Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: Gabriel/Sam, accenni Castiel/Dean e Lucifer/Michael, Bobby, Crowley, Death.
Rating: NC17/NSFW.
Chapters: 4/7.
Genere: Angst (?), Erotico, Introspettivo, Romantico.
Warning: Sesso descrittivo, Slash, What if.
Words: 4207/29379 (
fiumidiparole).
Summary: Gabriel non è morto nello scontro con Lucifer, ma ne è uscito gravemente ferito, con un paio - su tre - d’ali spezzate e il potere ridotto di un terzo. Avendo bisogno di un rifugio, si rintana a casa Singer, sotto l’occhio dei Winchester.
Note: La storia riprende in buona parte gli eventi delle puntate dalla 5x20 alla 5x22 e li modifica secondo la “Variabile Gabriel”, ma alcuni dialoghi rimangono identici all’originale, o quasi.
Il titolo della canzone è una strofa di
Heat of the moment degli Asia. Sul serio, nessuno si è mai chiesto perché Gabriel tormentasse Sam proprio con una canzone che dice una cosa del genere? XD
Potete trovare
QUI il fanmix a opera di
phoenix_bellamy.
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A Look from You and I would Fall from Grace
Capitolo 4
Sam non era un idiota, sapeva quand’era il caso di levare le tende. Per quello si trovava di nuovo in corridoio, nel bel mezzo della notte, davanti alla porta di Gabriel.
Dopo un momento d’incertezza, bussò un paio di volte - un semplice toc-toc sul pannello di legno - e attese finché non lo vide aprirsi.
«Tira un’aria strana, di là» esordì a mo’ di giustificazione «Continuano a girarsi intorno e a guardarsi e… » si schiarì la voce, scoprendosi incredibilmente nervoso.
Dio, che ci faceva alla porta di un uomo nel bel mezzo della notte?
L’arcangelo lo fissava con uno sguardo assorto, un po’ imbambolato, e non disse nulla, tanto che lui si ritrovò a ciondolare da un piede all’altro, più imbarazzato che mai.
«Senti, non importa. Posso dormire in soggiorno» borbottò, facendo per andare, ma una mano decisa si chiuse sul suo polso destro.
«Scusa» Gabriel si leccò le labbra e gli offrì un mezzo sorriso. «Avevo la testa tra le nuvole» disse, tirandolo dentro con sé.
Sam sorrise divertito. «Particolarmente appropriato per un arcangelo» osservò «A cosa pensavi?»
«Che devi trovarmi proprio irresistibile per essere di nuovo qui» cinguettò lui, sfuggendo abilmente alla vera domanda, cosa che gli fece subito capire che non voleva parlarne.
«Oh sì, completamente» ironizzò e con sua sorpresa Gabriel distolse lo sguardo, come se fosse in imbarazzo.
«Uno di questi giorni ti prenderò sul serio e verificherò le tue parole alla lettera» rispose, e non sembrava scherzare più di tanto.
Sam si accigliò, perplesso. Aprì la bocca e la richiuse, senza trovare nulla di sensato da dire, e all’improvviso si sentì molto nudo con addosso solo una canottiera e un paio di calzoncini corti. E il fatto che Gabriel non fosse vestito molto più di lui non aiutava affatto.
Lui lasciò andare lentamente il suo polso, sfiorando l’interno con il polpastrelli, tracciando le vene bluastre. «Ho intenzione di finire di vedere questo show» gli comunicò, arrampicandosi sul letto, dal lato più vicino al televisore.
«Okay» borbottò il ragazzo, salendo sull’altra sponda.
Gabriel gli dava le spalle, steso un fianco, le bende sotto la maglietta intuibili sul profilo delle costole. Sam si scoprì ad allungare una mano, curioso; la poggiò al centro della sua schiena e disegnò una scapola con il pollice. L’arcangelo rabbrividì sotto il suo tocco.
«Fa male?» chiese lui.
