Fandom: Merlin;
Pairing: Artù/Merlino;
Prompt: 006. Crossdressing;
Rating: NC17;
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico;
Warning: Bondage, Crossdressing, Fluff, Slash, Sesso descrittivo;
Beta: Narcissa63;
Summary: E’ il seguito di “
La Cura per Tutti I Mali”.
Morgana non aveva mai riavuto indietro il vestito che gli aveva prestato per Samhain, questo perché Artù l’aveva praticamente sequestrato ed il Mago non aveva la più pallida idea di cosa volesse farne… sino a quella mattina.
Note: Scritta sul prompt 006 - Crossdressing della tabella
50 kinks di
kink&pervs e per la
FiveFandomChallenge del
BradleyJamesFan Forum, partecipa alla challenge “
A tutto campo!” del
Marauders Archive..
Baciami Ancora
Baciami ancora…
Baciami ancora…
Tutto il resto è un rumore lontano
una stella che esplode ai confini del cielo.
Baciami ancora…
Baciami ancora…
Voglio stare con te
inseguire con te
tutte le onde del nostro destino.
La porta si chiuse con il suono secco del chiavistello e Merlino, da dietro il paravento, si chiese per l’ennesima volta perché avesse accettato una cosa simile.
Morgana non aveva mai riavuto indietro il vestito che gli aveva prestato per Samhain, questo poiché Artù l’aveva praticamente sequestrato ed il Mago non aveva la più pallida idea di cosa volesse farne… sino a quella mattina.
L’Erede al trono gli aveva chiesto d’indossare di nuovo quell’abito, in privato, solo per lui e Merlino aveva accettato perché…beh, semplicemente perché non era capace di dirgli di no.
Quando Artù gli impartiva ordini particolarmente sgraditi, gli veniva quasi automatico protestare, ma se invece chiedeva gentilmente, lui non riusciva a negargli nulla. In quei momenti c’era qualcosa negli occhi del suo signore, che gli faceva capire che si trattasse di una richiesta davvero importante per lui, e lo Stregone si ritrovava ad accettare senza nemmeno accorgersene.
Grazie agli dei erano occasioni rare, per la maggior parte del tempo Artù era il solito Principe spocchioso ed arrogante a cui tutto era dovuto.
Sentì dei passi risuonare sul pavimento di pietra e poi il protagonista delle sue elucubrazioni lo raggiunse dietro il separé, incrementando il suo nervosismo. Merlino sapeva che era necessario che Artù fosse lì, dato che allacciarsi il corpetto da solo sarebbe stato impossibile, ma si sentiva ugualmente in imbarazzo. Cercò di calmarsi, confortandosi con l’idea che avrebbe dovuto semplicemente servirgli la cena, conciato a quel modo. Sarebbero stati soli ed avrebbe indossato quell’abito per breve tempo, non c’era ragione di sentirsi tanto a disagio, non si trattava certo di partecipare ad un banchetto, come la volta precedente!
«Va tutto bene?» gli domandò improvvisamente l’altro, posandogli le mani sulle spalle «E’ solo un gioco, ma se non te la senti…» aggiunse, però Merlino vide un certo rammarico nei suoi occhi e questo gli diede la forza necessaria a prendere un respiro profondo ed annuire con convinzione.
«E’ tutto a posto» asserì, afferrando l’orlo della propria tunica per sfilarla, ma Artù lo fermò.
«Lascia fare a me» propose questi con un sorriso, prima di prendere a sua volta il tessuto leggero delle sua casacca tra le mani e levargliela lentamente, accarezzandogli la schiena con un tocco fugace. Posò un ginocchio a terra e gli sfilò gli stivaletti, poi cominciò a lavorare sui lacci dei suoi calzoni, facendoli scorrere sulle cosce insieme alla calzamaglia. A quel punto si concesse di guardarlo in tutta la sua nudità, prima di posare un umido bacio sotto il suo ombelico e rialzarsi in piedi.
Lo Stregone rabbrividì quando l’aria fredda solleticò la traccia bagnata lasciata da quelle labbra e si affrettò ad indossare la sottoveste. Sentì uno strano calore al centro del petto quando il suo signore aprì il vestito e gli permise di poggiarsi contro le proprie spalle, per introdurvi le gambe dentro.
