DATI
Titolo: Ame
Capitolo:
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11 - 12
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale
Pairing: Aiba Masaki x OC
Rating: PG
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo
Trama: Era sempre stato molto affezionato alla sua famiglia. Certo, la sua vita era divertente, piena e soddisfacente, i suoi amici erano sempre con lui, i fan e chi collaborava con lui lo rispettavano, ma tutte le volte che era possibile tornava. Poi una serata con amici di famiglia lo portano a comprare dolci per gli ospiti e...
NOTE
E' stata dura pensare a come ambientare il finale, ma questo è quello che ho maturato in questo periodo di riflessione. Scusatemi l'attesa, ma scrivendo e leggendo il risultato ho pensato che tutto sommato ne è valsa la pena. Mi piace. Sembra un po' finalone da mega storia d'amore eh? poi invece è tutta colpa di Masaki che non aveva capito una cippa XD ahahah patato lui!
Quando vedete un * significa che c'è un nota alla fine del testo del capitolo
CAPITOLO XII: 飴 Ame
«Non potrebbe accelerare? Per favore» chiese al tassista. L'uomo si scusò per l'ennesima volta e cercò di andare più veloce che poteva nel traffico serale di Tokyo. Aiba tornò a sedersi irrequieto sul sedile anteriore dell'auto. Cominciò a mordicchiarsi le unghie guardando la città illuminata da tante scritte al neon, oltre il finestrino. Come aveva potuto accorgersene così tardi?
Tutta la sua famiglia si era stranita: era uscito la mattina a fare la spesa, era stato via quasi due ore ed era tornato, dopo essere stato chissà dove, senza dire una parola. Dopodichè aveva passato la domenica chiuso in casa senza mettere mai il naso fuori. Il lunedì era arrivata una vettura dell'agenzia a prelevarlo per riportarlo sul lavoro. Si erano salutati come al solito, anche se con un po' più di trasporto: Agosto sarebbe stato un mese pieno e sarebbe stato difficile trovare il tempo di andarli a trovare, rinunciando semplicemente a buttarsi steso da qualche parte per riposarsi.
Il martedì mattina gli era suonata la sveglia, ma continuava a sentire quella sensazione di stranimento che gli era cresciuta nel cuore da quando aveva salutato Kokoro, quindi aveva spento quel rumorino fastidioso ed era rimasto a rigirarsi sul materasso, madido di sudore. Si concentrò tanto per stare fermo immobile e non sudare ancora che alla fine ricadde addormentato. Ore dopo venne svegliato dal cellulare che suonava. «Pronto?» domandò mezzo addormentato
⎨Dove sei finito Aiba chan?era uno dei loro manager⎬
«Mh? Eh? Sono in camera...» spiegò confuso
⎨Macchè camera! Le riprese di Himitsu cominciano tra un'ora e tu non sei nemmeno sulla strada per gli studi?⎬la sua voce suonava veramente furibonda e Aiba si svegliò all'istante
«No, no... io... stavo per uscire» fece scattando in piedi
⎨Ma chi vuoi prendere in giro? Non riusciresti a dire una bugia credibile nemmeno per un bambino!⎬sospirò quello⎨Ti ho fatto chiamare un taxi, mettiti addosso la prima cosa che trovi e vieni qui!⎬
«Si, si.. arrivo subito!!» rispose prima di chiudere la comunicazione e aprire l'armadio per scegliere qualcosa da mettersi.
Mezz'ora dopo, non sapeva come, era all'ingresso della TBS. Come aveva potuto dimenticarsi delle riprese? Come aveva potuto fare così tardi? Non erano in diretta, ma avrebbe rallentato il lavoro di tutti e gli altri avevano tutti tanti impegni che rischiavano di saltare o slittare per colpa sua, creando così problemi ad altre persone ancora. La sua tabella di marcia andava rispettata o era una reazione a catena continua di impegni che si spostavano d'orario, persone che dovevano attendere, disagi generali: come aveva potuto? La verità era che non aveva nemmeno letto il copione della puntata, stava andando là in ritardo e senza sapere assolutamente cosa lo aspettasse. Mentre stava davanti all'ascensore aspettando che arrivasse saltellava sul posto, impaziente. Cosa stava combinando? Che fine aveva fatto l'impegno che metteva in quello che faceva? Era distratto, certo, ma non a quei livelli. Non al punto di rischiare una puntata disastrosa! Decise di prendere le scale e cominciò a farle salendo i gradini due a due. Aveva quasi le lacrime agli occhi: la cosa veramente frustrante non era essersi comportato in modo sconsiderato sul lavoro, nè essersi comportato in maniera strana con la sua famiglia nell'ultimo weekend che aveva potuto passare con loro quell'estate; quello che gli faceva pizzicare gli occhi era il non capire esattamente a cosa fosse dovuto quello stato di distrazione, di sofferenza quasi. C'entrava Kokoro in qualche modo? Ma come?
