I'd Come for You - Seconda Parte

Sep 22, 2011 10:15

Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: god!Castiel/Dean, Bobby/Crowley, Carver Edlund Chuck, Sam.
Rating: Pg.
Charapter: 2/2.
Genere: Angst, Introspettivo, Romanico.
Warning: Linguaggio, Pre-Slash, Spoiler 6x22.
Words: 5264/10591(fiumidiparole).
Summary: Post 6x22 - Crowley ha un piano per sistemare le cose: recupererà l’amuleto in grado di localizzare Dio, i Winchester e Bobby troveranno il Signore, Lui disinnescherà Castiel e così tutti si salveranno il culo. Sembra semplice, no? Sembra, appunto.
Note: Il titolo della fic è lo stesso dell’omonima canzone dei Nickalback, le cui strofe accompagneranno l’intera storia.
Dedica: A neera_pendragon per il suo compleanno \0/ Tesoro, dovrebbero esserci ben due shippe che ti piacciono, spero solo di essere stata all’altezza. Tanti Auguri, Honey ♥ Buon Compleanno e 100 di questi giorni!

Capitolo precedente: Prima Parte.

DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

I’d Come for You
Seconda Parte

Avevo gli occhi bendati,
ma adesso riesco a vedere,
la mia mente si stava chiudendo,
adesso sto credendo.

Quelle settimane per Bobby furono un po’ solitarie, ma gli andava bene così; per quanto amasse quei ragazzi, iniziava ad averne abbastanza delle loro discussioni. I Winchester erano da assumere con moderazione, oltre un certo dosaggio non erano salutari. E lui l’aveva imparato fin dai tempi in cui cacciava con John.
La sua occupazione principale, ormai, era rintracciare i movimenti dell’Uomo dei Miracoli - così Dean lo aveva soprannominato -, ma il tizio era più sfuggente di un anguilla. Esausto, si sfregò gli occhi con due dita e si alzò per dirigersi in cucina e preparare del caffè. Quando tornò in soggiorno, non era più solo. Seduto dietro la sua scrivania c’era il Re dell’Inferno, le gambe accavallate ed un libro tra le mani ben curate.
«Bentornato. Ho letto un po’ per ingannare l’attesa, spero non ti dispiaccia» lo accolse il demone, mostrandogli la copertina di Good Omens, prima d’infilarci in mezzo un segnalibro e richiuderlo con attenzione. «L’unico libro che riesce a mettermi di buon umore. Uno degli autori è un mio fan». [1]
«Cosa vuoi, stavolta?» sbuffò il cacciatore.
«Notizie» Crowley sì alzò e prese due bicchieri da una credenzina, a suo agio come se si trovasse in casa propria, servendo poi adentrambi tre dita di whiskey. «Come procede la ricerca?» domandò, rigirando il liquore nel tumbler.
Bobby prese un sorso per scaldarsi la gola. «A rilento. Crediamo di averlo individuato, ma non è semplice stargli dietro».
«Merda» sibilò il demone, attirando la sua attenzione.
«Che succede?» lo interrogò sospettoso.
«Nulla, l’Inferno brucia come sempre, quindi va a meraviglia» sostenne il Re, ma Bobby non se la bevve. Crowley non portava la giacca e la sua camicia era stropicciata; da che aveva il - dubbio - piacere di conoscerlo, non si era mai presentato da lui meno che impeccabile.
«Le tue doti da attore consumato iniziano a fare cilecca» lo informò.
«Anche il tuo udito, Robert» replicò il demone, in tono piatto, ed il fatto che raccogliesse la sua provocazione era già di per sé un altro indizio. «Non hai sentito nulla, nelle ultime settimane?»
«Sentito cosa?» si accigliò l’interpellato.
«Il nuovo Signore dei Cieli ha sguinzagliato i suoi cani. Vampiri, Licantropi, Mutaforma, Spiriti, Poltergeist, Skinwalker… gli angeli stanno facendo fuori tutto. Compresi i miei demoni!» ruggì. Poi prese un profondo respiro e scolò il resto del whisky in un’unica sorsata. «Tra poco voi cacciatori rimarrete disoccupati» osservò con un ghigno, ma decisamente non era brillante come al solito.
Se gli angeli eseguivano gli ordini di Castiel, occupandosi di queste cose da poco, significava che lui aveva già il completo controllo del Paradiso.
«Merda» convenne Bobby.
«Cin-Cin» concluse Crowley, rabboccando il bicchiere ed alzandolo al suo indirizzo.