«Non esattamente» rispose, girandosi come poteva per guardarlo da sopra una spalla, gli occhi dorati quasi castani nella penombra della stanza.
Sam lo tirò con gentilezza, spingendolo a stendersi sulla schiena, e il voltò di Gabriel si storse in un lieve smorfia quando il suo peso gravò tutto sul dorso. Lui si affrettò a tirarlo nuovamente verso di sé, fino a portarlo steso sull’altro fianco, per metà addosso al proprio corpo.
«Mi dispiace» disse precipitosamente, una mano ancora stretta sul suo fianco.
«Siamo a posto o vuoi continuare ad arrotolarmi come un involtino?» ansò l’arcangelo, con voce dolorante, il respirò che s’infrangeva contro il suo braccio nudo.
«Sono davvero dispiaciuto».
«L’hai già detto».
Sam deglutì a fatica, gli occhi incatenati ai suoi, troppo vicini. Tutto di Gabriel era troppo vicino. Che diavolo stai facendo?, gridò una vocina isterica nella sua testa. «Mi stai evitando» disse invece.
L’arcangelo inarcò le sopraciglia. «Un po’ difficile farlo da qui» osservò.
«Uhm, sì. Prima… intendevo prima» smozzicò lui, schiarendosi la voce.
Gabriel lasciò crollare la testa sulla sua spalla, ridacchiando sommessamente. «Sammy, Sammy, Sammy… sei troppo carino» sospirò sconfitto, facendolo accigliare.
«Carino?»
«Un ragazzone alto due metri che arrossisce come una tredicenne per un po’ di contatto fisico involuto. Adorabile» confermò.
«Cos-» ritentò Sam.
«Oh, per amor del cielo, fa’ silenzio» sbuffò Gabriel e all’improvviso si sporse e catturò le sue labbra, affondando una mano tra i suoi capelli.
Non fu un contatto prepotente né violento, fu un bacio gentile a fior di pelle, troppo breve perfino per capire se gli fosse piaciuto o meno. L’arcangelo si scostò appena da lui, gli occhi dorati socchiusi a un soffio dal suo viso, in attesa di una sua reazione.
Sam lo fissò stranito, non sapendo esattamente come reagire. Era uno scherzo? E non stava pensando, non davvero, anzi probabilmente non aveva mai avuto la testa sgombera come in quel momento, del tutto vuota. I capelli di Gabriel gli piovevano addosso e lui li scostò, portandoglieli dietro l’orecchio per vedere meglio il suo volto, con un gesto che fece sorridere l’altro; un sorriso morbido, dolce come zucchero, come il suo profumo.
Non c’era nessuna ironia in quegli occhi, nessun trucco, nessun gioco. Il ragazzo sentì una grande calma scendere su di sé, come se il tempo si fosse fermato, come se avessero chiuso qualunque cosa fuori dalla porta di quella camera e nulla potesse arrivare a sconvolgere le loro vite, come se non ci fosse l’Apocalisse in attesa fuori dalla finestra.
Sorrise esitante, lasciò scivolare le dita sulla nuca di Gabriel e attirò la sua bocca sulla propria. Con cautela, quasi che all’improvviso avesse dimenticato come si faceva.
Quelle labbra erano sottili, ma morbide, e intrappolarono le sue, tirandole tra i denti e succhiandole. Sam rabbrividì e fece violenza su se stesso per non infilare la lingua tra di esse senza troppi complimenti; non si aspettava uno studio tanto metodico da parte di Gabriel, ma lo lasciò fare, almeno finché non fu lui stesso a provocarlo leccandogli le labbra.
Sam immerse entrambe le mani tra i suoi capelli, scoprendoli della stessa consistenza delle piume che conosceva così bene, e succhiò la sua lingua, strappandogli un gemito sottile e delizioso. L’arcangelo si spinse sul suo fianco, infilando un ginocchio tra le sue gambe, e lui se lo tirò ancora di più addosso, facendo presa sulle sue natiche.
