Cas and Humanity

Apr 20, 2011 09:17

Fandom: Supernatural.
Pairing: human!Castiel/Dean.
Rating: Pg15.
Beta: Narciss63 (la mitica ♥).
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico.
Warning: Fluff, Pomiciata, Slash, What if…?
Words: 2415 (fiumidiparole ).
Summary: E se, dopo la caduta di Sam nella gabbia insieme a Lucifer e Michael, Dio avesse riportato in vita Castiel, ma senza restituirgli la Grazia?
Note: Scritta per la Pesca Miracolosa di destiel_italia , su questa deliziosa fan-art: “Cas & humanity” di 0marazza0 .





DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

Cas and Humanity

C’è chi vive tutta una vita in un minuto.¹

La stanza era buia, illuminata solo dalla luce del televisore, e l’unico rumore percettibile, oltre ai dialoghi del film, era quello di denti che sgranocchiavano con insistenza i popcorn. Con un gomito puntellato sul bracciolo del divano, Dean si voltò ad osservare il ragazzo accanto a sé.
Castiel era affossato dall’altra parte del sofà, le gambe incrociare sul sedile come un indiano e la ciotola dei popcorn nel mezzo, sequestrata. Ogni tanto lui faceva quasi fatica a riconoscerlo, specie quando assumeva comportamenti così prettamente umani.
Dean aveva ancora le costole doloranti, la fasciatura sul torace gli stringeva il petto ad ogni respiro, ma era nulla confronto alle settimane passate. Dopo il pestaggio di Lucifer e la caduta di Sam nella gabbia, non ricordava molto. Si era risvegliato ed era stato accecato dal bianco, finché non era riuscito a mettere a fuoco il soffitto di una camera d’ospedale ed il “bip” continuo e costante dei macchinari. Poi si era accorto di un altro respiro nella stanza, oltre al proprio, ed aveva individuato Castiel vivo e addormentato - sì, addormentato - in una scomoda sedia accanto al suo letto. Il sollievo nel vedere che stava bene lo aveva travolto tanto di colpo, da far accelerare il monitoraggio delle macchine e fargli aprire gli occhi. Poi l’angelo gli aveva spiegato cos’era accaduto dopo che aveva perso i sensi: il risveglio - se così si poteva chiamare, visto che erano morti, non addormentati - suo e di Bobby, e la corsa in ospedale.
Dean era rimasto ricoverato per diverso tempo; aveva alcune costole rotte, un altro paio incrinate, il suo viso sembrava un quadro impressionista ed aveva una commozione cerebrale. Cas l’aveva vegliato giorno e notte, dormendogli accanto su quella seggiola dura e, per quanto lui avesse insistito perché andasse a riposare a casa di Bobby, l’angelo non aveva voluto saperne.
Angelo… be’, tecnicamente non lo era più, ricordò a sé stesso Dean. Dio aveva riportato in vita Castiel e Bobby, ma il primo era tornato indietro esattamente nelle condizioni in cui era morto: umano. Non erano ancora riusciti a comprenderne il motivo, anche se l’angelo sospettava che avesse a che fare con la propria rinuncia volontaria alla Grazia.
«È il libero arbitrio, Dean. Nemmeno Dio può forzarlo» aveva sussurrato guardandosi le mani come se non le riconoscesse, quando lui gli aveva posto quell’interrogativo.
Stava facendo fatica ad abituarsi a quella nuova condizione, Dean se ne accorgeva anche se Castiel tentava di nasconderlo. Il suo umore era scostante: un momento prima era cupo e malinconico, quello seguente si lasciava catturare dalla luce del sole o dalla sensazione della pioggia sulla pelle, e un attimo dopo ancora era di nuovo assente. Stava imparando a vivere: a mangiare, a dormire, a lavarsi, a vestirsi, ad imbracciare un fucile… insomma, a provvedere a sé stesso. E cercava di soffocare la rabbia e l’impotenza, reprimendole sempre più a fondo, tanto che la preoccupazione principale di Dean era diventata quella di tenerlo lontano da alcool ed altre schifezze che davano dipendenza; non poteva lasciare che si trasformasse nella versione strafatta che aveva visto durante il proprio viaggio nel futuro. L’unica cosa con la quale non gli avesse impedito di abbondare era il caffè, quello - specie la mattina - era sacro.