*°*°*°*°*

A New Orleans, dopo il passaggio di un uragano, un gruppo di pazienti rimase intrappolato per tre giorni in un’ala d’ospedale. Un uomo - «Non uno dei ricoverati, doveva essere venuto a visitare qualcuno, prima che il soffitto della corsia crollasse» aveva sostenuto un’infermiera -  moltiplicò quattro panini e due merendine per sfamare una ventina di persone.
«Merendine? Sul serio?» ripeté Dean, quando Bobby gli riferì la notizia. «Inizio a capire da chi avesse preso Gabriel».
Così presero una camera in una piccola pensione del quartiere francese, piacevolmente più colorata e calda di quelle a cui erano abituati. Se non fosse stato per la piccola TV a schermo piatto e la connessione WI-FI presente nella hall, Sam avrebbe pensato di essere tornato di cent’anni indietro nel tempo - l’aspetto dell’intero quartiere sembrava essere stato fermato a cavallo tra l’ottocentoed il novecento.
«Vado a cercare qualcosa da mangiare» lo avvertì il fratello, prendendo le chiavi della macchina. «Se non torno, probabilmente è perché mi ha rapito Lestat» lo avvertì quand’era già sulla porta, regalandogli un sorriso enorme. [2]
«Il tuo amore per Tom Cruise è qualcosa di indecente» sbuffò Sam perplesso.
«Anche lui mi ama, ne sono certo. Solo che ancora non lo sa» rispose Dean facendogli l’occhiolino, prima di chiudersi l’uscio alle spalle.
Il minore scosse il capo e decise di approfittarne per farsi una doccia. Quando rientrò nella camera, con i capelli ancora bagnati, l’altro ragazzo non era ancora rientrato, ma c’era qualcuno al suo posto.
«Ciao, Sam» lo salutò una voce ormai - spiacevolmente - familiare.
Istintivamente il cacciatore si irrigidì, indietreggiando di qualche passo. «Che diavolo ci fai qui, Castiel?» chiese freddo.
Era esattamente come lo ricordava: capelli arruffati, trench stropicciato, barba sfatta, occhi blu e penetranti. Ma non c’era alcun calore in quello sguardo, era gelido, mostruoso.
«Sono venuto a sistemare le cose, come avevo promesso» rispose l’angelo - no, non angelo, nuovo Dio.
«Quali cose?» domandò Sam guardingo.
«I tuoi ricordi».
Il ragazzo chiuse i pugni con rabbia. «Hai una bella faccia tosta a ripresentarti qui per questo».
«Non tirare troppo la corda, Samuel. Sono tornato perché avevo dato la mia parola, ma non ti permetto di parlarmi in questo tono» lo avvertì quella creatura.
«Cosa vorresti fare?» ribatté il minore dei Winchester, ignorando la minaccia nemmeno troppo velata.
«Ripristinare il muro» spiegò Castiel. «Non era mia intenzione farti soffrire più del necessario, ma dovevo trovare il modo di rallentarvi».
«Non voglio il tuo aiuto. Potevi pensarci prima di crearlo, questo casino. Non sono felice che tu abbia fatto a pezzi il muro di Death, ma non fuggirò dai miei ricordi» asserì il cacciatore.
Castiel non rispose subito, si guardò attorno, lasciando scivolare lo sguardo sulle cose di Dean abbandonate ai piedi del letto. «Possiamo trovare una via di mezzo» propose, dopo una breve riflessione. «Posso erigere di nuovo il muro e lasciarvi un passaggio… una porta che tu potrai aprire e chiudere a tuo piacimento, in modo che almeno il tuo sonno possa essere sereno».
Sam incrociò le braccia al petto, non sapendo bene dove metterle, essendo disarmato - e non sapeva nemmeno se esistesse un arma che avesse effetto contro quell’essere. Rimase lì impalato; non si sentiva abbastanza a suo agio per sedersi o fare qualsiasi altra cosa. «Questa porta non si aprirà comunque mentre sono incosciente?» chiese, per nulla convinto, ma quantomeno interessato all’idea.
«No, dovrai fare uno sforzo consapevole per aprirla, cercando di ricordare quel periodo. Come se le tue intenzioni fossero una chiave per aprirla» spiegò Castiel.
«Perché Death non ha fatto una cosa del genere?»
«Perché non poteva».
«Tu invece sì. Sei più potente di lui, è questo che stai cercando di dirmi?» arguì il ragazzo.
«Tra le altre cose» rispose quello.
«Se accetto, non ne approfitterai per…» iniziò Sammy.
«Per cosa?»
«Non lo so» ammise.
«Mi ritieni così meschino?» lo interrogò Castiel, sinceramente stupito - forse perfino ferito.
«Non so più cosa pensare di te» confermò in maniera implicita il cacciatore.
Castiel strinse le labbra, abbassando brevemente lo sguardo, poi riportò gli occhi nei suoi. «Non ne approfitterò per fare nulla. Sistemerò il problema che ho creato, poi me ne andrò» asserì. Gli si accostò con cautela, sollevando due dita ed avvicinandole alla sua fronte, aspettando un suo cenno prima di toccarlo.
«D’accordo» accettò il ragazzo dopo una lunga pausa. Chiuse gli occhi e Castiel lo sfiorò appena.
«Fatto» lo avvertì.
Sam socchiuse le ciglia. «Non ho sentito nulla» osservò.
«Non c’è niente da sentire» chiarì Castiel scostandosi.
«Quando hai abbattuto il muro sono svenuto» ricordò il cacciatore.
«Era un’azione più violenta» spiegò allora il nuovo Dio e Sam ebbe la netta sensazione che stesse per sparire, così, senza nemmeno un cenno di saluto.
«Sei venuto proprio ora che Dean non c’è» disse spinto dall’istinto.
«Non sono venuto qui per lui» rispose Castiel accigliato, irrigidendosi appena, ma a lui non sfuggì comunque.
«Sembra quasi che tu voglia evitarlo» continuò il minore dei Winchester.
«Non ho nulla da dirgli» Castiel inclinò il capo in quella posa così familiare, che lo faceva apparire tanto confuso ed innocente. Poi gli voltò le spalle, pronto a teletrasportarsi.
«È così che fai, dopo tutto quello che Dean ha fatto per te?» sbottò Sam, ora davvero incazzato.
Lui si voltò e gli rivolse uno sguardo gelido, quasi sprezzante. «Sono stato fin troppo buono con voi Winchester. Non sono al vostro servizio, ne a quello di nessun altro». E poi se ne andò davvero, pochi passi ed era sparito. Al ragazzo ricordò quella volta che erarientrato nel suo tramite, dopo che i suoi fratelli lo avevano trascinato in Paradiso per fargli il lavaggio del cervello.
Fantastico. Dean ne avrebbe sofferto da morire.

