[1] E' iniziato! [*M+M, sotterranei*]

Dec 23, 2010 22:10


Fandom: Original
Pg: M+M
Prompt: Sotterranei
Warning: PG 13
Note: Scritta per il pOrnFest #4 di fanfic_italia ; prima fic della bella challenge, prima fic da un sacco di tempo, prima fic etc etc. Ispirata dalla mia degenza in ospedale e da un infermiere tanto gentile e disponibile - a che state pensando, eh? EH?
Un po’ di sesso descrittivo, niente di che, è giusto per riscaldare le dita. Ah, pOrnomani, la festa è iniziata! (Altro che Natale e Natale…)



La cosa che meno gli piaceva del suo lavoro era il turno di dodici ore non stop che gli toccava sotto le feste. Poteva essere Natale, la Befana, pieno agosto; puntualmente chi doveva dargli il cambio si dileguava e a lui non restava che fare dal pranzo alla mattina seguente, senza sosta e senza un attimo di pace.

Ore 20:00. Il campanello nel gabbiotto aveva smesso di suonare, almeno per ora, e lui si permise di chiudere gli occhi ed appoggiarsi allo schienale della sedia girevole, ripassando mentalmente la lista delle cose da fare nelle prossime otto ore. Con un po’ di calma avrebbe trovato il tempo di fare tutto e forse - ma molto forse - avrebbe potuto anche prendersi il tempo di una sigaretta.

Un tonfo lo riscosse bruscamente: aprendo gli occhi trovò sulla scrivania un pacco di farmaci sigillati che Eric, l’infermiere di turno con lui, gli aveva recapitato. Fece una smorfia, tirandosi su dalla propria posizione comoda e adocchiando il ragazzo moro con sguardo minaccioso.

“Non avrai intenzione di dirmi che…”

Eric scrollò le spalle, alzando le mani in segno di difesa. La cosa più irritante in quel momento era che i suoi occhi tradivano una certa ilarità e non si stava minimamente preoccupando di nasconderlo.

“Credo ti tocchi. Rimango io qui, tanto sono solo dieci minuti fino in Farmacia.”

Marco appoggiò una mano sul pacco sigillato, sollevandolo. Alzò un sopraciglio, quasi sconsolato. Non si sarebbe arreso senza combattere.

“Non vedo perché dovrei andarci io. Sono di guardia qui e sai che i pazienti della 3 e della 8 non si fidano di te ed iniziano a lamentarsi se non mi vedono. E’ un quarto d’ora fino in Farmacia, non ci metteresti niente ad andare e a tornare. Anche perché sei più organizzato di me e sicuramente saprai dove mettere questa roba e dove prendere il ferro per le flebo.”

L’altro si era appoggiato allo stipite della porta, e stava sogghignando. Non avrebbe mai avuto il coraggio di…

“Non è per il tempo che ci metteresti e neanche per i pazienti. E’ perché devi fartela a piedi nei sotterranei che adesso saranno sicuramente vuoti. E quel posto non ti piace già di giorno…”

Marco si alzò, afferrando il pacco con espressione visibilmente infastidita. Non poteva crederci, aveva osato dirglielo in faccia! E pensare che era un tirocinante piombato in reparto da poco più di un anno, come si permetteva?

Senza dire nulla gli passò accanto, dirigendosi verso l’ascensore. Solo all’ultimo esitò, sentendosi richiamare, tuttavia non osò girarsi.

“Potrei andarci io… In cambio di qualcosa, eh?”

La cosa iniziava a puzzargli e a dargli veramente sui nervi. Non solo avrebbe dovuto sorbirsi il doppio turno in compagnia di questo tizio, avrebbe dovuto anche dargli qualcosa in cambio pur di non scendere in quei dannati corridoi illuminati al neon… Era davvero un vigliacco, non c’era niente da dire; il problema è che la sua mente stava seriamente prendendo in considerazione quello scambio; in fondo, cosa avrebbe potuto mai chiedergli?

Molto lentamente Marco si girò, prendendo in considerazione il corpo alto e longilineo dell’infermiere. Aveva i capelli praticamente rasati e gli occhi neri erano leggermente troppo grandi, ma sul quel tipo di viso non stavano male. Con le ragazze aveva un certo successo e non ci aveva messo molto prima di farsi una fama da dongiovanni che veniva accettata senza molte discussioni.

