A Look from You and I would Fall from Grace - Capitolo 6

Nov 24, 2012 19:03

Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: Gabriel/Sam, accenni Castiel/Dean e Lucifer/Michael, Bobby, Crowley, Death.
Rating: NC17/NSFW.
Chapters: 6/7.
Genere: Angst (?), Erotico, Introspettivo, Romantico.
Warning: Sesso descrittivo, Slash, What if.
Words: 4243/29379 (fiumidiparole).
Summary: Gabriel non è morto nello scontro con Lucifer, ma ne è uscito gravemente ferito, con un paio - su tre - d’ali spezzate e il potere ridotto di un terzo. Avendo bisogno di un rifugio, si rintana a casa Singer, sotto l’occhio dei Winchester.
Note: La storia riprende in buona parte gli eventi delle puntate dalla 5x20 alla 5x22 e li modifica secondo la “Variabile Gabriel”, ma alcuni dialoghi rimangono identici all’originale, o quasi.
Il titolo della canzone è una strofa di Heat of the moment degli Asia. Sul serio, nessuno si è mai chiesto perché Gabriel tormentasse Sam proprio con una canzone che dice una cosa del genere? XD
Potete trovare QUI il fanmix a opera di phoenix_bellamy.

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DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

A Look from You and I would Fall from Grace
Capitolo 6

Il cielo era limpido e sereno. Le luci di Sioux Falls offuscavano un po’ quella delle stelle, ma nel complesso non era poi così male, anzi, quella difficoltà spingeva Dean a concentrarsi ancora di più per distinguere le costellazioni.
Non che lui fosse mai stato un grande esperto di astronomia, ma quando Sam era piccolo si divertiva a cercare disegni nelle stelle per lui. Poi ovviamente il suo fratellino nerd era cresciuto e aveva iniziato a correggerlo, dicendo che quel polpo era Orione e che quella sirena sexy era Andromeda. Nerd, appunto.
Il cacciatore si portò la bottiglia di birra ghiacciata alle labbra e scivolò lungo il cofano della sua bambina, per mettersi seduto con la schiena contro il parabrezza. Colse con la coda dell’occhio un movimento alla sua sinistra, poi sentì le pietrine della terra spianata scricchiolare sotto dei passi familiari.
Castiel si accostò a lui, stropicciandosi gli occhi per il sonno. Dean sentì un angolo della propria bocca arricciarsi involontariamente all’insù.
«È l’ora della nanna, moccioso» lo apostrofò con malcelato affetto.
«Anche per te» rispose lui, osservandolo in attesa, e dopo un momento Dean si rese conto che Cas doveva essere venuto a cercarlo perché si aspettava che andassero a letto insieme.
Duh, come suonava male.
«Non facciamone un’abitudine, okay?» disse nervoso «Va’ a dormire, io non ho sonno».
Non sarebbe mai riuscito ad addormentarsi, non con la consapevolezza che quella, probabilmente, era l’ultima notte di Sam sulla terra e che lui non poteva fare nulla per cambiare le cose.
L’angelo abbassò il capo, poi sviò lo sguardo verso l’orizzonte di cataste d’auto. «Ho fatto qualcosa di sbagliato?» domandò, probabilmente pensando che fosse colpa sua.
«No. È solo che… non ho sonno, davvero. E tu dovresti superare questa fobia, altrimenti come farai più avanti, uhm?».
L’amico tentennò un attimo, poi si arrampicò sul cofano, accanto a lui.
«Cas, senti-» tentò Dean. Diamine, voleva stare solo, perché quel moccioso non ci arrivava?
«Non credo abbia molta importanza» lo interruppe lui, alzando la testa in su per osservare il cielo.
Dean riuscì a distinguere ogni stella riflessa nel blu dei suoi occhi.
Sogghignò. «Già, probabilmente tra un paio di giorni nulla avrà più importanza. Dubito che saremo ancora da queste parti» convenne, e con queste parti non intendeva casa di Bobby o Sioux Falls.
«Non avere paura. Sono certo che il tuo Paradiso sarà bellissimo» disse Cas, sfiorandogli una spalla con la sua. «Mi piacerebbe molto poter vedere la forma che prenderà».
«Non credo che finirò là, ma se dovesse essere, mi aspetto che tu svolazzerai lassù fin troppo spesso».
Castiel intrecciò le mani in grembo e sorrise leggermente. «Io non ci sarò, Dean. Il Paradiso non apre le porte ai traditori».
Lui, intento a portarsi di nuovo la bottiglia alle labbra, si fermò a metà strada e dopo un momento la rimise giù. «Quindi dove andrai, all’Inferno?» domandò.
Non gli sembrava giusto, non era per niente corretto. Cas non meritava di finire laggiù.
«In verità, non ne ho idea» ammise l’angelo. «Io non ho un’anima, Dean, e l’Inferno è per le anime dei peccatori».
«Quindi che ti succederà? Sparirai e basta?» chiese lui, accigliato.
«Suppongo».
Il cacciatore si incupì. «Be’, allora vedi di non farti ammazzare, okay?» gli intimò «Devi vivere il più possibile, molto molto a lungo, finché non troverai una soluzione. Fatti degli amici, cercati una bella ragazza, metti su famiglia, magari. Ma vedi di non crepare troppo presto».
«Perché dovrei voler restare qui, da solo?» lo interrogò Castiel, aggrottando la fronte.
E Dean aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse, perché non sapeva cosa dire. Perché era la domanda che si faceva lui stesso. «Non lo so. Se le cose dovessero andare male- tutto questo va contro la mia natura. Prendermi cura di Sammy è stato il mio lavoro, lo sai. Di più, è quello che sono. Ma nel tuo caso… qui è meglio che da nessuna parte» disse infine.
«Non penso. Non senza le persone giuste accanto» ribatté l’angelo, ed era strano, perché lui era quello a cui piaceva passare un sacco di tempo a osservare il mondo e le sue infinite meraviglie, e Dean si aspettava che volesse goderselo un po’ di più.
«Troverai persone più giuste» lo rassicurò.
«Non è possibile» borbottò Castiel, stropicciandosi di nuovo gli occhi. La sua testa ciondolò di lato e Dean si spostò impercettibilmente, in modo che cadesse sulla sua spalla.
Il mattino li trovò ancora lì, infreddoliti e addormentati sul cofano dell’Impala.