*°*°*°*°*

Ho finalmente capito che cosa significa lasciar entrare qualcuno,
vedere il lato di me che non vede nessuno, o nessuno vedrà mai
Quindi qualora tu fossi perduto e ti ritrovassi da solo,
Cercherei per sempre, per poterti riportare a casa,
qui e adesso, faccio voto di questo
ormai dovresti sapere che

Verrei per te
nessun altro che te,
sì, verrei per te
ma solo se me lo dicessi tu.
Combatterei per te,
mentirei, è vero
darei la mia vita per te
Tu sai che verrei sempre per te
Tu sai che verrei sempre per te.

L’Impala uscì da una traversa e si immise sulla strada principale, illuminata dalle calde luci del quartiere francese. Dean percorse gran parte di Annunciation St., ascoltando solo il motore che faceva le fusa per lui, mentre conduceva la sua bambina ad una velocità costante.
Lo stomaco gli doleva per i crampi della fame, ma aveva la gola chiusa. Pensò al sacchetto di cibo lasciato sul tavolino della camera di motel che avevano preso, l’aveva poggiato appena entrato. Aveva capito subito che qualcosa non andava, non appena aveva vistoSammy; glielo si leggeva in faccia.
Continuò a guidare senza meta, non sapendo nemmeno bene dove si stesse dirigendo, volevo solo andare. Fu costretto a fermarsi quando si rese conto che non stava affatto badando alla strada. Accostò e, quando alzò lo sguardo, scoprì di essere davanti ad un grande edificio bianco: una chiesa. Era ancora aperta.
Seguendo un istinto sconosciuto, scese dalla macchina e si diresse verso il portone di legno aperto; la luce aranciata che veniva dall’interno sembrava un invito. Era una chiesa piccola, poco più di una cappella, in effetti. Dean si sedette ai primi banchi e fissò l’altare; un sorriso storto gli incurvò le labbra quando si accorse di essere davanti ad una raffigurazione di St. Michael. Molto appropriato.
«Ti fanno sempre una faccia da femminuccia, amico» sussurrò, osservando il viso delicato dell’arcangelo. Capelli biondi, volto bianco, braccia sottili, ali variopinte, vesti da centurione; tutto sbagliato. Andiamo, Roma nemmeno era stata immaginata quando Michael aveva scacciato Lucifer dal Paradiso!
Abbassò il capo, fissandosi le mani abbandonate sul proprio grembo. Che diavolo ci faceva lì? Non metteva piede in una chiesa da quando era morta sua madre, se si eccettuavano i rari casi in cui era costretto a farlo per lavoro. Non era nemmeno certo di cosa si dovesse fare. Il segno della croce all’ingresso? Bagnare le dita nell’acquasantiera, prima?
Sua madre era credente, questo lo ricordava. Andavano a messa tutte le domeniche, quand’era bambino. Cercò di rammentare la sua voce che recitava il Padre Nostro, la mano forte si suo padre che stringeva la sua, così piccola.
Castiel era venuto per Sam. Per Sam.
Aveva rincorso Dio da una parte all’altra degli Stati Uniti solo per lui. Per Castiel. E lui era venuto per Sam. Non sapeva se essergli grato o volergli urlare contro. E non sapeva più cosa fare.
«Non so bene come funzioni la cosa» esordì con voce roca. «Ho dimenticato tutte le preghiere che mia madre mi aveva insegnato. Questo è più che altro il campo di Sammy, sai. E so che probabilmente di me non Ti importa niente, ma qui non si tratta di me, okay? È per Cas» si schiarì la gola. «E devi tenerci a lui, se l’hai riportato in vita due volte, no?» fece una pausa, forse sperando che giungesse una risposta o forse solo per osservare le fiamme delle candele baluginare sotto un crocifisso. «Non Ti rompe le palle che tiabbia rubato il lavoro?» aggiunse dopo un po’. Cosa sto facendo, che senso ha tutto questo?, si domandò, stringendo in mano il ciondolo che portava al collo. «Probabilmente la mia è solo una voce irritante in mezzo ad altre mille fastidiose. La gente Ti nomina in vano di continuo, vero? Io stesso lo faccio spesso. Però Ti stiamo dietro da mesi e… non so più cosa fare. Davvero, non so più cosa fare» chiuse gli occhi, esausto. «Perciò, per favore, fatti vivo. Ti sto pregando. Ti prego».
«Hai ragione, sei davvero molesto» lo interruppe una voce stranamente familiare.
Dean si voltò, fissando a bocca aperta la figura ancora incorniciata dalla porta. «Chuck… cosa… cosa ci fai qui?» smozzicò allibito. Poi lo osservò meglio. L’amico era… strano. Non c’era più traccia dell’ubriacone sfigato che ricordava, aveva la barba curata e vestiva perfino degli abiti eleganti. Be’, eleganti per essere Chuck, s’intende. In realtà si trattava di una camicia e di paio di pantaloni dal taglio classico molto normali.
«Continuavi a chiamarmi» rispose lui «E forse nessuno dei miei figli te l’ha mai accennato, ma sai essere davvero insistente e logorroico».