Masaki spalancò di scatto la porta del camerino «Scusate.. scusate...» pronunciò col fiatone date le tante scale che aveva fatto «Non ho assolutamente sentito la sveglia, non riuscivo a trovare una taxi disponibile e l'ascensore era sempre occupato» era sinceramente costernato e non sapeva trovare nel suo cervello delle parole adatte. Sentiva solo i battiti del suo cuore impazzito per lo sforzo che gli riempivano l'orecchio, il respiro arrivargli alla gola con difficoltà e quel persistente nodo allo stomaco. «Sono venuto per le scale... scusatemi...» piagnucolò senza muoversi dalla soglia della porta. Quando alzò lo sguardo sui suoi compagni, facendo finalmente attenzione alla loro reazione, li trovò fermi ad ascoltare con attenzione quello che infondo era solo un balbettare confuso di scuse inutili: era un imbecille! Non li vedeva da quattro giorni, solitamente, con così tanti giorni a dividerli da un incontro all'altro, lui era sempre il primo ad arrivare all'incontro, impaziente di rivederli tutti quanti, di scherzare con loro. Cosa gli stava capitando? E loro cos'avrebbero detto? Dentro di sè era terrorizzato dalla possibile reazione di Jun, da una battuta acida di Nino o da un severo rimprovero di Sho. Normalmente avrebbe accettato tutto quello, ma in quel momento pensava sarebbe scoppiato a piangere. Perchè sembrava che rivedere Kokoro avesse rimesso in dubbio tutto quello che aveva nella vita? Forse era quella la sensazione che lo attanagliava: come se tutto fosse stato rimesso in discussione e quindi tutto gli sembrava straordinariamente lontano. Il vuoto intorno a sè lo faceva annaspare, sentiva che non aveva nulla più a cui aggrappassi di certo, sicuro.
Poi...
Poi successe la stessa cosa di pochi giorni prima. I ragazzi gli sorrisero tutti e quattro. «Bentornato» pronunciarono in coro. In quell'attimo ebbe un dejavù: a quella parola spari la stessa sensazione di freddezza e solitudine che si era sciolta davanti al "bentornato" di Kokoro. ma non riuscì subito a focalizzarsi su quella sensazione, in quel momento Masaki passò lo sguardo su di loro: la sua seconda famiglia, i suoi amici più cari che non l'avevano rimproverato come aveva temuto, e sentì tutta la tensione scomparire. Le gambe quasi non lo ressero e si appoggiò allo stipite della porta con un sospiro. «Tutto bene?» chiese Nino che armeggiava con le cose sul tavolo del camerino
«Si, si... tutto a posto» annuì Aiba «Sono solo... felice di vedervi» ma nessuno di loro poteva immaginare "quanto" fosse felice di vederli
«Nemmeno le fan rischiano lo svenimento e succede a lui che ci vede tutti i giorni» sentì Sho che ridacchiava mentre si alzava dalla sedia e gli si avvicinava con un sottile volume tra le mani. «Poggia le tue cose e diamoci da fare, dai» gli disse il ragazzo premendogli i fogli contro il petto: era il copione della puntata con le sue parti. Sho e Nino andarono al trucco, Jun e il Riida andarono velocemente verso il parrucchiere, quel giorno alla fine erano un po' tutti in ritardo, non solo lui. Aiba finalmente si accomodò in camerino. Dato che ancora gli tremavano un po' le mani per lo sforzo emotivo si vestì con calma indossando i vestiti per la trasmissione che i costumisti gli avevano assegnato e si sedette al tavolo per leggere il copione almeno una volta. Solo quando si ritrovò rilassato e fermo sulla sedia riuscì a calmare i suoi pensieri confusi e a fare ordine nelle sensazioni di pochi minuti prima. Era definitivamente un dejavù quello che aveva avuto. Ma sì, era la sensazione che gli Arashi e la