Stava imparando a conoscere il cibo ed a selezionare i propri gusti e, con grande gioia di Dean, l’angelo si era scoperto un fan del cibo spazzatura dei fastfood. Aveva incominciato anche a guardare la TV, soprattutto film e documentari, e ad ascoltare musica; il cacciatore non si stancava mai d’istruirlo a tal proposito.
Castiel era un po’ come un bambino: imbranato ed incuriosito da tutto. Lo subissava di domande e, anche se lui non aveva molto tempo da dedicargli, perché stava cercando il modo di riportare indietro Sam, cercava di essere paziente, perché gli doveva troppo e Cas non aveva nessun altro.
C’era da dire, comunque, che  l’angelo non si tirava mai indietro quando si trattava di aiutarlo, anche se riteneva inutili le ricerche di Dean. Aveva cercato più volte di convincerlo, armandosi della sua vecchia freddezza e razionalità, che non c’era modo di aprire la gabbia di Lucifer, ma lui non voleva saperne di arrendersi ed avevano discusso diverse volte per quel motivo. Odiava quando Castiel entrava in Modalità Angelo del Signore.
Poi c’erano quei momenti, quelli in cui Cas scopriva qualcosa di banale come le bolle di sapone e passava ore a soffiarle nella rimessa di Bobby, guardando estasiato come rifrangevano la luce del sole. Allora a Dean sembrava di essere tornato vent’anni indietro, quando Sammy era un moccioso attaccato alle sue maniche, e gli si stringeva il cuore.
Allungò una mano per rubargli una manciata di popcorn, ma l’angelo era così preso dalla TV che nemmeno lo notò ed il ragazzo provò il desiderio infantile d’importunarlo, tanto per rompergli le scatole.  S’infilò in bocca i fiocchi di mais, ruminando come un cavallo e, a titolo di prova, gli punzecchiò un fianco con un dito. Castiel sussultò e ci mancò poco che facesse saltare in aria la ciotola, spargendo in giro popcorn come fossero coriandoli.
«Che… che stai facendo?» sussurrò sgranando gli occhi blu, quando vide Dean avvicinarsi con un ghigno sospetto sulla faccia.
«Test della sensibilità» rispose in tono serio, prima di poggiare la terrina sul pavimento e saltargli addosso.
Cas lanciò uno strillo molto poco virile quando lui cominciò a fargli il solletico, contorcendosi tra le sue mani e cercando di sgusciargli tra le dita come una saponetta.  Il suono delle sue risate riempì l’intero salotto, probabilmente disturbando anche Bobby che dormiva al piano di sopra, e Dean rise di riflesso, contagiato.
«Basta… basta!» supplicò l’angelo, con le lacrime agli occhi, dopo diversi minuti. Cercava di afferragli i polsi per farlo smettere, ma il cacciatore riusciva sempre a sfuggirgli, ed alla fine tentò la tattica inversa, ribaltando le posizioni, ma non aveva fatto bene i conti e finirono per cadere entrambi sul pavimento, l’uno sopra l’altro.
Dean emise un gemito dolorante, avendo sbattuto malamente la schiena ancora in via di guarigione, e Castiel si affrettò ad alzarsi sulle braccia, cercando di non gravargli addosso con il proprio peso.
«Stai bene?» chiese agitato.
«Ouh… sì» mugugnò dopo qualche secondo.
«Mi dispiace. Mi dispiace così tanto!» asserì concitato, aiutandolo a rialzarsi.
«È tutto okay, ho cominciato io, no?» lo rassicurò l’amico.
«Ti ho fatto male. Non ho pensato a cosa stessi facendo» si biasimò l’angelo, accigliandosi ed abbassando gli occhi con aria colpevole.
«Va tutto bene, Cas. Stavamo giocando» ritentò Dean, cercando d’incrociare il suo sguardo. «Non puoi essere vigile ogni millisecondo, e non è nemmeno necessario».
Castiel si morse un labbro e strinse le mani a pugno con fare frustrato. Prima potevo farlo, sembrava dire la sua postura, prima non avrei mai fatto un errore simile.
Il ragazzo sbuffò, schiaffando una mano tra i suoi capelli ed arruffandoli ancor più del solito; erano sottili come quelli di un bambino, soffici come piume. «Sto. Bene.» sillabò seccato, ma tutto ciò che ottenne fu l’ennesimo sguardo colpevole di quegli occhi enormi, quasi l’avesse appena pescato con le mani nella marmellata. Sembrava un coniglietto, o un gattino… o un altro cucciolo fottutamente adorabile, e Dean si odiò per averlo pensato. Si stava rammollendo, sì, decisamente non era più lui.