Il ragazzo ci mise qualche secondo a capire. Non aveva chiamato nessuno, a parte… «Tu… Tu… TU sei Dio?» esclamò balzando in piedi. «Come? Da quanto?»
«Ha davvero importanza?» replicò Questi, sedendosi nel posto vuoto accanto a lui.
Dean crollò di nuovo sulla panca. «Figlio di puttana» ansò senza fiato.
Dio ridacchiò. «No, non Mi chiamo così».
«Cristo!» sbottò, cercando di capacitarsi della situazione.
«E nemmeno così. Ma va già meglio; dopo duemila anni ci si abitua ad essere confusi. E d’altronde mi somigliava molto» continuò il Signore divertito.
Il cacciatore gli rivolse un’occhiataccia. «Come dovrei chiamarti, allora? Qual è il Tuo nome?» sbuffò.
«Per il momento puoi chiamarmi Chuck. O Carver Edlund, se preferisci. Sono stato Io ad aiutare il tuo amico a trovare questo pseudonimo, sai? A dispetto di quello che credete voi umani, Mi piacciono i nomi semplici. Niente Yaveh, Ensof, Geova o chissà che altro, grazie».
«Okay» soffiò Dean, un attimino sopraffatto.
«Allora, cosa vuoi da Me, figliolo?» gli domandò Chuck con gentilezza, poggiando un braccio sullo schienale della panca e voltandosi leggermente verso di lui, per poterlo guardare meglio in viso.
«Che Tu fermi Cas» rispose prontamente il ragazzo.
«Perché?»
«Come sarebbe a dire perché? Hai l’antenna rotta, per caso? Non sai che diavolo è successo negli ultimi tempi, Ti è forse sfuggito cosa sta combinando?» ringhiò Dean.
«No, affatto» rispose Lui con calma «Sta facendo un buon lavoro. No, sul serio, qual è il problema? Castiel sta rimettendo in sesto il Paradiso e tiene sotto scacco Crowley. Tra l’altro, mi piace quel ragazzo come Re dell’Inferno; è l'unico demone a non essere davvero malvagio, ma semplicemente furbo ed opportunista».
«Il problema è che quello non è Cas! Sì è ingozzato di anime e si è montato la testa».
«Tutti hanno bisogno di fare errori per imparare - perfino Io -  e nessuno dovrebbe saperlo meglio di te, Dean. Non appena Castiel si renderà conto di cosa vuol dire essere Dio, abbasserà la cresta, non temere. Lo sta già facendo, a dire il vero; è sempre stato un bambino intelligente. Ma, davvero, non vedo chi meglio di lui potrebbe assumere questo ruolo. Sta facendo un ottimo lavoro, credimi, dovresti proprio vederlo» sostenne il Signore, ed il Suo tono era aperto, amichevole, perfino non privo di una certa punta di orgoglio nei confronti del figlio.
«Quindi non farai nulla» arguì Dean, in una accusa nemmeno troppo velata.
«Non sono Io che devo fare qualcosa, mio caro. Il tuo problema non è la nuova natura di Castiel, ma il fatto evidente che si è stancato di voi. Ed in particolare di te» replicò Dio, affondandogli senza troppa pietà un metaforico pugnale nel petto. «Ebbene, se vuoi fargli smettere di tenere il broncio, devi toglierti la scopa dal culo e riguadagnarti la sua fiducia. Ho parlato in modo abbastanza chiaro?» domandò, inarcando un sopracciglio «Mesi e mesi che corri dietro alle mie gonne, quando avresti potuto pronunciare una magica parolina - Cas - e sistemare tutto».
«Uoh! Lui… lui non…» boccheggiò a corto di parole.
«Lui cosa? Credi forse che non abbia più bisogno di te? Ne ha bisogno ora più che mai. Ha bisogno di tutti voi. Ha bisogno di te, della sua spada, come Io avevo bisogno di Michael. Ha bisogno di Sam, di qualcuno che gli mostri le cose sotto un’altra luce, come Io avevo bisogno di Lucifer. Ha bisogno di un buon confidente, di Bobby, come Io avevo - e ho ancora - bisogno di Joshua. E, diamine, ha bisogno di qualcuno che lo faccia ridere!» esclamò il Signore. «È un peccato che Gabriel non sia più nei paraggi. Magari potresti suggerire a Castiel di perdonare Balthazar e riportarlo indietro. Quel ragazzo gli voleva bene» considerò poi, quasi tra Sé.
«Ha davvero fatto fuori Balthazar?» chiese Dean.
«Sì» rispose Chuck in tono grave, e lui si sfregò una mano sulla bocca. Non sapeva perché questa cosa lo colpisse tanto, ma era così.
«Io… io non so se ce la faccio» ammise con voce incrinata.
«A fare cosa?» chiese gentilmente Dio.
«A perdonarlo» mormorò Dean, abbassando il capo. Castiel l’aveva ferito così tanto. Aveva idea - anche solo una vaga idea - di quanto? Si fidava di lui ciecamente. E non era solo fiducia, Cas gli aveva insegnato ad avere fede, e Dean aveva fede in lui.
«Devi, figliolo. Perché lui ti ama. Ti ama molto più di quanto abbia mai amato chiunque altro al mondo, compreso Me. Ha fatto di te il suo scopo, e senza di te non sa andare avanti. Si sente perso esattamente quanto ti senti perso tu» gli rivelò il Padre, posando una mano morbida tra i suoi capelli chiari.