Gabriel ridacchiò sulle sue labbra. «Sei uno che arriva subito al dunque, eh?» constatò. «Ti facevo più paziente».
«Ti facevo più pervertito» replicò il ragazzo. «Dio, dimmi che non parli così tanto anche durante il sesso» aggiunse, spingendo la lingua nella sua bocca con un ringhio.
Lui non rispose, ma puntellò i gomiti ai lati della sua testa e strusciò il ginocchio sul suo inguine. Sam ansimò e risalì le sue gambe nude, sino ad intrufolare le dita sotto la sua canottiera e portarla con sé nel passaggio. La sua schiena era incredibilmente liscia, dove non era nascosta dal bendaggio.
Gabriel si scostò un attimo per permettergli di sfilargli l’indumento e lui ne approfittò per incontrare il suo sguardo. «Sei sicuro?» gli domandò, picchiettando con le dita sulla fasciatura che si incrociava sul suo petto.
«Potrebbe essere un po’ problematico» riconobbe l’arcangelo, ma non sembrava affatto preoccupato. Si sollevò in ginocchio e, afferrandolo per la maglia, tirò su con sé il ragazzo, facendo sfoggio di una forza sorprendente. «Via questa» ordinò, strattonandola in alto.
Sam lo aiutò a sfilarla, lanciandola da qualche parte, poi fece per attirarlo di nuovo contro di sé, ma lui lo fermò, tenendolo a distanza sufficiente da far scorrere le mani sul suo torace e godersi la visuale.
Gabriel fischiò. «Guarda un po’ cosa c’era sotto tutta quella flanella» mormorò assorto, prima di spingerlo giù, costringendolo a stendersi di nuovo. Strinse le mani sulle sue anche, immobilizzandolo, poi la sua lingua fu suoi addominali, tracciando i solchi tra i muscoli e la V provocante delle ossa iliache.
Sam tentò di trattenersi, davvero, ma quando l’arcangelo affondò i denti sui suoi fianchi con un verso buffo, si ritrovò a ridacchiare. «Scusa» si affrettò a dire, scosso dalle risate, nascondendosi in parte il viso.
Gabriel sollevò lo sguardo, divertito, e sorrise. «Soffrì il solletico, Sammy-Pooh?»
«No» esclamò lui, in modo molto poco convincente. E infatti poco dopo iniziò a contorcersi come un anguilla, quando l’altro punzecchiò i suoi fianchi. Cercò di stringerlo a sé, nel tentativo di lasciargli meno spazio d’azione possibile, ma Gabriel era dannatamente forte e veloce. «Oddio, basta, basta! Ti prego, basta» si ritrovò a supplicare, tra le risate.
Anche Gabriel rideva, intrecciato a lui in una posizione che non aveva alcun senso logico, ed erano entrambi affannati e arrossati, quando ripresero a baciarsi. I suoi occhi dorati, gialli come il sole, avrebbero potuto far capitolare intere città e deporre i regnanti dai loro troni; era un colore assolutamente insensato e bellissimo, e Sam si chiese quanto ci fosse del vero Gabriel in esso.
Questi accarezzò una delle sue gambe, stringendosela intorno alla vita e sollevò l’altra fino ad affondare i denti nel suo interno coscia, strappandogli un gemito che gli fece inarcare inconsciamente la schiena.
«Voglio sentirle chiudersi attorno ai miei fianchi fino a soffocarmi» sussurrò, spingendosi su di lui, facendo sfregare i loro membri. Strusciò il viso nell’incavo tra il collo e la sua spalla, sfiorando l’arteria con la punta del naso, prima di poggiarvi sopra le labbra, e succhiò il pomo d’Adamo come se fosse un caramella.
Sam ansò e spinse la testa contro il cuscino, offrendogli ancora più spazio, ancora più pelle da leccare, ancora più tutto.
Gabriel passò la lingua sulla sua mascella ruvida di barba, sul mento, sino alla bocca. «Se vuoi che mi fermi, il momento è questo, Sammy» offrì.