Artù gli sollevò la stoffa sui fianchi, in modo che potesse infilare anche le braccia, e poi si spostò dietro di lui per legargli i lacci del corsetto, spezzandogli il fiato ogni volta che li tirava.
Merlino si sentì strano, quasi… coccolato ed improvvisamente capì perché al Principe piacesse tanto farsi vestire e spogliare da lui. Era una bella sensazione avere qualcuno che si prendesse cura di te.
«Fatto» mormorò l’Erede al trono, sfiorando la curva scoperta del collo e delle spalle.
«Vuoi che indossi anche la maschera?» domandò il Mago, voltandosi verso di lui.
Il giovane Pendragon l’osservò ammaliato e scosse il capo: «No, va benissimo così. Voglio vedere il tuo viso» rispose, accarezzandogli una guancia con il dorso delle dita. Merlino aveva una pelle tanto candida e labbra così morbide da non avere nemmeno bisogno di trucco, che sarebbe solamente risultato volgare sul suo viso.
Questi arrossì appena e si chiese se il suo amante non lo preferisse così abbigliato perché in realtà desiderava una donna. Lo Stregone non sapeva ancora se amare o odiare quell’abito, che gli aveva portato un sacco di problemi, ma li aveva anche aiutati a capire cosa provassero l’uno per l’altro.
Dal canto suo, l’Erede al trono dovette farsi violenza per non stringerlo a sé e non mangiare lui al posto della cena. Era così invitante chiuso in quel velluto blu! Ed il fatto che fosse un vestito da donna era solo marginale nella testa del futuro Re, la cosa che gli piaceva era il modo in cui metteva in risalto il suo fisico sottile, strizzando quel torace asciutto e quei fianchi ossuti nel bustino, ed adorava la maniera in cui quel capo di vestiario lasciava totalmente esposto il suo collo lungo e bianco, solitamente celato da uno stupido fazzoletto.
Resistendo ai propri bassi istinti, Artù lo condusse verso il tavolo, dove Merlino aveva già posato in precedenza il vassoio con il cibo, e si godette la sua “compagnia” mentre mangiava.
Il modo in cui la nuca del suo servo restava scoperta quando chinava il capo, era qualcosa di semplicemente delizioso e troppo appetitoso. Quando poi, versandogli del vino, una delle larghe maniche blu scivolò indietro, scoprendo un polso sottile, il Principe sentì una voglia quasi selvaggia di mordere quel piccolo concentrato di muscoli, ossa e tendini. Perciò afferrò il ragazzo per un gomito e lo fece sedere di traverso sulle proprie gambe.
Merlino l’osservò allibito, ma non ebbe il tempo di replicare alcunché, perché Artù gli porse un pezzettino di carne con le dita e sussurrò in un tono dannatamente suggestivo: «Assaggia».
Troppo confuso per ribattere, si lasciò imboccare e catturò con la lingua una goccia di sughetto sfuggitagli dalle labbra, succhiando lievemente i suoi polpastrelli. «Non mi piace molto la carne» mormorò il Mago, non riuscendo a trovare qualcosa di più intelligente da dire, ed allora il suo signore afferrò un grappolo d’uva e lo fece pendere a poca distanza dalla sua bocca, in modo che potesse catturare un acino con i denti. «Questa dovrebbe essere la tua cena» protestò vagamente Merlino, ma l’amante gli spinse tra le labbra un altro chicco.
«Sì, la mia cena…» soffiò il giovane Pendragon, posando un bacio appena sotto il suo orecchio e scendendo a succhiargli il pomo d’Adamo, mentre gli accarezzava una coscia attraverso il morbido velluto dell’abito. La consapevolezza che sarebbe bastato scostare quel labile strato di stoffa per avere le gambe nude di Merlino sotto le proprie mani, lo rodeva come un tarlo. Lasciò scivolare appena le dita sotto l’orlo della gonna e gli sfiorò con leggerezza una caviglia, gustandosi il brivido che risalì su per quel corpo leggero. Senza riflettere oltre, passò un braccio sotto le sue ginocchia e, tenendolo saldamente stretto a sé con l’altro, si alzò in piedi, sollevando con facilità anche il suo esiguo peso. Attraversò l’anticamera a passi lenti, senza distogliere lo sguardo da quello sgomento del suo servo e catturò le sue labbra invitanti, prima di posarlo sul proprio letto.
