millesettecentoquarantasei (prima parte)

Aug 29, 2009 00:59

quando a giugno lisa mi propose un viaggio in israele con una reunion mai sopita di amici del liceo, beh, dissi: mica male, una proposta consistente!

fa troppo caldo a eilat d'estate.

e sticazzi, pensai, è estate!
troppo, troppo caldo, mi si disse.
io che sono un provinciale non mi mettevo mica a contestare, che al massimo mi faccio i weekend al mare col panino co la frittata.

troppo caldo. allora?
allora si potrebbe fare che troviamo un posto nel salento.
ma sì, un evergreen e non ci vado da un sacco. facciamo salento dopo ferragosto.

ma tutte famiglie?
tutte famiglie.
mmmm. vabè me la penso.

mentre che me la pensavo (senza troppo consumarmici il gulliver, cari miei) alcuni strampalati ingranaggi imponderabili mi portavano a parlare d'eteronimi in lombardia.
a parlarci a lungo e a volerci parlare più a lungo. d'eteronimi. me l'avessero detto ci avrei mica creduto.

e insomma ci stavamo facendo di questi discorsi interessanti che non vedevano conclusione per via di nuovi argomenti che venivano in mezzo di continuo e che alla fine un po' toccarono anche l'argomento "ma quest'estate?". ma questa è un'altra storia che vi racconterò più avanti. vi basti di sapere che da quei discorsi lunghi e continuati mi venne chiaro che no, non sarei andato in salento tuttefamiglie perchè c'era da riprendere dei discorsi.

ok e quindi che fai? vieni qua lunedì e poi prosegui per lecce? mi chiede papà al telefono
mmm, non esattamente lunedì.

il quattordici agosto, verso mezzogiorno, imbastito del nuovo zaino arancione sul solito giubbottino bulletproof, sarei montato sulla motoretta gialla lavata per l'occasione e oliata come una rivoltella o un culturista, a seconda delle preferenze; fate voi.
avevo deciso di fare visita ai miei in puglia.
bella pensata originale, si potrebbe dire. già: però nelle intenzioni sarei arrivato dai miei dieci giorni dopo, in una delle tappe di un mezzo giro d'italia a due ruote senza autostrade e senza fretta ma pieno di curve.
quando per caso glielo raccontai -ancora lombardia ma niente eteronimi-
fico, eugenio dice.
già, confermo pensando precisamente ad altro.
un sacco di bei posti, eugenio dice.
annuisco, accendo la sigaretta che m'ero scommesso e lo saluto con un pensiero in testa:
eugenio dice che io sono un rinnegato perchè ho rotto tutti i ponti col passato guardare avanti sì ma ad una condizione
che condizione?
mbò
potevo chiederlo ad eugenio, che condizione. la sigaretta era finita e io ero quasi arrivato a casa quasi, praticamente.



punto su siena, per partire.
sei o sette km dal garage, tranquillo e beato verso la fipili, nella visiera aperta una cosa ronzante picchia dritto sull'astina degli occhiali e mi sento pungere sulla tempia destra. una vespa. ah beh, cominciamo bene!
mi fermo, sfilo il casco, cade il cadavere, mi sbircio nello specchietto: non più brutto del solito. rimetto il casco. brum.

siena non mi sta simpatica. non mi ha fatto niente ne lei nè i senesi. i ricciarelli mai fatta indigestione, il palio m'abbutta: il campanilismo delle contrade lo trovo incomprensibile (le contrade: un paesone diviso in fazioni poco più grandi di condomini, le contrade: il nicchio, il viccio, il vischio e la giraffa. la mossa, il canapo, mill'anni che la chiorba non vince il palio. ma vi sentite?).

ci arrivo dopo un po' di curve e strade alberate: samminiato certaldo altupasciu -enclave brasiliana toscana dove si produce o brigidinho- poggibonsi (poggibònsi è stata evacuàta -e gerusalemme liberata, poggibònsi è stata evacuàta e gerusalemme libera').
in moto non hai l'autoradio, sei solo nel tuo casco e a seconda di che vedi ti entrano in testa dei pensieri persistenti che fai fatica a scrollarti di dosso se li trovi insopportabili.
poggibònsi è stata evacuàta

-e gerusalemme...

a siena conosco solo una persona: è un collega bravo e simpatico (e non lo dico solo perchè so che mi sta guardando); con la sua ragazza dividiamo il compleanno (a meno del millesimo, buon per lei) e quindi prendo e lo chiamo:
ola, che fai, prendiamo un caffè?
ah stai a pisa?
hehe, e no, e io sto a siena mo'.
eeeeeevabé dai.
vaaabè.
ciao cia' cia'.
hehehehe, sì, figurati, ma sicuro.
bòn, cia'.

che mi mangio un panino con le pappardelle al cinghiale per turisti? ma scherziamo?
arezzo-perugia su superstrada vuota alle due del quattordici agosto. una scia gialla, che non c'è niente da vedere. sulle strisce intermittenti un pensiero continuo: riccioluto.