Lui incontrò il suo sguardo e deglutì, improvvisamente molto più cosciente di come sarebbe finita la nottata. «Se volevi rendermi nervoso, lo stai facendo bene» borbottò.
L’arcangelo pettinò i suoi capelli con le dita, scostandoli dal viso con gentilezza, e attese, sapendo che quella non era una vera risposta.
Sam si domandò cosa stesse combinando, che diavolo ci facesse lì, perché ci fosse andato, in principio. E si rese conto che probabilmente una parte di lui aveva già messo in conto tutto quello fin dall’inizio. Cosa questo dicesse di lui, non ne aveva idea.
Gabriel sorrise, un po’ deluso, e poggiò un bacio sulla sua fronte. «È okay, Sammy» gli assicurò, scostandosi, ma il cacciatore chiuse le gambe attorno alla sua vita, intrappolandolo.
«No. Non trattarmi come una ragazza. Va bene, non hai bisogno di essere così gentile» disse, attirandolo di nuovo su di sé.
«Ma io sono una persona gentile, Sammy» cinguettò lui, schioccando un bacetto sulle sue labbra.
«Mi fido di te» asserì Sam, la bocca arida come il Sahara, la fronte aggrottata.
«No, non è vero» Gabriel sorrise, perfettamente consapevole di quanto quel ragazzo fosse diffidente e sospettoso per natura, sempre troppo controllato, sempre all’erta.
«Per questo sì» rispose, accarezzando la sua nuca, senza negare le sue parole. Probabilmente non si sarebbe fidato di un altro uomo, ma di lui sì, forse proprio perché non era un uomo, non davvero, forse semplicemente perché lo faceva sentire bene. Lo trascinò di nuovo sulla sua bocca, tirando un po’ i suoi capelli tra le dita, solo perché poteva, solo perché erano abbastanza lunghi per farlo.
Istintivamente tentò di invertire le posizioni e si fermò giusto in tempo, prima di fargli di nuovo male.
Gabriel sogghignò. «Mi sa che dovrò stare sopra» rilevò.
Sam sbuffò divertito e lo allontanò da sé, in modo da potersi tirare su a sua volta. Fece scorrere una mano sul petto dell’uomo inginocchiato tra le sue gambe, sfiorando un capezzolo, solleticando il ventre morbido. «Mangi troppi dolci» lo prese i giro.
«Sono una bellezza antic- … ah!» la voce dell’arcangelo si ruppe in un gemito quando lui, senza preavviso, strinse il suo uccello attraverso la stoffa dei boxer.
Il cacciatore si allungò a leccare una traccia di peluria sul suo sterno e Gabriel abbassò il volto, immergendo le dita tra i suoi capelli e ansimando tra di essi. Sam fu grato del fatto che non cercò di forzarlo a scendere più in basso e lo premiò tirando giù l’intimo, facendolo scorrere lungo le sue cosce, prima di tornare a stringere il suo sesso. Era una strana sensazione, registrò, non troppo diversa dal toccare se stesso, sorprendentemente facile e familiare.
«Suppongo che qui dovrei fare qualche battuta in proposito alla regola della L» sussurrò contro la sua pelle, premendo un sorriso contro il suo collo, mentre percorreva tutta la lunghezza del suo membro. Avrebbe fatto invidia a non poche persone.
Gabriel ridacchiò, un po’ senza fiato, spingendosi nella sua mano. «Perché non mi fai vedere se tu, invece, sei ben proporzionato?» propose, sigillando le parole con un bacio.
Sam si staccò dalle sua bocca con un leggero sforzo e si mise in piedi, il cavallo dei pantaloni ad un soffio dal viso dell’arcangelo. Questi si leccò le labbra, ingolosito; il tessuto sottile dei boxer lasciava ben poco all’immaginazione. Strusciò la punta del naso sul profilo del suo pene, così bollente e - Oh, Padre, ottimo lavoro! - decisamente ben proporzionato. Fece scorrere l’intimo giù per quelle gambe lunghissime e prese il suo uccello in bocca senza farsi pregare, ingoiando quanto poteva.