Castiel aveva un paio di taglietti sul viso, perché non aveva ancora imparato a radersi come si deve, indossava una maglietta che era stata di Sam e quindi gli stava enorme, spiovendogli sulle spalle e facendolo sembrare ancora più minuto. A volte Dean faceva davvero fatica a ricordarsi che non aveva a che fare con un ragazzino e che dentro quel corpo c’era l’essenza di una creatura millenaria che gli aveva dato il filo da torcere quello stesso pomeriggio, durante l’allenamento. Ed era sicuro che Cas si fosse molto trattenuto, visto che lui era ancora degente.
«Non mi rompo così facilmente» sospirò il ragazzo «Sono un osso duro, cosa credi?» aggiunse con arroganza, facendogli l’occhiolino e riuscendo a strappargli un accenno di sorriso. «Ecco, così mi piaci» assentì compiaciuto.
Castiel inclinò la testa con aria perplessa, e Dean ebbe quasi timore che avesse frainteso le sue parole, prendendolo troppo alla lettera come al solito. Ma sembrava che l’angelo stesse soltanto riflettendo, rimuginando su qualcosa, perché all’improvviso sviò lo sguardo e arrossì leggermente.
«Qualcosa non va?» domandò il cacciatore perplesso.
«Non lo so. Non riesco ancora a capire bene questi sentimenti» cercò di spiegare l’angelo. «È… se provò l’impulso di toccarti è… normale?» chiese incerto.
Dean quasi si strozzò con la sua stessa saliva. «Toccarmi come?» smozzicò, pentendosi un attimo dopo di averlo fatto.
«Come… come…» tentò Castiel e si sfregò una mano sulla nuca, in un gesto nervoso. «… abbracciarti?» concluse dando alla frase una certa inflessione interrogativa, a causa dell’incertezza.
No, è strano, avrebbe dovuto rispondergli lui. Ma poi si rese conto di quanto l’amico dovesse sentirsi solo, e dell’esigenza di contatto umano che stava sperimentando all’improvviso e che non aveva mai provato prima. E lui, di fatto, non era la persona che gli era psicologicamente e logisticamente più vicina?
«Sì» asserì senza quasi rendersene conto e l’angelo emise un piccolo sospiro di sollievo. Un attimo dopo aveva divorato lo spazio tra loro con due passi gattonanti e gli si era appeso al collo, proprio lì, sul pavimento del salotto di Bobby, lasciandolo boccheggiante come un idiota.
«Cas… Cas…» lo richiamò, cercando di sciogliere la sua presa ed ottenendo solo che l’angelo si scostasse il tanto da guardarlo negli occhi, ad una manciata di centimetri dal suo viso. Uh, equivoco, gli segnalò servizievole il suo cervello. «Questo… queste cose… dovresti farle con una ragazza» cercò di spiegargli.
«Perché dovrei volerle fare con una ragazza?» replicò Castiel.
«Perché… perché queste cose non si fanno tra uomini» borbottò Dean.
«Avevi detto che andava bene» si accigliò l’angelo, sfuggendo dalla sua presa con aria offesa.
Il ragazzo si prese la testa tra le mani. «È solo che… questi gesti d’affetto tra due maschi sono… imbarazzanti» cercò di chiarire.
«Ma tu e Sam lo facevate sempre» obiettò ragionevolmente.
«Sammy è il mio fratellino» sospirò Dean. «E non lo facevamo così spesso» specificò poi, sentendo le proprie guance scaldarsi - maledetta pelle chiara e lentigginosa.
«Oh…» mormorò Cas, arrivando a comprendere il punto della questione. «Hai ragione. Scusa» aggiunse, alzandosi in piedi e raccogliendo la ciotola dei popcorn per defilarsi in cucina.
«Merda» sibilò Dean, pestando un pugno contro il divano. Sì alzò per seguirlo e sulla porta quasi si scontrò con lui, che tornava indietro a passo di marcia.
«Non volevo dire che non sei importante».
«Non voglio fare queste cose con una sconosciuta» dissero contemporaneamente, parlandosi addosso.
Si fissarono un attimo incerti, poi Castiel parve mandare al diavolo ogni cautela, perché lo afferrò per il collo della camicia e lo attirò a sé, premendo le labbra sulle sue. Dean mugugnò sorpreso, ma l’angelo lo stava già spingendo contro lo stipite della porta, approfittando del suo stupore per intrufolargli la lingua in bocca.