Lo Stregone partecipò al bacio solo distrattamente, troppo preso da altri pensieri. Per caso quell’Asino Reale si era dimenticato che lui non fosse davvero una donna?
«Ho ancora le gambe, sai?» borbottò, non appena dovettero separarsi per riprendere fiato.
«Merlino, tu inciampi nei tuoi stessi piedi quando hai i tuoi vestiti addosso, non oso immaginare cosa potrebbe accaderti ora che indossi un abito che è quasi una spanna più lungo di te» lo sbeffeggiò Artù divertito e, non appena notò che stava per ribattere qualcosa, aggiunse: «Anziché parlare, datti da fare e spogliami» con quel tono malizioso che usava con lui solo da un po’ di tempo a quella parte.
Ciò non impedì al Mago di rivolgergli un’occhiata truce, prima di apprestarsi ad eseguire quell’ordine, poggiando le mani sul suo petto e portandole in alto, per fargli scivolare la giacca giù dalle spalle. Com’era ormai abitudine, fece per raccoglierla e ripiegarla, ma il futuro Re disse con noncuranza: «Lasciala cadere a terra» e Merlino considerò che non fosse il caso di protestare per il lavoro che avrebbe dovuto svolgere più tardi. Gli slacciò la cintura e poi sollevò la sua tunica, godendosi la visione di quel torace scolpito ormai familiare e sorridendo alla vista dei capelli arruffati del Principe, quando la sua testa riemerse dalla stoffa.
Quest’ultimo gli rubò un bacio, giusto per rapire quelle labbra incurvate.
Ridacchiando, il servitore cominciò a slacciargli i pantaloni, abbassandoli insieme alla calzamaglia, ed accarezzò fuggevolmente le sue gambe tornite. L’erezione di Artù gli svettò fiera di fronte al viso ed egli posò una mano sulla sua nuca in una tacita richiesta.
Lo Stregone sorrise birichino e vi soffiò sopra con malizia, strappandogli un brivido, poi la impugnò saldamente, assaggiandone la punta con la lingua, e lasciò che l’amante guidasse i suoi movimenti, facendo resistenza alcune volte per puro dispetto, estorcendogli un mugugno contrariato.
Quando si sentì ormai al limite, Artù lo staccò da sé ed il compagno risalì lungo il suo petto, lasciando qua e là qualche bacio e soffermandosi poco più a lungo sui capezzoli, sino a raggiungere la sua bocca. Si baciarono avidamente per qualche minuto ed il giovane Pendragon poggiò la fronte sulla sua, quando si ritrovarono a corto di fiato.
Chi avrebbe mai immaginato che un ragazzo con un viso così candido, potesse darsi a certe pratiche con tanta disinvoltura?
Diede un piccolo strattone ad una di quelle grandi e buffe orecchie, ghignando quando Merlino si lamentò lievemente, prima di schioccargli un rumoroso ed assordante bacio proprio sul padiglione e leccarne il contorno con la lingua. Intrecciò le dita tra i suoi capelli d’ebano e, nel momento in cui iniziò a baciargli il collo e lui s’inarcò, lo strinse di più a sé con l’altro braccio… ah, era così sensibile in quella zona! Gli faceva venire una voglia folle di riempirlo di segni, per vedere la faccia sconvolta che avrebbe fatto l’indomani mattina di fronte allo specchio. E, no, non lo faceva per marcare il territorio!
Il Mago si aggrappò alle sue spalle e lasciò scivolare le mani più in basso, sino a palpare i suoi glutei marmorei.
Il Principe si scostò da lui con un’occhiataccia, ordinò: «Dammi i polsi» e, quando l’amante glieli porse ingenuamente, sfilò la corda di velluto dorato che teneva legate le tende scarlatte del baldacchino e li avvolse con essa.