«Gesù!» gemette il ragazzo, rovesciando la testa indietro, vacillò leggermente sul materasso morbido. Chiuse le dita tra i suoi capelli e Gabriel gli strinse le natiche - dure come roccia - tra i palmi, sostenendolo e incitandolo a spingersi dentro di lui.
Sam dondolò i fianchi con attenzione, facendo violenza a se stesso per non scopare quella bocca senza alcun riguardo, e abbassò lo sguardo per osservare quelle labbra rosse e sottili chiuse attorno al suo membro. Gabriel alzò gli occhi felini su di lui, incrociando il suo sguardo fra le ciocche castane che gli cadevano sul viso, e il cacciatore percepì una nuova scarica di piacere inerpicarsi su per la schiena ed esplodergli nel cervello.
«Voglio scoparti subito» gli scivolò fuori dalle labbra e l’arcangelo sogghignò attorno alla punta del suo sesso, arricciandovi la lingua attorno e succhiandolo un’ultima volta - come uno dei suoi dannatissimi lecca-lecca - prima di lasciarlo andare.
«Anche io» disse, portando le mani sul retro delle sue ginocchia e tirandolo a sé, costringendolo a cadergli addosso.
«Che caz-» sbottò Sam, ritrovandosi quasi seduto sul suo grembo, ma Gabriel non gli lasciò il tempo di finire, coinvolgendo la sua bocca in un bacio lungo e aggressivo.
«Che si fa, Sammy, lanciamo una monetina?» sussurrò poi, facendo su e giù con le sopraciglia.
Lui sorrise e scosse il capo, ormai arreso a quelle sue uscite. Incrociò le braccia dietro il suo collo, guardandolo dall’altro; se avesse stretto anche le gambe attorno alla sua vita l’avrebbe imprigionato completamente - Gabriel era minuscolo in confronto a lui.
«Mi piace quando ridi alle mie battute, piccolo» disse questi. «Forse sono un po’ innamorato del tuo sorriso» considerò, assorto.
«Piccolo?» ribatté lui, divertito.
«Uhm-uhm» annuì l’arcangelo. «Un cucciolo d’uomo. E non fingere che la mia statura non ti piaccia» aggiunse, baciandolo sotto l’orecchio, perfettamente a portata di labbra.
Sam non negò e poco dopo si sentì spingere con gentilezza in basso, finché non fu di nuovo disteso tra i cuscini.
Gabriel catturò ancora la sua bocca, prima di sussurrare su di essa: «Lasciami fare» in tono suadente e deciso.
Lui gli accarezzò una spalla e annuì, osservandolo poi allungarsi verso il comodino e prendere dal cassetto un paio di oggetti ben riconoscibili: preservativo e lubrificante. Si contorse nervoso, senza riuscire a evitare di arrossire, e l’arcangelo gli regalo un sorriso rassicurante.
«Sammy-Pooh, non ti agitare» ridacchiò. «Guardami,» ordinò poi, più serio «posso rendere tutto questo assolutamente veloce e indolore» gli assicurò.
«Come?» chiese il ragazzo, con un vago sospetto.
Gabriel gli fece l’occhiolino e schioccò le dita in un gesto significativo. «Oppure posso lasciare che sia naturale, lento, un po’ fastidioso, fottutamente eccitante» continuò con voce roca e calda.
«Niente magia, per favore» rispose il cacciatore.
«Bene» convenne l’amante. «In ogni caso, preferisco fare con le mie mani» sussurrò piegandosi di nuovo a baciarlo. Scese con una scia di morsi giocosi sul suo collo e sul petto, soffermandosi ancora una volta a leccare il suo addome, mentre apriva il tubetto con un pollice. Versò una generosa dose sul suo bassoventre, facendolo sussultare per il contatto con il gel freddo, e iniziò a spalmarlo sul suo membro.
