millesettecentoquarantasei (terza parte)

Oct 04, 2009 20:01

vuol dire qualcosa quando in piscina si pensa, che conti e pensi. quante vasche, quante bracciate: respirare ogni tre. trentasei vasche di piastrelle cilestrine, arrivi al bordo e c'è la finestra: cazzo, piove.

e sono in moto.

balengo, sei nell'acqua, che ti cambia se fuori piove? più bagnato di così certo non sarai.

m'è andata di culo quest'estate, che al bivio per spoleto venne giù quello scroscio e io -vìa!- svoltai per perugia rapido ed insidioso.

come c'ero arrivato?

mi aspettavano i miei, mamma mi aveva telefonato che stavo ad albano laziale, nel casco:

ehi! sei partito?

ehi mamma! essì, sto sui castelli romani

ma stai in motocicletta? e chiudi!

ma secondo te quante mani tengo? ci ho l'auricolare, ma'. stasera sto da voi, state al mare o a casa?

ennò, stiamo a lucera che stasera andiamo a prendere a ziarita. arriva a sansevero alle sei. tu quand'è che arrivi?

oh, e voi fate con calma, io arrivo con tutta calma, verso le sette

madò! e sono le dieci mo'! fin'alle sette sop' a quella motociclett'!?

ma no, figurati. mi fermo, mangio, non ti preoccupare. voi fate tutto con calma, ci vediamo a casa non prima delle sette.



alle due sono a venafro.
una strada piena di curve, che in macchina (trust me) le domo con sensazione di infinita padronanza, mi porta a campobasso e poi giù fino al cambio di paesaggio di Gambatesa, sul viadotto che porta il cartello del confine regionale pugliese: ogni volta (ogni volta) che passo di là - andata o ritorno - ogni volta, suono il clacson punto linea punto (papà era marconista).
una volta mi ci fermò la finanza, mi ispezionò il bagagliaio della fiesta d'allora: perchè suona?
lo faccio sempre quando attraverso il confine pugliese.
sorrise, l'appuntato.
faccio simpatia agli appuntati.

sempre la fiesta tenevo quando mi fermarono, ancora studente: ero in macchina con un antico amore -non più amore già allora, ma da sempre un affetto forte- proprio su quella strada, al ritorno da pisa, a tavoletta perchè la fiesta -che vuoi- sessanta cavalli teneva.
dotto', amma fa' chiàn* consigliò accondiscendente l'appuntato quella volta prima di lasciarmi andare con la mia patente ancora salva.

chiamo emmina da venafro:
- emmina, state ad alberona? vi vengo a trovare.

- emmè vieni vieni, stiamo da algèna, lo sai dov'è?

- emma, alberona è nu muzz'k, m'avessa perd'?** quando sto là ti chiamo.

dopo volturara la strada diventa gentile e le curve si accomodano fra i campi di grano che vedevo bruciare da ragazzo, a luglio, dopo la mietitura: paesaggi di velluto incendiati di notte dal mio balcone, il tavoliere dolce s'inclinava verso l'appennino. vedo lontano il castello di lucera, m'intenerisco al ricordo del lungo rettilineo dove lanciavo la bmw di papà per leggere duecento, mille anni fa. svolto verso le colline.

alberona.
un paesino fresco sul fianco d'una collina, minuscolo.
trovare emma è facile, mi offrono un caffè e dei dolcetti di mandorla, pasquale vuol provare la mia moto. emma dice che suo marito s'è sc'm n't***. è la bella sensazione di essere con amici di sempre.

ci sono le due bimbe dei loro amici, con la più piccola è subito amore, ha sei anni:
come ti chiami?
francesca
aaaaah, elena! che bel nome!
nommichiamo elena, mi chiamo francesca!
e io che ho detto? teresa.
no teresa: francesca!
vabè ho capito, giorgia, non è che sono sordo!
uffa! fran ce sca
vabè vabè, guarda che domani andiamo in piscina. sai nuotare, enrico?
ma sono una femmina!
ah sì?

la sera raggiungo i miei a casa. mamma come al solito mi accoglie come se venissi dal biafra.

non tenevamo niente, giusto due mozzarelle, t'ho fatto la parmigiana colle melanzane nostre.

buone! dolci! però hai fatto il pomodoro, non l'hai fatta col sugo!

vìd e che f'tent****! te ne sei accorto?

ma', per forza, scusa. buona però.

che ti vuoi mangiare domani?

l'agghiacciante domanda i miei te la fanno che stai ancora a tavola a cena, quando -cioè- non puoi nemmeno pensare di aver bisogno di mangiare ancora già l'indomani.
men che meno se sai che hai un invito a cena per un'amatriciana che devi cucinare tu ad alberona.

mah, facciamo una zuppa di pesce?

ah, sì. io ti volevo fare una lasagna

(nooooo, saranno 38 gradi, quale lasagna!)

no, mamma, veramente: tengo proprio desiderio. facciamo una zuppa di pesce.

e ci vuoi due linguine? un poco di pasta? tanto a papà gliela faccio.

