Dunque... premetto subito che questa ff NON è betata, quindi potrebbe avvicinarsi terribilmente ad una mostruosità; mi scuso da subito e nel frattempo vado a nascondermi, in attesa del lancio di pomodori.
La storia racconta la classica vicenda trita e ritrita del matrimonio di Watson, ma l'avevo scritta da tempo e poi...tutte hanno scritto almeno una volta una ff cu questo argomento.
Pairing: Holmes/Watson
Raiting: Pg 13
Genere: Angst, romantico
Summary: ''... Era impensabile che preferisse essere infangato da uno scandalo piuttosto che vedermi accanto ad una persona che non fosse lui...''
Il codardo lo fa con un bacio
''E ogni uomo uccide la cosa che ama,
Che questo lo sentano tutti,
chi lo fa con uno sguardo amaro,
E chi con una lusinga,
Il codardo lo fa con un bacio,
Il prode, con la spada!
....perchè tutti uccidono la cosa che amano,
Anche se dopo non tutti muoiono.''
La Ballata del carcere di Reading.
Oscar Wilde
L'ultimo modo in cui potrei definire Sherlock Holmes è codardo.
Codardo è un termine che mal si adatta alla sua persona. Forse si tratta semplicemente di una mia mancanza, di inadeguatezza lessicale, o forse difficoltà nel trovare sinonimi adatti perchè, classificare Holmes con un epiteto del genere sarebbe come tirare una bestemmia, ma alle volte codardo è l'unico aggettivo che riesco ad accostare alla sua persona.
Sherlock Holmes è l'uomo più coraggioso e impavido che io conosca: nelle sue indagini dimostra una prontezza di spirito ineguagliabile, ma è quando si trova a stretto contatto con le sue emozioni che diventa codardo. E di una codardia che cerca di nascondere, dietro quella sua tipica maschera di contegno e indifferenza.
In realtà non ne ho mai compreso davvero il motivo: suppongo si sia sempre trattato di orgoglio, superiorità, il desiderio di dimostrarsi immune ai suoi stessi sentimenti, quando in realtà si trovava a celarli dentro.
Si rifiutava di mostrare i suoi più reconditi desideri, con la paura di esserne travolto mentre in realtà, per quanto cercasse di nasconderli, questi rimanevano sempre in una parte della sua anima, e lui ne era sopraffatto.
Codardo.
Perchè ho sempre ritenuto tale, chi non affronta il proprio cuore.
Il testo che mi presto a raccontare non è dato alla pubblicazione, per ovvi motivi, ma si tratta di un recoconto che scrivo a livello personale, così da poter imprimere su carta i ricordi , senza rischiare di affidare i dettagli alla mia memoria di uomo che, come si sa, è evanescente e fragile, destinata a disperdersi nel tempo. Anche se, in tutta onestà, dubito che riuscirò mai a dimenticarmi quel giorno.
I fatti che andrò a narrare risalgono all' inverno del 1888, prima del mio matrimonio con la signorina Morstan, con cui al tempo ero fidanzato ufficialmente.
Ricordo tutto alla perfezione, nonostante siano passati ormai parecchi anni da quel giorno. Holmes era chiuso in uno dei suoi tipici silenzi; teneva lo sguardo fisso su un punto imprecisato del tavolo, le dita armeggiavano abili con i suoi esperimenti di chimica e non si preoccupava neanche della mia presenza.
Ci ero rimasto male.
Sapevo che non avrebbe gradito la notizia, ma avevo sperato che, nonostante la sua natura fredda e indifferente, capisse e accettasse le mie imminenti nozze con Mary.
''Miss Morstan è un 'affascinante fanciulla; anche se non approvo la sua scelta credo che la signorina sia la persona più adatta con cui crearsi una famiglia'' nella sua voce c'era una lieve traccia di qualcosa a cui non avrei saputo dare un nome preciso...risentimento, forse.
In realtà non mi aspettavo dicesse questo. Mi erano parse frasi ovvie, di circostanza, frasi pronunciate per far fede ad un' aspettativa, senza però essere sincere.
Dal momento che gli avevo comunicato che Mary mi aveva fatto l'onore di accettarmi come suo marito, il volto di Holmes, magro, acuto e sempre percorso da una vena di cinismo, si era celato dietro una maschera di freddezza e distacco.
Quella freddezza e quel distacco che riservava solo alle persone indisiderate, e con cui mai aveva guardato me.
