Mommy Dearest - Capitolo 2

Dec 15, 2011 15:31

Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: angel!Castiel/vampire!Dean, wizard!Sam, angel!Balthazar, vampire!Crowley, arcangel!Gabriel, arcangel!Michael, arcangel!Raphael.
Rating: NC17.
Charapter: 2/4.
Beta: koorime_yu (la martire ♥).
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico.
Warning: COW-T!AU, Fluff, EGGPREG, Sesso descrittivo, Slash, Spin-off, Vampirismo.
Words: 4603/18387 (fiumidiparole).
Summary: Dopo essere stato trasformato, Dean vive nella Città dei Vampiri con Castiel, ma il suo angelo ha qualcosa che non va. 
Note: Sequel di Lazarus Rising. Scritta per il prompt Creatura Soprannaturale della mia Tabellina Generale presa da auverse.
Inizialmente Castiel potrebbe sembrare un tantino (molto) OOC, ma poi si capirà il perché del suo bizzarro comportamento.
Note imporatanti: Clash Of the Writing Titans è un universo fantasy creato dagli amministratori di maridichallenge, per una delle loro iniziative. Si tratta di un mondo abitato da quattro popoli in lotta tra loro - angeli, cavalieri, maghi e vampiri - ognuno dei quali occupa una grande città, e sorretto dalla misteriosa figura della (del - in questo caso) Veggente. NON VENITE A DIRMI CHE NON VI AVEVO AVVISATO.
Dedica: Sempre per Narcissa63 ♥

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DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù No, nemmeno il COW-T è mio, no.

Mommy Dearest
Capitolo 2

La stanza era maledettamente silenziosa. Crowley, in piedi davanti a loro - le braccia incrociate sul petto, la testa bassa, la bocca imbronciata - scrutava con sguardo fosco e calcolatore l’ovetto sul letto. Dean sentì l’impulso fortissimo di prendere il cosino e nasconderlo, e percepì le ali di Castiel agitarsi contro il suo fianco, mentre l’angelo non scollava gli occhi dal guscio bianchissimo del piccolo, apparentemente preda della sua stessa ansia.
«Sai qual è la fregatura di essere trasformati in vampiri, Dean?» chiese il suo Master, ma non sembrava aspettarsi una risposta. «Che non ti puoi ubriacare» aggiunse, infatti, subito dopo. «Whisky, ecco cosa mi servirebbe, whisky».
«Ehm…» tentò lui.
«Sta zitto, stupido bamboccio. Maledetto il giorno che il tuo pennuto si è presentato alla mia porta. E maledetto il giorno in cui un qualche idiota ha ben pensato di morderti! Ah, ma se scoprirò chi ha avuto questa brillante idea, la pagherà cara. Gli strapperò le palle a mani nude, gli darò fuoco e poi, magari dopo qualche secolo di tortura, gli taglierò la testa».
Castiel spezzò la staticità della stanza e si allungò a raccogliere l’uovo, chiudendo le ali attorno al proprio corpo per ripararlo e tirando in mezzo anche Dean, mentre fulminava Crowley con uno sguardo che avrebbe ghiacciato anche il sole. L’Ambasciatore non fece una piega.
«Hai idea di come sia possibile?» domandò il ragazzo. «Insomma, i vampiri non possono…»
«Ti sembro il Veggente, per caso?» rispose Crowley, inacidito. «Posso solo supporre che tu, essendo stato trasformato tanto di recente, sia ancora fresco e non fossilizzato, come noi vegliardi» ironizzò.
Dean ebbe l’impressione di essere appena stato paragonato ad un pesce su una bancarella del porto, ma non ebbe il tempo di protestare.
«Cosa intendi fare?» chiese il suo Master all’indirizzo dell’angelo, e Castiel si agitò appena, nervoso. «Se hai in mente di presentarti nella tua Città con quel affare, ci faranno una crepe» lo avvertì il vampiro più anziano.
«Che intende dire?» chiese Dean preoccupato.
«Dopo la stagione degli amori, si tiene sempre un censimento dei concepimenti» spiegò il suo compagno «Dovrei… dovremmo - entrambi -  presentarci, è la legge».
«E se non lo facciamo che succede?»
Castiel si adombrò e non rispose, così fu Crowley a farlo per lui. «Che il Capitano qui presente dovrà tornare al fronte».
«Castiel e la sua truppa erano stati messi a mia protezione» osservò il ragazzo.
«Questo quand’eri ancora umano, testa di legno» gli ricordò l’Ambasciatore «Ti era stata offerta quella guardia in quanto eri il Condottiero dei Cavalieri, a seguito dell’alleanza tra il tuo popolo e gli Angeli. Ora dovrebbero proteggere chi ti ha sostituito».
Sostituito. Dean storse la bocca, quel titolo se l’era sudato dopo una vita intera ed ora era stato sostituito. E Castiel sarebbe divenuto il custode di un altro. Sapeva che era logico, era normale, i cavalieri avevano bisogno di un Condottiero e lui non era più uno di loro, ma questo non rendeva la pillola più dolce.
«Se ci presentassimo al censimento, verresti messo in… maternità, o qualcosa del genere?» domandò al compagno, tornando al problema presente.
«Sì, almeno in teoria. Ma questa storia non piacerà agli Arcangeli. Michael aveva per te un occhio di riguardo, ma il suo odio atavico per i vampiri è molto più forte».
Dean deglutì, innervosito. «E gli altri due?» domandò, ripensando al triumvirato di cui aveva solo sentito parlare.
«Raphael la pensa come lui, e Gabriel… è imprevedibile» sospirò l’angelo.
«E questo posto non è abbastanza sicuro» concluse Crowley «Ora sei uno di noi, ma hai tagliato troppe teste perché i vampiri ti accolgano in famiglia dopo appena un mese o due».
«Fantastico» concluse Dean.