*°*°*°*°*

Gabriel sospirò, steso sul letto, il gomito puntellato sul cuscino e la testa poggiata alla mano. Arricciò su un dito una ciocca dei capelli di Sam e attese di vedere i suoi occhi verdi aprirsi.
Il corpo del cacciatore emergeva a tratti dalle lenzuola, creando una visione molto interessante, ma lui era completamente soddisfatto dalla lunga - e movimentata - notte appena trascorsa.
Padre, posso avere questo?, pensò tra sé e sé, Altre notti come questa, niente di più. Ma no, chiaramente non poteva averle, perché quel ragazzo non apparteneva più a lui, spettava a Lucifer. Ed era un po’ criminale come suo fratello riuscisse sempre a ottenere i giocattoli più belli.
Le palpebre di Sam tremarono, mentre emergeva dal sonno, poi le ciglia frullarono e finalmente quegli occhi si schiusero, rivelando un cocktail cangiante di verde, azzurro e castano, ancora indecisi su che sfumatura prendere quel giorno.
«Ehi» sussurrò con voce roca.
«Ehi, Sammy» ricambiò lui, sorridendo appena.
«Non essere triste» gli disse il ragazzo, schioccando un bacio sul suo naso.
«Come sai che sono triste?» domandò l’arcangelo, stupito. Uh, cosa? Era un bel sorriso quello che gli aveva fatto.
«I tuoi occhi diventano più verdi, quando sei giù di morale» rispose distratto, stiracchiandosi.
Gabriel lo fissò incredulo, era una cosa che nessuno gli aveva mai detto in milioni di anni - letteralmente. Ridacchiò, senza poterne fare a meno. «Oh, Sammy-Pooh, sei così dolce» cinguettò.
«Sono solo un buon osservatore» si difese lui, stringendosi nelle spalle. «Ehi, ho una cosa che forse potrebbe migliorare il tuo umore» disse poi, scivolando fuori dal letto e infilandosi un paio di jeans «Torno subito» promise, sgattaiolando fuori dalla camera.
Quando riapparve, pochi minuti dopo, stringeva tra le mani due sacchi molto grossi, ma dall’aria leggerissima, e sembrava perplesso.
«Cosa c’è?» domandò l’arcangelo.
«Avevo paura di svegliare Cas e Dean, ma non sono in camera. È più tardi di quanto penso?» chiese confuso, poggiando i sacchi sul letto e sedendosi di nuovo accanto a lui.
«No, è appena l’alba» lo rassicurò l’amante, tirandosi su e poggiando la schiena contro i cuscini.
«Strano» decretò il cacciatore.
«Cos’hai lì?» fece Gabriel, curioso.
«Scoprilo» lo incitò l’altro, sorridendo.
Lui attirò a sé uno dei sacchi, notando subito che erano davvero molto leggeri come sembravano, e slegò il laccio che lo chiudeva. Immediatamente venne investito da una forte luce bianca e rimase a bocca aperta: era pieno di piume. Le sue piume.
«Sono parte della tua Grazia, no? Quindi non mi sembrava il caso di gettarle via. Magari puoi farci qualcosa di utile» spiegò Sam, incrociando il suo sguardo stupito.
«Non capisco, dovrebbero essere svanite a quest’ora» disse l’arcangelo.
«Oh, ho cosparso l’interno dei sacchi con l’olio di Gerusalemme. A quanto pare ha funzionato».
Gabriel gli regalò un sorriso accecante «Ragazzo intelligente» lo elogiò, afferrandolo per la nuca e catturando la sua bocca.
«Allora, possono esserti utili?» domandò lui.
«Sì, posso decisamente farci qualcosa» decretò Gabriel.

