Titolo: Hungry, ovvero 5 volte in cui Kurt ha negato di avere fame e 1 in cui lo ha ammesso
Fandom: Glee
Beta:
meggie87
Pair//Chara: Kurt Hummel, Blaine Anderson, Kurt/Blaien
Rating: PG-13
Avvertimenti: missing moments, angst
Conteggio Parole: 3168
Note: Scritta per il complicatissimo prompt dell'ultimo settimana del COW-T "Nome/i" con la clausola che la prima lettera del titolo e della storia dovessero essere uguali alla prima del nick dell'autore, oltre a questo nel testo doveva comparire la parola 'nome/i'. Ecco fatto :3 spero vi piaccia!
1.
“Hummel!”
Kurt fissò il piatto di fronte a sé con estremo interesse, come se avesse davanti il più complesso dei problemi di algebra o, al limite, il ragazzo più attraente dell’intero Ohio -sì, puntava moderatamente in alto- e ignorò inconsciamente il proprio nome ripetuto più volte dalle ragazze al tavolo con lui.
“Hummel, stiamo parlando con te!” ripeté Santana, aggrottando la fronte.
La mensa era piena di vita al McKinley, e come sempre, l’odore del piatto del giorno, hamburger e patatine fritte -“E poi ci si chiede perché gli adolescenti americani sono i più obesi nel mondo” si disse Kurt, arricciando il naso stizzito-, impregnava l’aria. Le ragazze del Glee, al tavolo con lui, stavano chiacchierando allegramente, almeno fino al momento in cui si accorsero che Kurt non aveva praticamente ascoltato una sola parola di ciò che avevano detto.
“Scusatemi,” mormorò, uscendo fuori dalla trance nella quale era caduto “stavamo parlando di?”
“Project Runway, ma visto che non ci stavi ascoltando ora cambiamo argomento!” disse Tina, scherzosamente.
Kurt si lasciò scappare una piccola risata, e la conversazione riprese come se non fosse successo nulla. Tutto urlava normalità, ma lui non ce la faceva davvero.
Strizzò forte gli occhi, cercando di estraniarsi dal commento petulante di Rachel sull’ultima serata di Americal Idol, e respirò a fondo: la spalla gli faceva ancora male, sapeva fin troppo bene che di lì a qualche ora sarebbe comparso un livido verdognolo, che sarebbe lentamente diventato viola, per poi stabilizzarsi su un inquietante nero, fino a sparire del tutto, ma solo settimane dopo.
Riaprì gli occhi, tornando a fissare il pezzo di carne che aveva davanti, in bella mostra sul piatto di carta con un paio di erbette sopra, gentile concessione della signora della mensa, e il suo stomacò brontolò rumorosamente. Perché, nonostante tutto, quelle patatine fritte avevano un aspetto perfidamente invitante, ma Kurt sapeva fin troppo bene che se avesse messo qualcosa in bocca, avrebbe rimesso.
Allontanò il vassoio con un gesto disgustato, attirando involontariamente l’attenzione delle ragazze.
“Ehi” disse Mercedes, osservando con più attenzione il suo viso più pallido del solito “sicuro che sia tutto ok?”
Kurt le fissò per qualche secondo e poi scosse la testa “Tutto ok, solo…non ho fame” un sorriso forzato sulle sue labbra.
Il suo stomaco, con un brontolio, gli ricordò prontamente quanto tutto quello fosse sbagliato.
2.
“Ragazze, la situazione tra Karofsky e Kurt sta andando fuori controllo. Kurt è a pezzi, perde peso e non in senso positivo…e a malapena combatte con me per un assolo”
La voce preoccupata di Rachel risuonava nell’aula di musica, a quell’ora solitamente vuota in vista dell’ora di pranzo. La campanella della mensa stava per suonare e se non si fossero sbrigate ad andare a prendere dei posti sarebbero state costrette a mangiare fuori -e quel giorno diluviava, quindi pranzo in piedi. Ma la discussione era troppo importante per essere rimandata; agli occhi di Rachel poteva essere già troppo tardi.