Il suo fedele Boswell.
Il suo compagno di avventure.
Il suo amico.
''Holmes?'' non alzò lo sguardo su di me e continuò a dedicare la sua attenzione agli esperimenti di chimica, sul tavolo, come se fosse sordo alla mia voce.
''Holmes?''
''La sento'' la sua voce era innaturalmente fredda e c'era traccia un irritazione crescente. Conoscevo quel suo tono perentorio: era rabbia, rabbia repressa che cresceva dentro di lui, pronta ad esplondere in maniera inaspettata e del tutto innaturale.
Non ero mai riuscito ad abituarmi sul serio al suo concetto di rabbia: il mio cervello tendeva ad associare a tale parola, gesti convulsi e ira incontrollabile, mentre in Holmes tutto ciò non avveniva. Il suo sguardo si faceva fisso, le sopracciglia sottili si inarcavano leggermente e manteneva un tono di voce all'apparenza incurante. Ma io lo conoscevo bene, e sapevo scorgere quella vena di irritazione nella sua voce.
Holmes era arrabbiato.
''Perchè devi detestare Mary a tal punto?''
''Non dica sciochezze'' sbuffò, come infastidito dalla mia mente così ottusa, esasperato dai miei limiti logici. ''Io non ho niente contro la signorina Morstan: è una ragazza brillante e molto intelligente e non esagero se dico che per il caso del Tesoro di Agra, si è dimostrata degna di rispetto ed attenzione''
''E allora qual'è il problema, Holmes?'' rimase in silenzio, continuando a dedicare la sua attenzione ad uno dei suoi delicati becchi Bunsen da cui si stava levando un fumo denso e rossastro. Attesi, ma il mio collega non sembrava intenzionato a proferir parola e, in tutta onestà, non avevo bisogno delle sue ammissioni: avevo sperato di sentirgli dire qualcosa di concreto... non che ne avessi davvero bisogno, volevo solo sentirmelo dire, perchè alle volte è bello sapere di contare per qualcuno.
Ma Sherlock Holmes non era il genere di persona da cui aspettarsi questo genere di cose; ci si doveva limitare ad affinare la vista ed osservare quei suoi gesti semplici e non plateli, che scandivano la sua quotidianità e che rendevano unica la nostra convivenza.
''Lo faccio anche per te'' dissi all'improvviso, mosso da chissà quale volontà e me ne pentii subito: vidi la mano pallida di Holmes bloccarsi a mezz'aria, con una provetta fra le dita affusolate; quando si voltò verso di me, mi regalò una delle sue peggiori espressioni rabbiose.
''Non mi pare di averle mai chiesto di sposare la Morstan''
''HO DOVUTO FARLO HOLMES!! E TU LO SAI!!'' avevo urlato, abbandonando il mio tono di voce mite e tranquillo e, avvicinandomi al consunto tavolo degli esperimenti, incrociai il suo sguardo grigio.
''Sono stato costretto a farlo...e l'ho fatto anche per te...''
''Ma certo Dottore, lei è la vittima che si è sacrificata in nome dell'onore e della reputazione'' nel suo tono di voce, oltre alla rabbia potevo udire anche una leggera traccia di sarcasmo, quell'ironia che usava sempre quando era particolarmente irritato.
Non capivo come non potesse apprezzare quello che stavo facendo: mi sarei sposato contro la mia volontà pur di salvare la sua reputazione e tacitare le voci maliziose che si erano diffuse sul nostro conto, eppure lui non riusciva a capire, o forse più probabilmente si rifiutava.
La situazione era più che semplice: un pomeriggio, vedendomi con Mr. Doyle, il nostro agente letterario, ero stato informato di una faccenda oltremodo imbarazzante che riguardava voci insinuanti e piuttosto indecenti sul mio conto e quello del mio amico Holmes.
''Spero che lei stia scherzando, Arthur'' avevo detto davanti una tazza di the, e il mio amico Doyle in risposta, mi aveva esposto i fatti. A quanto mi disse, un gruppo di ammiratrici, tutte gentilsignore di buona famiglia e di ottima cultura letterale, avevano diffuso degli scritti di natura scandalosa e indecente riguardo i miei rapporti con Holmes. Pareva fossero così ben narrati, da rischiare di essere confusi con i manoscritti originali dell'autore, se non fosse stato per quella descrizione rivisitata del nostro rapporto.
