Fandom: Supernatural.
Pairing: future!Castiel/future!Dean.
Rating: NC17.
Beta:
koorime_yu .
Genere: Erotico, Introspettivo Romantico.
Warning: Crossdressing, Future-fic, Linguaggio, Missing Moment 5x04, Sesso descrittivo, Slash, Spoiler!.
Words: 2289 (
fiumidiparole ).
Summary: Anno 2014, prima di affrontare Lucifer, un Dean e un Castiel piuttosto sbronzi passano un po’ di tempo insieme.
Note: Ambientata durante la puntata 5x04, scritta sul prompt “Mutandine di raso rosa” per il
P0rn Fest #4 di
fanfic_italia e sul prompt 03. “Fino all’ultima sillaba del tempo stabilito.” Presa dal
mio set di
syllablesoftime .
Dedica: Per
koorime_yu che ha chiesto una Destiel su kink “Crossdressing” in
questo giochino sul
mio LJ.
DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
L’Ultima Sillaba
Mentre siamo qui in fila,
sembrando un pugno di eroi,
dentro di me so che non siamo che un pugno di perdenti.[1]
Voci affrettate si rincorrevano all’esterno, le voci degli uomini impegnati negli ultimi preparativi per uccidere il Diavolo. Castiel crollò sul tappeto ridacchiando, piacevolmente sbronzo.
Uccidere il Diavolo, era un’idea così folle! Ricordò quanto gli fosse sembrata assurda la prima volta che Dean Winchester gliene aveva parlato, in quella che sembrava quasi una vita passata. Con il tempo, si era abituato all’idea ed aveva iniziato a crederla possibile, come tutte le cose in cui aveva fede Dean, del resto.
«Alla fine del mondo!» Alzò la bottiglia d’assenzio in un ultimo brindisi e l’amico - il capo di quella scellerata resistenza, la spada di Michael - fece tintinnare il bicchiere di whisky contro di essa.
«A Rhonda Hurley!» rilanciò Dean, messo non molto meglio di lui.
Cass rise. «Chi diamine è Rhonda Hurley?» domandò divertito.
Lui lo guardò di sottecchi, restio a sputtanarsi, ma - che diavolo! - il mondo stava per finire, cosa gli restava da perdere? E poi Castiel era l’ultima vestigia del suo passato, tutto ciò che restava della sua famiglia. Non era rimasto più nessuno; Ellen, Jo, Adam, Bobby, Sammy… li aveva persi tutti, uno dopo l’altro. Cass era l’unico sopravissuto, il suo braccio destro, il solo di cui si fidasse ancora, l’unico che gli era sempre rimasto accanto e che non l’avrebbe abbandonato, indipendentemente da quanto la situazione si sarebbe fatta merdosa.
«Rhonda Hurley era una stronzetta di cui mi ero quasi dimenticato, se non fosse per il mio fottuto clone mandato da Zacharia» spiegò «Avevo diciannove anni e lei mi obbligò ad indossare le sue mutandine. Rosa. Di raso».
Quello che una volta era il suo sfigatissimo angelo sulla spalla, gettò indietro il capo e rise, rilassato ed ubriaco. «Dovevi essere uno spettacolo!» gorgogliò, tra gli scrosci di risa.
Per un momento, Dean ebbe quasi nostalgia dell’impettita figura in trench beige che quell’uomo era stato, gli mancò perfino la sua espressione perplessa da bimbo smarrito e la sua postura rigida da bacco nel culo. Indispettito, allungò una gamba per dargli un debole calcio sullo stinco, ma lui non fece che ridere di più.
«Dico davvero,» gli assicurò Castiel, con tutta la serietà che una spugna imbevuta d’alcool poteva avere «mi sarebbe piaciuto vederti».
In seguito, come fosse arrivato a tirare fuori da un cassetto un paio di slip simili a quelli che aveva descritto - dimenticati da una delle sue ultime fiamme, di sicuro - Dean non avrebbe proprio saputo dirlo, ma non avrebbe potuto fare a meno di ricordare con un brivido il tono basso e seducente ed il sorriso lascivo con cui Cass gli aveva ordinato: «Indossale».
Il raso era impossibilmente liscio e teso contro la sua pelle, il sottile bordino di pizzo con cui erano orlate le mutandine gli pizzicava in modo irritante la piega tenera delle cosce. Nemmeno tutto l’alcool che aveva in corpo poteva impedirgli di sentirsi in imbarazzo, ma lo sguardo blu dell’amico era incredibile; di certo non aveva avuto quella sfumatura così intensa per nessuna delle puttanelle arrapate che partecipavano alle sue orge hippy.