*°*°*°*°*

Era trascorsa appena mezza mattinata, quando bussarono alla porta - per quanto potesse essere mattina in una città in cui era sempre buio -, ciò voleva dire che Dean aveva dormito a malapena quattro ore, o giù di lì. Quindi gli ci volle un momento per capire chi fosse l’alta figura che stava sgocciolando sul suo zerbino.
Alto e dinoccolato, il mago lo guardò truce, l’acqua che ruscellava dai lunghi capelli castani e dalla tesa obliqua del vecchio cappello a punta. «Pensi di farmi entrare o devo passare un altro quarto d’ora sotto questa pioggia?» esordì.
«Sammy!» Dean sorrise, tirandolo dentro e stringendolo in un abbraccio, malgrado il suo mantello fosse fradicio. Non poteva infischiarsene meno, non si vedevano da quando lui era stato trasformato, e cioè quasi due mesi. Per sua fortuna, Crowley aveva giudicato che fosse ormai pronto ad incontrare umani che non avesse intenzione di mangiarsi per colazione, perché aveva davvero bisogno del suo fratellino.
«È bello rivederti, Dean» sospirò lui, malgrado la stanchezza e l’evidente infreddatura.
«Vieni vicino al fuoco» disse allora il maggiore, trascinandolo fino alle due poltroncine poste vicino al camino, il sonno ormai dimenticato. Ravvivò le braci ed accese qualche lume, prima che il mago richiamasse la sua attenzione.
«Aspetta, aspetta» lo pregò Sam «Fatti vedere» lo prese per le spalle, osservandolo alla luce aranciata delle candele.
Dean sapeva cosa stesse vedendo: il pallore abbacinante della pelle, su cui le lentiggini risaltavano come tizzoni ardenti, gli occhi dalla brillantezza innaturale, i capelli che raccoglievano ogni scintilla di luce, apparendo ancora più chiari. Il suo corpo era caldo, rinvigorito dal sangue che aveva bevuto solo poche ore prima, il che voleva dire che sembrava anche molto umano.
«Ti trovo… bene» constatò il mago.
«Avanti, togliti questo affare» lo riprese l’altro, slacciando il fermaglio del suo mantello e poggiandolo vicino al camino perché si asciugasse.
«Dal messaggio che mi hai mandato mi sembravi molto in ansia, quindi… pensavo…» tentò il minore «A proposito, dov’è Castiel?»
«Oh, già, c’è una novità» ammise Dean, già pregustandosi come avrebbe reagito. Oh, sarà divertente. «Cas è ancora a letto, ora vado a chiamarlo».
Sam inarcò un sopraciglio. «Ho interrotto qualcosa, per caso?» domandò, conoscendo le solite abitudini degli angeli.
«Solo il nostro sonno» rispose il fratello, divertito, facendolo accigliare appena alla parola nostro.
Castiel stava soltanto sonnecchiando, visto che lui l’aveva lasciato poco prima per aprire la porta, quindi non gli ci volle molto per convincerlo ad alzarsi, anche se l’angelo tentò di tirarlo nell’abbraccio delle sue ali appena lui si allungò sul letto.
Dean ridacchiò, baciandolo fuggevolmente sulle labbra. «C’è Sam, di là» spiegò e finalmente il suo compagno aprì gli occhi sonnolenti.
«Arrivo» borbottò, mettendosi seduto e strofinandosi gli occhi, prima di cercare con lo sguardo la tunica dal taglio romano che portava di solito.
