Mi scuso per eventuali errori che commetterò; è la prima volta che pubblico su Holmes ita e devo prendere ancora un po' di dimistichezza.
Se dovessi aver commesso qualche errore, potete tranquillamente spostare, sistemare e persino cancellare.
Pairing: Holmes/Watson
Raiting: Pg 15
Genere: Romantico, fluff
Beta: Hikaruryu
Mando un ringraziamento gigantesco alla grande Hikaruryu, che ha accettato di betarmi questa prima slash Canonverse, consigliandomi e aiutandomi per migliorare questa storia: cara, ti mando un ringraziamento enorme!!
La cura del Buonumore
Venni svegliato da un raggio di sole mattutino, filtrato dalle persiane accostate, e aprii lentamente gli occhi, cercando di adattare la vista alla luce.
Misi prima a fuoco le sagome e i contorni di ciò che avevo intorno, poi mi soffermarmi sui dettagli: l'angolo del comodino leggermente tarlato, la manopola del cassetto socchiuso, un paio di gemelli dorati persi fra le assi del pavimento.
Mi voltai dall'altra parte, nella speranza che gli inopportuni raggi mi lasciassero riposare, e mi ritrovai a pochi centimetri dal suo volto.
Rimasi a fissarlo per qualche istante, incapace di formulare ogni qualsivoglia forma di ragionamento logico. Dormiva tanto beatamente da sembrare la perfezione fatta persona: i capelli bronzei erano sparsi sul cuscino in maniera disordinata, ma la sua espressione era davvero serena ed un tenue sorriso gli increspava le labbra. La testa affondata nel cuscino, il corpo perso fra le mille pieghe del lenzuolo ed io mi accorsi solo troppo tardi che la mia mano, muovendosi di propria volontà, era andata a spostarli delle ciocche castane dal viso.
Fortunatamente Watson non si svegliò.
Mi alzai a sedere e raccolsi la mia camicia ed i miei pantaloni, che per tutta la notte erano rimasti riversi sull'impiantito, improvvisati e taciti spettatori di un evento che difficilmente avrei dimenticato.
Ero arrivato a pensare che si trattasse d'un sogno, di un’illusione del dormiveglia o semplicemente di un pensiero privo di fondamento scaturito della mia fantasia. Invece, voltandomi, avevo trovato nella metà del letto che di solito era vuota e fredda, il Dottor Watson. Inutile dire che per un brevissimo istante mi ero sentito spaesato, ma quel senso di stupore aveva lasciato spazio ad un appagante e - per me assai nuova - sensazione di tepore.
Abbandonai il letto e, infilata la mia vestaglia da camera, mi accostai all'angolo della stanza vicino alla finestra. Afferrai la brocca e versai dell'acqua nel catino del lavamano. Mi osservai nello specchio sopra il recipiente ricolmo d' acqua scintillante e scorsi un volto che non avevo mai visto prima.
I capelli corvini erano scompigliati e spettinati, gli occhi brillanti di una luce particolare e sconosciuta, mentre le guancie erano ingentilite da una tenue tonalità rosata, insolita al mio colorito pallido. Mi sciacquai il viso e mi lasciai scorrere l'acqua fresca sul volto, quasi a voler lavar via quello stato di smarrimento e stupore, per ritrovare un'adeguata prontezza di spirito, che quella mattina pareva avermi abbandonato.
Ricordavo tutto con nitida chiarezza: un bicchiere di brandy poggiato sul tavolo del salotto, un paio di mani particolarmente curiose e una camicia lasciata scivolare sul pavimento. Quella sequenza di fatti, ben presto riprese vita nella mia mente e mi ritrovai a rivedere nel dettaglio tutta la serata.
Venni distratto dal riflesso dello specchio, nel quale notai la figura di Watson muoversi appena e poi alzarsi a sedere, guardandosi intorno.
''Holmes?'' mi chiamo ed io ebbi appena il tempo di asciugarmi il viso bagnato con un asciugamano, prima di voltarmi nella sua direzione.
All'inizio mi limitai a sorridergli, con il volto ancora umido e qualche ciocca che ricadeva bagnata sul viso, poi mi decisi a parlare: ''Ben svegliato, ragazzo mio''.
Il Dottore rimase lì seduto, il corpo nudo coperto dal lenzuolo leggero e scomposto, lo sguardo color mare intento a percorrere ogni angolo della stanza, ricercando delle certezze che, sicuramente, non sarebbe riuscito a trovare nella mia presenza.
Rimasi in piedi davanti alla finestra soffermandomi a guardarlo più del dovuto: la sua pelle abbronzata dalla guerra afghana aveva lasciato spazio ad una perfetta tonalità di poche sfumature più chiara, che spiccava piacevolmente contro il candido lenzuolo, gli occhi azzurri brillavano di sentimenti inespressi ed i capelli, ribelli e spettinati, ricadevano scomposti sulla fronte liscia e catturavano ogni raggio che filtrava dalla finestra, ingannandomi con sfuggevoli sfumature di biondo.