Dean era in ginocchio sul tappeto, vestito solo di quello striminzito e ridicolo lembo di raso, e Castiel gattonò lentamente verso di lui, sino a raggiungerlo e sfiorare le sue gambe con dita tremanti.
«Sei splendido» bisbigliò questi, osservandolo con genuina adorazione. Accarezzò con i pollici la linea spigolosa delle sue anche e la “V” invitante formata dalla concavità delle ossa iliache, che andava ad affogare dritta nel tessuto rosa, poi premette la bocca aperta su di esso, espirando una traccia di fiato bollente proprio lì, dove s’intuiva la sagoma della punta del suo uccello, prima di leccarlo e succhiarlo attraverso la stoffa.
«Cazzo!» sibilò lui con asprezza, artigliando istintivamente una manciata dei suoi capelli castani.
«Proprio quello» convenne Cass, prima di afferrare il retro delle sue ginocchia e spingersi sul suo corpo con tutto il peso del proprio, rovesciandolo sul tappeto ruvido.
Non perse tempo, ne aveva già sprecato a sufficienza in tutti quegli anni in cui l’aveva osservato da lontano senza avere il coraggio di allungare una mano e prendere ciò che aveva sempre desiderato. La fine del mondo, la loro ultima ora, era già stabilita e lui aveva intenzione di sfruttare ogni minuto rimasto, fino all’ultima sillaba.
Risalì il suo addome, ridisegnando con le dita e con le lebbra il profilo dei suoi addominali, poi gli graffiò i capezzoli con i denti, facendoli indurire, ed esplorò minuziosamente il suo collo. Quando giunse alla sua bocca, esitò solo un attimo, il tempo d’incrociare gli occhi verdi di Dean, incupiti da troppi orrori e da una scarica di genuina lussuria, prima di chinarsi e baciarlo.
L’amico si lasciò sfuggire un singhiozzo stupito, tutta quella faccenda era iniziata come un gioco e non avrebbe mai pensato che Castiel - lo stesso uomo che ormai lo assecondava qualunque cosa facesse, senza nemmeno sollevare troppe obbiezioni - avrebbe preso l’iniziativa. Alcune volte non capiva se la sua fosse fiducia indiscussa o disinteresse suicida, ma non aveva alcun dubbio sul fatto che gli avrebbe sempre ubbidito, perché per quanto fosse spezzato e reso mortale, Cass restava sempre ciò che era dalla notte dei tempi: un soldato. E, come tale, eseguiva gli ordini con la perfetta efficienza che l’aveva sempre contraddistinto.
La sua bocca sapeva d’assenzio e d’oppio, ma sotto quel sapore intenso Dean riusciva a percepirne uno più delicato, più intimo, quello soltanto suo. Con un fremito di preoccupazione si chiese quanto quelle sostanze lo stessero rovinando; il suo angelo era caduto e non aveva ancora smesso di precipitare. Lo strinse a sé come se con le proprie braccia potesse afferrarlo in volo prima che si sfracellasse al suolo e con urgenza strattonò la sua maglietta, facendola risalire fino alle spalle ed interrompendo il bacio per sfilargliela del tutto.
Quando incrociò di nuovo il suo sguardo, ebbe ancora la bizzarra sensazione che quegli occhi blu gli suscitavano fin dalla prima volta che l’aveva incontrato: sembravano capaci di leggergli dentro, fin sul fondo della sua anima e, al contempo, lo risucchiavano in quella del loro proprietario, mostrandogli la sua vera essenza.
«Domani potremmo essere morti entrambi» bisbigliò Castiel.
«Non dirlo…» lo contraddì lui, ma l’altro lo fermò.
«Shhh… fammi finire» gli posò gentilmente un dito sulle labbra «Se dovesse accadere, voglio solo che tu sappia che, nonostante tutto, non mi sono mai pentito di essermi ribellato. L’ho fatto per te, ed è stato un onore».
«Wow…» mormorò Dean sopraffatto «sembra tanto una dichiarazione d’amore» ironizzò, perché era l’unica cosa che riusciva a fare quando le emozioni si facevano troppo grandi per riuscire a gestirle.