“Siamo stati tutti presi di mira, ma c’è qualcosa di peggio in quello che fa Karofsky” aggiunse Tina, ricordandosi quanto forte avesse risuonato l’armadietto accanto a lei, appena due settimane prima, quando Kurt vi era stato sbattuto contro.
“Siamo abbastanza fortunate da avere i nostri fidanzati nella squadra di football. Io dico di unirci e chiedere loro di affrontare Karofsky”
Dopo una serie di battibecchi, interruzioni e tanto un’improvvisa quanto fugace apparizione di Santana, Rachel trasse un sospiro profondo e riprese a parlare per giungere al punto focale della questione.
“Se dovesse accadere qualcosa di brutto a Kurt e noi non avessimo fatto niente per impedirlo…non ce lo perdoneremmo mai”
Gli sguardi delle altre ragazze si incontrarono per qualche secondo, rendendosi conto della gravità della situazione. Come avevano fatto ad ignorarlo fino ad adesso? Poteva succedere di tutto a Kurt, uno spintone troppo forte, una caduta sbagliata, e il passo successivo avrebbe potuto essere l’ospedale.
Quando lo videro entrare -inaspettatamente- dalla porta dell’aula di musica, furono costrette in qualche modo a ricacciare indietro le lacrime e a sorridere. Quinn iniziò a lamentarsi dei modi di Rachel, per spezzare la tensione, ma Brittany sorprese tutte con un semplice gesto. Si allungò, ancora seduta sullo sgabello, abbracciando forte Kurt attorno al collo.
“Ehi, Brit, cos’hai?” chiese lui, accarezzandole i capelli nel sentire il suo profumo dolciastro un po’ esagerato.
“Io niente” mormorò, staccandosi piano “sei tu, il problema”
Kurt ormai aveva imparato che con Brittany niente doveva essere preso nel verso immediato nel quale veniva esposto, quindi sorrise e le prese una mano.
“Perché? Ho fatto qualcosa per farti arrabbiare?”
“Sì” annuì, convinta, preoccupata “non mangi, ecco. Non mangi più nulla”
Rachel e le altre la guardarono in un primo momento in modo confuso, capendo poco del piano che Brittany aveva in mente; quando si resero conto che probabilmente non esisteva nessun piano, si concentrarono cercando di seguire il filo dei suoi pensieri. Forse, voleva semplicemente esprimere la sua preoccupazione per lui, e per farlo aveva cercato il modo più fisico per farlo: il cibo.
D’altronde era la pura verità che Kurt, da un po’ di tempo a quella parte, mangiasse sempre di meno, anche Rachel, prima, l’aveva fatto notare.
“Ma tesoro” disse Kurt, lasciandole la mano e appoggiandosi al pianoforte “non lo faccio per fare un dispetto a te, ne alle altre. Non dovevate preoccuparvi per me”
“E come possiamo non farlo? Poi come farai ad indossare allo stesso modo i tuoi favolosi vestiti?” scherzò Rachel.
“Esistono sempre gli spilli, Rachel, oltre che ago e filo” rispose Kurt, riprendendo il mano la borsa che aveva appoggiato per terra non appena Brittany l’aveva assaltato.
“Dove staresti andando?” chiese Quinn, alzando un sopracciglio “E’ ora di pranzo, c’è il petto di pollo appena scottato che ti piace tanto”
“Ecco” Kurt batté le mani, sorridendo di nuovo, in modo forzato “ero venuto proprio a dirvi che oggi all’ora di pranzo non potrò unirmi a voi, signore. Purtroppo c’è molto, molto da fare per il matrimonio” indicò la borsa “vedete questa? E’ piena zeppa di spartiti, devo cercare la canzone adatta per il primo ballo di mio padre e Carole e, woh! Devo decisamente scappare!” mandò un bacio immaginario a tutte e scomparve oltre la porta, in un lampo, com’era apparso.
Le quattro ragazze si guardarono preoccupate, indecise sulla prossima mossa. Kurt era praticamente inafferrabile in quei giorni. Poi Quinn sorrise, alzando l’indice a mezz’aria.