Il vampiro la raccolse dai piedi del letto e lo aiutò ad infilarla, legandogli la cintura attorno ai fianchi. Qualche piuma gli solleticò il viso nel mentre e lui sorrise, lasciando che Castiel prendesse da lui un altro bacio, appena finì. «Buongiorno» disse quindi, sbirciando poi l’ovetto bianchissimo semi-nascosto tra le pieghe delle lenzuola ancora calde «Ad entrambi».
L’angelo sorrise un po’, in quel suo modo particolare ed appena accennato, mentre si chinava a raccoglierlo con delicatezza. «Gliene hai già parlato?» domandò, riferendosi al loro ospite.
«No, pensavo fosse meglio farlo insieme» rispose Dean, e l’amante annuì, concorde.
Non fu facile, infatti.
«Puoi ripetere?» chiese Sam, con aria perplessa.
Il maggiore dei Winchester si aggiustò meglio sulla poltrona e Castiel, appollaiato su uno dei braccioli, si premette leggermente contro la sua spalla per tranquillizzarlo. «Stai per diventare zio» eseguì quindi, servizievole.
«Sei incinto?» esclamò il suo fratellino, gli occhi verdi - così simili ai suoi - accesi di divertimento.
Dean gli restituì un’occhiataccia. «Molto divertente» commentò, poi si voltò a guardare il compagno, cercando il suo sguardo. «Posso?» domandò, occhieggiando il braccio seminascosto da un’ala, con la quale Castiel teneva al caldo l’ovetto. L’angelo glielo passò tra le mani con attenzione ed il vampiro socchiuse per un attimo gli occhi, rapito dal calore pulsante del guscio, prima di puntellarsi con i gomiti sulle ginocchia è mostrarlo a Sam.
«È…» iniziò lui, incerto.
«Un uovo» gli venne in soccorso Dean.
«Ed è…»
«Mio e di Castiel» lo aiutò ancora.
«Oh» fu tutto ciò che riuscì a dire suo fratello. «È possibile?» chiese dopo una lunga pausa, senza scollare gli occhi dal piccolo; Dean poteva capirlo.
«Ne abbiamo la prova tangibile davanti» rispose l’angelo «Anche se io stesso non lo avrei mai creduto, fino ad una settimana fa».
Sam si strofinò gli occhi stanchi. «Sono lo zio di un uovo» sbuffò in una specie di risatina isterica; ancora una volta, Dean lo capiva. «Quindi, oltre che per darmi la lieta novella, mi avete chiamato per…»
«Aiutarci a capire come sarà il pulcino» confermò il maggiore, guadagnandosi un’occhiata perplessa dal compagno. «Che c’è? È un uovo, dalle uova nascono i pulcini, non importa di che specie» osservò.
Ma c’era poco da scherzare e lo sapeva; cosa sarebbe venuto fuori alla schiusa era la loro più grande preoccupazione. Un evento simile non era mai accaduto fra angeli ed umani, gli aveva spiegato Castiel, figurarsi tra angeli e vampiri!
Sam annuì, come per rassicurare se stesso. «Ho bisogno di dormirci su, pensare a quali libri consultare e… posso toccarlo?» disse sconclusionatamente.
Dean sorrise, accondiscendete, e si alzò per sedersi accanto a lui, sul bracciolo della sua poltrona. «Vuoi prenderlo?» propose.
«No… io, no… se lo rompessi…» smozzicò Sammy, terrorizzato; questo gli ricordava qualcosa. Con mani incerte, il suo fratellino si allungò a sfiorare delicatamente l’uovo, da prima solo con la punta di un dito, poi con il dorso dello stesso. «Così piccino…» mormorò.
Dean alzò lo sguardo a cercare Castiel, scoprendolo a guardarli con dolcezza. Sembrava che i Winchester avessero un modo peculiare di reagire a determinate novità.

