Titolo: Just a line in a song
Fandom: Originale
Chapters: One shot
Rating: Verdissimo
Note: Scritta grazie al prompt/challenge di
michiru "Astinenza", sebbene ve lo stiate augurando non è pOrn u..u* Non abbiate timore, mie prodi (MIEI PRODI CHI?) tornerò con delle cosacce appena l'Infern gli esami saranno finiti, I promise.
Odiavo dover camminare per le strade - non ero più abituata a tutto quel silenzio, ecco. Quel silenzio che lasciava le idee libere di vagare ed infilarsi in ogni angolo del mio cervello, rincorrendosi ed accendendosi a vicenda. Spezzoni di frasi, storie che si creavano e poi si scioglievano come fumo sbuffato da ragazzini troppo giovani per tenere la sigaretta fra le dita.
Amavo guardare la gente che passava accanto a me e che distoglieva lo sguardo dal mio, amavo attraversare la strada e tenere la testa alta, amavo il calore che mi saliva per le vene e la sensazione del movimento che mi teneva sveglia, l’aria fredda che mi abbracciava appena lasciavo chiudersi il portone di casa alle mie spalle, ma -
L’astinenza mi stava uccidendo. Mi logorava, mi teneva stretta e non mi lasciava andare, in ogni movimento mi ricordava che lei c’era, sempre lì e che non se ne sarebbe andata tanto presto.
Astinenza da cosa, poi?
La mia mano si infilò con un gesto automatico in tasca e trovò il vuoto. No, niente Ipod, niente tasti da premere, niente shuffle né audiobooks, niente canzoni con le quali saltellare, niente musica. Nella mente mi balenò l’immagine del lettore mp3 posato sullo scafale della libreria a casa dei miei, a chilometri da lì. Chilometri. Inspirai l’aria gelida, scendendo le scale della metro. Riprendendo le fila dell’ultima canzone ascoltata e rigirandomela nella mente, iniziai a sussurrarne le parole per tenermi compagnia.
Era davvero possibile essere in astinenza dalla musica?
Chiusi per un istante gli occhi, appoggiandomi al muro della banchina. Riempiva quasi ogni istante della mia giornata, questo era vero, ma che diventasse una dipendenza era qualcosa di inaspettato ed assurdo, avanti.
Mentre mettevo su il caffè accendevo la radio, Virgin Rock. Chiudendomi la porta di casa alle spalle mettevo una cuffia e premevo Play, possibilmente iniziando con i Fall Out Boy; camminando velocemente fino alla stazione della metro osservavo le persone attraverso le note degli Otto Ohm, con il pianoforte di Einaudi mi passavano tra le dita immagini che diventavano realtà sulle pagine della mia Moleskin. I paesaggi fuori dal finestrino del treno con le parole dei Negramaro, il centro al ritmo di Pink, i ritorni per gli Evanescence e i momenti di nostalgia con De André e Battisti. Alla musica avevo sempre associato anche le persone.
Le notti passate con A. avevano il sapore degli Afterhours e de il pescatore, M. sapeva di un qualunque posto fuori o dentro di te, D. era il ritmo incalzante di Yoko Kanno. Tutte le mie amiche avevano una canzone ed io con loro, tutta la mia vita era associata a canzoni che contraddistinguevano momenti particolari come fotografie appese ai muri della mia stanza.
Dovevo ammettere che questo tipo di astinenza era persino più forte dell’astinenza dal sesso. Dopo un po’ ci facevo l’abitudine e mi bastava non guardare cose troppo hot per non avvertirla. Certo, quando incontravo un ragazzo particolarmente appetibile non potevo fare a meno di pensarci, ma finiva lì, dopo una sana dormita. Veniva soffocata dalla mole di studio e delle cose da fare e soprattutto dalla musica e dalla soddisfazione che mi dava scrivere.
Ma ora che la musica non c’era, come avrei fatto? Almeno per un paio di giorni non avrei avuto il mio Ipod e non potevo certo portarmi casse e pc dello stereo dietro, no? Sospirai, scuotendo la testa. Stupidamente non mi ero neanche portata un libro dietro e mi rimanevano quaranta minuti buoni di viaggio. Quando vidi quella cuffia bianca penzolare nella mia direzione per un istante non ci credetti. Sollevando lo sguardo incontrai un paio di occhi verdi che mi sorridevano, leggermente imbarazzati per quel gesto audace. Sorrisi di rimando, osservando il viso del ragazzo: pulito, con appena un accenno di pizzetto; capelli medio lunghi tendenti al castano scuro, mani dalle dita lunghe e piene d’anelli di metallo. Non avevo calcolato che allo stesso modo in un cui la musica sopperiva all’eventuale mancanza di sesso, il sesso potesse sopperire alla mancanza di musica…
Prendendo la cuffia e posizionandola nell’orecchio sinistro dissi:
“Piacere, Daniela.”