sua famiglia gli davano ogni volta che li rivedeva: sicurezza, fiducia, affetto, preoccupazione, l'impressione di avere una relazione preziosa che li univa. A volte la si poteva tradurre proprio in quel momento di incontro, in quella parola così familiare e unica: bentornato. Era quella la sensazione che aveva sciolto la sua insicurezza quel pomeriggio con Kokoro, ma non se n'era accorto ed era rimasto imbambolato come un fesso a guardarle mentre se n andava, dopo aver intascato le risposte che il se stesso insicuro e pasticcione le aveva rifilato. Non poteva lasciare che lei avesse come ultimo ricordo quel dialogo. «Ehi, puoi andare» sentì dire improvvisamente, sobbalzò sulla sedia a quelle parole improvvisamente dette ad alta voce. «Eh?» domandò alzando lo sguardo sulla figura di Sho, comparsa sulla soglia del camerino
«Ho finito col trucco» gli disse l'amico
«Oh si, allora vado» sbattè le palpebre un paio di volte, cercando di riprendersi da quella specie di trance riflessiva in cui era caduto. Chiuse il copione e si alzò ricordando di una seconda voce che aveva udito mentre pensava intensamente «MatsuJun» cominciò per poi fare una pausa e aggrottando le sopracciglia «Lui... lui ha finito due minuti fa ed è andato in studio per parlare col regista» ricordò di dovergli riferire, quindi uscì dal camerino. Ora doveva concentrarsi per fare una buona puntata e non combinare altri disastri, al resto avrebbe pensato subito dopo.
«Manca molto?» chiese piegandosi in avanti per controllare cosa fossero le grandi luci alla fine dell'ampio viale che stavano percorrendo
«No, pochi minuti e siamo arrivati. Devo andare dalla parte degli arrivi?» chiese il guidatore facendo notare, con una strana inflessione della voce, che tutta quella impazienza non era ben gradita
«No, no... le partenze! Mi servono le partenze internazionali» rispose Aiba gesticolando, senza cogliere minimamente il fastidio del tassista. Avrebbe fatto in tempo? Era assurdo: quella era la sua vita reale eppure gli sembrava di star girando una classica scena da drama!
Si lasciò andare sulla sedia del camerino con un sospiro «Voglio fare una doccia» si lamentò «Sono stanco come... come un opossum stanco»
«Opossum?» fece Nino
«Quando si stancano gli opossum?» domandò Ohno, pensieroso, sedendosi al suo fianco, altrettanto stancamente
«Ma poi cosa fanno nella loro vita?» li spalleggiò Sho
«Si stancano» rispose Aiba in un soffio. Prese un asciugamano e se lo mise sulla faccia, alzando lo sguardo verso l'alto e chiudendo gli occhi. «Staaaaancoooo...» mugugnò da sotto il tessuto
«Qualcosa vibra» annunciò Jun guardandosi in giro prima di prendere lo zaino di Masaki «Aiba chan... hai lasciato il cellulare acceso?»
«Ma com'è che c'è gente che riesce a chiamarti? Sono quattro giorni che tento di scriverti, imbecille!» replicò Nino prendendo lo zaino e rovistandoci dentro per trovare il cellulare dell'amico «Guarda! Guarda! Suona! Ma che diavolo...»
«Ho cambiato numero!» annunciò lui prendendo il suo telefonino «Da circa due settimane. Tu non mi hai chiamato quasi mai negli ultimi mesi Nino kun» fece offeso «Quindi non ti ho dato il numero per ripicca»
«No, qualcuno me lo ricordi: è la seconda o la terza volta che lo cambia quest'anno?» sbuffò quello prima di abbassare la voce per lasciar parlare Aiba. «Pronto?»
⎨Niisan?⎬
«Ah! Ciao!» ridacchiò «Che rarità, non mi chiami mai durante la settimana, sei sempre così indaffarato»
⎨Niisan, si può sapere che cosa hai in mente?⎬domandò il fratello dall'altra parte della comunicazione
«In che senso?»