Non ero il tipo che si perdeva inutilmente in contemplazione o in sciocchi sentimentalismi, ma - proprio per questo mio analitico distacco - riuscivo a cogliere ogni suo minimo dettaglio senza lasciarmi annebbiare da ciò che provavo per lui. Era davvero perfetto.
''Non speravo di rivederla prima di colazione''
''Mi sono alzato pochi minuti fa.'' chiarii e mi colpì la sua espressione imbarazzata, così dissonante sul suo volto di veterano e uomo d'azione. Distolse lo sguardo celeste dal mio, per dedicarsi ad una più proficua attività: la ricerca dei suoi indumenti.
''Ah... mi dispiace, le ho fatto perdere tempo. Le libero la stanza'' fece per alzarsi dal letto, coprendosi con un lenzuolo, ma io lo fermai prima che potesse abbandonarmi.
''Mio caro, perché tanta fretta?'' lo respinsi gentilmente giù, proprio quando aveva appena allungato una gamba fuori dal letto per posare il piede a terra.
Cielo, che espressione stupita aveva! Sarei rimasto a guardarlo per ore, senza bisogno di nient'altro.
''Credevo che avermi qui... la imbarazzasse''
''No, affatto''
''Mrs. Hudson?''
''E' uscita per andare al mercato, rientrerà fra un paio d'ore.''
''E il suo cliente?''
''Il dottor Travelyan? Arriverà fra un'ora e mezza.''
Vidi le sue labbra incurvarsi leggermente e un raggio di sole gli illuminò il sorriso; Che delizia pensare che quel meraviglioso sorriso fosse per me... non credevo di meritarmi qualcosa di tanto perfetto.
''In tal caso...'' si sporse verso di me e mi baciò, ''buongiorno'' concluse poi sulla mia bocca.
''Buongiorno a lei, ragazzo mio'' mi sdraiai nella mia parte di letto, e il mio corpo avvolto nella vestaglia creò un buffo contrasto con quello nudo di Watson
Restammo in silenzio per diversi istanti in cui, senza volerlo, mi ritrovai a meditare sull'accaduto. Non mi era mai capitata un'esperienza simile, non sapevo come affrontare la situazione.
Avrei dovuto essere confuso? Preoccupato? Perché non riuscivo ad esserlo? Era la prima mattina in cui trovavo un amante ancora nel letto e non avvertivo l'esigenza di scacciarlo.
Fissai il soffitto, preso da pensieri privi di una consecuzione coerente; sembrava che tutte le costanti che, fino a quel momento, avevano caratterizzato la mia vita non esistessero più.
La logica, il cinismo, la razionalità sembravano essersi annichiliti in un angolo della mia persona, per lasciar spazio a sentimenti a me del tutto sconosciuti. Non mi piaceva questa situazione. Era come non avere il controllo di me stesso.
''Non dire sciocchezze, Sherlock. Tu non hai cuore... non tanto da dovertene preoccupare: sei solo un cervello geniale'' le parole che un giorno aveva pronunciato mio fratello Mycroft mi attraversarono la mente e le mie labbra si incurvarono in un mite sorriso.
Se solo avesse saputo quanto si sbagliava. Se solo lo avessi saputo io!
Una mano calda si poggiò lieve sul mio avambraccio. ''Perchè sorridi?'' la voce divertita di Watson mi raggiunse ed io mi voltai a guardarlo stupito, con le sopracciglia inarcate ed uno sguardo perplesso. Forse fraintese il mio sguardo, o forse fui io a mostrare un'espressione troppo sufficiente, fatto sta che Watson annullò immediatamente il contatto, ritraendo di scatto la mano.
''Oh... mi scusi, non... non volevo darle tanta confidenza, mi spiace. Sono stato inopportuno''
''No, mio caro'' mi voltai s'un fianco e gli sfiorai uno zigomo con il dorso delle dita. ''Non è necessaria tutta questa formalità. Dopo quello che è successo fra noi, direi che possiamo usare maniere più confidenziali'' mi guardò incredulo e pian piano la sua espressione stupita mutò in un sorriso stupefatto.
Avevo scoperto a mie spese che il Dottore, contrariamente a come poteva apparire, sapeva essere una persona molto persuasiva e lasciva - spesso addirittura peccaminosa e tentatrice - perciò, vedere di nuovo quell'espressione di velata innocenza sul suo volto mi procurò un piacevole senso di smarrimento.
''Davvero?'' esclamò e mi sfuggì un sorriso al suo stupore quasi infantile. Quindi mi avvicinai per posargli un bacio sulle labbra.