perugia è caldissima, ci passo due giorni di ozio e lettura. la sera con mia sorella e il cane prendiamo il fresco ai giardini del frontone, fumiamo, lanciamo la palla al cane. a ferragosto ad assisi mangiamo l'oco.
minchia buonissimo.

parto da perugia per la maremma.
orvieto bolsena pitigliano sovana saturnia. duecento chilometri di curve su fianchi e sui colmi di colline dolci fanno raggi strani, viste sorprendenti. in duecento chilometri avrò cambiato duemila volte.
quella mattina un sms mi diceva che chissà chi aveva ricevuto un sms che invece era per me e che non c'era verso di riaverlo e comunque tanto non ci si doveva neanche sentire, quindi.
un pensiero abbastanza intorcinato per farsi accompagnare in tante curve, va detto.

a saturnia passo la giornata in piscine calde, sotto getti forti, acqua fredda calda fredda calda calda fredda: giusta. mi sostento di litri di pompelmo e alla fine ho una pelle liscissima e dò di zolfo e uova marce come belzebù.
dormo in un agriturismo in mezzo alla maremma, la mattina fette di pane con marmellata di more e ricotta. sa un po' di zolfo.

mi fermo a scansàno per fare rifornimento. senza scendere dalla moto sfilo la pistola e apro il tappo del serbatoio. guardo i numeri sulla pompa e dò un'occhiata al livello della benzina che sale.
"viaggètta 'sta moto qui, eh?" una ragazzina, una zazie, mi guarda, è la benzinaia, non mi ero accorto che era in piedi accanto a me. una zazzeretta scura una canottiera gialla, sedici anni?
"eh no?"
"si vede. sei padre?"
"nemmeno"
"allora puoi correre, che ti frega?
"ah certo, però c'è una donna che voglio incontrare, prima"
"ah beh"
"eh già"
la pistola scatta, è pieno.
"11 e 40 lagallinacanta" smonelleggia zazie, "dove vai?"
"12, a roma. è stato bello, cia'"
"cia'"

scendendo verso la costa grossetana, appena presa l'aurelia da albinia si entra sulla laguna d'orbetello. faccio il giro dell'argentario alla ricerca d'un posto dove fare il bagno. barche in rada, la costa verde e aspra, la strada stretta, il traffico da risalire fra due file di macchine. viste di isole. memorie di canzoni: una donna alta non è mai banale, sarà per lo sguardo, necessariamente superiore.

tu sei nel mio cuore dal torneo d'orbetello, quando è libecciato e non s'è giocato
e la laguna sembrava volesse coprire il promontorio

"sei del posto tu?" mi chiede già senza speranza uno da una peugeot.
su una stradina secca che pare il west trovi uno in motocicletta vestito non proprio per un'uscita di mezz'ora, con una cartina che gli spunta dal giubbotto e uno zaino evidentemente inzeppato: glielo chiedi per far conversazione. allora facciamola: "eh no, sono in giro, cercavo la baia del mar morto"
"ah anche tu? allora prova a seguirmi, ma non garantisco"

c'è una sola strada, anche per me è difficile perdermi. tornanti in discesa stretti che sembrano gradini, in moto non è banale. la vista sul mare è mozzafiato. a un certo punto troviamo macchine parcheggiate. il tipo della peugeot fa segno che è giù di là.
in moto, beh, si parcheggia facile. scendo per un sentiero amazzonico, un signora quand'ero ancora sul livello della strada mi ha detto che sì, si scende di qua. eppure oh, qui è tutto un canneto, sembro mister no.
spunto su una roccia e sotto, il mare. una caletta piena di barche in rada, quello che si dice un paesaggio lunare: roccia nuda assolata e le onde che battono placide, un signore prepara esche arroccato su uno scoglio, sua moglie sferruzza. una ragazza legge un libro, dei bambini si rovesciano l'acqua in testa coi secchielli, una coppia di adolescenti napoletani tenta d'inerpicarsi su un dente di scoglio a piedi nudi, mannagg' a marìna.
trovo uno scoglio bastante per stendervi il mio telo rosso. mi spoglio, mi tuffo. è blu e indifferente. freddo, profondo e limpidissimo, ci saranno almeno sei metri d'acqua appena fuori.
nuoto verso uno scoglio che affiora. da quelle barche a qui saranno settanta metri a dir tanto. chissà se scendono a nuoto da lì. certo sulla spiaggia (spiaggia) non c'è niente di niente, cosa ci vengono a fare? e io che ci vado a fare? torno, mi stendo al sole, m'asciugo. dopo un'oretta sono di nuovo in moto, continuo il giro.
la strada peggiora decisamente, faccio quattro chilometri di sterrato bianco, pietre, salite, discese, la moto scoda, una fatica.

mi fermo ad orbetello, in un bar prendo un'acqua minerale e un chinotto e li secco entrambi in due minuti seduta stante, cioè su una panchina.
fumo, guardo le mail sul telefonetto: un'amica del liceo di mia sorella mi chiede come fa a ritrovarla. agosto. guardo la cartina, tutta l'aurelia giù lungo la costa, parto.

roma si apre con la vista del cuppolone da lontano, ammazza.

(...continua)

travelling without moving

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