Jan 04, 2010 21:34
Note: prendo spunto dalla rivisitazione di A. Baricco “Omero, Iliade” del poema per quanto riguarda la venuta di Antiloco; il resto, è pura immaginazione ^^
Non erano la spada, né lo scudo, né le dune di sabbia.
- Le sue mani, erano le sue mani quelle che bramava più di ogni altra cosa, le sue mani che lo sfioravano, così timide, dopo così tanto tempo ancora non avevano imparato ad essere coraggiose -
Non era la folla, l’annientamento, il sangue, né il silenzio. Per una volta, il silenzio non c’entrava nulla.
- Era la sua bocca, la sua bocca che lo cercava in modo così frenetico e vorace, come se volesse ingoiare ogni singolo lembo di pelle, come se volesse succhiare il sangue attraverso la pelle stessa, come se volesse prenderlo e mangiarlo vivo, così che non dovesse più separarsi da lui, mai -
Non era il cielo terso, non era il clangore di ferro contro ferro nei suoi ricordi, né la velocità con la quale la biga lo trascinava su quel campo.
- Era il suo nome. Non c’era nulla più bello del suo nome, del dirlo mentre un gemito gli sfuggiva le labbra, mentre lo stringeva a sé con una forza che rasentava l’umana potenza, del sussurrarlo mentre avvertiva i loro corpi fondersi, mentre si spingeva contro la sua schiena e la guardava inarcarsi, mentre lo sentiva sospirare di piacere, il suo nome detto in modo così chiaro: “Achille.” -
Non erano le mura, né le navi. Non erano le tende né coloro che vi risiedevano.
- Era un ricordo, ed erano i mille momenti passati fra quelle braccia. I mille modi per imparare ad amarlo, i mille modi per imparare ed insegnare come trarre e dare piacere, i mille modi in cui si sentiva appagato mentre lo udiva sospirare e chiederne ancora, mentre si dilettava nell’accarezzarlo, nel baciarlo, nel succhiare ogni singolo centimetro di quel corpo. Era nulla, vederlo sorridere, addormentato accanto a lui -
Non era la gloria, non era l’onore. Non erano la spada, né lo scudo, né le dune di sabbia.
- Era stato quella notte. Quella notte, quando lo aveva sfiorato e si era risvegliato, quella notte, quando lo aveva baciato fino ad avvertirlo tremare sotto di sé, quella notte quando lo aveva fissato negli occhi, prima di costringerlo a voltarsi, per affondare in lui fino a voler scomparire, fino a voler dimenticare il proprio destino. Quella notte, che il ragazzo si era sollevato, e per la prima volta lo aveva costretto a chinarsi, a baciarlo fino allo sfinimento, fino al godimento, indi a voltarsi ed offrirsi senza proteste, né pretese. Quella notte, quando il dolore provato era stato nulla in confronto al piacere di sentirlo sopra di sé, gemere ed accasciarsi pago sulle sue spalle. Quella notte, quando aveva lasciato lui gli mordesse piano il collo, sussurrando -
“Domani nella battaglia pensa a me.”
Lì, sulle navi, osservavo la battaglia. E giunse Antiloco, figlio di Nestore. Corse da me, e piangeva.
Non era il dolore, né la tristezza. Era disperazione, era disperazione, la mia. Quando riportarono quel corpo senz’armi a me, su d’una lettiga, iniziai a gemere come un bambino, chè il destino ed il coraggio mi avevano strappato ciò ch’avevo di più caro.
Posando le mani sul suo petto, era coraggio. Non per la spada, né per lo scudo, né per le dune di sabbia.
“Patroclo.”