''Confesso di essere piuttosto irritato, John'' aveva mormorato il pacato Doyle, prendendo ad incurvarsi leggermente i baffi con l'indice e il pollice, dimostando un palese nevosismo.
''Non mi piace come viene descritta questa cosa; quando ho deciso di far publicare i suoi manoscritti non immaginavo che sarebbe sorto un problema del genere. Per ora non sono che voci, ma se dovessero persistere ed i giornali lo venissero a sapere, sarebbe la mia rovina'' pareva davvero preoccupato e sospirò, in preda all'ansia.
''La mia rovina '' riprese ''e anche la vostra'' sapevo a cosa si riferiva: effettivamente la mia notorietà e quella di Holmes erano dovute principalmente al gran successo che aveva riscosso il primo romanzo pubblicato ''Uno studio in rosso''. Prima del nostro incontro con Mr.Doyle non eravamo altro che un normalissimo medico militare, reduce dalla campagna afghana e un consulente investigativo pressoché sconosciuto.
''Siete pur sempre i miei personaggi letterali e non voglio che vi dipingano come due sodomiti'' Arthur era molto infastido e tutto della sua espressione, dal continuo arricciarsi di baffi alle sopracciglia inarcate, suggeriva uno stato di irritazione crescente. Mi colpì che si rivolgesse a me e a Holmes definendoci le sue creature letterarie e per un breve istante, mi sentii davvero un personaggio d'inchiostro nato dalla fantasia di qualche scrittore creativo.
''Mi dispiace Arthur, le posso...garantire che sono soltanto voci insinuanti '' evitai di giurarlo perchè, visto che stavo mentendo, mi sarei trovato a giurare il falso.
''Che consiglia di fare?'' chiesi cercando di nascondere la mia apprensione.
Doyle terminò di sorseggiare la sua tazza di the, poi mi rispose pacatamente, riacquistando quella sua tipica espressione un po' burbera.
''Niente: per quanto irritante non possiamo intervenire in nessun modo. Bisogna solo sperare che quelle signorine a voi tanto appassionate, si decidano a smetterla di dipingervi come due pervertiti''
Così era cominciato tutto.
Non avevo sentito il bisogno di sposarmi ma l'idea di poter compromettere Holmes e la sua reputazione mi terrorizzava. Per nulla al mondo avrei voluto essere io motivo della sua rovina, e così mi ritrovai sempre più spesso a pensare ad un modo per poter placare i pettegolezzi.
Fu l'incontro con Mary a farmi decidere di concretizzare l'idea: non l'amavo, ma quella ragazza bionda e delicata accanto a me dava un'idea di sicurezza e rispettabilità che neanche il più perverso e malizioso degli uomini avrebbe osato contraddire. Suggeriva un concetto di purezza e innocenza, perfetto per dissimulare le mie colpe e tacitare le malelingue.
In realtà lo facevo soprattutto per Holmes; pensavo che avrebbe capito, ma soprattutto che avrebbe accettato. Sapeva perfettamente che per lui mi sarei preso una pallottola in petto e questa mia decisione non era meno dolorosa di un colpo di revolver.
Ed invece la sua espressione si era fatta fredda e distaccata, mentre nella sua voce potevo sentire quella nota stonata di irritazione; forse avrei dovuto capirlo, molto probabilmente anch'io ad una notizia del genere avrei reagito nello stesso identico modo ma, nonostante questo, non riuscivo a scusarlo. Era impensabile che preferisse essere infangato da uno scandalo piuttosto che vedermi accanto ad una persona che non fosse lui.
Egoista.
Egocentrico.
Lo era sempre stato.
''Non significherà niente'' mormorai debole, cercando però di mettere enfasi in quelle poche parole e gli poggiai una mano sulla spalla; lui si scansò malamente, facendo tintinnare i preziosi alambicchi sul suo tavolo.
''Se ne vada'' la sua voce mi mise i brividi.
''Smettila di parlarmi con tanta formalità; mi pareva che ormai ci rivolgessimo con maggior confidenza.'' era il suo modo di parlare a darmi davvero fastidio, mi trattava come uno sconusciuto sgradito e questo mi sembrava un atto di grande scortesia.
''Lei non è l'uomo che io ho conosciuto. Mi è estraneo e come tale non voglio avere niente a che fare con lei'' credo di essere un uomo abituato alle sofferenze, sia fisiche che morali; nel giro di pochi istanti ripensai a quanto di più brutto avevo passato nella vita, ma non riuscii a trovare niente che potesse essere paragonato all'effetto che quelle frasi ebbero su di me.