*°*°*°*°*

Dean uscì dal vecchio edificio diroccato, seguendo Cas e Sam, che caricarono quattro bottiglioni di sangue nel cofano dell’Impala, mentre lui si puliva uno sbaffo rosso da una guancia. Si sentiva nauseato.
Era toccato soprattutto a lui, ovviamente, dissanguare i demoni, e guardare Castiel imbottigliare con cura il sangue che suo fratello avrebbe dovuto bere aveva rischiato di rivoltargli lo stomaco, nonostante ormai pensasse di essere abituato a tutta la merda possibile.
Raggiunse Bobby, che davanti al suo furgone controllava alcuni giornali, e il vecchio cacciatore - di nuovo in piedi - lo scrutò con cautela.
«Non sono ancora abituato a vederti a quest’altezza» ammise Dean.
Bobby sorrise brevemente, un po’ ironico. «Stai bene?» gli domandò poi, serio.
«No, non direi» rispose lui, sincero. «Trovato qualcosa di utile?»
«Non lo so, a te sembrano segni, questi? Un ciclone in Florida, temperature a picco a Detroit, incendi a Los Angeles…» citò Singer, gettando i quotidiani l’uno sull’altro.
«Aspetta, che hai detto di Detroit?» chiese il ragazzo, accigliato.
«La temperatura è scesa fin quasi a meno dieci gradi, ma solo in un raggio di cinque isolati nella zona del centro. Si stanno gelando il culo».
«Succederà a Detroit, Dean».
«È lì, il Diavolo è lì» disse, cupo.
«Ne sei sicuro?» gli domandò Bobby.
Il maggiore dei Winchester lanciò un’occhiata al fratello; una brutta sensazione gli inchiodava il petto, togliendogli il respiro. «Sì, ne sono certo».