Cass rise gettando indietro il capo, poi lo osservò con occhi luminosi ed un sorriso ancora dipinto sulle labbra, ma non negò, e lui sentì che il cuore avrebbe potuto sgusciargli fuori dal petto, tanto sbatteva forte contro le sue costole.
Cosa aveva fatto per meritarlo? Per meritare tutta quella devozione, tutto quell’amore… per meritare lui? Ultimamente si era servito di Cass senza ripensamenti, aveva intenzione di farlo anche il giorno seguente, dando per scontato che avrebbe voluto combattere e dimenticando la cosa più importante: Castiel non si limitava a combattere con lui, lo faceva per lui.
«Non ho mai fatto nulla per ripagarti, vero?» domandò retoricamente.
«Certo che l’hai fatto: non ti sei arreso» rispose l’amico.
«Ma non l’ho fatto per te» obbiettò Dean.
«Allora lascia che mi prenda da solo la mia ricompensa» propose Castiel con tono carico di malizia, prima di chinarsi e posare un bacio sul suo petto, in corrispondenza del cuore.
Cristo, possibile che fosse davvero lo stesso angelo terrorizzato che una volta aveva accompagnato in un bordello? Osservandolo ora, pareva impossibile.
«Voltati» gli ordinò questi con gentilezza e lui assecondò il suo volere con i movimenti rallentati dall’alcool.
Cass si accovacciò sulle sue cosce e gli posò i palmi sulle spalle, iniziando a massaggiarle piano, senza stringere troppo. Con gesti lenti sciolse i muscoli trapezoidali e poi scese più in basso, premendo sui dorsali e strappando a Dean un mugolio compiaciuto. Decisamente tutte quelle cazzate da hippy gli avevano insegnato qualcosa di utile!
Posò le labbra sulla sua nuca e percorse a ritroso tutta la sua schiena, succhiando in corrispondenza di ogni vertebra mentre gli massaggiava le reni, provocandogli un’intensa cascata di brividi. Disegnò con la punta della lingua le piccole fossette alla base della sua colonna vertebrale e, quando infine arrivò alle sue natiche, Dean era così rilassato da tremare d’eccitazione.
Castiel gli accarezzò lentamente il sedere, godendo della perfezione di quei glutei incorniciati dal raso; erano davvero invitanti. Si piegò in avanti e morse giocosamente un fianco e poi una natica, facendolo sussultare. Ridacchiò all’occhiataccia che il ragazzo gli lanciò da sopra una spalla, prima di abbassare di qualche centimetro quel capo femminile.
Lasciò le mutandine appena sotto la curva del suo sedere e riservò ad esso lo stesso trattamento già regalato alla sua schiena. «Scommetto che questo non l’hai mai provato» bisbigliò, prima di separare le sue natiche e leccare tutto il solco.
Dean strinse tra le mani le trame ruvide del tappeto, mentre quella lingua si spingeva in giù, sul perineo, concentrandosi a circuire la sua apertura. Labbra e perfino una traccia di denti si aggiunsero alla tortura, succhiando e graffiando la sua parte più intima, sinché Dean non si sentì sull’orlo della follia.
«Cristo!» ansimò, rendendosi conto solo in quel momento che il rumore simile allo sbuffo di un mantice che continuava a sentire era, in realtà, il proprio respiro.
«Non bestemmiare» lo rimproverò l’altro, concedendogli appena un secondo di pausa.
«Cass, datti una mossa!» sbottò invece lui, ormai portato all’esasperazione.
«Ai tuoi ordini» ridacchiò questi, penetrandolo finalmente con la lingua, facendogli quasi rivoltare gli occhi per il piacere. Si spinse a fondo, più e più volte, sinché Dean non pensò che sarebbe venuto così, con l’uccello ancora intrappolato in quelle dannate mutandine. Ma proprio quando pensava di non poter sopportare oltre, un dito sottile s’intrufolò dentro di lui, allargandolo lentamente.
Era una sensazione bizzarra, ma non dolorosa - non poteva esserlo dopo tutta quella deliberata tortura ai suoi nervi - e divenne a malapena fastidiosa quando Castiel aggiunse un’altra falange. Le sue labbra tornarono a stuzzicarlo, solleticando la pelle tutta attorno e forzandolo appena con la punta delle lingua, mentre quelle dita lo penetravano ritmicamente. Poi si torsero e si piegarono ad uncino, toccando un punto che lo fece quasi urlare per la sorprendete ondata di piacere che lo investì.