Ancora non sapevo che sarebbero riecheggiate nella mia mente per anni interi, logorandomi nel senso di colpa.
Sarebbe stato meglio se non avesse proferito parola.
''Non credo di aver mai conosciuto qualcuno più testardo e borioso di te! Mi vuoi stare ad ascoltare?''
''Lo sto facendo, e mi permetta di dirle Dottore che il contenuto di questi suoi discorsi è oltremodo scadente''
''Perchè non lo capisci?'' chiesi, ignorando l'appunto lessicale che mi aveva appena fatto, e ripresi a parlare ''L'ho fatto per evitare che uno scandalo ci travolgesse.''
''Gentile da parte sua, ma superfluo visto che nessuno gliel'aveva chiesto'' sbottò infastidito e si alzò in piedi.
Solo io potevo vantarmi di aver osservato sul volto di Sherlock Holmes, qualsivoglia genere di espressione: conoscevo la sua innaturale ma tipica freddezza, ma potevo giurare anche di aver visto una ben celata felicità, mentre adesso potevo scorgere su quel volto magro, una rabbia composta ma dirompente.
''Ci sono delle voci in giro e non voglio rischiare uno scandalo; è pericoloso Holmes. L'Emendamento Labouchére punisce con la reclusione, gli atti di sodomia''
''Vedo che adesso si mette a darmi lezioni di diritto britannico'' proclamò irriverente ed io non riuscii a trattenermi dall'alzare gli occhi al soffitto, esasperato.
''Pensavo che avresti apprezzato quello che sto facendo... un uomo come te dovrebbe conoscere i rischi di questa società, e comprendere che stiamo andando contro la legge e la moralità''
''Non mi pareva le importasse granchè della moralità; una volta non si faceva di questi problemi''
''Non essere volgare'' lo ripresi e lui mi dette le spalle, voltandosi verso la finestra.
''Lei dice che nulla cambierà fra noi, ma nonostante questo sposa Mary. Non so come farà a guardare in faccia sua moglie, Dottore'' era questa la cosa che mi torturava, e naturalmente Holmes aveva approfittato per mettermi davanti al mio senso di colpa e farmi sentire l'essere più abbietto di questa terra.
Perchè quando non sapeva più cosa fare, diventava crudele.
L'idea di ingannare Mary, così gentile e pura, mi faceva star male: lei non meritava un marito come me, che si divideva con un'altra persona -oltrettutto così sbagliata- e la tradiva. Perchè anche se non l'amavo, nutrivo per lei un sincero affetto, che mi aveva portato a sceglierla come la persona più adatta con cui dividere la vita e non volevo farle un torto così grave.
''Lo sai che è una copertura... non significa niente, rimarremo quelli di prima'' tentai di nuovo, sperando di veder reagire Holmes e infatti lui si mosse verso di me con un'agilità sorprendente; sentii il suo corpo comprimermi contro la parete alle mie spalle e mi ritrovai con i polsi bloccati dalla sua stretta ferrea e gelata, il suo volto pallido a pochi centimetri dal mio.
''In realtà è colpa mia'' la sua voce usciva come un ringhio rabbioso e sommesso e mi stupii, perchè in tutti i nostri anni di convivenza non l'avevo mai sentito colpevolizzarsi di qualcosa.
''Mi sono fidato troppo di lei, le ho permesso di conoscermi troppo a fondo e lei ha tradito la mia fiducia''
''Smettila di trattarmi con questo tono formale''
''E perchè dovrei?'' respirò a fondo, come se cercasse di controllarsi poi alzò il suo sguardo grigio su di me ''Posso accontentarti se vuoi, ma rimani comunque un estraneo per me. E dovresti sapere che io non mi fido degli estranei''
''Io non amo Mary'' lo sussurrai appena e, con grande sforzo, lo guardai negli occhi, sperando che potesse leggerci la verità. Era un vero genio quando si trattava di farsi spazio negli animi umani per coglierne dettagli rivelatori... sperai che non si smentisse stavolta.
''Allora perchè la sposi?''
''Te l'ho già detto''
''Dimmelo di nuovo''
''Vuoi soltanto sentirtelo ridire per umiliarmi''
''Probabile. Allora?'' cercai di ignorare quel suo tono di sufficienza e rincuorato dal fatto che avesse ripreso a parlarmi con modo confidenziale, sperai di essere vicino ad una risoluzione positiva.
