".
Gaia era già sul nastro trasportatore quando comprese che si stava dirigendo verso casa. Ma la sua casa non esisteva più. Niente esisteva più. Solo colori troppo intensi e suoni assordanti che strappano il silenzio, simili alle urla di vittime delle più ignote e selvagge torture. Come investita da una valanga si ritrova a terra, schiacciata dall'onda neurale di ritorno causata dalla roba.
"SMETTILA ADESSO PAPA'!".
Ma non avrebbe smesso se non fosse intervenuto Jimmy. E quello assieme a lui era stato l'unico periodo in cui si ricordava fosse felice di essere viva. Il nastro continuava a portarla verso i siti di trasporto mentre lei lottava contro i suoi stessi sensi cercando di rialzarsi. La corsa e il pianto avevano aiutato il suo organismo a metabolizzare la jovaina ed ora, lentamente, Gaia stava riprendendo il controllo del suo sistema nervoso.
"Fai finta sia normale, gioia".
Così le aveva detto il regista. Aveva accettato di girare un olo-core per bisogno di soldi, ma non le avevano detto che dopo averla imbottita di droga le avrebbero chiesto di scopare con uno di quei mutanti, generato da chissà quale radiazione.
"Ehi pupa! E' il mercato che lo chiede, cosa credi? Eppoi non vedo perché tante storie...ha due uccelli, mica le squame".
Il nastro era giunto ai vettori rapidi e lei non aveva idea di dove andare. Dopo la morte di Jimmy, quelli delle assicurazioni l'avevano mandata via dal loro bi-loculo lasciandola in mezzo alla strada. Tutto quello che aveva era il vestito sporco e lacero che indossava e pochi crediti, per un ultimo viaggio. Quella dell'addetto robotizzato era l'unica voce gentile che sentiva da giorni.
"Buonasera, destinazione prego".
Lo sguardo fisso e sorridente dell'automa rifletteva i colori cangianti delle iridi di lei.
"Solo 99 crediti ed anche voi avrete lo sguardo delle star!".
Facevano parte del kit della provetta attrice di olo-core.
"Io...io...non lo so...credo...che tornerò sul set...".
Nel silenzio della stazione, sulla scia delle ultime allucinazioni da jovaina, Gaia vide la macchina sorriderle, lui la capiva. Lente e pesanti, le lacrime corsero di nuovo sul suo viso portandole via ciò che rimaneva del trucco. Poi, sorridendo, si avvicinò al mezzobusto di metallo e plastica e lo baciò teneramente. E mentre si allontanava, una delle sue lacrime si attardava, scivolando piano lungo il volto scolpito dell'automa.