*°*°*°*°*

Sam passò il peso da un piede all’altro, facendo scricchiolare le assi del pavimento. Guardare Gabriel riempire una sacca da viaggio con i propri vestiti, come una persona normale, era strano; era convinto che l’arcangelo non avesse bisogno di certe cose, che prendesse ciò che voleva quando voleva. Evidentemente preferiva fare acquisti, come tutti gli esseri umani.
«Non voglio che tu venga» disse, attirando la sua attenzione.
Gabriel si voltò a guardarlo, accigliato. «Scusa?»
«Non voglio che tu venga con noi. Correresti un rischio inutile» ripeté il ragazzo, avvicinandosi di più a lui.
«Sono più robusto di quello che sembro, dolcezza» gli assicurò, riprendendo ad impilare vestiti. I suoi gesti erano bruschi, secchi, il volto adombrato; non lo vedeva sorridere da ore.
Sam gli accarezzò un braccio, obbligandolo a voltarsi verso di lui. «Non voglio che tu mi veda- quando-» cercò di spiegare.
L’arcangelo strinse i denti. «Avresti dovuto pensarci prima, biscottino».
«Gabe, ti prego, non rendere le cose più difficili» sussurrò, stringendolo sopra i gomiti.
Lui abbassò lo sguardo, incazzato, addolorato. «Non puoi chiedermi di restare qui. Non puoi chiedermelo» disse con rabbia, ma suonava più come una supplica.
«Ho paura di non farcela, se sarete tutti lì. Di non- di non riuscire a dire sì, alla fine» confessò Sam.
Gabriel ispirò profondamente, a bocca aperta, come se non riuscisse più a respirare, poi lo afferrò per la nuca e lo tirò giù contro di sé, premendo il volto tra i suoi capelli.
Lui stava scomodo piegato in quel modo, ma non importava. Gli abbracciò la vita e nascose il viso nella curva del suo collo, respirando il suo profumo.
In viaggio, con la testa poggiata contro il finestrino dell’Impala, Sam chiuse gli occhi e cercò di pensare solo a quello, solo allo zucchero filato. La pioggia tamburellava sui vetri ed era l’unico rumore udibile, a parte il rombo del motore e un leggero russare proveniente dai sedili posteriori.
Per un attimo si lasciò cullare dall’idea che, prima o poi, tutto quello sarebbe finito e allora avrebbero fatto di nuovo l’amore, con quell’unico rumore in sottofondo, la pioggia sui vetri, per tutta la notte, per giorni interi, finché non avessero avuto più nemmeno le forze per respirare.
«È proprio un angioletto» Dean sorrise divertito, voltandosi un momento a guardare Castiel, addormentato là dietro.
Sam seguì il suo sguardo, lasciando scorrere gli occhi sulle pieghe del trench; l’unica cosa dei vecchi abiti che Cas avesse recuperato. «Gli angeli non dormono» disse funereo.
Suo fratello fece un smorfia e, di colpo, anche se non aveva detto niente, anche se non lo aveva nemmeno guardato, parve più infelice, più stanco. Più di quanto lui l’avesse mai visto.
Sam sentì il cuore accartocciarsi come un foglio di carta. Non poteva credere di star facendo questo proprio a lui, di lasciarlo solo; Dean detestava la solitudine, cercava di mostrarsi sempre forte per tutti, ma la verità era che li teneva stretti per paura di venire abbandonato.
«Dean, devi promettermi una cosa» disse quindi.
«Certo, Sammy, tutto quello che vuoi» lo rassicurò l’altro, voltandosi a guardarlo per un momento, prima di riportare la propria attenzione sulla strada umida.
«Sai che alla fine di questa storia, se le cose vanno come abbiamo programmato, resterò chiuso all’Inferno» iniziò e suo fratello annuì, senza interromperlo. «Devi promettermi che non cercherai di riportarmi indietro» concluse.
«Cosa? No, non esiste, te lo puoi scordare. Non erano questi i patti» replicò subito Dean, come se avessero avuto un vero accordo. E forse c’era, forse era sempre esistito; quello di non lasciarsi mai indietro, di andare avanti insieme. «Tu non ti rendi conto. Quello che ho passato io laggiù sembrerà una piacevole vacanza, in confronto».
«Non importa. Non possiamo rischiare, Dean».
«E cosa si suppone che dovrei fare?» inveì il maggiore, incredulo, spaesato.
«Andrai avanti. Tornerai da Lisa, pregando che sia così stupida da riprenderti, e vivrai una semplice, noiosa apple pie life, come qualunque americano» ordinò Sam.
«No» sbottò l’altro.
«No?» chiese lui, incredulo.
«No» rincarò Dean, testardo come un mulo. «Vuoi che ti lasci a marcire la sotto? Bene. Ma non farò finta di niente, non andrò avanti con una famiglia che conosco a malapena come se non avessi un fratello, come se tu non fossi all’Inferno, con il Diavolo. Questa è la mia vita e ho comunque delle persone di cui occuparmi. Questo è quello che so fare, e lo faccio bene» asserì, lanciando un fuggevole sguardo allo specchietto retrovisore, che inquadrava Castiel.
Sam non ribatté. Per quanto lo riguardava, era più che sufficiente. Andava bene così.