*°*°*°*°*

Dean allungò una mano verso l’autoradio per abbassare il volume al minimo. Sammy, accanto a lui, aveva il viso reclinato su una spalla, gli occhi chiusi, un ciuffo di capelli castani che gli attraversava la faccia solleticandogli la bocca e costringendolo ad arricciare il naso di quando in quando.
Gli ricordò quella volta che, da ragazzini - lui aveva diciassette anni  e suo fratello quanti, tredici? - avevano preso la macchina ed erano andati di nascosto al cinema, mentre il loro padre era impegnato in una caccia con Zio Bobby - sì, a quel tempo lo chiamavano ancora così -, per vedere Evita. In realtà, Dean avrebbe preferito Indipendence Day, ma Sammy aveva insistito e, be’, lui al tempo era abbastanza innamorato di Madonna da cedere. Il film era finito più tardi del previsto, Sam all’uscita dalla sala era entusiasta - sì, anche Dean, ma non l’avrebbe mai ammesso - e, nonostante tutto, si era addormentato pochi minuti dopo essere salito in macchina. Erano arrivati a casa di Bobby appena in tempo per non farsi beccare.
Ora stava dormendo nella stessa posizione di quella volta. Dormendo - Dio, sì! - stava dormendo davvero! E l’aveva fatto per una notte filata, senza agitarsi, senza svegliarsi. Ah, il mondo era bello.
Fu quasi tentato di liberargli il viso da quella stupida ciocca di capelli. Ma non l’avrebbe fatto, no, che diavolo!, Sammy non aveva più tredici anni. Magari avrebbe potuto aprire il finestrino e richiuderlo incastrandola in mezzo, però. Sorrise, no, non oggi; per stavolta l’avrebbe lasciato dormire in pace.
Lo guardò di sottecchi mentre guidava. Visti così, loro due non si somigliavano proprio per un cazzo; quante volte la gente, vedendoli sempre insieme, aveva frainteso il loro rapporto? Aveva perso il conto. Però sotto quelle ciglia odiosamente lunghe c’erano due occhi verdi identici ai suoi - il miscuglio perfetto tra il castano del loro padre e l’azzurro della loro madre - e, be’, cos’erano, tutti ciechi, per non rendersene conto?
Sammy starnutì, facendo svolazzare la ciocca, e si grattò il naso, prima di accoccolarsi sull’altro lato, contro lo sportello. Stupido gigante, per quanto si rannicchiasse era troppo grosso per stare comodo su quel sedile. Dean ridacchiò, togliendogli di dosso la giacca che il fratello si era gettato sopra a mo’ di coperta; ormai il sole era alto e faceva troppo caldo.
Era venuto su bene, quel cretino - tutto sommato aveva fatto un buon lavoro. Sam insisteva tanto perché lui si facesse una famiglia, ma non si rendeva conto che Dean un bambino lo aveva già cresciuto? Aveva visto i suoi primi passi, corretto le sue prime paroline, gioito alle sue prime vittorie, dato una lezione a chi aveva cercato di fargli del male. E ora che Sammy era adulto e lui era libero da quegli obblighi, avrebbe dovuto ricominciare da capo? Aveva già dato, grazie tante.
«Dio esiste e metteremo tutto a posto, Sammy, te lo prometto» sussurrò, abbassando leggermente il suo finestrino per fargli arrivare un po’ d’aria sul viso e spostare quella ciocca. «Andiamo a casa, ora».