''Certo. In fede mia, ti preoccupi troppo, Watson''
''Be', allora, mi sembri di ottimo umore… oh, suona strano'' provò.
''Che io sia di ottimo umore?''
''Anche. Intendevo darti del tu'' chiarì divertito.
''Ci farai presto l'abitudine. E comunque sto bene, stavo solo pensando a...'' lo rincuorai, prima d'interrompermi.
''A..?'' mi sollecitò lui.
''A noi ed a quello che è successo stanotte'' ammisi.
Watson nel frattempo aveva indossato biancheria intima e camicia, e si fermò a fissarmi, mentre si agganciava un polsino.
Gli sorrisi ancora, senza un motivo preciso, solo perché mi andava di farlo.
''Sai, ti confesso che pensavo avresti reagito peggio. Credevo che quello che è successo ti avesse sconvolto, e invece sembri addirittura di ottimo umore!'' ponderò quasi tra sé.
''Sono di ottimo umore'' confermai.
A ben pensarci, era una cosa assai insolita. Non mi era mai capitato di svegliarmi pienamente soddisfatto e di avere la mente sgombra dai pensieri. Di solito riflettevo sui casi fino a notte fonda e, di conseguenza, continuavo anche appena sveglio. L'unica alternativa era lo stato di ristagno e apatia in cui languivo nei momenti di noia. Tuttavia non mi era mai capitato di svegliarmi sorridente ed appagato dall'assenza di pensiero.
Credo si trattasse proprio di buonumore.
''Mi prendo tutto il merito” asserì compiaciuto.
''Fai bene'' convenni, mentre si sdraiava di nuovo accanto a me e mi abbracciava un fianco. Sperai che non avesse intenzione di togliermi nuovamente i vestiti che avevo appena indossato, anche se il sorriso del tutto indecente sul suo volto la diceva lunga sulle sue intenzioni.
''Caro ragazzo, mi trovo costretto ad annullare i tuoi turpi progetti; passerei ancora del tempo con te, ma dovrei lavorare e soprattutto riacquistare un aspetto consono al decoro umano prima dell'arrivo del Dottor Travelyn; non vorrai che ci sorprenda così vero?''
Mi zittì a quella che - in seguito - divenne la sua tipica maniera, ovvero baciandomi e, sinceramente, apprezzavo davvero quel nuovo metodo.
''Ti hanno mai detto che parli troppo?''
''Talvolta sì... comunque, dovresti alzarti da sopra di me.''
''Altrimenti?''
Mi vergogno ad ammettere che gli tirai una cuscinata, e - con disappunto - confesso anche che lui schivò il colpo con una prontezza di riflessi che, in tutta onestà, non pensavo possedesse. Il cuscino atterrò placidamente sul pavimento, proprio vicino alle sue ghette color lavanda.
''Ci hai provato''.
''Ci ho provato'' ammisi e lo strattonai a me, baciandolo.
Ancora non potevo sapere quanta felicità e quanto sconforto mi avrebbe procurato il Dottore. Quanto piacere e quanta sofferenza sarei stato costretto a subire, solo per aver scelto di donargli il mio freddo e logico cuore. Lui, l'unica persona che non avrei dovuto amare ma, allo stesso tempo, il solo che riuscivo ad immaginare al mio fianco.
Poco dopo ci ritrovammo abbracciati, incastrati in un groviglio indistinto di lenzuola e coperte, mentre l'orologio continuava a scandire incessantemente le ore e i minuti, ricordandomi che di lì a poco avrei fatto ritardo.
''Dobbiamo trovare un modo di arginare il problema'' mormorai contro i suoi capelli castano-chiaro.
''Di che problema parli, Holmes?''
''La tua presenza qui non giova per niente al mio intelletto; sembri vanificare ogni mio ragionamento di matrice logica'' chiarii e Watson mi guardò stupito, puntellandosi s’un gomito per fissarmi con quegli occhi così azzurri, capaci di annullare ogni mio pensiero sensato.
Un raggio di sole filtrò dalla finestra e gli illuminò il viso, accentuando la sua espressione preoccupata ed i suoi capelli scomposti: era seccante come riuscisse a distrarmi con simili inezie, semplici dettagli fisici che non mi sarei preoccupato di notare in nessun'altro.
''Mi dispiace crearti problemi''.
''Non dire scempiaggini, Dottore, non sei tu il problema'' sbuffai un po' infastidito e lo attirai a me, circondandogli la vita con un braccio, per poi posargli un bacio sulla tempia. ''Lo vedi? Sembro un totale idiota'' il mio Watson sorrise soddisfatto e prese a torturarmi uno zigomo, baciandolo con lentezza e tranquillità, incurante degli impegni a cui dovevamo assolvere quella mattina.
''Se questi sono gli esiti, ben venga l'idiozia''.
''La tua è una specie di cura del buonumore?''
