Eccovi il secondo Remix, signori!
Vi ricordo che alla fine del post troverete il sondaggio in cui poter esprimere i vostri sospetti sul fantomatico autore, il quale terrà la bocca chiusa fino a tempo debito e, se vorrà, svierà i sospetti votando per altri.
Buon divertimento!
Autore:
gondolin_maid Fandom: Sherlock Holmes
Personaggi: Lestrade, Sherlock (comparsa di Donovan, Anderson e Mrs. Hudson)
Genere: Comico
Rating: G
Warning: nessuno
Conteggio parole: 1262
Note: Lestrade POV
Remix di:
Five o'clock in the afternoon di
renrenren3 La giornata aveva offerto quanto di più vicino alla noia si possa immaginare nel mio lavoro. Nessun nuovo caso particolare, e un bel po' di scartoffie che aspettavano solo una firma o una piccola correzione per essere archiviate. Sarebbe stato quasi rilassante, se non avessi avuto il caso Carfax a cui pensare. Sapevo che c'era qualcosa che mi sfuggiva, qualcosa di minimo e stupido probabilmente, ma era pur sempre qualcosa.
Certo, c'era una persona a cui mi sarei potuto rivolgere, ma era piuttosto sgradevole e mi lasciava sempre, alla fine, quell'amara sensazione di non essere stato capace di fare nulla per dipanare la matassa. Mi domandavo ancora, dopo mesi, come facesse quel sant'uomo di John Watson a convivere con lui senza subire un tracollo nervoso, o per lo meno dei seri danni all'autostima. Eppure li ammiravo entrambi: l'uno per il suo innegabile genio; l'altro per la sua pazienza e per la sua opera lenta e apparentemente infinitesimale di ricerca dell'essere umano in Sherlock Holmes.
“Ecco quelle analisi, capo.”
Anderson getta sulla mia scrivania già ingombra un altro plico di fogli, per poi sparire. È una di quelle persone che fa bene il suo mestiere, ma in quanto a carattere... probabilmente Sherlock lo detesta perché riesce ad essere più antipatico di lui. E ancora non riesco a capire cosa ci trovi Donovan in lui. Ma non è il caso di perdermi in simili elucubrazioni ora: un ultimo sforzo di concentrazione su questo fascicolo e poi potrò andare a casa.
È lo squillo del cellulare ad interrompere l'appassionante lettura delle analisi di laboratorio su alcune ciocche di capelli. E quando dico appassionante non è certamente in senso ironico: se non fossi così interessato ai dettagli sarei diventato un lettore di gialli anziché un poliziotto.
È il bip rapido e discreto dei messaggi, e prima ancora di guardare lo schermo so chi mi scrive. Dopo tutto non sono più un adolescente e l'unico che comunica con questi mezzi è Holmes.
Vieni subito.
Essenziale, come suo solito. Persino troppo, a pensarci. Che ci fosse stata un'emergenza? Il ricordo di quando l'appartamento era saltato in aria era ancora troppo fresco nella mia memoria per non farmi scattare l'adrenalina e rendermi pronto ad agire in meno di un secondo.
“Anderson, Donovan, con me!”, ordino uscendo con la giacca in una mano e il cellulare nell'altra.
“Che succede?”
“Non lo so ancora, ma ho ricevuto un messaggio da Sherlock Holmes”, mi volto giusto il tempo di un'occhiataccia ad Anderson, per gelarlo prima che possa fare qualche battutina delle sue su come scattiamo ogni volta che ci chiama. Come se non ci avesse spesso tirati fuori dai guai, con quel suo modo di fare sbrigativo e scorretto.
Il 21B di Baker Street sembrava per lo meno intatto. Chissà cosa poteva avere da dirci di così urgente il “freak”, come lo chiamava Donovan.
“Buonasera, ispettore Lestrade!”, esclamò Mrs. Hudson, venendoci incontro con un sorriso, “Anderson, Donovan”, aggiunse con un cenno del capo, poi tornò a rivolgersi a me col suo miglior tono da portinaia: “Che succede? Qualche nuovo caso?”
“A dire il vero speravo che lei sapesse qualcosa di più. Ci ha chiamati Holmes, sembrava urgente.”
“O santo cielo, quel ragazzo, cos'avrà combinato stavolta?”
“Niente di grave, spero”, risposi sbrigativo, “Può darci le chiavi di riserva per favore?”
Ci mise un po' a farsi convincere ad aprirci l'appartamento, non si sa se per rispetto della privacy del detective o per cercare di ottenere qualche informazione in più da noi. Ma alla fine più di tutto poté la sua preoccupazione nei confronti di “quel ragazzaccio”, e ci fece salire.