*°*°*°*°*

«Ti dispiace ripetere?» scandì Crowley con tono pericolosamente calmo.
«Dio non ha alcuna intenzione di punire Cas» eseguì Dean servizievole e, davvero, non capiva che diavolo ci facesse ancora lì quel figlio di puttana.
Il demone si adombrò e, compassionevole, Bobby gli versò altre tre dita di whisky.
Sammy, ancora in piedi, sbadigliò sonoramente. «Penso che andrò a dormire» biascicò, poi un sorriso ebete si dipinse sulla sua faccia.«Dormire. Avevo dimenticato quanto fosse bello».
Dean gli lanciò addosso la carta con cui era stato involto l’hamburger che aveva appena finito ed il fratello sbuffò, ma non disse nulla.
«Vado a farmi un giro» annunciò il maggiore, dopo che l’altro fu salito al piano di sopra.
«Ma hai viaggiato tutto il giorno» osservò Bobby perplesso.
«Ho… delle cose da fare» rispose il ragazzo, rivolgendogli un mezzo sorriso.
«Salutaci Nostro Signore del Trench» replicò Crowley inacidito.
Dean borbottò un insulto al suo indirizzo mentre si chiudeva la porta di casa alle spalle.
«Cosa hai intenzione di fare, adesso?» gli domandò il vecchio cacciatore, da bravo bastardo paranoico.
Il Re dell’Inferno non rispose subito. Prese un sorso di whisky, poi fece roteare il bicchiere, osservando il colore ambrato del liquore attraverso la luce pallida di un paralume. Il soggiorno era immerso in una semioscurità confortante.
«Non sono nato ricco, sai?» disse all’improvviso. «Ero un sarto, un normalissimo sarto da due soldi. Una sera mi ritrovai in una taverna a giocare a carte contro un tizio, cercando d’imbrogliarlo, e quello mi chiese cosa desideravo di più al mondo. Io volevo solo vivere bene. È quello che ho sempre voluto: vivere bene. Ma ero già completamente ubriaco e prima c’era stato tutto un bizzarro discorso su quanto avercelo lungo portasse fortuna nella vita. Così mi dissi, diavolo, perché no?, qualche centimetro in più può fare solo comodo. Poi il tizio mi baciò e la serata… be’, ti risparmio i dettagli. Il giorno dopo mi capitò per un caso fortuito di salvare la vita al signorotto del paese e, per ringraziarmi - indovina un po’? - lui mi offrì la mano di sua figlia. Mi ritrovai improvvisamente ricco e, dopo qualche tempo, misi al mondo un figlio - Gavin, diamine, quanto era insopportabile - giusto perché dovevo; le donne non sono mai state il mio genere, sai, ma un matrimonio non era ritenuto vero se non veniva consumato. Dieci anni più avanti i cerberi vennero a prendermi»raccontò, trangugiando il resto del contenuto del bicchiere. «Non sono un demone particolarmente potente, non lo sono mai stato. Tutto ciò che ho usato per farmi strada è questa» continuò picchiettandosi un indice su una tempia. «E l’ho fatto per vivere bene, per smettere di avere gente che mi mettesse i piedi in testa e mi tenesse il fiato sul collo. E troverò il modo di tirare Castiel giù dal suo trono, se dovesse crearmi problemi, lo giuro sul mio culo. E tu sai quanto ci tengo» concluse, pestando il tumbler sul ripiano della scrivania.
Bobby  lo scrutò intensamente. «Non posso biasimarti, è un gran bel culo» rispose, versandogli un’altra dose di liquore.
Crowley lo fissò per un momento con la bocca socchiusa, preso alla sprovvista, poi sogghignò, alzando il bicchiere al suo indirizzo.«Nemmeno il tuo è così male, Robert. Nemmeno il tuo» replicò, facendoli tintinnare entrambi in un brindisi.