*°*°*°*°*

Una sacca da viaggio era tutto ciò che Sam si era portato appresso dalla Città dei Maghi. Una sacca da viaggio. Dean era più che certo di avergli specificato di portare tutti i libri sugli angeli che possedeva, nella sua lettera. E la libreria di suo fratello era enorme - sul serio, enorme.
Si voltò a guardare il mago, che fissava l’ovetto nella cesta sul tavolo come se fosse la cosa più preziosa del mondo. O come se stesse per esplodere.
«Uhm… hai usato un qualche incantesimo per rendere i libri grandi come bottoni?» tentò, inarcando un sopraciglio ed indicando la sacca da viaggio con perplessità. Suo fratello continuava a fissare l’uovo. «Sammy?» lo chiamò, quindi, a voce più alta. Nulla. «Sam!» sbottò alla fine.
Lui si voltò con calma, lo sguardo un po’ allucinato, poi sbatté le ciglia e rimise a fuoco il vampiro. «C’è un volume dentro la sacca. Prendimelo, per favore» replicò.
«Un volume» borbottò Dean, mentre eseguiva «C’è un volume». Schiaffò il libro tra le mani del fratellino, che lo aprì ad una pagina a caso. Una pagina bianca a caso. «Ma che caz-» iniziò il maggiore.
«È un incantesimo di mia invenzione» spiegò Sam, prima che lui potesse finire. «Con una semplice formula posso richiamare, su queste pagine intonse, ogni libro della mia biblioteca o qualsiasi altro che abbia già incantato, come quelli di Bobby - che probabilmente ne possiede più di me».
Be’, wow, il suo fratellino era proprio intelligente. E gli serviva lì per quello, no? «Fantastico, topolone da biblioteca, diamoci da fare».
«Datti, vuoi dire, immagino» ironizzò questi.
«Yeah, okay, hai capito» Dean gli fece l’occhiolino, prima di recuperare il proprio mantello. «Esco per un po’, tornerò presto. Di là c’è della frutta e nella dispensa dovresti trovare qualcos’altro che ho fatto portare per te, se dovessi avere fame» spiegò, poi riportò lo sguardo sull’uovo. «Devo riportare il pulcino a Cas, o…»
Sam osservò la cesta in cui il piccolo era avvolto in una coperta calda, protetto da una magia angelica. Se la tirò più vicino, portandosela in grembo, mentre riappoggiava la schiena contro la poltrona. «Gli faccio compagnia io» rispose timidamente.
«Okay» Dean sorrise ai suoi due mocciosi, prima di tirarsi su il cappuccio e dirigersi verso la porta. L’ultima immagine che vide, prima di varcarla, fu suo fratello che teneva protettivamente una manona sull’ovetto e reggeva il libro solo con l’altra.