“So io cosa dobbiamo fare ora, o meglio” allargò il sorriso, speranzosa “a chi dobbiamo rivolgerci”
3.
Kurt non era una persona stupida.
Certo, non peccava mai di superbia e non si riteneva infallibile come Rachel Berry, ma comunque aveva fiducia nelle proprie capacità. Sapeva andare avanti, sapeva rialzarsi dopo una brutta caduta -psicologica, s’intende-, sapeva reagire.
Eppure ancora non era riuscito a rendersi conto che quella storia del ‘non mangiare’ si stava spingendo troppo oltre. Alcuni pantaloni che prima gli cadevano a pennello, adesso cominciavano ad essere larghi attorno alle cosce, sempre di più, sempre di più. Ma ancora, non essendo una persona stupida, aveva iniziato a realizzare che gli sguardi delle ragazze del Glee Club erano cambiati; sembravano più un gruppo di mamme preoccupate, e se all’inizio la cosa gli faceva tenerezza, ora era diventata piuttosto inquietante.
“Ehi signorina”
Kurt aveva sperato fortemente che la cosa si limitasse a loro. Evidentemente si sbagliava, e anche di grosso. Quando si girò, con ancora le mani infilate nel proprio armadietto per prendere i libri della lezione successiva, Sue Sylvester era lì, alta, statuaria, terrificante come sempre.
“Non sei più nei Cheerios, questo lo sai, vero?”
“Coach io-” mormorò confuso, sbattendo le palpebre velocemente; le conversazioni con la coach Sylvester non andavano mai a buon fine per Kurt “certo che lo so” rispose infine.
“Bene, immaginavo che una giovane intelligente come te potesse arrivarci,” disse, senza abbandonare i nomi femminili “quindi sai anche che puoi mangiare, giusto?”
La voce di Sue era dura, reale, e faceva dannatamente male. Kurt lo sapeva. Ma saperlo e attuarlo concretamente erano due cose completamente diverse.
“L’unica persona che può dirti chi sei-” continuò lei, indicandolo con fare minaccioso.
“Me l’ha già detto lo scorso anno Coach, è lei” la anticipò Kurt.
Ma Sue scosse il capo “Per quanto la tua risposta mi lusinghi e mi faccia morire dalla voglia di dirti di sì” trasse un provo sospiro, e lo guardò duramente “quell’unica persona sei tu stesso, ragazzina. Non sarai più un Cheerio, ma lo sei stato. In un futuro, dopo mie insidiose pressioni, potresti tornare ad esserlo, e non voglio vederti diventare scheletrico nel frattempo”
Kurt aprì la bocca un paio di volta, sentendosi un pesce fuor d’acqua “Non…non so cosa dire Coach”
“Allora, visto che non sai come riempirti la bocca di parole intelligenti, riempila di cibo” sentenziò, battendo una mano sull’armadietto “e queste sono state le mie ultime parole sulla questione. Non accetto altre soluzioni”
*
La mattina dopo, Kurt, con le lacrime agli occhi, lasciava il McKinley, diretto verso la Dalton.
4.
“Sopra l’hot dog ci vuoi un po’ di ketchup, tesoro?”
Kurt alzò il viso dal suo vassoio, sbattendo un paio di volte le ciglia.
Di certo la signora Howard -un’allegra e cordiale donna sui sessant’anni, che non mancava mai di rimproverarli bonariamente se mangiavano troppo o troppo poco- non poteva sapere quanto lui stesse attento a cosa costituisse il suo pranzo o la sua cena, ma, in quel momento, l’offerta di quell’hot dog appena scottato in padella gli sembrò quasi un affronto.
Era passata appena una settimana dal suo trasferimento nella scuola privata, la sua vita si era spostata su un binario più sicuro, più tranquillo; i riccioli cosparsi di gel di Blaine lo distendevano ed irritavano allo stesso tempo, ma ormai erano familiari e lo aiutavano. Eppure, ancora Kurt non era riuscito a ritrovare la gioia nel mangiare o nel cucinare, semplicemente.