Un turno in più, dei favori… a cosa avrebbe potuto spingersi? Sicuramente niente di troppo serio, conoscendolo.

“Cosa vorresti, in cambio? Lo sai che non posso fare uscire medicinali di straforo o cose del genere, né ho intenzione di aiutarti con una delle nuove arrivate, se è questo che vuoi.”

Eric si guardò velocemente intorno, per accertarsi che il corridoio fosse sgombro da eventuali occhi indiscreti. I pazienti avevano finito di mangiare e gli ultimi parenti già se ne erano andati, per cui tutto era vuoto e stranamente silenzioso.

Con un paio di passi ben misurati lo raggiunse, inaspettatamente sollevando una mano verso il suo viso. Marco istintivamente si ritrasse, finendo con le spalle al muro, vicino all’ascensore. Non ebbe neanche il tempo di chiedergli cosa stesse facendo, perché Eric gli prese il mento con due dita e premette le labbra sulle sue con irruenza, non smettendo mai di guardarlo. Marco non fece in tempo a capire se la cosa gli fosse gradita o meno che l’altro già si era scostato e, presogli il pacco dalle mani aveva chiamato l’ascensore, infilandocisi dentro senza una parola in più.

Ore 21:00. Finì di staccare l’ultimo pezzo di cerotto di carta e lo applicò al polso dell’uomo steso sul letto, prima di alzarsi e sorridere.

“Ecco, dopo questa la stacco, ok?”

L’uomo mugugnò un assenso non troppo convinto e annuì, guardando sconsolato la canula che aveva nel polso e i centimetri di garza adesiva annessi. Marco abbozzò un altro sorriso e prese il laccio emostatico, mettendolo distrattamente in tasca prima di uscire. Passando davanti alla guardiola gettò un’occhiata all’orologio, notando l’ora. Controllando un’altra paziente fece un calcolo veloce del tempo che Eric era stato via; gli ci sarebbe dovuto volere solo un quarto d’ora per andare ed un altro per tornare, non un’ora intera. In più, lui aveva bisogno di aiuto; non poteva accettare che si fosse defilato per quello che era successo prima, sarebbe stato inammissibile. Subito dopo quel bacio erano squillati due campanelli contemporaneamente e lui non aveva avuto modo di rifletterci troppo a fondo, fortunatamente, Non avrebbe mai immaginato che Eric potesse nutrire certi interessi, d’altronde appena arrivato si era dato da fare a dovere, per cui Marco aveva escluso la possibilità a priori. Non negava di non averci pensato; i turni erano spesso lunghi e spossati, ed avere un bel corpo davanti per otto ore di fila non era il modo migliore per concentrarsi. Si chiese come avesse fatto Eric ad essere così sicuro - lo aveva detto solo a poche persone e quelle poche non erano nel suo stesso reparto. Certo, era innegabile che qualche occhiata lunga l’aveva lanciata, ma non credeva l’altro se ne fosse accorto.

Scrollò le spalle, concentrandosi sui propri compiti e lasciò perdere il sapore che aveva sulle labbra - un sapore di fumo e zucchero. Dolceamaro e strafottente, così come l’espressione che si notava sul viso del proprietario se lo si osservava abbastanza a lungo.

Marco terminò il giro, andando a sistemare il carrello con le lenzuola pulite e le siringhe nel ripostiglio, per poi passare davanti alla stanza della caposala, senza intravedere nessuno. Era mai possibile ci stesse mettendo così tanto? Ormai avrebbe dovuto conoscere il percorso e d’altronde non c’era il rischio di perdersi; per quanto lunghi i sotterranei erano tutti corridoi diversi, ed una volta presa la direzione giusta… Scosse la testa, scacciando quei pensieri. Perché mai avrebbe dovuto preoccuparsi? Eric era grande e grosso e sicuramente se la sarebbe cavata. Di lì a poco lo avrebbe visto ricomparire con quell’espressione arrogante in volto, e l’unica cosa che avrebbe voluto fare allora sarebbe stato picchiarlo.