no, per me va bene solo il pesce. veramente.

sacc'. n't màgn nìnt!*****

(papà - è lui che fa la spesa - meno di un chilo e mezzo di pesce per tre persone non lo considera nemmeno. figuriamoci)

la sera dopo, dopo quella zuppa di pesce a pranzo ed una pennica mondiale, torno ad alberona e cucino un'amatriciana dignitosa: la cipolla imbiondita nel guanciale, un poco di peperoncino,
numero cinque pelati. al momento di scolare i bucatini si aggiunge menta in foglie e pecorino in gran quantità che diventa quasi cremoso quando salti tutto in padella.
mando sms per segnalare l'evento oltremare.

dignitoso

poi carne alla brace, poi si esce per il paese, sigaro alla mano e si chiama eugenia, rosanna, clotilde, giovanna la bimba francesca che puntualmente precisa "francesca!".
ho conquistato una seienne, mando a dire per short message.
la faccia ballare, mi si risponde.

dopo una giornata in piscina nel paesello montano prendo la motoretta e muovo verso l'indicibile adriatico di marina di lesina (o lesina marina secondo l'attuale burocratica, trascurata toponomastica neanche riportata sui cartelli stradali).
marina di lesina (o lesina eccetera) è un posto da vacanze familiari, nota per la leggendaria presenza di zanzare stukas dotate di sirena per l'attacco in picchiata e per la curiosa condizione di tempo splendido e mare cristallino che cessa il giorno prima del mio arrivo.
spiego meglio: vado in ispiaggia alle otto con ancora i bagnini che, gli ombrelloni chiusi a pinnacolo, rastrellano cicche di ms e formine a cavalluccio marino. il mare è desolantemente verdastro, visibilità in acqua 60 cm se va bene, un venticello da nordest preannuncia moto ondoso in aumento già nella tarda mattinata.
faccio la mia nuotatina fino al molo andando di boa in boa e pensando come l'amato duca d'auge "anche questa l'ho in quel posto".

quando arriva papà sto sul lettino leggendo celine, saranno le 10.
-com'è l'acqua?
-mah, un po' torbida, sarà stato mosso (l'amor filiale porta alla menzogna)
-ah, fino a ieri era bellissima!

sono anni che va avanti così. fino a ieri era stupendo: un mare d'olio. giusto oggi arrivo io ed è specificatamente una chiavica.

la notte di marina di lesina è piena di attività. ho dovuto smettere la compilazione delle cornici concentriche sulla veranda di casa perchè a duecento metri mettevano lambade poderose e ogni allegrissimo strazio latino.
la voce del presentatore (non vedevo ma sentivo eccome) invitava tutti a ballare.
ripetutamente.
poi magnificava la disinvoltura di quel signore col costume rosa.
non vorrete lasciar ballare da solo quel signore col costume rosa!
bravo quel signore col costume rosa! così si fa! come si chiama, signore col costume rosa?
non lo vuol dire?
ebbravo ebbravo lo stesso.

il signore col costume rosa ha ballato verosimilmente da solo fino alle due anche durante il discorso entusiastico dell'organizzatore della magnifica serata.
io mi sono addormentato con l'ipod nelle orecchie.
quella notte ho realizzato che questo qui aveva un costume rosa e ballava da solo sotto un palco. una scena di una tristezza che kramer contro kramer a confronto ti viene una sincope dal ridere.

la mattina alle otto sono di nuovo al mare. siccome era l'altro ieri che era splendido oggi fa subito schifo direttamente.
mi metto al sole e leggo. papà arriva e per tigna si fa il bagno.
poi prende il mio ipod, ci spippola un po', s'infila le cuffiette e va di settimana enigmistica.

poi arriva mamma col suo ombrellino e fa conversazione con i vicini d'ombrellone, s'informa di gravidanze, lauree, matrimoni vari. si rammarica che i suoi figii non le dànno di queste gioie (ma misuratamente e con ostentata noncuranza; più tardi o in altra sede si lamenterà di come sarebbe bello organizzare un bel matrimonio).
poi prende la sua sdraio e sfoglia una rivista. papà si volta verso di lei e premurosamente le passa un auricolare dell'ipod.

che è? chiede ninetta
senti. sintetizza papà, con quel gesto che propone, confidando nella sorpresa.
che cosa?
senti! rilancia papà propositivo
non mi piace! rifiuta mamma, preventivamente sospettosa
mah! fa papà, un po' piccato. si rimette la cuffietta e continua il cruciverba.

tre giorni di questa vita sono abbastanza. riparto dopo una parmigiana, delle cocozze coll'uovo, una zuppa di pesce, dei trocchioli al sugo allo stato dell'arte, una pasta al forno, mozzarelle, salumi, e altre delikatessen ingiustamente considerate minori.