Sam ansimò e inarcò inconsciamente i fianchi, seguendo i suoi movimenti, ma l’arcangelo vanificò i suoi sforzi, obbligandolo a rispettare il tempo che lui gli imponeva. Prese una delle sue gambe e se la poggiò s’una spalla, aprendolo di più al suo sguardo, poggiò le labbra sul ginocchio e scese lentamente verso il basso. Strinse piano i testicoli nel palmo e pizzicò con delicatezza il perineo, facendolo rabbrividire, poi morse con decisione il suo interno coscia - lasciandogli un bel segno - mentre portava le dita unte ancora più in basso, tra le sue natiche.
«Ah!» sbottò il cacciatore, rifilandogli un’occhiataccia, e Gabriel gli risolse uno sguardo carico di malizia, con la bocca ancora chiusa a succhiare lo stesso punto - il dolore l’aveva distratto dal resto delle sue azioni.
Sam deglutì quando sentì più distintamente un polpastrello accarezzare quella zona delicata, stuzzicando tutte le minuscole terminazioni nervose nascoste lì e spargendo altro lubrificante tutto attorno.
«Non è la tua prima volta con un uomo, vero?» disse, tanto per non pensare a cosa stesse per succedere. «Credevo che ti piacessero le donne».
«Ho una preferenza per il genere femminile» ammise Gabriel. «Il mio tramite reagisce di più alle donne. Ma l’aspetto non è tutto».
«Giusto. Continuò a dimenticare che voi angeli non avete un sesso definito» si rimproverò.
«Vuoi sapere cosa vedo quando ti guardo?» domandò l’altro, strusciando una guancia contro la sua pelle delicata, prima di spiarlo tra le ciglia; occhi gialli che lo inchiodarono sul cuscino, col fiato sospeso. «Luce» continuò, quando lo vide annuire. «Vedo luce» e un dito affondò deciso dentro di lui, lento ma continuo.
Sam risucchiò rumorosamente l’aria tra i denti, socchiudendo gli occhi per il fastidio, e si morse un labbro quando lo sentì muoversi pian piano dentro di sé, spianando le sue resistenze. «Facciamola finita in fretta» lo pregò, nervoso.
«Non essere rude» lo rimbrottò il compagno, piegandosi su di lui per baciarlo, infilando immediatamente la lingua tra le sue labbra.
Il ragazzo si aggrappò alle sue spalle, immergendo le mani nei suoi capelli, mentre un altro dito andava ad allargarlo, la bocca piena del suo sapore. Gli morse le labbra e gli graffiò la pelle, cercando di distrarsi, poi in qualche modo quelle falangi si torsero e scivolarono ancora più a fondo e una scarica di piacere esplose dentro di lui, risalendo fino al cervello.
Gabriel sorrise, sentendolo mugolare contro il suo collo, e ripeté il movimento, strusciando le dita contro la sua prostata. Vide il calore risalire lungo quel corpo sudato, arrossandogli il petto e il collo, mentre affondava dentro di lui con più decisione, e Sam gli strinse con forza le braccia, inarcandosi.
«G-Gabe… c-credo… adesso» ansimò, stravolto, gli occhi leggermente sgranati.
«Ancora un attimo, piccolo» replicò lui, insinuando un altro dito e facendolo gemere senza controllo.
Non resistette a lungo, comunque, giusto il tanto di vincere ancora un po’ le resistenze del suo corpo, poi sfilò quelle intrusioni e passò a preparare velocemente se stesso.
Sam, respirando a fatica, lo osservò con interesse infilarsi il preservativo; era strano vederlo fare a un altro uomo, era ancora più strano sapendo cosa sarebbe successo da lì a poco.
L’arcangelo spalmò un’altra generosa dose di gel su di sé, prima di sollevare di nuovo lo sguardo sul compagno. Arraffò un cuscino e lo spinse sotto i suoi fianchi, in modo da tenerli comodamente sollevati, poi usò le sue gambe per trascinarlo capricciosamente contro di sé.