“No, signora Howard, in realtà non prendo proprio l’hot dog, grazie lo stesso” si scusò, agitando piano la mano a mezz’aria.
“Ma, mio caro, è la settimana del Menù Stravagante, tutti i ragazzi della Dalton lo adorano…”
Kurt rise, divertito “Non ne dubito”
“Quindi non prendi niente?” la signora Howard tentò di insistere, ma non conosceva ancora bene quello studente, era meglio non calcare la mano.
“A meno che non ci sia un po’ di insalata, e non ne vedo tra tutti quegli hot dog, no signora Howard” Kurt trattenne il respiro e sorrise forzatamente “niente” disse, riponendo il vassoio vuoto al suo posto e uscendo fuori dalla mensa a passo spedito.
5.
Quand’era stata l’ultima volta? Blaine non se la ricordava.
Aveva Kurt accanto per la stragrande maggioranza della giornata eppure non riusciva a ricordare quando fosse stata l’ultima volta che l’aveva visto mangiare un pasto completo, o almeno decente, e non del latte caldo, o un misero cappuccino.
Era vero che Kurt si era trasferito relativamente da poco alla Dalton, e Blaine non conosceva le sue abitudini alimentari; magari era intollerante a qualcosa e si vergognava a parlarne con lui o con la signora Howard.
Però, vedendolo rifiutare l’ennesimo pranzo alla mensa e uscire dalla sala come se nulla fosse, Blaine decise che avrebbe portato le sue indagini ad un livello superiore. Eppure, nonostante l’essersi ripromesso di scoprire cosa portasse Kurt a saltare quasi ogni pranzo per Blaine non fu affatto semplice.
Anche perché, col tempo, Kurt stesso si era reso conto quanto gli fosse diventato semplice mentire.
“Ti va di andare al Lima Bean dopo le lezioni?” chiese Blaine, sorridente come sempre “Jeff mi ha detto che hanno addobbato tutto per San Valentino!”
Kurt roteò gli occhi senza essere particolarmente stuzzicato da quell’idea. Se c’era una festa che non gli era mai andata a genio, era decisamente quella. Consumistica, inutile, e in un certo verso dolorosa. I due ragazzi si scambiarono un ultimo sguardo e Kurt fu costretto a cedere.
“Ho capito, va bene! Andremo al Lima Bean, contento?” disse, e Blaine fece un piccolo saltello incapace di nascondere le proprie emozioni.
Il suo piano stava per essere attuato.
*
“Un caffè medio e un latte macchiato scremato per lui, e magari lo convinco a dividere uno di quei dolcetti a forma di Cupido”
“Conosci come prendo il caffè?”
“Ovvio”
Blaine si trovò ad essere quasi indignato da quella domanda; Kurt era praticamente il suo migliore amico, come poteva non sapere quale fosse la sua bevanda preferita?
“Non provarci neanche, offro io” aggiunse nel vederlo mettere mano al portafoglio, per poi spostarsi al bancone per prendere tutto ciò che avevano scelto.
In pochi minuti si ritrovarono seduti ad uno dei soliti tavolini, chiacchierando allegramente. Blaine aveva momentaneamente lasciato da parte l’argomento ‘serenata-al-bel-ragazzo-sconosciuto’, e Kurt non riusciva a togliersi dalle labbra uno dei sorrisi migliori di sempre, cosa che Blaine non riuscì a ricollegare, e se ne sarebbe pentito, col senno di poi.
Il dolcetto a forma di Cupido giaceva tra i loro bicchieroni di carta, tanto stupido quanto invitante. Blaine gli staccò solo un’aletta per assaggiarlo.
“Uhm!” mugugnò, chiudendo gli occhi e sorridendo “E’ buonissimo!” esclamò “Non avevo mai provato i dolci del Lima Bean fino ad adesso. Che errore imperdonabile”
Kurt arricciò il naso, incerto “L’aspetto non è dei migliori. La glassa è tutta grumosa” contestò, scrollando le spalle.