*°*°*°*°*

Bobby puntò i binocoli sulle finestre del palazzo, il più centrale di Detroit. Perfino da lì poteva vedere dei riconoscibilissimi brutti ceffi alle finestre.
«Demoni. Almeno due dozzine. Avevi ragione, sta accadendo qualcosa» disse, rivolto a Dean, quando tornò dai ragazzi.
«Più di qualcosa» rispose questi, cupo. «Lui è qui, lo so» aggiunse, come se potesse percepirlo.
Ed era bizzarro, perché a ragion di logica quello più legato al Diavolo non sarebbe dovuto essere lui. Ma Dean se lo sentiva sotto pelle, come se Lucifer attirasse qualcosa nel suo sangue, come se fosse una forza superiore a volerli tutti lì.
Il vecchio cacciatore gli rivolse uno sguardo allarmato e il ragazzo si allontanò - per non vedere la paura nei suoi occhi, per non vederla riflessa nei propri.
Sam sospirò e osservò Bobby. Lui non riusciva a reggere il suo sguardo e al minore dei Winchester si strinse il cuore; più di chiunque altro, quell’uomo era sempre stato un padre per loro. Attese e fu lo stesso Bobby ad accostarsi.
«Ci si vede in giro, ragazzino» sussurrò.
Sam deglutì e annuì. «Ci si vede in giro» confermò. Nello stesso quartiere del Paradiso, se fossero stati fortunati.
Dean chiuse gli occhi e abbassò il capo, ma fu solo Castiel - che affondò le mani nelle tasche del trench e strinse le labbra con rabbia e impotenza - ad accorgersene, mentre Sam e Bobby si abbracciavano con tutta la forza che avevano.
«Quando ti entrerà dentro, tu combatti con le unghie e con i denti, capito?» ordinò Bobby, la voce che grattava in gola, spezzata. «Non mollare. Non cedere un millimetro».
«Sissignore» rispose il ragazzo, prima che l’altro cacciatore si allontanasse, dandogli le spalle nel tentativo di cercare - dentro di sé - un minimo di forza per andare avanti, per lasciargli fare quella follia
Sam si sfregò la bocca con una mano e dopo un momento si voltò a guardare il loro angelo, fermo in un angolo, come se si sentisse di troppo. Dentro di sé, lui provò un piccolo motto di tenerezza per quella creatura così bizzarra.
«Prenditi cura di loro, okay?» disse, tendendogli la mano.
Castiel gli rivolse uno sguardo struggente, così blu, pieno di sensi di colpa. «Non mi sarà possibile» rispose in un sospiro sofferto.
A Sam quasi caddero le braccia. Quasi. Come faceva Dean ad avere sempre tanta pazienza? «Dillo per farmi contento» replicò, sorridendo appena.
«Oh. Avrei dovuto mentire» comprese l’angelo, impacciato.
Lui alzò gli occhi al cielo e sorrise, di nuovo, perché davvero, che altro poteva fare?
Castiel tentò un’espressione leggera e convincente, finendo solo per sembrare costipato e assolutamente imbarazzante. «Certo, staranno benone» asserì.
«Senti, solo- solo- smettila di parlare» lo bloccò Sam, prima che quella pantomina diventasse ancora più ridicola.
Castiel lanciò uno sguardo mortificato in direzione di Dean, ma non disse altro, come Sam gli aveva chiesto, e raggiunse Bobby per lasciarli soli.
Il cofano dell’Impala, che il maggiore dei Winchester teneva aperto, poggiandosi contro di esso, era pieno di sangue di demone imbottigliato.