«Artù… che hai intenzione di fare?!» esclamò Merlino, spostando alternativamente lo sguardo sconvolto, dalle proprie braccia al viso del compagno.
«Ora lo vedrai» gli assicurò, con quella che parve una sensuale minaccia, guidando il suo corpo verso la colonna del talamo ed assicurando ad essa l’altra estremità della corda.
Il nodo era abbastanza morbido da non lasciargli segni, ma tanto stretto da reggere gli strattoni, e lo Stregone lo appurò dimenandosi per liberarsi. Poi respirò profondamente, cercando di ritrovare la calma; non gli piaceva quella situazione, si sentiva debole ed esposto, ma si consolò con il fatto che sarebbe bastata una lieve magia per rompere quella stringa ed Artù probabilmente non se ne sarebbe nemmeno accorto.
Questi afferrò i suoi fianchi, tenendolo fermo, e si appoggiò alla sua schiena per parlargli all’orecchio: «Va tutto bene» sussurrò rassicurante «Ti fidi di me, vero?» continuò, baciandolo tra i capelli.
E Merlino subito si bloccò, dandosi mentalmente dell’idiota. Aveva davvero dubitato di lui, anche se per poco? Si voltò il più possibile, cercando il suo sguardo, e quasi gli chiese scusa per quella mancanza di fiducia. Ma il suo Principe sorrise, posò un nuovo bacio sulla sua spalla e quel momento di tensione scivolò via del tutto.
Le mani grandi e ruvide di Artù salirono ad accarezzare le sue braccia tese, rimarcando ogni muscolo. Le dita lunghe ed affusolate gli solleticarono l’incavo delle ascelle e disegnarono le sue scapole, sporgenti come ali spezzate. Un tocco deciso e caldo, atto a rilassarlo ed a studiarlo.
Il Mago chiuse gli occhi, concentrandosi unicamente sui gesti dell’altro, e rabbrividì quando l’amante gli tracciò un’umida scia di baci lungo la colonna vertebrale, partendo dalla sua nuca sino ad arrivare al corsetto, che cominciò a slacciare. Merlino prese un respiro profondo, finalmente libero dalla morsa infernale del bustino, ed ansimò quando le dita di Artù s’insinuarono dentro la stoffa, andando a sbottonare la sottoveste, per saggiare il suo petto. Gemette nel momento in cui quei polpastrelli si chiusero sui suoi capezzoli, turgidi per l’eccitazione ed arrossati dallo sfregamento contro il tessuto, mentre la bocca del suo padrone continuava a fare qualcosa di meraviglioso al suo collo. Sentiva il suo sesso duro e bollente premere contro la propria gamba anche attraverso il pesante velluto dell’abito, ed istintivamente vi si spinse contro, desiderando di più.
L’Erede al trono interpretò correttamente quel gesto più che esplicito e con frenesia gli sollevò la gonna, accarezzando i muscoli tesi delle cosce e chiudendo il suo membro nel proprio palmo. Lo masturbò con lentezza, gustando il semplice piacere di sentirlo godere nella propria stretta, immaginando di farlo venire contro la stoffa pregiata di quelle sottane, rovinandola irrimediabilmente.
Merlino chiamò il suo nome con voce roca ed affannata, strusciandosi di nuovo contro di lui ed Artù si scostò un po’, arrotolandogli la gonna sui fianchi ed ammirando quei glutei pallidi e sodi. Raccolse la rotondità di una delle natiche nella mano libera ed accarezzò il solco con il pollice. Leccandosi le labbra con voluttà, si chinò a mordicchiarle e sorrise quando sentì l’amante sussultare sotto quei baci. La sua lingua fece capolino, saggiando la carne tenera e sensibilissima ed il suo valletto guaì.
Sempre più divertito, gli afferrò saldamente il bacino e perseguì quel trattamento, beandosi di ogni singolo gemito e del tremore di quelle gambe sottili, quando le ginocchia del suo amante divennero cedevoli come burro.