*°*°*°*°*

Il letto era freddo, quella notte, quando Dean si svegliò. Allungò una mano a cercare il corpo caldo del compagno, già piuttosto stranito - malgrado la sonnolenza - di non ritrovarsi avvolto dal suo abbraccio piumoso, ma incontrò solo uno spazio vuoto.
Subito un’ansia opprimente gli appesantì il petto. Una sensazione troppo umana, avrebbe detto Crowley, ma lui non riusciva ad immaginare un solo motivo per il quale Castiel avrebbe dovuto alzarsi senza aspettarlo e portare addirittura via l’uovo; di solito se la prendevano molto comoda la mattina.
Dopo un primo momento di confusione, però, riuscì a percepire due voci provenire dal soggiorno. La porta chiusa e le pareti di nuda roccia gli impedivano di percepirle chiaramente, malgrado il suo udito vampiresco, ma era certo che una fosse di Castiel, e parlavano sottovoce per non svegliarlo.
Dopo essersi gettato qualcosa addosso, si diresse verso di esse, immaginando che Sam avesse finalmente scoperto qualcosa ed avesse iniziato a parlarne con il suo compagno. Quelli accomodati vicino al fuoco, però, erano entrambi angeli.
«Ecco perché sei sparito dalla circolazione per settimane» stava dicendo il primo «Allora, hai deciso di piantare quel Winchester e cambiare piatto da cui mangiare?» continuò ammiccante.
«Il piccolo è di Dean, fratello» rispose Castiel, accigliato.
«Oh avanti, Cassie, a me puoi dirlo, sai che non ti giudicherò! Non c’è nulla di male nello sperimentare» replicò l’altro angelo, che finalmente il vampiro riconobbe come Balthazar; come al solito, quello stronzo era riuscito ad irritare Dean ancora prima che si vedessero faccia a faccia.
Quest’ultimo riusciva a scorgere il viso del proprio amante fissare il fratello maggiore con sguardo accigliato, e quello dovette comprendere l’antifona, perché dopo qualche momento perse un po’ della sua baldanza. «Non è possibile» osservò, improvvisamente serio.
«Lo credevo anche io» ammise Castiel.
«Fratellino, se non sapessi che non possiedi un briciolo di senso dell’umorismo, penserei che mi stai prendendo in giro. O che stai mentendo spudoratamente».
«Avevo i miei buoni motivi per non farmi vivo».
Dean scelse quel momento per palesare la sua presenza. «Buona sera anche a voi, eh» sbuffò, raggiungendoli. Si poggiò sul bracciolo della poltrona di Castiel e circondò le sue spalle con un braccio. Subito una delle ali del suo angelo si mosse per attirarlo più vicino e tenerlo al caldo, facendolo sospirare di puro sollievo.
Balthazar ci mise più tempo del solito a reagire. Lo stava guardando come se lo vedesse per la prima volta - il che non era vero, visto che gli aveva tenuto compagnia durante la trasformazione, quando Castiel era lontano -, insolitamente serio. «Ciao, Dean» lo salutò infine, ma nel suo tono non c’era proprio nulla della familiare ironia; il vampiro non avrebbe mai potuto immaginare che la sua voce potesse suonare tanto preoccupata.
«Cassie» chiamò intanto l’angelo, scambiando un lungo sguardo con il fratello minore. Tra loro passò qualcosa che Dean non capì o che non poteva recepire, perché il suo compagno divenne improvvisamente teso. «Non puoi pensare di-»
«La mia priorità è proteggere il mio piccolo ed il mio compagno, ora» dichiarò Castiel.
Balthazar sibilò qualcosa in enochiano, forse un’imprecazione. «La vena suicida di voi Winchester deve essere contagiosa» disse poi, incredulo, balzando in piedi per il nervosismo. Dean non l’aveva mai visto così.
«Balthe…» tentò Castiel.
«Ci farai giustiziare tutti, lo sai questo?» lo interruppe il maggiore. «Tutti. Tu, Dean, il piccolo, me, e chiunque altro vi coprirà».
«Non permetterò che vi facciano del male» replicò l’altro angelo.
«No, Castiel, sarò io che ti impedirò di fare questa sciocchezza» asserì.
«Balthazar non puoi-»
«Si può sapere che cazzo sta succedendo?» sbottò Dean, stanco di essere tagliato fuori. Castiel chinò il capo e non gli rispose, così lui scrutò l’altro angelo, in attesa di una risposta.
«Sembra che il nostro paladino, qui, abbia omesso qualche dettaglio» arguì Balthazar «Ti ha spiegato cosa succederà se non si presenterà al censimento e non risponderà alla chiamata alle armi?»
«Lui… no. Stavamo ancora decidendo cosa fare» ammise il ragazzo, sentendosi improvvisamente molto stupido.
«Verrà considerato un disertore, ecco cosa accadrà. Ed immagino tu sappia qual è il trattamento universale per i disertori» chiarì Balthazar, gelandolo sul posto.
La morte, ecco qual’era il trattamento.
A Dean cominciava a girare la testa, la Fame pulsava nelle sue vene fin da prima che aprisse gli occhi e stava facendo violenza a se stesso per non soccombervi, i suoi sforzi erano tutti concentrati nel non darlo a vedere e nel contenerla. Quei discorsi non aiutavano. No, nemmeno un po’.
«Dean, dovresti uscire a caccia» mormorò Castiel, preoccupato, notando i suoi occhi lividi e cerchiati.
«È tutto okay» rispose lui con voce roca. Ma non era okay per un cazzo: Castiel rischiava di essere giustiziato se non rivelava l’esistenza del loro pulcino, una creatura non ancora nata e che già un sacco di gente si permetteva di giudicare. «Andremo al censimento» decise.
«Dean, no-» tentò il suo compagno.
«Silenzio. Chiunque oserà sfiorare il piccolo perderà le mani insieme alle braccia. Discorso concluso. Dovranno passare sopra il mio cadavere e sai che sono un tipo dannatamente tenace» lo zittì il vampiro.
«Così mi piaci, baby!» esclamò Balthazar, ritrovando il suo solito ghigno. «Puoi contare su di me, vi scorterò io stesso. Ora, passiamo alle cose importanti…» si sfregò le mani, entusiasta «Fatemi prendere il mio nipotino!»
Dean si ritrasse leggermente, terrorizzato. Per qualche motivo, era più preoccupato di mettere l’uovo tra quelle zampacce che di presentarsi al censimento.