Sam si accostò, aprendo e chiudendo nervosamente le mani. Come un drogato che si avvicina al suo pusher, si rese conto. «Potresti non guardare?» si stupì a pregare suo fratello, senza nemmeno riuscire a sollevare gli occhi su di lui; non voleva che lo vedesse così, non di nuovo.
Dean esitò solo un secondo, poi si allontanò a passi lunghi, appena un po’ affrettati.
Ci volle più tempo del previsto e, quando Sam richiuse il cofano, aveva ancora la bocca sporca di sangue, il corpo rigido, carico di energia.
«Okay. Andiamo».
Suo fratello fu l’unico a seguirlo, come nei piani.
«Va bene» urlò Sam, alzando le braccia al cielo, all’indirizzo delle finestre del palazzo. «Siamo qui, figli di puttana! Venite a prenderci» ruggì, e subito due brutti ceffi in completo scuro aprirono la porta.
«Ehi, ragazzi» li salutò Dean. «Vostro padre è a casa?»
Vennero trascinati dentro a spintoni, in maniera niente affatto necessaria, visto che erano andati all’interrogazione alla lavagna volontariamente. Gli farò avere un richiamo disciplinare, pensò il maggiore dei Winchester, prima che venissero portati davanti al Diavolo e il suo cervello si zittisse.
«Ehi, ragazzi» li salutò Lucifer, annoiato. «Siete stati gentili a passare». Alitò sul vetro, facendolo gelare come se fuori nevicasse. «Scusate se fa un po’ freddino. La maggior parte della gente pensa che io bruci da morire,» spiegò, tracciando una linea lunga sul vetro, in verticale «ma in realtà è l’esatto opposto» completò, sovrapponendo alla parte più alta una curva all’ingiù, andando così a formare un forcone.
«Be’, avvertirò i media» non riuscì a trattenersi Dean.
Lucifer finalmente si voltò a guardarli e lui smise di sorridere sfrontato e deglutì, nervoso.
«Aiutatemi a capire una cosa, ragazzi» disse. «Entrare qui passando dalla porta principale è… un tantino suicida, non trovate?»
«Non siamo qui per combattere con te» replicò Sam, secco.
«No? Allora perché siete qui?»
«Voglio dire sì».
Il Diavolo fissò il suo tramite per un lungo momento, inespressivo. «Scusa?» domandò poi.
A Sam bastò chiudere gli occhi e concentrarsi per uccidere i due demoni che gli avevano gentilmente accompagnati lì. A esorcizzarli non ci pensò nemmeno, li uccise e basta; erano pesci piccoli. I corpi crollarono a terra con un tonfo che fece sussultare suo fratello.
«Ti sei riempito di ovomaltina, non è vero?» rilevò Lucifer.
«Mi hai sentito. Sì» ripeté il minore dei Winchester.
Satana strinse gli occhi, diffidente. «Stai dicendo sul serio» si rese conto, tuttavia.
Sam scambiò uno sguardo teso con Dean, rendendosi conto di dover convincere il Diavolo della propria buona fede; era qualcosa che non aveva messo in conto. Non era bene che Lucifer fosse sospettoso.
«Senti, quello del Giorno del Giudizio è un treno che non si fermerà» tentò. «L’abbiamo capito, ora. Vogliamo solo scendere».
«Ovvero?»
«Il patto del secolo» buttò lì il ragazzo. «Io ti faccio salire a bordo, ma quando sarà tutto finito, io sarò vivo, lui sarà vivo, riporterai in vita i nostri genitori…»
Il Diavolo si passò un dito sulle labbra, poi lo interruppe, seccato. «Okay, possiamo farla finita con questa telenovela? So che hai gli anelli, Sam» rivelò, gelandoli sul posto.