*°*°*°*°*

Dean girò le chiavi nel quadro, spegnendo la macchina, ed ascoltò per un momento tutto acquietarsi ed il silenzio invadere l’abitacolo. Poi scese e si allontanò di qualche passo dalla sua bambina, incamminandosi sull’erba verde del parco. Sì lasciò cadere su una panchina, davanti agli scivoli ed alle giostre, deserti a quell’ora di notte, alzando brevemente lo sguardo al cielo trapuntato di stelle. Una lieve brezza autunnale sollevò le prime foglie rosse cadute, arricciandole in aria, e lui rabbrividì, chiudendo un altro bottone della vecchia  giacca in pelle. Un petalo portato dal vento s’incastrò tra i suoi capelli e Dean se lo rigirò tra le dita. Poggiò i gomiti sulle ginocchia, sfregandosi nervosamente le mani. Il cuore gli batteva un po’ troppo veloce. Si umettò le labbra, poi chiuse gli occhi.
«Castiel…» chiamò a voce meno alta del solito. Si sentiva stupidamente fuori esercizio e non sapeva cosa dire. «Non ce la faccio più a stare zitto. Ho un sacco di cose da dirti» Già, cosa? «Vorrei ringraziarti per quello che hai fatto per Sam e…» si passò le mani tra i capelli, tirandoli appena «E lo so che ti ho deluso, ma…» Mi manchi, no, cazzo, non l’avrebbe detto a voce alta. «Nemmeno tu sei stato molto onesto con me, no? Non possiamo solo… non so… ricominciare?» tentò, sentendosi ridicolo, e poi tacque, restando in silenzio e con gli occhi chiusi, nel tentativo di percepire qualcosa - un battito d’ali, un respiro, un saluto - qualunque cosa.
«Mi avevi già convinto a Castiel» sussurrò all’improvviso una voce accanto a lui, facendolo sobbalzare.
Dean, il cuore in gola, si voltò a guardare quegli occhi blu così terribilmente familiari, fermi a non più di una spanna da lui. Lasciargli lo spazio personale mai, certo. Oddio, che diavolo aveva detto? Già non se lo ricordava più, però… «A-allora potevi interrompermi, anziché farmi parlare al vento come un coglione» si accigliò.
Castiel gli rivolse un sorriso appena accennato, ma non disse nulla, ed all’improvviso la testa di Dean era completamente vuota, riusciva solo a guardare quel viso che non vedeva da mesi - troppi mesi.
«Pensavo avessi un sacco di cose da dirmi» osservò l’angelo - no, non era più un angelo… oh, ‘fanculo, era sempre il suo angelo.
«Già…» smozzicò Dean, e poi - al diavolo! - lo afferrò per il bavero del trench e lo attirò a sé, stringendolo tra le braccia. «Se dici un’altra volta che non hai una famiglia, non mi frega dove sei o cosa sei, ti trovo e vengo a prenderti a calci in culo» ringhiò con il viso tra i suoi capelli. Prese un respiro tremante, ispirando il suo profumo - e da quando conosceva il suo profumo? Da quando Cas ce l’aveva un profumo? - ed assaporando il leggero bruciore che tornò a pizzicargli la spalla, lì dove Cas aveva lasciato il suo marchio.
«Dean…» iniziò lui, forse tentando di scostarsi, ma il ragazzo usò ogni briciolo della sua forza umana per trattenerlo.
«Sta zitto!» sbottò «Non dire niente. Non voglio litigare. Solo… resta» soffiò poi. E allora finalmente Castiel alzò le braccia e lo strinse, circondandogli la vita e premendoselo addosso.
Il cacciatore chiuse gli occhi, godendosi quel calore, la sua forza. «Ho un messaggio per te da parte di un amico» disse dopo un po’. «Di a mio figlio che può anche proclamarsi Signore dei Cieli, ma di Dio c’è ne uno e uno soltanto» riferì parola per parola.
Cas si irrigidì e si scostò appena il tanto da guardarlo in viso. I suoi occhi erano enormi e spaventati. «Menti, Lui non…» iniziò, ma Dean lo interruppe.
«È vivo. E molto fiero di te».
Castiel si sciolse da lui, tirandosi in piedi ed il ragazzo cercò di trattenerlo per un polso. «Cas…» lo richiamò dispiaciuto.
«Vado a prendere l’altro tuo fratello» rispose lui con voce gentile.
Dean rimase senza parole. Poi strinse leggermente la presa. «Tornerai?» chiese infine.
«Presto» gli promise l’amico ed un momento dopo era scomparso.
Il cacciatore rimase a fissare il vuoto, rabbrividendo nel vento autunnale. Era successo davvero? Cas era con lui appena un attimo fa? Attese forse qualche minuto, poi un rumore di passi gli fece alzare la testa.
Castiel si stava avvicinando a lui, con Adam tra le braccia, come fosse un bambino.
Dean saltò in piedi e gli andò incontro, osservando il corpo pallido del fratellastro. Aveva il viso smagrito, macchiato di terra e sangue, la bocca screpolata e spaccata, uno zigomo tumefatto, un taglio sanguinante ad attraversargli un sopraciglio. Gli occhi erano chiusi - addormentato. Il suo amico l’aveva coperto con il trench, quindi doveva essere nudo.
«È… è tutto intero?» domandò a Castiel «Anima e tutto il resto».
«Non faccio due volte lo stesso errore, Dean» gli assicurò lui.
