che cosa diventiamo

Oct 16, 2010 12:52

andavo al liceo con il nipote di manunzio, il professore
manunzio anch'egli
nella forma e nel colore

costui
supernamente rattuso, sia detto incidentalmente,
ancorchè giovanetto

comunque
costui
giovanetto
elaborò e produsse una teoria filosofica neoplatonica nota come
la filosofia della mastranza

che ti vado ad esporre

la teoria prevedeva l'evoluzione dalla materia grezza alla pura forma

l'evoluzione si espletava percorrendo gradi discreti, livelli di specializzazione crescenti e perfezionamento continuo ma quantizzato, richiamandosi senz'altro inconsapevolmente a bohr ma più immaginificamente ad un certo numero di bottiglie di peroni dove di ognuna delle quali il livello s'abbassa in modo continuo e però per continuare devi passare ad un'altra bottiglia, tutt'affatto separata e con nessuna transizione fra le due successive.

la teoria era applicabile a tutti ed ad ognuno ed aveva una base amplissima (la materia informe)
ed un vertice di verità (pura forma)

la materia era costituita dall'uomo insipiente e di bassa levatura, esperienza ed evoluzione.

il Filosofo lo chiama, con chiaro intento di speranza: discipulo.

il discipulo non è niente, non sa niente, può solo imparare;
però in quanto discipulo altro non deve che imparare.
sceglie arbitrariamente una sua specialità e se ne impossessa con l'esperienza
e così risale i gradi della mastranza da discipulo in suso fino al vertice spirituale della pura forma: il Mastrangelo
termine inarrivabile, naturalmente

il discipulo, creandosi, passa i vari gradi, dicevamo.
essi sono:

mastruccio
mastrillo
mastro
capomastro
mastracchione
mastrissimo
sceriffo

il passaggio di livello è decretato dal Mastrangelo (superiore allo sceriffo) che lo accerta con il dire:

sì nu màst!

pare superfluo precisare che il Mastrangelo, che tutto sa e tutto in sè assomma, era lui medesimo:
giovanni manunzio da motta, il paesello che gli diede i natali: motta montecorvino.

questo gli provocò qualche critica da parte di feyerabend e adorno ma lui non se ne diede per inteso,
il Mastrangelo iév d'a mott'*

"e poc me ne fott'" pare avesse risposto, infatti, alle contestazioni dei due filosofi

adesso giovanni manunzio lavora all'agenzia delle entrate di vasto.

l'ho visto a natale scorso.
rubicondo e rubizzo, le guance di putto, i fulvi capelli ricci e gli occhi cerulei e sporgenti siccome tiroidei
opimo dell'epa com'uomo signorino
vestiva un completo cangiante e una cravatta rosa già vista nella puntata di derrick addosso ad un tenutario di bordello bavarese
rosa cherubino
lievemente perlato, sì

le mani larghe e dalle palme sudate in fondo ai bracci dell'alta persona gli conferivano il dinoccolare dell'ebbro anche quando appena sveglio, così che chi lo vedesse non poteva esattamente inferire nè approssimare da quando si fosse levato, nè da dove.
stupì, nel gruppo della sua compagnia, di vedermi

negletta la presenza d'altri a lui noti d'adolescenza e lieto ruzzare, che di contro non ebbero dubbi ancorché dissimulassero fra timore e riserbo,
e illuminatosi negli occhi d'etile che già dicemmo cilestri esordì come vent'anni fa:

remE!

vocativo della seconda.

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*era di motta

portraits, petite cosmogonie portative

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