Lui scosse il capo. «Non so di cosa parli» cercò di mentire.
«Gli anelli dei Cavalieri? Le chiavi magiche della mia Gabbia?» disse Lucifer, annoiato. «Ti suona qualche campana? Andiamo, Sam, io non ti ho mai mentito. Potresti ripagarmi con lo stesso rispetto» osservò, seccato.
Dean chiuse gli occhi, terrorizzato. Siamo fottuti, pensò con liquida chiarezza. Si voltarono nervosi, seguendo il suo passeggiare per la stanza, e Satana alzò le mani, con fare innocente.
«Tranquilli, non sono arrabbiato» li rassicurò. «Un match di wrestling dentro la tua testa. Mi piace l’idea» considerò, annuendo tra sé. «Solo tu ed io, un unico round?» propose, soppesando la cosa con le mani. «Niente trucchi» promise. «Se vinci tu, salti in quel buco. Se vinco io… Be’, vinco io» scrollò le spalle. «Che ne dici, Sam? I’ll bet a fiddle of gold against your soul, ‘cause I think I’m better than you» [1] canticchiò.
Dean scosse la testa inconsciamente, cercando lo sguardo del fratello, ma lui strinse i denti e piegò le labbra all’ingiù, testardo.
«Quindi lo sa. Non cambia niente» osservò.
«Sam» tentò il maggiore.
«Non abbiamo altra scelta» rispose lui.
«No» lo supplicò Dean.
«Sì» affermò Sam, quasi sbattendolo in faccia al Diavolo, rimasto in silenzio a lasciarli decidere, come un guanto di sfida.
Lucifer non replicò, semplicemente chiuse gli occhi, poi una luce fortissima prese a emanare dal suo corpo ed un fischio acuto - la sua vera voce - riempì la stanza.
Dean si riparò gli occhi e, un momento dopo, era tutto finito: i corpi di Sam e Nick erano entrambi a terra, all’apparenza incolumi. Lui si affrettò a prendere gli anelli dalla tasca e li lanciò contro un muro, recitando rapidamente la preghiera che Death gli aveva insegnato in quella pizzeria di Chicago.
La chiave si attaccò alla parete come una calamita, poi l’intonaco iniziò a creparsi e sgretolarsi, e in breve un buco nero si aprì dietro di esso, risucchiando l’aria come se volesse catturare tutti al suo interno.
Sam si riscosse con un gemito sofferente, cercando di tirarsi su. «Dean» lo chiamò. «Riesco a sentirlo».
«Sammy! Devi andare, adesso» disse con urgenza, aiutandolo a mettersi in piedi.
«Oh, Dio» gemette, ancora.
«Vai, Sam. Ora» insistette il maggiore, mentre l’altro si reggeva al suo braccio.
Lui avanzò verso lo squarcio della parete e guardò dentro l’abisso, terrorizzato. Ma all’improvviso i suoi occhi si sgranarono con cupidigia e accennò un sogghigno, poi si voltò di nuovo verso Dean, imbronciando la bocca e scrollando le spalle.
«Ti stavo solo prendendo in giro» annuì. «Sam se n’è andato da un pezzo». Il Diavolo chiuse la Gabbia pronunciando la preghiera inversa e raccolse gli anelli, alzando sul ragazzo uno sguardo compassionevole. «Ti avevo detto che sarebbe sempre successo a Detroit» gli ricordò.
Sarebbe stato così in ogni tempo, in ogni dimensione.
Poi scomparve, lasciando Dean da solo nella stanza.
Lui si portò le mani tra i capelli, gli occhi carichi di lacrime e disperazione. Finito. Era tutto finito.