Il ragazzo ansimò quando la sensazione gli fece piegare le ginocchia; diamine, se stava seguendo l’istinto, aveva un istinto davvero, davvero buono. Nessuno l’aveva mai baciato così, reclamandolo, impossessandosi di ogni suo respiro come se gli appartenesse, come se gli spettasse di diritto. E, diamine, era fantastico. Intrecciò le dita ai suoi capelli, incoraggiandolo a continuare, e Cas gli spinse un ginocchio tra le gambe con entusiasmo, incorniciandogli il viso tra le mani quando si staccò da lui col fiato mozzo.
«Dimmi che è sbagliato» ansò sulla sua bocca, quasi in tono di sfida.
Ma Dean non fu in grado di rispondere proprio un accidenti e preferì ricominciare a baciarlo. Inclinò la testa indietro, poggiandola contro lo stipite della porta, quando le labbra dell’angelo scesero a studiare il suo collo con la curiosità che gli era ormai familiare. Poi sentì le sue dita fresche e sottili intrufolarsi sotto l’orlo della maglietta, che indossava insieme alla camicia, e rabbrividì.
Castiel spinse il bacino contro il suo ed il ragazzo riuscì a percepire l’eccitazione che stava crescendo nei suoi pantaloni. Cristo, era così strano. Possibile che quel moccioso spiumato non fosse nervoso?
«Sei sicuro?» si sentì in dovere di chiedere, proprio mentre questi gli tirava la camicia già sbottonata giù dalle spalle e cercava di sfilargli la maglietta. «Non sarà un problema, se recupererai la Grazia?»
Cas si bloccò e lo fissò per qualche secondo negli occhi, come chiedendosi se dicesse sul serio, poi gettò indietro il capo e rise. «Io non riavrò mai la mia Grazia, Dean» rispose, tra le risate, asciugandosi una lacrima d’ilarità dall’angolo di un occhio. «Non la voglio».
«Cosa?!» replicò lui allibito.
«È per questo che Dio mi ha riportato indietro così. Perché dovrei voler continuare ad essere un angelo, quando il Paradiso è corrotto, il Padre che ho sempre amato è sulla Terra e l’unica persona che mi è cara è qui?» chiese retoricamente. «Se avessi la Grazia mi sentirei in dovere di sistemare le cose ed impicciarmi di nuovo negli affari del Cielo. Mio Padre lo sapeva, per questo non me l’ha restituita. Inoltre io vi ho rinunciato volontariamente per ben due volte: la prima quando mi sono ribellato e la seconda quando mi sono sacrificato per permettere a te e Sam di salvare Adam» spiegò. «Ho scelto io questo Destino, Dean».
«Ma io… io pensavo che la vita da umano non ti piacesse» ribatté questi confuso.
Castiel storse le labbra. «Non è facile come pensavo. Mi sento debole ed inutile - minuscolo. Però ci sono così tante cose da scoprire, così tante cose da sentire!» sussurrò estasiato. «Il caldo, il freddo, la fame, la luce, i colori, i suoni, i sapori, il dolore, il piacere…» elencò spingendo di nuovo i fianchi contro i suoi e strappandogli un ansito «A che mi servono secoli da trascorrere a percepire solo l’ombra di tutto questo, quando posso averlo per intero?»
Lui si accigliò, preoccupato. «La vita umana può essere un grande schifo, Cas» ritenne giusto fargli presente.
«E la vita angelica può essere fottutamente noiosa, Dean» replicò nello stesso tono, sorridendo quando vide i suoi occhi verdi accendersi, come tutte le volte che usava un linguaggio scurrile.
«Mi piace quando imprechi» ammise infatti il ragazzo.
«L’ho notato» ridacchiò l’angelo divertito, poggiando la fronte contro la sua. «Non voglio la Grazia, Dean. Voglio te» mormorò poi, con voce a malapena percettibile, tornando serio.
Questi trattenne il fiato, bevendo il suo respiro e sentendo di nuovo le ginocchia farsi molli. C’era troppo in gioco. Aveva promesso a suo fratello di ricostruirsi una vita, una vita normale, lontano da demoni, spettri e quant’altro. Lontana dagli angeli. Lontana dal soprannaturale.
Per un attimo si chiese se una vita che includesse Castiel rientrasse nel quadro. Non sembrava troppo male, considerò, prima di riprendere a baciarlo.

FINE.

¹. “Scent of a Woman - Profumo di donna”.

Potete trovarlo anche su:
EFP;
Fire&Blade;

!bannerini, supernatural

Previous post Next post
Up