Blaine rise “Sapresti fare di meglio?” lo punzecchiò.
“Oh,” sbuffò Kurt “certo che saprei fare di meglio! La mia glassa è sempre impeccabile, avresti dovuto vedere la torta che ho fatto per festeggiare la proposta di matrimonio di mio padre a Carole!”
“Non credevo ti cimentassi in cucina così seriamente, Kurt, sai sempre come sorprendermi” disse Blaine, bevendo un sorso del suo caffè.
Kurt arrossì, lasciandosi andare ad un piccolo sorriso “Sono fatto così,” scherzò, imitandolo con il proprio cappuccino “e non scherzo quando dico che potrei farne uno mille volte più buono!”
“Ma se non l’hai neanche assaggiato!” disse Blaine, ridendo, e i suoi occhi si illuminarono all’improvviso; era quello il momento perfetto “Provalo”
“Cosa?”
“Assaggialo. Almeno potrai essere sicuro al 100% che i tuoi dolci sono più buoni” disse, spingendo il piattino nella sua direzione “avanti. E’ rimasta un’altra ala, oppure prova la punta della freccia, se ti senti più audace assaggia direttamente i suoi riccioli biondi, credo che siano la parte migliore” scherzò, affabile.
Kurt si irrigidì, stringendosi nelle spalle, terribilmente a disagio.
Mangiava di rado le cose più semplici ormai da mesi, ma un dolce? Non si era permesso neanche una fetta della torta al matrimonio di suo padre, non avrebbe mai avuto il coraggio di assaggiare quel dolcetto per nulla invitante.
Scosse la testa, scostando lo sguardo.
“No, grazie, non ho fame” disse, educatamente.
“Oh, avanti!” provò Blaine, che non era di certo un tipo che si arrendeva facilmente “Solo un piccolo, piccolissimo boccone. La punta della freccia è infinitesimale!”
“Blaine,” sospirò Kurt, tornando a guardarlo “ti prego, non insistere” sorrise, come per rassicurarlo “davvero, non ho fame. Ti prometto che appena abbiamo un po’ di tempo, dopo le Regionali magari, ti faccio un dolce, che sarà molto più buono di questo dolcetto” disse, e Blaine sembrò acquietarsi.
Ma mentre Kurt finiva di bere il suo latte macchiato con espressione distaccata e lontana, Blaine si rese conto di come il suo piano fosse miseramente fallito.
+1
“Me l’hai promesso”
“Lo so. Quindi?”
“Quindi è arrivato il momento di rendere giustizia alla tua promessa!”
Kurt roteò gli occhi, ma nel contempo un bel sorriso nacque sulle sue labbra.
Tante cose erano cambiate nella sua vita in quegli ultimi mesi; era nuovamente parte integrante del corpo studentesco del McKinley, gli animi nel Glee Club erano più infuocati che mai in vista delle Nazionali, e, cosa più importante di tutte, dopo una serie di tentativi fallimentari, lui e Blaine erano una coppia.
“Blaine Anderson non dirmi che sei venuto fin qui dalla Dalton solo per assaggiare uno dei miei dolci” scherzò Kurt, mentre entravano nella cucina di casa Hummel-Hudson.
Blaine rise, sfiorandogli la guancia con un bacio leggero “Forse, non lo saprai mai con certezza se prima non mi preparai la tua famosa torta di cioccolato!”
“Famosa a detta di chi?”
“Un po’ tutta la tua famiglia”
“Comprensibile” sussurrò Kurt, infilandosi il grembiule “ora sta lì, buono, e aspetta”
“Posso guardare?” chiese Blaine, sorprendentemente eccitato nel sedersi su di uno degli sgabelli per osservare il suo ragazzo all’opera.
Kurt sorrise, fermandosi nella sua ricerca degli utensili giusti per lavorare alla miglior torta di cioccolato di sempre, e lasciò vagare gli occhi su Blaine per qualche secondo; si sentiva così felice, pienamente appagato. ‘Potrei dir di no al suo adorabile faccino?’ avrebbe voluto rispondere, ma, con compostezza, optò per altro.