⎨In quanti sensi? Senti, io non sarò ferrato in materia di donne, ma lo vedevo lontano due chilometri che Hanayaka san era profondamente delusa dal non aver avuto tue notizie⎬
«Ma che vai blaterando? Ci siamo incontrati tre giorni fa» rispose strabuzzando gli occhi
⎨Ma non l'hai nemmeno salutata come si deve. Niisan io credevo che ti piacesse, ma alla fine non sono fatti miei, però se non volevi salutarla di persona almeno rispondere a qualcuno dei suoi messaggi...⎬
«Quali messaggi? Salutare? Vuoi spiegarti?»
⎨Non sai niente?⎬domandò sbalordito quello⎨Ma per la miseria! Quando scoprirò la fine della tua idiozia? Sono anni che me lo chiedo. Kokoro parte tra due ore per la Francia⎬
«COSA?» strillò alzandosi di scatto in piedi. Ohno al suo fianco sobbalzò spaventato e tutti gli altri si girarono verso di lui. «Da dove?»
⎨Narita... che domande imbecilli mi fai?⎬
«Prendo il primo taxi disponibile a costo di farmi investire.. mi faccio portare in ambulanza!»
⎨Basta idiozie, sbrigati!⎬. Aiba si scuso con tutti, prese lo zaino ancora aperto e si catapultò fuori dal camerino, fuori dalla sede della TBS con ancora il costume di scena addosso.
Masaki schiaffò in mano al tassista ventimila yen e gli urlò un "tenga il resto" chiudendo rumorosamente la porta e avviandosi di corsa alle porte a vetri dell'entrata di Narita. Si fece strada tra la gente saltellando ogni due per tre per guardare il cartellone della partenze ancora lontano e per guardare le persone, per cercare un viso conosciuto il suo. Non si era nemmeno messo le lenti prima di uscire e catapultarsi alle riprese, il che non era stato un problema durante il programma, ma in quel momento avrebbe voluto tremila decimi per vedere da lontano le partenze invece di dover arrivare fin sotto il tabellone. Yusuke aveva chiamato non appena Kokoro aveva lasciato casa loro: era passata a salutare proprio lui e loro avevano dovuto avvisarla che era tornato a Tokyo per lavoro. A quanto pareva, già qualche settimana prima del loro ultimo incontro, lei gli aveva scritto per avvisarlo della partenza, ma Masaki aveva cambiato numero di cellulare e dato che al tempo la teneva a distanza non le aveva comunicato la cosa. Quei messaggi quindi non gli erano mai arrivati, lui non li aveva mai letti. Strizzando gli occhi lesse il tabellone e registrò nella sua testa il numero del volo per Parigi e il numero del check in, quindi sgomitò tra la gente: doveva essere in partenza un volo molto numeroso perchè faceva difficoltà a passare, ma fortunatamente erano tutti stranieri e nessuno lo riconobbe. «Esukyusumi... sori... sori» farfugliò in inglese finchè non riuscì ad uscire da quella giungla di passeggeri e si mise a correre come un forsennato tra i vari check in. Saltò al volo un cordone per l'ordine delle file e raggiunse quello dell'Air France. Si fermò col fiatone e fece vagare lo sguardo sulle persone in fila, erano pochissime dato che mancavano venti minuti alla chiusura e quaranta all'imbarco. Kokoro non era in fila, il che poteva solo significare che era già al gate e chi non si imbarcava non poteva andare fino a lì. Incredulo si stava guardando intorno spaesato quando la vide che faceva un inchino ad un'addetta dell'aeroporto e si dirigeva verso le scale per scendere ai gate. «Kokoro!» urlò senza alcun ritegno, preda dell'urgenza di fermarla, di farsi notare e bloccare il suo allontanamento. La ragazza alzò la testa e insieme a lei un sacco di altre persone incuriosite: i giapponesi per quel modo di fare veramente poco composto, gli stranieri per aver sentito urlare una parola che alle loro orecchie poteva voler dire "attenti", ma anche "pesce lesso". La vide sgranare gli occhi mentre le andava incontro. «Hai un po' di tempo? Non stanno già imbarcando?» domandò respirando ancora affannosamente quando le fu più vicina
«S-si...» annuì lei confusa, allontanandosi dalle scale mobili e andandogli incontro stringendo una borsa tra le dita «Cosa... come mai sei qui Aiba san?» domandò squadrandolo come se non credesse ai suoi occhi