Lo Stregone dovette stringere tra i denti la stoffa di una manica, per evitare di dar voce alle grida inarticolate di piacere che risalivano la sua gola. D’un tratto fu grato alla colonna a cui era legato, che gli permetteva di sostenersi, mentre ogni pensiero coerente evaporava dalla sua testa, lasciandogli come unica consapevolezza le sensazioni assuefacenti che il suo padrone gli stava regalando. Era semplicemente troppo e si sentiva sciogliere come cera tra le sue mani bollenti.
«Artù… per favore… ho bisogno…» smozzicò affannato, sopprimendo un nuovo gemito.
Finalmente il Principe si staccò da lui: «Bisogno di cosa, Merlino?» soffiò al suo orecchio, premendo la propria erezione sulla sua apertura «Di questo?» ansò, ghermendo le sue anche e guidandole su di essa.
«Sì…sì!» biascicò l’amante e, sentendolo penetrare dentro di sé, gli si spinse avidamente incontro. Percepì il respiro del giovane Pendragon infrangersi contro la propria nuca, quando questi posò una guancia sulla sua spalla, dando il tempo ad entrambi di riprendere fiato. Poi Artù cominciò ad affondare in lui con un ritmo secco e deciso, e Merlino dimenticò ogni cosa. Ogni dovere, ogni preoccupazione, ogni segreto, ogni altra sensazione… ad ogni nuovo affondo, svanirono uno dopo l’altro. L’unica cosa che aveva importanza era il suo corpo stretto al proprio ed al diavolo tutto il resto! E, quando Artù avvolse nuovamente il suo sesso con il palmo, il piacere divenne insostenibile ed il Mago venne tra le sue braccia.
Bastarono poche altre spinte ed anche il futuro Re si liberò dentro di lui, mordendogli una spalla per soffocare un grido. Il suo peso ricadde completamente sul compagno, schiacciandolo contro la colonna, ma quest’ultimo era troppo sfinito anche solo per lamentarsi.
Non appena riuscirono a regolarizzare il respiro, Artù si diede da fare per liberarlo e poi lo aiutò a stendersi con sé sul letto. Ravviò i capelli sudati che gli si erano appiccicati sul volto e lo baciò sulle labbra, che gli erano mancate più di quanto fosse disposto ad ammettere.
Prima di chiudere gli occhi, Merlino gli regalò un sorriso esausto ed il suo signore era quasi convinto che si fosse addormentato, quando questi si schiarì la voce e, schiudendo le palpebre, mormorò: «Devo sapere una cosa…» esitò, poi deglutì e si fece coraggio «Forse preferiresti che io fossi una fanciulla?»
Il Principe aggrottò le sopracciglia: «Non dire sciocchezze» borbottò infastidito.
«Non sono sciocchezze!» protestò l’altro, scostandosi da lui «Ti sono sempre piaciute le donne, ti sei accorto di me solo quando ho indossato questo vestito… come fanno a non venirmi i dubbi?!»
«Cosa dovrei risponderti?! Se tu fossi una femmina, avrei la possibilità di sposarti, anche se mio padre non sarebbe comunque d’accordo. Ma non me ne frega niente di cosa tu sia! Uomo, donna, demonio, fata… potresti persino essere uno Stregone, per quel che m’importa! Per me sei solamente Merlino» sbottò, osservando i suoi occhi sgranarsi «E questo è tutto ciò che conta. Ti è chiaro ora, idiota?» aggiunse più dolcemente, intrecciando le dita fra le sue ciocche corvine e lasciando che il suddetto “idiota” si stringesse a lui.
«Scusa» pigolò il valletto contro la sua spalla.
«Sciocco» rincarò il l’Erede al trono, catturando poi le sue labbra, quando l’amante cercò il suo sguardo.
Incerti, come due bambini smarriti, si avvinghiarono l’uno all’altro, esprimendo con i gesti quello che nemmeno le parole potevano chiarire. La strada era lunga e tutta in salita, ma l’avrebbero percorsa insieme, maturando e sostenendosi a vicenda.
Nelle fondamenta del castello, il Grande Drago si permise una tonante e lieta risata.
FINE.
*La frase d’introduzione è tratta dall’omonima canzone di Lorenzo Jovanotti che da il titolo a questa fic.
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