''Si, e direi che funziona''.
Inutile dire che, per quanto mi prefissassi l'obiettivo di lasciare il letto, non riuscivo a mettere in atto il mio piano; mi bastava guardare Watson negli occhi e tutto il resto passava in secondo piano. Tutti i miei impegni, che fino a ieri avevo classificato come di primaria importanza, diventavano improvvisamente secondari alla semplice vista del Dottore.
Passare il resto della mia giornata con lui sembrava l'unica mia priorità, al momento.
Mi baciò di nuovo, portando la sua bocca sul mio collo e mi parve quasi di percepire sulla pelle il suo sorriso compiaciuto e soddisfatto per aver ridotto il mio cervello ad una massa totalmente inutile.
''Ne stai approfittando'' proclamai secco, celando un sorrisetto malizioso che riservavo ai miei momenti più libertini.
''In effetti. Ne approfitto ora, prima che tu ti stanchi di me''.
Sarebbe stato alquanto improbabile che io mi stancassi di lui: in tutta la mia vita non avevo mai pensato d'incontrare una persona che con il suo solo aspetto fosse tanto interessante da poter rapire, se io mi fossi abbandonato, tutta la mia logica freddezza.
Da che avevo memoria, non avevo mai subito influenze estranee ed ero sempre rifuggito da ogni tipo di legame. Ma adesso era diverso... non volevo scappare, bensì mi sentivo appagato dalla sua presenza al mio fianco e, per quanto sapessi che ella era nociva e deleteria per la mia psiche, non volevo lasciarlo.
Accessi una sigaretta e volute azzurrognole si levarono placide verso il soffitto.
''Comunque dobbiamo trovare una soluzione'' proclamai nuovamente ''E ti prego di terminare qui questa tua cura del buonumore, perché ti avverto che, se continui di questo passo, io entro questo pomeriggio sarò del tutto privo di materia celebrale funzionante''.
Watson scoppiò a ridere e la sua risata riecheggiò per tutta la stanza.
Amavo quella sua risata. Ed era solo un' infinitesimale parte di ciò che mi attraeva del Dottore. Amavo la maniera in cui fumava la sua Bradley, l'odore della sua pomata per i baffi, amavo vederlo dormire e anche la sua buffa espressione accigliata quand'era arrabbiato, ed amavo i suoi occhi, sempre troppo azzurri per considerarli rabbiosi.
Amavo tutto di John Watson ed era impossibile che, per tutto quel tempo, io non fossi riuscito ad ammetterlo neanche a me stesso.
''Guarda il lato positivo''.
''Sinceramente, mi sfugge al momento'' sentii il suo corpo caldo pressarsi contro il mio, mentre lui mi passava un braccio intorno alle spalle e, con l'altra mano, stringeva una delle mie,intanto che aspiravo dalla sigaretta.
''Forse diventerai uno stupido, ma perlomeno sarai uno stupido felice''.
''Avrai la mia genialità sulla coscienza''.
''Sopravvivrò '' disse, facendo spallucce e mi sfilò dalle dita la cicca, portandosela alle labbra.
Improvvisamente, al piano di sotto udimmo dei passi leggeri e cadenzati. Tipico andamento femminile. Ed, infatti, pochi istanti dopo attribuii quella camminata alla nostra governante. Mrs Hudson doveva essere rientrata dal mercato.
Per un istante Watson mi guardò allarmato poi scattò in piedi con un'agilità sorprendente e, nel giro di pochi secondi stava già agganciando la cinta dei suoi calzoni.
''Stai qui, ragazzo mio'' l'ammonii io, spegnendo la sigaretta e annodando con vigore il cordone della vestaglia.
''Non avevi detto che sarebbe tornata fra un paio d'ore?'' nella sua voce non c'era urgenza e, dopo la mia rassicurazione, sembrava essersi rilassato, tanto che riprese a vestirsi con più tranquillità.
''Ah, caro mio, ma ti ho fatto presente anche un'altra faccenda. Comincio già a fare supposizioni errate,e la colpa é tua: la tua presenza é deleteria per la mia mente. Un altro paio di giorni così e diventerò come Lestrade!'' replicai e Watson soffocò una risata con il dorso della mano. Quel gesto, se pur insignificante, mi fece venir voglia di baciarlo.
''Capita...'' motteggiò e, per mia fortuna, fu lui ad annullare la distanza che ci divideva e a baciarmi, salvaguardando così il mio ultimo barlume d'orgoglio ''Sono le controindicazione della Cura del Buonumore. Gli effetti collaterali'' mi spiegò in tono professionale e, con la sua risata ancora nelle orecchie, richiusi rumorosamente la porta della mia camera e scesi al piano di sotto.
Se solo, a dispetto di tutto, avessi potuto averlo per sempre, allora sì, avrei potuto definirmi davvero felice.
Fine