«Mi ha chiamato Yucchan... mio fratello» si corresse «Ha detto che sei passata da noi»
«Si ma... non dovevi venire fino a qui. Non l'ho fatto perchè ti sentissi in dovere di salutarmi» spiegò abbassando lo sguardo
«No, no... c'è stato un errore. Io ho cambiato numero di telefono, non ho mai ricevuto i tuoi messaggi... io non sapevo che tu dovessi partire» cercò di spiegarsi gesticolando
«Capisco» annuì lentamente «Ma non importa sai. Sei stato comunque abbastanza chiaro e sincero con me. Non c'era bisogno che tu venissi fino a qui» gli disse annuendo ancora, senza guardarlo. Sembrava stesse dicendo quelle cose più a se stessa che a lui «E' tutto un equivoco, ho fatto un pasticcio colossale» biascicò Aiba portandosi una mano agli occhi «Mi potrai mai perdonare? Io ero confuso... ero solo confuso» farfugliò. Se fosse stato chiaro fin dal principio, non con lei ma con se stesso, si sarebbero risparmiati tutti quei mesi di dubbi, avrebbero vissuto più serenamente, lei magari non sarebbe partita per dimenticarlo e lui non sarebbe stato lì sull'orlo delle lacrime. «Perdonami, ma io non ho dubbi su quel che è successo» rispose Kokoro, interdetta «O c'è qualcosa che non so?»
«Non hai dubbi? Io sì, ne avevo una marea. Sono un imbecille!» esclamò liberandosi la vista e guardandola che già stava lacrimando «E' che... ne ho avute di ragazze... cioè non tante, non è facile averle con la vita che faccio, ma le ho avute eh? Solo che... non lo so... era tanto per divertirsi. Insomma amare qualcuno è anche divertente no?»
«Si» rispose Kokoro alzando finalmente gli occhi su di lui, il suo viso perplesso tradiva come stesse cominciando a perdere il filo del discorso strampalato di Aiba. «Però a volte si vuole fare qualcosa di più. Non dico matrimoni, fidanzamenti... solo fare un passo in più: non è solo "stiamo insieme ed è divertente", ma è "stiamo insieme e mi prenderò cura di te"»
«Aiba san... qualcuno ti ha lasciato di nuovo cinque minuti di silenzio per metterti a pensare in maniera seria?» domandò accennando un sorriso, ancora non capiva cosa le volesse dire, ma quelle parole strane ricordavano le riflessioni fatte la sera degli hanabira mochi. «Pure giorni interi» ribattè lui
«Va bene... ma perchè stai piangendo?» domandò guardando come le lacrime avessero cominciato a rotolargli giù per le guance
«Aspetta, aspetta... è semplice, non è complicato e non è strano. Io volevo questo, capisci? C'era un Chibi Masaki che voleva costruire questo rapporto con te, ma intorno c'erano anche tante altre cose: una vita confusa, piena, frenetica, tante persone a cui voglio già bene, che sono già speciali per me» tentò di spiegarsi mettendosi improvvisamente a gesticolare «Chibi Masaki aveva paura: inserire in una vita, piena di cose importanti perfettamente incastrate, una persona che deve essere altrettanto importante non è semplice, è come rimettere in discussione tutti gli ingranaggi costruiti finora. Questo fa paura e per farlo ci vuole qualcosa... qualcosa che ti faccia pensare "va bene, allora facciamolo" perchè ne vale la pena»
«Il fatto che non ci sia stata, Aiba san, non è così drammatico da fare una corsa stile film fino all'aeroporto» osservò la ragazza tirando fuori un fazzoletto e porgendoglielo «Asciugati le lacrime, ci stanno guardando»