*°*°*°*°*

Le strade di Detroit erano affollate, piene di gente disperata che faceva su e giù, senza meta.
Dean, Bobby e Castiel si fermarono davanti a una vetrina di elettrodomestici tappezzata di televisori, ognuno sintonizzato su un canale diverso, ognuno trasmetteva la notizia di una diversa tragedia.
«È iniziata» sentenziò l’angelo, le mani affossate nelle tasche del trench, le spalle curve.
«Grazie, Einstein. Quindi che facciamo?» replicò il suo protetto.
«Suggerisco di trovare un negozio di liquori e consumare ingenti quantità di alcool» propose, piatto.
«Tutto qui?» replicò Dean.
Castiel gli rivolse uno sguardo sperduto, impaurito, non meno disperato di quelli della folla che li attorniava e forse anche di più, perché lui conosceva la verità, sapeva cosa sarebbe accaduto, l’aveva visto succedere altre volte. Ma stavolta sarebbe stato peggio, molto peggio.
«Ci arrendiamo?» continuò il ragazzo, cercando Bobby con lo sguardo.
Il vecchio cacciatore non sembrava in condizioni migliori del loro angelo spiumato. «Non ci abbiamo mai creduto troppo» ammise.
«Sapete una cosa? Andate al diavolo. Se non mi aiutate voi, cercherò qualcun altro» decise lui, impugnando il cellulare e puntando al vicolo dove aveva lasciato l’Impala.
Castiel lo seguì e lo afferrò per un gomito, trattenendolo. «Dean, non c’è nulla che possiamo fare. Voglio solo che tu capisca che andando lì non vedrai altro che Michael che uccide tuo fratello».
«Allora non lo lascerò morire da solo» rispose lui, cocciuto.
L’angelo scosse il capo, spaventato, ma che diritto aveva di trattenerlo, di cercare egoisticamente di tenerlo al sicuro? Con ogni probabilità di lì a breve sarebbero stati tutti morti. E sapeva che sarebbe finita così, che alla fine Dean avrebbe scelto Sam, l’aveva sempre saputo.
«Hai promesso che ti occuperai di noi» si ritrovò a mormorare, comunque.
Il ragazzo sgranò leggermente gli occhi, sorpreso. «Eri sveglio?»
«Parlavate in tono abbastanza alto. Mi dispiace» rispose, chinando il capo.
Dean si leccò le labbra e chiuse gli occhi. «Cas, devo farlo» sussurrò «Non vuoi salvare Sam?» chiese incredulo.
«Certo che voglio!»
«Allora aiutami» calcò il ragazzo, legando gli occhi ai suoi.
La mano di Castiel tremò appena sul suo braccio, ma poi l’angelo annuì, deciso. «Sempre» giurò.
Dean annuì a sua volta e per un momento provò l’impulso fortissimo di stringerlo a sé e baciarlo sulla fronte. Si limitò a lisciargli il bavero del trench, soffermando per un momento la mano al centro del suo petto, prima di riprendere a camminare.
Sedette in macchina, affiancato dall’angelo, e cercò un numero nella rubrica del cellulare.
«Padrona Magda» rispose una voce piena di anticipazione.
«Chuck?» fece lui, inarcando un sopraciglio.
«Oh, Dean! Non mi aspettavo che chiamassi, non ne avevo proprio idea» esclamò il Profeta, nervoso.
«Chi è Padrona Magda?» replicò lui, vagamente divertito.
«Nessuno. Solo un’amica».
Certo, pensò il cacciatore. «Che ne è stato di Becky?»
«Non ha funzionato. Io- la rispettavo troppo» rispose Chuck.
«Ti sei messo con una stronzetta vergine, che ti aspettavi?» sbuffò Dean. «Senti, Chuck, è cominciata» aggiunse poi, serio.
«Lo so, Dean» sospirò il Profeta. «L’ho visto. Io- in effetti, stavo scrivendo».
«Sai dove succederà?»
«Gli angeli tengono tutto molto segreto. Ma io l’ho visto comunque. I privilegi dell’essere un Profeta» si vantò leggermente. «È domani, a mezzogiorno in punto. Il posto si chiama Stull Cemetery».
Il cacciatore mimò quel nome con le labbra. «L’ho già sentito» considerò, cercando di fare mente locale. «È alla periferia di Lawrence! Che diavolo ci fanno lì?»
«Non lo so. Immagino che tutto debba finire dov’è cominciato» suppose Chuck. «Buona fortuna, Dean».
«Grazie, Chuck» rispose lui, chiudendo la chiamata. Attese un momento, stringendo forte il cellulare, poi incontrò lo sguardo di Castiel, paziente e rassicurante, lì in attesa per lui. Quindi compose a memoria un numero familiare.
Il telefono di casa di Bobby squillò solo due volte, prima che la voce affannata di Gabriel rispondesse, piena di speranza: «Sammy?»
Dean mancò un battito. Oh, stupido arcangelo. Doveva saperlo. Doveva saperlo che, anche se le cose fossero andate bene, non sarebbe stato Sam a chiamare. «Tieniti pronto, sto venendo a prenderti. Andiamo a fare una chiacchierata con i nostri fratelli» disse, mettendo in moto.

[1] The Charlie Daniels Band - The Devil Went Down To Georgia. Lucifer la cita anche nell’originale; Supernatual 5x22 - Swan Song.

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serie: heat of the moment, bigbangitalia: big bang 2012, long: a look frm u&i would fall frm grac, supernatural

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