Per sua fortuna Gabriel non disse altro, mentre si sistemava sopra di lui, perché Sam non era certo di come avrebbe reagito.
L’arcangelo gli prese una mano, intrecciando le dita alle sue, mentre guidava il suo pene dentro di lui. «Stringi» ordinò, serrando la presa così forte da fargli un male cane. Nello stesso tempo si spinse nel suo corpo.
Il ragazzo digrignò i denti e ricambiò la stretta; era tanto dolorosa che sospettò che l’amante gli avesse incrinato qualche osso, ma in compenso sentì a malapena la fitta che lo percosse dal basso; rimase solo una fastidiosa sensazione di estraneità.
Gabriel restò fermo, per metà affondato in lui, e si portò la sua mano alle labbra, baciandola con dolcezza, come a scusarsi del maltrattamento. La tenne ancora un momento contro la propria guancia, poi se la portò su una spalla, mentre ondeggiava un po’ il bacino, tentando di sciogliere la tensione.
«Muoviti» lo incitò Sam, attirandolo su di sé.
E l’arcangelo non si fece pregare; si spinse in lui con movimenti cauti e decisi, fino a riempirlo completamente. Solo allora si concesse un gemito basso e profondo, quasi doloroso, come se risalisse dalle radici del suo petto. «Sei fantastico» ansimò, leccandosi il labbro superiore, il capo reclinato indietro, gli occhi chiusi.
Lui strinse la presa sulla sua spalla, graffiandogli la pelle, e strattonò il lenzuolo con l’altra, irrigidendosi per paura di muoversi. Si sentiva completamente aperto, impossibilmente pieno, e non riusciva a decidere se fosse una bella sensazione o no.
Gabriel abbassò la testa con un movimento lento, quasi narcotico, e schiuse le palpebre, scrutandolo con attenzione. «Stai bene?» un vago ronzio nella voce, una vibrazione bassa, come se fosse fatta di due toni diversi. I suoi occhi erano ancora più gialli del solito, pieni di luce.
Sam rabbrividì. «Non ne sono sicuro» soffiò, teso. «E tu? Sembri… strano».
L’amante si leccò le labbra e chiuse di nuovo gli occhi, quando li riaprì erano tornati normali, un cerchio d’oro sfumato di verde. «Sei un overdose di zucchero in endovena, biscottino» fuseggiò, la bocca storta in un sorriso deliziato, e uscì del tutto da lui solo per affondare di nuovo, subito dopo, in un’unica lenta spinta.
La testa del ragazzo ricadde sul cuscino e un gemito gli sfuggì dalle labbra, quando l’altro cominciò a fare sul serio. Ogni movimento lo portava ad aprirsi un po’ di più, a cedere terreno, e l’attrito stava pian piano scemando, lasciando dietro di sé solo una sensazione di intenso calore.
Oddio, sì, era bollente. Sam strinse i capelli sulla sua nuca e lo attirò a sé, prendendosi con prepotenza la sua bocca, e rimase lì, le ginocchia schiacciate sul petto, piegato in due come un portafoglio, completamente offerto a lui. E in qualche modo Gabriel riuscì a scivolare ancora più a fondo e una scarica elettrica esplose di nuovo nel suo basso ventre, facendolo gemere contro le sue labbra.
«Shhh… Sammy, abbassa la voce» lo rimproverò l’arcangelo, tirando il suo labbro inferiore tra i denti. «O tuo fratello si precipiterà qui pensando che ti stia uccidendo».
E lui capiva, davvero, ma poi Gabriel lo fece ancora e ancora, e il suo cervello semplicemente si spense. Il suo uccello venne stretto in una morsa perfettamente calibrata e tirato a tempo con quelle spinte, sempre più violente, sempre più incalzanti, e ogni affondo era un esplosione di petardi su per la sua schiena.