«Il punto è questo: ci ho messo un po' di tempo, ma l'ho trovato. Mi spiace di essere stato così lento» spiegò prima di passarsi il fazzoletto sugli occhi «Però sono sbadato, pasticcione, faccio le cose un po' come mi vengono... e allora ci ho messo un po' per impegnarmi. Ma adesso ho qualcosa che mi fa dire "allora facciamolo". Chibi Masaki è pronto a risistemare gli ingranaggi per farci stare anche te» spiegò da dietro la carta. Kokoro si passò una mano tra i capelli, imbarazzata, girò lo sguardo intorno a se prima di fissarlo sulla spalla del ragazzo. Fece per dire qualcosa ma un paio di signore passarono di fianco a loro «Oh ma quello non è...» «Si, sembra anche a me» farfugliarono con il viso che cominciava ad illuminarglisi. La ragazza alzò le braccia per passarle dietro il collo di Masaki e afferrò il cappuccio della sue felpa per metterglielo in testa «Spostiamoci un attimo» gli propose a mezza voce e lo trascinò alle grandi finestre che davano sulle piste d'atterraggio. «Che cosa sarebbe, Aiba san? Puoi dirmelo? Perchè io ho passato giorni a valutare i pro e i contro: e pensi sia stato facile per me?» gli domandò con voce dura «Accettare i propri sentimenti per una persona che probabilmente è al di fuori della mia portata. Aprire il mio cuore ad un ragazzo che, se pure accetterà di stare con me, sarà una presenza incostante, un ragazzo con cui non potrò andare in giro facilmente. Immagino non potrei tenerti per mano, non sarebbe nemmeno il caso di camminare al tuo fianco, figuriamoci andare a mangiare fuori insieme, andare al cinema, uscire con i miei amici, con i tuoi, avere delle foto insieme, fare un viaggio, chiamarti quando ho voglia di sentirti... accettare che altre migliaia di persone ti guardino con degli occhi, avendo dei pensieri che non mi fanno piacere. Ritrovarmi costantemente gelosa delle belle attrici e cantanti che sono mille volte meglio di me, che possono capirti mille volte meglio di me perchè fanno la tua stessa vita... ti sembra facile?» chiese finalmente prendendo fiato
«Mi sembra che anche a te abbiano concesso quindici buoni minuti per pensare troppo» riuscì solo a dire, tirando su col naso da sotto il cappuccio
«Non è facile» disse lei, ignorando la sua battuta «Però l'ho fatto e tu mi hai... anzi no, non mi hai nemmeno respinto chiaramente. Ti sei proprio comportato come se non ti interessasse, mi hai ignorato come ormai facevi da un mese. E questo dopo aver fatto tu il primo passo, non dimentichiamocelo» ribadì incrociando le braccia. Masaki fece un passo avanti e allargò le braccia, con il chiaro desiderio ed intento di stringerla a sè, ma si ricordò subito di non poterlo fare in quel posto: era già un miracolo se nessun turista giapponese lo avesse riconosciuto e fotografato in uno qualsiasi di quei momenti! «Posso prenderti il mignolo?» domandò mostrandole il suo. Con un sospirò lei glielo concesse e lo strinse riabbassando la mano per nasconderlo al meglio. «Potrai perdonarmi? Per favore... non era mia intenzione ferirti. Ero solo... confuso» cercò di spiegarsi parlando a bassa voce «Ma sono venuto qui con delle intenzioni serie e delle idee chiare nella testa» la voce gli tremò nuovamente, sentiva di stare per mettersi a piangere di nuovo «Perciò non partire... per favore» mugolò
«Ho l'imbarco tra cinque minuti» spiegò Kokoro con un sospiro
«Per favore... non puoi piantarmi ora che sono pronto a tutto» la supplicò «Come faccio a stare un anno senza di te? O sono due? Voglio dire: adesso sarei pronto e tu scompari dalla mia vita? Sembra la conclusione del drama più strappalacrime della televisione nazionale!» cercò di ribattere
«Hai preso la febbre in pieno luglio?» domandò la ragazza aggrottando le sopracciglia «Sto via solo quattordici giorni»
«Eh?» fece quello con voce strozzata, sgranando gli occhi
«Oh mamma... tuo fratello non te l'ha spiegato? E' un corso sulla pasticceria francese: dato che per il prossimo mese la padrona ha avviato dei lavori di ristrutturazione al negozio non potremo lavorare, allora ho deciso di usare un po' dei soldi messi da parte per fare un viaggio» spiegò lei con calma «Ho deciso di andare a Parigi perchè, guarda caso, in questo periodo c'era questo corso»
«Ma... ma tu fai dolci tradizionali» osservò perplesso
«Non posso allargare gli orizzonti?» domandò trattenendo a stento una risata «E poi fare qualcosa di sperimentale non mi dispiacerebbe... in più sarebbe bello far conoscere il nostro paese prendendo gli stranieri per lo stomaco, no?»