Trovammo Sherlock tranquillamente sdraiato sul divano, in pigiama e vestaglia. Non seppi se la cosa mi rassicurava o meno.
“Stai bene?”, gli chiesi dunque.
“Non ferito o malato, se è questo che intendi.”
Bene, iniziava coi suoi indovinelli. Alle mie spalle immaginai Donovan e Anderson scambiarsi occhiate esasperate, e domandai bruscamente: “Dov'è questa tua emergenza?”
Ma Holmes aveva già dirottato altrove la propria attenzione: “Sono lieto che si sia premurato di venire anche lei, Anderson, ma la prossima volta non si disturbi. La sua sola presenza nuoce ai miei nervi.”
Mi passai stancamente una mano sulla fronte, massaggiandomi le tempie. Perché dovevo stare lì a sopportare i capricci di quell'uomo, e senza che mi fosse nemmeno conteggiato come straordinario? (Consideravo il tenerci buono Holmes per le emergenze come parte integrante del mio lavoro, ormai.)
“Non sono corso qui solo per vedervi litigare”, intervenni prima che la situazione degenerasse.
Sherlock sospirò affranto. “Cosa dovrebbe fare un buon investigatore?”
“Osservare”, risposi istintivamente, per poi darmi dell'idiota subito dopo. Non dovevo stare al suo gioco.
“Esatto, Lestrade, esatto!”, esclamò soddisfatto, “E cosa osservate qui?”
“Che per una volta non ci sono prove sottratte alle nostre indagini?”, tentò il sergente Donovan.
Holmes scosse il capo, ma il suo sorrisetto era compiaciuto. “Ci stiamo avvicinando: manca qualcosa.”
“Non saranno mica entrati i ladri, Sherlock?”, gli domandò Mrs. Hudson, torcendosi le mani.
“È John!”, sbottò alla fine questi, chiaramente esasperato.
Ci misi qualche secondo a processare l'informazione. John Watson... “È stato rapito?”
“Peggio”, fu la laconica quanto inquietante risposta. Ma prima che avessi il tempo di fare altre domande, proseguì: “È uscito con Sarah.”
“Cosa?!”, quasi urlai.
“Sta dicendo”, commentò Anderson con tono eccessivamente calmo, “che ci ha fatti correre qui solo perché il suo coinquilino l'ha mollato per una ragazza.”
“Ha detto che non sarebbe tornato fino a domani, e non l'aveva mai fatto prima!”, fece il detective mettendo su un broncio degno di un bambino di cinque anni, “Io iniziavo ad avere sete, e Mrs. Hudson si lamenta se la chiamo per farmi il tè. Continua a brontolare di non essere la mia governante”, spiegò, come se il mondo avesse dovuto sconvolgersi per il grave sopruso che il tapino subiva.
Per un istante il desiderio di rompergli la teiera sulla testa fu così forte che la scena mi passò nella mente con squisita chiarezza, così come i titoli dei giornali. Uomo ucciso a colpi di teiera: si indaga a trecentosessanta gradi oppure Ispettore di Scotland Yard colpisce selvaggiamente un uomo con una teiera: ancora ignote le cause del folle gesto. A dire il vero ero anche certo che Anderson e Donovan mi avrebbero spalleggiato, magari lanciandogli qualche tazza da tè, e probabilmente Mrs. Hudson ci avrebbe aiutati a nascondere il cadavere.
Ma no, non era il caso di iniziare a pensare in questi termini.
“Andiamocene”, dissi nel tono più fermo che mi riuscì di produrre, contando mentalmente fino a dieci, e poi fino a cento per calmarmi.
“Ma non mi avete preparato il tè!”, ci raggiunse la voce di Holmes mentre scendevamo le scale.
Sbattei la porta.
Un quarto d'ora dopo ero di nuovo al 21B di Baker Street. Il tempo necessario a liberarmi dei miei colleghi ed ero tornato sui miei passi. Dovevo tenerci buono Holmes, e se quell'idiota si fosse lasciato morire di sete per protesta (ne sarebbe stato capace, di questo non dubitavo), sarebbe stato un bel guaio.
“Solo per questa volta”, mi parve necessario sottolineare mentre esploravo la cucina alla ricerca di qualcosa di non contaminato da reagenti chimici e porcherie varie. Holmes non rispose ma ero certo che mi avesse sentito. “E comunque sono qui anche perché volevo una tua opinione sul caso Carfax...”, mi sentii confessare mentre portavo un vassoio verso il soggiorno.
Poll Sherlock Holmes Remix 2011