«Dannazione, adesso!» ordinò, non riuscendo più a resistere.
«Non sai proprio cosa sia la pazienza» lo rimproverò Cass con un tono che alle sue orecchie suonò oltraggiosamente divertito, ma poi un altro dito si aggiunse, spianando ancora di più il passaggio e lui dimenticò ogni protesta.
Cass attese che si abituasse del tutto, prima di rimuovere finalmente quelle intrusioni, poi si slacciò i pantaloni con urgenza, facendo tintinnare la cintura.
«Tirati su» incitò Dean, afferrando i suoi fianchi ed aiutandolo a rimettersi in ginocchio. Lo abbracciò stretto, quasi portandolo seduto sul proprio grembo, e il ragazzo sentì la punta del suo uccello premere su di sé, intanto che la voce di Castiel gli sussurrava all’orecchio: «Ora voglia che ti abbassi lentamente e ti muovi con me» strappandogli un mugolio incoerente per la sovreccitazione.
Spostò poco a poco il proprio peso indietro, mordendosi un labbro con aria concentrata, mentre quell’uccello duro e bollente lo riempiva.
«Piano» mormorava Cass, stringendo i denti quando lo sentiva irrigidirsi, e portò una mano al suo sesso, accarezzandolo per facilitargli il processo. Infine Dean, madido di sudore, si ritrovò completamente appoggiato su di lui, i corpi che combaciavano alla perfezione.
Una mano gentile gli scostò i capelli umidi dalla fronte e labbra morbide si posarono sulla sua nuca. «Perfetto. Sei perfetto» sussurrò ancora quella voce, poi Castiel iniziò ad ondeggiare il bacino, guidando i suoi fianchi, e lui spalancò la bocca cercando di catturare più aria possibile, mentre tutte quelle sensazioni bollenti lo soverchiavano. Poteva sentire la sua fronte contro la propria spalla, i suoi capelli che gli solleticavano il collo, il suo respiro bollente che gli s’infrangeva contro le scapole, la sua presa salda sulle anche ed il suo uccello che si spingeva sempre più a fondo dentro di lui. E ringhiò frustrato, perché quelle maledetta mutandine gli stringevano le cosce e non gli permettevano di allargarle abbastanza.
Cass fece combaciare la propria mano con l’impronta che gli aveva impresso addosso sei anni prima - ormai nulla più di un’ombra più chiara sulla pelle bruciata dal sole - e lo tirò a sé, mentre stringeva di nuovo il suo sesso, accarezzandolo a tempo con i propri affondi. Dean gli afferrò improvvisamente le natiche, portandolo ancora più in profondità dentro di sé e lasciò cadere la testa sulla sua spalla quando raggiunse quel punto così eccitante.
Castiel tremò, non aveva mai provato nulla di simile, non c’era nulla di paragonabile a quello, forse solo l’amore totalitario di suo Padre. Era incredibile, era come tornare a casa, come se tutto fosse al suo posto, esattamente dove doveva essere, come se il mondo fosse stato capovolto per troppo tempo e ora fosse di nuovo tornato in assetto. E quando Dean s’irrigidì tra le sue braccia, venendo nel suo palmo, per un attimo penso che l’Apocalisse poteva anche giungere a compimento, tutto ciò che voleva era stare con lui così, per sempre, in Paradiso.
Si spense nel suo corpo con un ultimo affondo e poi crollarono entrambi sul tappeto, in un intreccio scomposto di braccia e gambe. Il rumore dei loro respiri affannati impregnò la stanza, sul pavimento giaceva rovesciata la bottiglia d’assenzio e parte di esso si era sparso sulle assi di legno.
Dean la osservò accigliato, prima di rigirarsi in modo da fronteggiare l’amico. «Quando Lucifer sarà morto, dovrai smettere di assumere e bere tutta quella merda» comandò.
Castiel non si disturbò a rispondere, preferì posare le labbra sulle sue. Poi infilò un dito nell’orlo delle mutandine arrotolate sulle sue cosce e il ragazzo sbottò un «Ouch!» quando lui fece scoccare l’elastico su di esse.
FINE.
[1] “When we stand here in a row, looking like a bunch of heroes I know that deep inside, nothing more but bunch of zeroes.” (
Ultimate - Gogol Bordello).
Potete trovarla anche su:
EFP;
Fire&Blade;