*°*°*°*°*

Le settimane stavano scorrendo via in fretta e l’ovetto cresceva. Osservandolo costantemente, Dean quasi non se ne rendeva conto, ma ora era grande quanto la sua mano, mentre prima era circa delle dimensioni di un uovo di gallina. Anche il guscio si era fatto più resistente, poteva sentirlo attraverso il tatto, ed il suo biancore era sempre più abbacinante. Il calore pulsante all’interno sembrava quasi sussurrare.
«Presto sarà cosciente» disse Castiel al suo orecchio, avvolgendo entrambi - Dean ed il pulcino - in un abbraccio, le piume che solleticavano la pelle nuda del vampiro, facendolo rabbrividire. «Ormai è completamente formato, lì dentro, ma dorme. Tra poco inizierà a sentire le nostre voci, la nostra presenza, nuoterà e si muoverà».
«Scalcerà, anche?» chiese Dean, con un mezzo sorriso.
Una vita, una piccola vita di cui sarebbe stato responsabile. Non era sicuro di poter essere un buon padre, una creatura come lui - un mostro - non avrebbe mai dovuto avere dei figli. Cosa gli avrebbe trasmesso, come lo avrebbe educato? Cosa avrebbe pensato il bambino vedendolo prendere la vita di altre persone? Vedendo che suo padre non poteva nemmeno portarlo a giocare sotto la luce del sole? E se avesse ereditato quella maledizione? Se non avesse mai potuto vedere il giorno e fosse stato costretto a bere sangue, per vivere? Cos’era questo pulcino, cosa li aspettava?
«Sam non ha ancora trovato niente?» domandò poi.
«No. Sta consultando la biblioteca di Crowley per vedere se nella vostra razza ci sono mai stati altri casi di nascite impossibili».
Dean fece una smorfia. «Non troverà nulla lì. Crowley ha una grande collezione di libri antichi, ma li conosce tutti e se avesse saputo qualcosa ce ne avrebbe già parlato».
«Ne sei certo?» replicò il suo angelo e lui rimase in silenzio per qualche secondo.
«Dovremmo rivolgerci a qualcuno di molto più antico, a Tessa magari». Lei e Morte, il suo Master, erano tra i vampiri più anziani in circolazione, forse proprio i più vecchi, ma si mantenevano neutrali, totalmente disinteressati alla politica e alle beghe del regno con gli altri popoli; forse per questo a Dean stavano più simpatici degli altri - a parte il fatto che non erano dei sadici bastardi assassini, si intende. Anche se Morte si era guadagnato quel nome per un buon motivo ed era ancora temuto da chiunque, nonostante ormai facesse una vita tranquilla e ritirata. «Potremmo parlarne perfino con Chuck». Il Veggente doveva pur aver visto qualcosa, no? Non stavano parlando di un moccioso qualunque.
Castiel gli tolse gentilmente l’uovo dalle mani e lo poggiò nella cesta di vimini sul comodino, che gli faceva da culla, coprendolo con il solito incantesimo. Per un momento una cupola dorata sfavillò attorno alla cesta, poi scomparve e l’angelo riprese a stringere il compagno.
«Faremo tutto ciò che è necessario, Dean, te lo prometto» gli assicurò, posando un bacio sulla sua spalla.
Il vampiro sospirò, per niente più tranquillo, e poggiò le braccia sulle sue, abbandonandosi un po’ di più contro il suo petto. Il corpo di Castiel era bollente, come se fosse febbricitante - una reazione chimica dell’organismo per tenere al caldo il piccolo, gli aveva spiegato - e Dean, sempre più freddo del normale, lo avvertiva come un calore bruciante, così invitante. Si girò appena nella sua stretta, cingendogli a sua volta la vita con un braccio e strusciando il viso contro il suo collo; aveva una voglia tremenda di morderlo, poteva quasi sentire le sue pulsazioni sulla lingua.
L’angelo gli fece spazio, arrendevole, senza che lui dicesse una parola, inclinando la testa ed offrendosi alle sue labbra. Dean sentì un brivido colargli lungo la schiena, più dovuto alla lussuria che alla Fame - o forse ad entrambe. Invece lo strinse forte, molto più di quello che un umano avrebbe potuto sopportare, e poggiò la fronte contro il suo petto, senza affondare i denti nella sua carne.