Ore 22:07. Il segreto era non pensarci, si disse mentre a passo svelto svoltata nel corridoio dalle strisce arancioni. Doveva semplicemente pensare alla soddisfazione che avrebbe provato nello sfogarsi e nel -

- nel sentire quel corpo premuto contro il suo con forza, nell’essere costretto a toccare il muro di cemento freddo con la fronte per sorreggersi. Era davvero soddisfazione? In fondo si stava facendo sottomettere, per di più in quel luogo squallido. I momenti precedenti erano avvolti in una specie di nebbia, come ci era arrivato? L’unica cosa che sentiva distintamente era la mano di Eric che gli abbassava i pantaloni bianchi con foga, strattonandoli e lasciando scendere parte dei boxer. La soddisfazione era nel lasciarsi andare e nel gemere piano non appena sentì la sua mano toccare il suo membro; l’indice saliva dalla base fino alla punta, disegnando linee contorte e non appaganti. Schiuse le labbra per intimargli di fare di meglio, ma l’unica cosa che riuscì a sfuggirgli fu un verso di compiacimento quando l’altro lo prese in mano, iniziando ad accarezzarlo e a stringerlo, muovendosi sempre più velocemente su e giù.

“Ancora… di più.” Marco chiuse gli occhi, così da non vedere la luce al neon che si rifletteva sul muro bianco. Ne voleva ancora, dannazione, non era poi così difficile da capire. Stava diventando un’agonia, il membro ormai turgido non avrebbe sopportato un’altra languida carezza, un forse sì, forse no. Con un gemito strozzato ed un sussulto il ragazzo inarcò la schiena, ritrovandosi due dita che erano penetrate a fondo nella propria apertura; non le aveva sentite arrivare, né Eric si era degnato di avvertire eppure… era così appagante. Iniziava a divertirsi, finalmente. La lingua di Eric gli percorse la nuca e poi risalì fino al lobo, succhiandolo e mordendolo. La voce era arrochita e quasi canzonatoria.

“Ne vuoi ancora? Dimmelo, avanti.”

Marco si inarcò contro di lui, serrando le labbra in un moto di negazione inutile. Il suo corpo si spingeva contro quelle due dita senza alcuno scrupolo e la sua farsa era fin troppo visibile, eppure non l’avrebbe più ripetuto, averlo ammesso una volta era abbastanza. Con una risata Eric sfilò le dita umide e scostò la propria mano dal suo sesso, appoggiandole entrambe al muro e bloccandolo contro di esso. La sua bocca gli stuzzicò l’orecchio, mentre poteva sentirne il membro eretto e premente contro una natica.

“Avanti… in fondo ti ho fatto un favore, no?”

Marco rimase muto, cercando di guadagnare un minimo di dignità; in realtà avrebbe voluto che Eric lo prendesse lì, subito e senza tante cerimonie, facendolo venire in modo quasi violento e poco dolce. L’altro sospirò, scuotendo la testa rassegnato. Con un verso che rassomigliava ad un ringhio gli afferrò il sesso nella destra, facendolo gemere di dolore e piacere al contempo, prima di penetrarlo con forza, spingendosi dentro di lui senza fermarsi un istante, schiacciandolo completamente addosso al muro. Marco gemette liberamente, cercando di sostenere il ritmo e le spinte del ragazzo, ma alla fine si lasciò andare, permettendogli di guidare l’amplesso in maniera sempre più frenetica, fino a che non lo sentì soffocare un mugolio e venire, appoggiandosi pesantemente alla sua schiena.

La mano di Eric era divenuta umida e vischiosa grazie al suo seme, e Marco la fissò per un istante prima di sospirare e chiudere gli occhi.

Ore 23:41. Fuori pioveva, ma non gli importava. Era iniziato mentre era giù, e ora era l’unico momento buono per quella santa sigaretta. Aspirò il fumo, fissando le gocce cadere sul terrazzino del piano. La città dormiva, come molti dei pazienti all’interno del reparto. Nell’ultima stanza in fondo a destra, un ragazzo era sdraiato su un letto vuoto, con gli occhi chiusi. Occhi un po’ troppo grandi, ma attraenti comunque.

Marco tirò l’ultima boccata, gettando la sigaretta a terra e spegnendola sotto la suola della scarpa. Avrebbe finito il turno da solo, ormai mancavano appena sette ore; almeno era sicuro che non avrebbe avuto altre distrazioni quella notte e, sicuramente, non sarebbe dovuto più scendere nei sotterranei.

pornfest#4, original, fanfic

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