faccio il pieno a lucera.
pago come al solito con la carta.
il ragazzo alla pompa fa tutta la giostra e poi mi passa lo scontrino da firmare con quella mossa sbrigativa che se non sei pugliese prendi per scortesia o buzzurraggine e mi fa:

vid ke eja f'rma' (verbatim: guarda che devi firmare)

firmo, e inaspettatamente per lui che mi credeva uno straniero gli dico:

vid ke m'eja da' a cart (verbatim: guarda che la carta me la devi restituire)

si rinviene, me la dà

cia'
cia'

la statale 16 è stata per anni l'unica strada che porta lontano. correva lungo la costa fino a dove non si sa. da sedicenne mi era proibito di portare la motoretta d'allora oltre vasto (i.e.: 100km a nord) dove s'andava a villeggiare. solo una volta (immaginatevi il motivo) mi sciroppai la strada fino a pescara sulla 125 due tempi d'allora. niente autostrada. un mazzo così. 400km in un giorno, andata e ritorno.

niente autostrada neanche ora con la motoretta gialla: termoli, san salvo, a vasto iniziano le colline all'interno e dopo punta penne la strada si fa interessante. sul mare i trabucchi che sospendono reti.
più su fossacesia, una spiaggia improvvisamente secca e ventosa, ci sono bagnanti soli, sparsi. dalla strada una scena di teli blu sbandierati dal vento, il mare di un colore inaspettato, bello, vergato di spume d'onda, rallento, mi fermo.

già sorpreso dalla vista, un sms mi travolge. troppo. lo rileggo. c'è scritto così. eh così. ma che vuol dire?
rimonto in sella e proseguo macinando ipotesi.
ortona, pineto, roseto (a un semaforo un tipo un po' strano balla ascoltando una grossa radio che manda mazurche), pescara, sanbenedetto del tronto. metto benzina.

dovrei andare a civitanova marche ma decido scientemente di sbagliare strada e tagliare per l'interno.
ascoli piceno è in fondo ad una superstrada che faccio lanciando un po' la moto ma da lì la mia meta è norcia.
sulla carta si vede che devo salire sull'appennino, perciò proseguo per acquasparta e il paesaggio si fa tutto verde e montagnoso, la strada s'inerpica ma resta larga.

siccome ho sempre il sospetto di sbagliare strada a un certo punto mi fermo e chiedo a due tipi che stanno tirando le strisce a terra, due dell'anas dico.
vado bene per norcia?

eeee no lo sappiamo, nonziamo di gueste parte. però più avànD sta una benzina.

i pugliesi conquisteranno il mondo, l'ho già detto. saluto e proseguo mentalmente meravigliandomi per la sineddoche naturale che lo stradino della murgia si è concesso con rara sintesi icastica.

in effetti trovo un distributore dopo pochi chilometri. rabbocco il serbatoio e rifaccio la stessa domanda:
vado bene per norcia?

avòja te! più avante piji a destra lo svincolo pe le forche canapine!

una strada bellissima.
salgo sulle colline, si fanno più aspre e brulle, c'è il sole ma inizio a sentire l'aria fresca attraverso il giubbotto, le curve sono ben ampie e a un tratto, dopo una salitona dritta, davanti a me una galleria.
lunga. e fredda anche. prima d'entrarci stavo bene e mezz'ora fa quasi sudavo. lunga. vado ai centoquaranta e sono qui dentro da tre minuti.
sbuco dall'altra parte ed è fantastico. improvvisamente caldo, alberi alti e la strada ombreggiata e sinuosa mi porta sotto costoni di roccia, speroni, apre viste di valli improvvise, accoglie le pieghe incantate della motoretta gialla fino a norcia. un tratto splendido che avrei voluto mostrare, che in testa una sola cosa avevo oltre alle meraviglie che vedevo.

a norcia odore di tartufo e salumi ovunque e ovunque branca branca branca leòn leòn leòn. anche intimissimi, se c'è, vende prosciutti e suona la musica di brancaleone.
un panino col capocollo ci sta tutto.
e un chinotto che devo ancora arrivare a perugia, magari passo da spoleto.

la val nerina è deliziosa, la luce del sole alle quattro è morbida e mi fa sentire come in un video di jamiroquai che sono tutti spensierati e corrono al ralentì. passo davanti al macello di norcia. penso dev'essere una specie di monumento nazionale: il màiale ignoto, tipo.

allo svincolo per spoleto o perugia una secchiata d'acqua; dicevo che al bivio per spoleto venne giù quello scroscio e io -vìa!- svoltai per perugia rapido ed insidioso.

epilogo
dopo un altro paio di giorni a perugia ho ripreso la strada per pisa, mi sono piegato ai soli 150 km d'autostrada di questi quasi milleotto.
è stata una vacanza piena d'attese e scoperte che continuano ancora adesso.
ve lo racconto un'altra volta. questa sennò diventa troppo un pippone.

* "dottore, cerchi di essere più prudente!"
** "emma, alberona è piccolissima, vuoi che mi perda?"
*** "s'è scimunito", gli ha dato di volta il cervello
**** "guarda un po' che furbacchione!"
***** "non mi capacito, non mangi niente!"

travelling without moving

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