«Perché non mi mordi?» chiese il compagno, perplesso, accarezzandogli i capelli.
«Non ne ho davvero bisogno, mi sono già nutrito per stanotte» rispose il vampiro.
«Ma ne hai voglia e a me… a me piace» ammise Castiel, arrossendo appena, e sapendo quanto anche lui avesse detestato i succhiasangue, Dean capiva quanto gli fosse costata quella confessione.
Normalmente era costretto ad ammaliare le sue vittime per non rendere il morso traumatico, ma quella che s’innescava con Castiel non era una reazione indotta, era naturale, vera. Era intimo, era unico, era come fare l’amore con ancora tutti i vestiti addosso.
Scivolò nel bozzolo delle sue ali, portandosi a cavalcioni su di lui e gli cinse il collo, appropriandosi delle sue labbra. La lingua morbida di Castiel andò incontro alla sua, stuzzicando i suoi denti a punta e causandosi un minuscolo taglio che sanguinò immediatamente nella sua bocca. Dean gemette, travolto dal desiderio, la Fame che si accendeva con prepotenza, bruciandogli nelle vene.
Mordi, dilania, bevi!, gridava l’istinto. «Questo è sleale» mormorò il vampiro, prima di piegarsi ad esso ed affondare i canini nella giugulare dell’amante.
Ogni sorso aveva un sapore diverso e tutti lo stesso: ansia, paura - paura per il piccolo, paura per Dean -, preoccupazione, bisogno, amore - amore per il pulcino, e per lui, tutto per Dean, Dean, Dean -, e desiderio - bruciante, denso come liquore, appiccicoso come miele, caldo come cera fusa; ne sentiva il sapore sulla lingua, la vischiosità in gola.
Castiel entrò dentro di lui - improvviso, brusco, bollente - e Dean sentì come proprio il suo piacere, il bruciore per l’attrito solo una sensazione lontana e soffusa, che non faceva altro che rendere tutto più intenso.
Le spinte dentro di lui si rincorsero l’una dietro l’altra, profonde e lente, e lui si staccò dall’angelo, ritrovandosi ad ansimare al suo orecchio, mentre le sensazioni del compagno gli scorrevano ancora - letteralmente - nelle vene. Cinse la vita di Castiel con le gambe, aggrappandosi alle sue spalle e baciò la pelle di nuovo intatta, dondolando i fianchi sui suoi, ritrovando le stesse emozioni nei suoi occhi blu - blu, così blu, Dean non avrebbe mai smesso di stupirsi di quanto fossero blu.
Le mani dell’angelo si strinsero sulle sue anche, guidando i suoi movimenti e lui cercò di prestarvi più attenzione, ma non ci riusciva, non mentre ogni affondo andava a stimolare tutti i suoi punti più sensibile, facendogli dimenticare qualunque cosa - oh, Cas lo conosceva troppo bene. All’improvviso si sentì sollevare di peso, come se fosse più leggero di una piuma, ed un momento dopo si ritrovò schiacciato tra la testata del letto ed il corpo dell’amante, mentre le spinte si facevano pressanti e la gravità faceva il resto del lavoro. Dean chiuse gli occhi e lasciò ricadere la testa all’indietro, producendo un tonfo sordo; non capiva più niente ed il calore cresceva, cresceva, cresceva. Brucerò, pensò, invece l’unica cosa a prendere fuoco fu il suo basso ventre, quando l’orgasmo ruggì dentro di lui e si riversò tra i loro corpi.
Castiel accompagnò il suo piacere sin all’ultimo, poi rallentò fino a fermarsi, lasciandogli riprendere fiato. Lui lo sentiva ancora dentro di sé, dolorosamente duro, annidato in modo così piacevole al suo interno da farlo ancora tremare di desiderio.
«Che… che diamine stai aspettando?» ansimò, cercando le sue labbra in un bacio affaticato.
«Che tu fossi abbastanza cosciente da sentire tutto il resto» rispose il suo angelo, inchiodandolo con uno sguardo che era troppo, davvero troppo - lussuria liquida -, prima di ricominciare tutto da capo. E Dean affogò nel piacere come poco prima era affogato nella sua anima.