Il suo corpo iniziò vibrare, scosso da tremiti continui, mentre la pressione saliva, saliva, saliva, concentrandosi tutta in un unico punto. Sam si aggrappò alle sue spalle, lasciando che la lingua di Gabriel gli riempisse la bocca, e soffocò un grido contro di essa, venendo tra le sue dita.
Quest’ultimo represse a stento un gemito e all’improvviso lui si ritrovò le mani piene di piume, che piovvero addosso a loro come soffici coriandoli, mentre l’arcangelo accompagnava il suo piacere con qualche ultima spinta gentile.
Gabriel si fermò, respirando affannato contro il suo orecchio, arroventandolo, in attesa che anche lui riprendesse fiato. Sam poteva ancora avvertirlo dentro di sé, dolorosamente duro, e cercò il suo sguardo, trovando i suoi occhi pieni di una muta domanda. Annuì, sollevando i fianchi per incitarlo, e l’amante baciò le sue labbra prima di scostarsi da lui e spingerlo gentilmente a voltarsi.
Il ragazzo si stese a pancia in giù, abbracciando il cuscino; il suo pene ancora ipersensibile sfregava sulle lenzuola e percepiva una fastidiosa sensazione di vuoto che lo metteva a disagio. Non durò molto, comunque.
Gabriel strinse le mani sui suoi fianchi e lo prese di nuovo, fino in fondo, facendolo gemere contro il cuscino. Stavolta non gli fece sconti, si spinse in lui con forza, alla ricerca del proprio piacere, rude ed esigente. E, Dio, non avrebbe dovuto essere così perfetto, non dopo che lui era già venuto, ma lo era, dannazione, e ogni affondo era un colpo di frusta contro le sue natiche che lo faceva singhiozzare; sorpresa e piacere attorcigliati assieme.
Sam strinse i muscoli, intrappolandolo dentro di sé, e cercò di andare incontro alle sue spinte. «Avanti, dammelo» ringhiò, artigliando una delle sue natiche, e l’arcangelo lo sbatté una, due, tre volte, come se volesse schiacciarlo ancora di più contro il materasso.
Le lampade sfarfallarono, l’odore di zucchero nella camera era intossicante, poi Gabriel ghermì i suoi capelli, tirandoli forse un po’ troppo forte, ma non aveva importanza, perché ora era lui a tremare, e lo stava scopando con più violenza di quanto avesse mai fatto. Poi Sam lo sentì irrigidirsi e un brusio doloroso - come mille voci tutte assieme che sussurravano nella sua testa - gli trapassò i timpani, facendogli istintivamente schiacciare la faccia contro il cuscino. Ma dopo qualche secondo tutto finì e il corpo di Gabriel cadde sulla sua schiena, bollente e sfiatato.
L’arcangelo iniziò a ridere sommessamente e di lì a poco lui si ritrovò a seguirlo.
«Oh, piccolo, sei eccezionale» sospirò il primo, posando un bacio sulla sua nuca, per poi scostarsi e stendersi al suo fianco, lasciandolo libero di respirare.
«Il sesso con gli angeli è sempre così movimentato, oppure…» disse Sam, divertito, cercandolo il suo sguardo.
Gabriel fece suggestivamente su e giù con le sopraciglia. «Oppure» rispose, facendolo ridere di nuovo.
«Ho bisogno di una doccia» gemette il ragazzo, anche se in realtà non riusciva nemmeno a considerare la possibilità di muoversi; era completamente sfinito.
«Domani» sospirò l’amante sulla sua pelle, posandogli un bacio sulla spalla.
«Cristo, Gabriel, è pieno di piume» esclamò, osservando il letto.
«È stato un duro lavoro fisico» convenne questi, stiracchiandosi come un grosso gatto soddisfatto. «Ma ne è assolutamente valsa la pena» concluse, ammiccante.
Sam non rispose, si limitò a scuotere il capo e attirarlo sul proprio petto.
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