“Certo,” disse “ma non muoverti da là. Non voglio prendermi la responsabilità di eventuali macchine di cioccolato sulla tua camicia”
*
Un paio d’ore dopo erano sul divano, la torta appena sfornata sul tavolino di fronte al divano, e l’ultima puntata di Project Runway sullo schermo della tv, seguita con grande interesse, almeno da parte di Kurt, e Blaine non poteva che acconsentire per renderlo felice.
In quegli ultimi tempi, Kurt aveva inconsapevolmente ripreso un regime alimentare più sostanzioso. Molto spesso era Blaine stesso che lo distraeva mentre erano a pranzo o a cena insieme, parlandogli vivacemente per farlo mangiare di più; Kurt non se ne accorgeva -beh, quasi mai- e ora i suoi meravigliosi jeans Armani erano di nuovo come un guanto sulle sue gambe.
Blaine sapeva che, per Kurt, giungere alla piena consapevolezza di poter finalmente mangiare senza preoccuparsi di nulla, sarebbe stata la cosa più bella.
“Mmh…” mormorò Kurt, e Blaine si girò confuso, aggrottando le sopracciglia; da quando esprimeva il suo apprezzamento per i vestiti in mugugni?
Oh.
“Kurt stai mangiando…la torta” sussurrò, vedendolo prendersene un altro pezzetto, mentre il ripieno di caldo cioccolato scivolava lentamente fuori, sul piattino.
“Certo. Modestia a parte, è deliziosa. Dovresti prenderne una fetta anche tu, ti do il permesso, avanti, non guardarmi così!” scherzò.
“No, Kurt, tu…stai mangiando una fetta di torta! Di una torta al cioccolato!” esclamò, indicandolo per farsi rendere conto.
Kurt sbuffò, “Sì, e allora?”
“Da quando ti conosco non ti ho mai visto mangiare un dolce!” spiegò Blaine, ridendo, talmente tanto felice da non poterlo esprimere se non a quel modo.
Kurt sembrò essere colpito da quelle particolari parole e si fermò, leccandosi le labbra, mentre il profumo del cioccolato gli bloccava i sensi, esaltandoli.
Aveva iniziato a mangiarla inconsciamente, spinto solo dall’atmosfera rilassata, dalla voce calda di Blaine che commentava con lui l’episodio dello show, dalle sue mani che lo sfioravano ogni tanto, anche solo per una carezza, dai suoi sorrisi, dai suoi baci. Da Blaine e basta.
“A-Avevo fame…” sussurrò Kurt, abbassando il piattino.
“Oh no, ehi, non devi giustificarti!” disse Blaine, improvvisamente preoccupato di aver espresso la propria gioia in modo sbagliato “Va benissimo che tu la mangi” aggiunse, accarezzandogli l’angolo delle labbra con l’indice, per poi baciarlo “è ok”
Kurt lo guardò, spaesato, come per avere un’ulteriore conferma “Lo è?”
“Lo è davvero” gli assicurò lui, rubandogli la forchetta per assaggiarla “è davvero migliore dei dolci del Lima Bean, facevi bene ad essere così sicuro”
“Mhmh” mormorò Kurt, ancora sovrappensiero “te l’avevo detto…”
Era lui, era stato lui ad averlo aiutato, pur non avendo mai parlato apertamente del suo problema con il cibo. Solo lui, solo Blaine.
“Grazie” aggiunse, con le guance imporporate.
“Di cosa?” chiese Blaine, intento a tagliarsi un’altra fetta di torta, che stavolta prese direttamente con le mani.
“Di avermi creduto, mesi fa”
Blaine rispose con un sorriso, tornando al suo fianco mentre cominciava la sfilata in televisione. Sapeva che dietro quel semplice ringraziamento c’era di più; era fatto di cose taciute, nascoste, o semplicemente dimenticate.
Ma, nel vedere Kurt addentare una nuova fetta di torta, Blaine non poteva essere più felice.