*°*°*°*°*

A quasi due mesi dalla comparsa dell’uovo, Balthazar tornò da loro portando una pergamena dall’aria ufficiale.
«È ora di schierare le truppe, Cassie» motteggiò, mentre lui dispiegava la chiamata alle armi. «Mi dispiace» aggiunse, più serio, quando incontrò il suo sguardo fosco.
«Non c’è più tempo, Cas. Dobbiamo metterci in viaggio. Stanotte stesso, possibilmente» osservò Dean.
L’angelo accartocciò la pergamena tra le mani. «D’accordo. Prendi al massimo due cambi, dobbiamo volare leggeri» convenne, spiccio, dirigendosi versò la loro camera.
Questo prese il vampiro alla sprovvista. «Uoh, aspetta, un attimo. Che significa volare leggeri? Io non ho le ali, ricordi?» esclamò, seguendolo.
«Ti porterò io» rispose distrattamente Castiel, iniziando a fare i bagagli.
«M-ma… così in alto e a temperature così fredde… per il pulcino sarebbe un problema» ritentò nervoso.
«Due settimane di viaggio via terra, tra guerre e briganti, sarebbero molto più pericolose. Senza contare che, non potendo tu viaggiare durante il giorno, saremmo ulteriormente più lenti. In volo, invece, possiamo essere lì stanotte stessa» spiegò il compagno, mentre si spostava da una parte all’altra della stanza per raccogliere le cose essenziali.
«Ma Cas… volare…» mormorò Dean, a corto di argomenti.
Il compagno si fermò un momento, inclinando la testa nella sua solita posa perplessa, che lo faceva tanto sembrare un bambino. «Non sarebbe la prima volta, Dean» osservò.
Era vero, Castiel l’aveva già portato in volo altre due volte, la prima quando l’aveva salvato al fronte, tirandolo fuori da una pila di cadaveri, e la seconda quando era appena stato trasformato ed erano sfuggiti al sole per rifugiarsi nella Città dei Vampiri.
«Già, ma allora ero mezzo-morto, o comunque troppo preso da altro per preoccuparmene. E poi la Città degli Angeli è dall’altra parte del paese».
Castiel portò una mano dietro la sua nuca, accarezzandogli una guancia con il pollice. «Pensi che potrei mai far cadere te o il piccolo?» chiese sommessamente, avvicinandosi fin quasi a poggiare la fronte contro la sua.
Dean si leccò le labbra, teso. No, certo che no, era proprio volare in sé che lo terrorizzava a morte. Passò il palmi sulle sue braccia nude, lasciate libere dalla tunica. «È un viaggio lungo» sussurrò.
«Posso essere lì in venti minuti» gli assicurò il suo angelo, regalandogli un accenno di sorriso.
Il vampiro sospirò, comprendendo che era una guerra persa in partenza; Castiel sapeva essere perfino più testardo di lui, specie se si trattava della sua sicurezza - di Dean - e di quella dell’ovetto. «Okay, mi arrendo» disse, ragionevole; era per il suo bambino, tutto per il suo bambino.
Il compagno lo baciò a fior di labbra, con un’ultima carezza tra i suoi capelli biondicci. «Vestiti pesante» gli raccomandò, prima di rimettersi a fare i bagagli.
«M-ma potremmo prendere dei cavalli…» stava dicendo Sam, con la propria sacca sulle spalle, davanti ad un Balthazar molto divertito, quando loro tornarono in soggiorno.
«L’offerta è questa, Big Boy: un viaggetto tra le mie braccia, o resti qui» rispose l’angelo «Prometto che non allungherò le mani. Non troppo almeno».
Il mago si voltò a cercare il fratello maggiore, rivolgendogli uno sguardo supplicante. Dean alzò le braccia, impotente. «Abbiamo già deciso, Sammy» spiegò «Comunque, se preferisci aspettarci qui o raggiungerci con i tuoi mezzi…»
«Non se ne parla. Vengo con voi, è anche della mia famiglia che si tratta» rispose il minore, osservando la coperta tra le braccia del fratello, che teneva al caldo l’uovo.
«Sarò gentile» promise Balthazar, con lo sguardo malizioso di un pervertito che insidia una vergine. Quando Sam indietreggiò di qualche passo, Dean non lo biasimò affatto.

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EFP.

auverse: tabella generale, supernatural, long: mommy dearest, serie: cow-t 'verse

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