«Dallo a me» sussurrò il ragazzo, allungando le braccia. Malgrado fosse magro, Adam era più pesante di quanto avesse immaginato; questo in qualche modo lo confortò. «Ho le chiavi della macchina nella tasca destra del giubbotto» disse a Castiel e lui prontamente le prese e lo precedette, aprendo l’Impala come gli aveva visto fare milioni di volte.
Spalancò uno degli sportelli del retro, in modo che Dean potesse stendere il fratello sui sedili, poi lo richiusero insieme.
«Io… grazie» sussurrò il cacciatore, mettendoci quanta più enfasi possibile, di nuovo a corto di parole.
Cas gli rivolse ancora una volta quel sorriso appena accennato, così tipico suo. «Mi dai un passaggio?» Senza il trench addosso, sembrava improvvisamente più piccolo, non tanto imponente per essere un Dio.
«Sicuro» rispose Dean, riprendendo le chiavi. «Dove vuoi andare?» gli chiese una volta messo in moto.
«Ha importanza?» replicò Castiel e a lui la domanda suonò stranamente familiare.
«No, suppongo di no» sorrise, inserendo la prima. Si immise in strada, senza poter fare a meno di lanciare uno sguardo ogni tanto alla figura accanto a sé; Dio, era bello riaverlo lì.
Spiò nello specchietto retrovisore. Da lì riusciva a vedere solo un braccio pallido di Adam spuntare dalle pieghe beige del trench. Chissà come avrebbe reagito Sammy alla sua presenza. Quei due gli avrebbero dato un bel da fare - gli veniva mal di testa alla sola idea.
Poi si ricordò di un altro fratello da recuperare. «Ehi, Cas… non credi che dovresti riprendere anche Balthazar?» tentò, gettandogli un’occhiata di sbieco.
All’improvviso il posto accanto al suo divenne molto molto freddo. Dean fu costretto a voltarsi per essere sicuro di non essere rimasto solo; Castiel era così immobile da sembrare quasi una statua di marmo rosa.
«Cas?» lo chiamò circospetto.
«Eravamo insieme nel Giardino, quando per la prima volta un pesciolino uscì dall’acqua, e Balthazar mi disse: “Non calpestarlo,Castiel. Grandi piani per quel pesce”».
Dean non era sicuro d’aver capito di cosa diavolo stesse parlando, ma fu costretto ad accostare quando si rese conto che l’amico stava tremando. «Ehi?» cercò di vedere il suo viso, ma l’angelo aveva abbassato il capo.
«Non volevo fargli del male, ma ero così ferito… così arrabbiato, quando ho capito che mi aveva tradito» mormorò, poi strinse le labbra con forza «Tra tutti, proprio lui».
«Era preoccupato per te, Cas. Sapeva che era un piano suicida» rispose con cautela Dean, poggiandogli una mano sulla spalla.
«È davvero così? Nemmeno lui ha creduto in me. Lui che mi conosceva da sempre. Era mio fratello Dean, come lo è Sam per te, e mi ha tradito» la mani di Castiel si strinsero a pugno fino a sbiancare.
«E tu avresti dovuto vedere il suo volto quando gli abbiamo detto cosa avevi fatto» replicò il ragazzo con voce piatta. «E credimi, so bene cosa ha provato».
Castiel si voltò lentamente a guardarlo, gli occhi sgranati, carichi di lacrime non versate. «L’ho ucciso» soffiò.
«Lo so» annuì Dean, passando un braccio attorno alle sue spalle. Lo spazio nell’abitacolo era minuscolo ed il cambio in mezzo a loro li divideva, piantandosi nelle sue costole, quando si sporse, ma all’improvviso non aveva importanza, perché quello accanto a lui non era l’invincibile nuovo Dio Castiel, era solo Cas, il suo moccioso in trench. «Andrà tutto bene. Ci sono io con te.» sussurrò al suo orecchio «Puoi sistemare tutto, ora. Ne hai il potere, Cas. Puoi mettere tutto a posto».
«E se lui non…».
«Capirà, okay? Ora andiamo da Bobby, sistemiamo Adam e poi ci occupiamo del tuo fratellone, uhm? Lo riporteremo a casa, Cas. È questo che si fa con la famiglia. Anche con i cazzoni come Balthazar» lo rassicurò e Castiel annuì, guardandolo fisso con quegli occhi enormi, come un bambino dopo un incubo.
Dean lo strinse qualche secondo ancora, poi lo lasciò andare lentamente per rimettersi alla guida. «Ah, ricordami di regalargli un CD di Celin Dion, quando sarà di nuovo tra noi» sogghignò.
«Chi è Celin Dion?» chiese l’amico, inclinando la testa con perplessità.
Dean si accigliò, non avendo idea di come spiegarglielo. «Ti devo proprio portare al cinema, Cas» concluse, rimettendo in moto.
Ma ci sarebbe stato tempo per quello. Molto tempo.

Non importa che cosa si metterà in mezzo,
fintanto che ci sarà vita in me
al di là di tutto, ricorda
tu sai che io verrò sempre per te.

Striscerei attraverso questo mondo per te,
farei qualunque cosa tu voglia che io faccia.
al di là di tutto, ricorda
tu sai che io verrò sempre per te,
tu sai che io verrò sempre per te.

FINE.

[1] “Good Omens” di Neil Gaiman e Terry Prachett, tradotto in Italia come “Buona Apocalisse a tutti!”, racconta di un demone chiamato Crowley e di un angelo, Azraphel, che si alleano per sventare l’Apocalisse.
[2] Intervista con il Vampiro (1994).

Potete trovarla anche su:
EFP

maridichallenge: reality challenge, supernatural

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