«Posso baciarti?» domandò con un sorriso che sembrava partigli da un orecchio e arrivare all'altro
«Direi di no» gli rispose lasciando andare anche il suo mignolo «Non è il posto giusto direi» scosse il capo
«E'... è vero» ammise deluso cominciando a sudare sotto quel cappuccio in pieno Giugno
«Fammi una promessa» fece Kokoro girandosi verso le scale mobili «Prenditi del tempo, in queste due settimane, quando puoi, e aiuta Chibi Masaki a sistemare gli ingranaggi. Quando sarò tornata dovrà esserci già un posto per una persona importante in più»
«Va bene» annuì con decisione Masaki
«In cambio io renderò Chibi Kokoro un po' più coraggiosa e pronta a gestire una relazione... particolare. E cercherò di non ingrassare troppo» ridacchiò per poi ringraziare l'addetta dell'aeroporto che l'avvisava che avevano aperto il gate, di affrettarsi a raggiungerlo. «Queste sono per il viaggio, magari ti viene fame» disse Aiba tendendole un pacchetto trasparente. Dentro c'erano tante caramelle di zucchero, tutte colorate e sgargianti. «Ame?» domandò lei «Per sfamarmi in dodici ore di viaggio?»
«I francesi quando hanno un languorino si mangiano le lumache, te lo giuro!» cercò di giustificarsi arrossendo «Non mangiare lumache, ti prego, se hai fame mangia quelle!» l'altra scoppiò a ridere aprendo il sacchetto. Prese in mano due caramelle, una rosa e una verde, quindi gli diede la seconda prima di imboccare le scale mobili. Masaki si sporse oltre il parapetto per guardarla mentre scendeva al piano inferiore, verso i gate. «Ah, sul bigliettino del pacchetto c'è il mio nuovo numero di cellulare. La prossima volta che lo cambio tu e Nino sarete i primi a saperlo!»
«Guarda che ci conto! E rispondi ai miei messaggi adesso!» gli disse alzando lo sguardo e sorridendo mentre mangiava la sua caramella
«Giuro, lo farò!» ridacchiò prima di assaggiare la sua pallina di zucchero colorata di verde.
Quell'ame era dolce, la caratteristica dolcezza dello zucchero: leggera eppure unica, piacevole. Era solo zucchero ma era in quella semplicità che Aiba trovava ciò che riusciva ad apprezzare di quel dolce... in tutte le relazioni importanti della sua vita: nessuna pretesa, solo una coccola. Amore, semplice.
Ringraziamenti:
- come sempre a tutte quelle che mi hanno seguito dall'inizio alla fine. Sono abituata a non avere molti commenti alle ff, ma i pochi che si ricevono sono sinceri e quindi fanno piacere. Grazie per avermi sostenuto, aiutano ad andare avanti nella scrittura!
- grazie a Google, come al solito... come farei senza di lui? Trovare i dolci e delle foto per farvi capire cosa sono.. come sono... "interunetto banzai"! *alla japanese*
- grazie ad Aiba >__< perchè è il mio co-ichiban, perchè è puccio, perchè lo sento vicino come tipologia di persona e allora non è stato difficile muoverlo. La cosa complessa era renderlo poco donna (quale io sono) e un po' più uomo, per quanto sensiBBilo possa essere.
Altro? Non lo so adesso non mi viene in mente maledizione! >_<
Tra domani e dopodomani posterò l'ottavo capitolo di Akai Ito... si era già capito leggendo l'introduzione di quella ff che il continuo di Ame ci sarà là, vero? Cosa succederà dopo quattordici giorni?
Vedremo... intanto grazie per aver seguito la primavera di Aiba!! *O*
The end