''Non voglio vederti dietro le sbarre di un carcere'' non ero riuscito a dire di più: per quanto fossi stato incline al sentimentalismo, non riuscivo a dire a Holmes tutto quello che pensavo perchè avevo troppo timore di essere considerato uno sciocco romantico. Nonostante questo, non c'era un'oncia di menzogna in quello che avevo detto: per quanto rispettassi la mia fidanzata, ogni volta che mi avvicinavo a lei mi trovavo a pensare a Holmes. Sapevo che mi avrebbe odiato ma mi imposi di non pensarci e di ignorare il risentimento che avrebbe provato nei miei confronti; dovevo andare avanti nella mia messainscena.
Quella messainscena, all'apparenza crudele, gli avrebbe salvato la reputazione e non mi importava se mi avesse odiato. Se era per lui, l'avrei sopportato.
''Mi dispiace... scusami''
''Non me ne faccio niente delle tue scuse'' sbottò, in preda ad una rabbia sempre maggiore e la presa sui miei polsi si e fece più intensa, fino a far male.
''Mi hai deluso Watson''
''Mi dispiace''
''Non voglio più vederti'' quelle parole furono pronunciate con un distacco atroce che mi fece desiderare di poter rivivere tutti i dolori passati nella mia vita, nella certezza che avrei sofferto meno.
''Ti prego Holmes...''
''Vattene''
''Ascoltami una buona volta.'' riuscii a liberarmi della sua stretta e gli agguantai le maniche, sentendo sotto il tessuto della camicia il suo braccio sottile e muscoloso, tuttavia non fui in grado di proferir parola visto che mi baciò con violenza, schiacciandomi maggiormanete contro la parete.
E per l'ennesima volta mi distrusse.
Considero tutt'oggi quel suo bacio, un gesto di incredibile codardia; avrebbe potuto ascoltarmi, capire, ed invece aveva preferito distruggermi nell'unico modo che gli era possibile.
Amandomi.
Non era niente di simile a quello a cui ero abituato: non era il bacio gentile di due innamorati, nè quello appassionato e frettoloso di due amanti mossi dal desiderio, bensì era qualcosa che aveva in se della ferocia, come se contenesse tutta la sua rabbia ed il suo disappunto.
Sicuramente mi avrebbe odiato per il resto della sua vita.
E avrebbe fatto bene.
Mi aggrappai a lui, stringendo le sue spalle fra le mani con una paura disperata. Paura che potessi perderlo, che potesse non perdonarmi... paura di aver sbagliato tutto.
Quando ci separammo avevamo entrambi il fiato corto, sul mio volto ancora tutto il timore e lo sconcerto che quel bacio rabbioso aveva lasciato dentro di me, mentre Holmes sollevò la mano verso il mio viso e con il dorso delle dita mi sfiorò lo zigomo.
''Ti prego Holmes''
''Vattene, non ti voglio qui... non ora almeno'' la sua espressione dura e la sua voce fredda contrastavano nettamente con il suo gesto. Quella sua mano sul mio viso sembrava voler ripercorrere i contorni del mio profilo mentre i suoi occhi, celati dalla freddezza, sembravano urlarmi di rimanere con lui.
''Vattene via'' disse di nuovo e abbassò subito la testa, perciò non potetti vedere la sua espressione mentre si allontanava dandomi di nuovo le spalle. Quando non sentii più il suo corpo contro il mio, una dolorosa fitta di privazione mi attanagliò.
''Cerca di capire.'' provai di nuovo, sperando che quel suo gesto lo avesse reso più incline ad ascoltarmi, ma non fu così.
''Io capisco: per questo ti chiedo di andartene'' ma io non mi mossi, incapace di fare anche un solo passo per uscire dalla sua vita.
''Ti prego... vattene via'' in tuttà onestà furono quelle parole a muovermi. Holmes non aveva mai pregato nessuno perchè era troppo orgoglioso e fiero per abbassarsi a compiere un gesto simile e pur di non costringerlo a farlo, me ne andai.
Appena mi ritrovai fuori dalla stanza non desiderai altro che avere indietro la mia vecchia vita.
Sperai che non fosse troppo tardi.
''E ogni uomo uccide la cosa che ama...
Il codardo lo fa con un bacio...''
Fine