Titolo: Breaking your own Heart
Fandom: Supernatural
Personaggio: Castiel, Dean (Castiel/Dean)
Rating: Rosso
Avvertimenti: Oneshot
Set/Prompt: Armi - Veleno
Disclaimer: I personaggi descritti non mi appartengono e la storia non è scritta a fini di lucro.
Note: La storia si svolge dopo la 5x22, ma Castiel è ancora umano.
Tabella:
QuiRiassunto: "“Perché lo hai fatto?”
La voce del cacciatore era appena un sussurro, poco udibile tra i rantoli del suo respiro. A Castiel non rimase che spalancare gli occhi dalla consapevolezza di aver valicato il limite, di aver appena distrutto il muro che Dean, con tanta fatica, aveva creato attorno a sé. Tutto a un tratto, la maschera cadde in frantumi e c’era un mondo ignaro di tutto, un fratello recluso all’Inferno, un tormento che non era mai andato via, una decisione presa per il bene di tutti ma che faceva loro solo del male e un tumulto di sentimenti che si mescolavano, si confondevano e urlavano a pieni polmoni di essere compresi.
“Perché?” Dean premette un po’ più forte la fronte, in cerca di risposte. Castiel non ne aveva, ma inclinò la testa e prendendogli il viso tra le mani, ricambiò il bacio. Bastò quello a mandare tutto a puttane."
Before you're here you're already gone
And even with the light all around you
You're all alone in the dark.
You're breaking your own heart
Taking it too far down the lonely road.
You say it's just one love
But when it's close enough you just let it go
The very thing you've been the most afraid of
You've been doing it from the start,
breaking your own heart.
{Kelly Clarkson - Breaking Your Own Heart}
Era ancora buio al loro arrivo.
La notte restava tranquilla e silenziosa, il cielo era un manto di stelle luminose. Era giusto che fosse così, dopotutto avevano fermato l’Apocalisse e l’evento non poteva che portare gioia e speranza. Eppure, Castiel si ritrovò, senza alcuna spiegazione concreta, a sperare in un po’ di pioggia, un tuono e un lampo, quasi volesse riprodurre sul grande schermo notturno il tumulto dei propri sentimenti. Li sentiva, forti, prepotenti e lui li ascoltava, perché non poteva farne a meno, ma non riusciva mai a discernere uno dall’altro con abbastanza chiarezza da comprenderli.
Il motore dell’impala si spense con un rauco ruggito e Dean scese subito dall’auto, con fare pratico e veloce, i propri arti in preda all’istinto dell’abitudine. Castiel lo seguì subito dopo, ma con meno vigore. Non aveva ancora recuperato del tutto dallo scontro con Lucifero e il suo corpo umano protestò offeso per il trattamento ricevuto, venendo deliberatamente ignorato. Quando Castiel raggiunse Dean sul retro dell’impala, il giovane cacciatore aveva già estratto dal bagagliaio una confezione di sale e una tanica di benzina e stava passando a Cass un fucile da caccia, caricato con proiettili di sale. Dean non disse nemmeno una parola, come raccolse tutto il necessario e si diresse a grandi falcate all’interno del cimitero. Castiel si affrettò a seguirlo, correndo quasi per mantenere il passo. Era questa la sua missione ora, andare a caccia, uccidere qualche “brutto figlio di puttana” - come amava chiamarli Dean - e sopravvivere a tutto il resto, che in realtà si stava dimostrando più difficile di quanto avesse previsto.
Cacciare non era il problema, perché lui era un soldato e sapeva accontentarsi dei mezzi a disposizione, ma vivere, adattarsi al suo nuovo stato, galleggiare sopra la superficie per non affogare, quello si stava dimostrando essere il compito più arduo che avesse dovuto mai affrontare. C’era il suo corpo, prima di tutto, che aveva bisogno di tanta cura e questa a sua volta richiedeva una grande quantità di tempo, poi c’era la mente, sempre offuscata da mille pensieri e costantemente confusa. Era difficile concentrarsi.
“Scendi dalle nuvole, bella addormentata? Datti una mossa!”
Dean lo riprese a voce alta, incurante nel disturbare il sonno dei morti. Castiel scosse appena la testa per schiarirsi le idee, e poi si avvicinò al cacciatore, il fucile ben saldo tra le mani e l’attenzione focalizzata sui dintorni. La caccia era semplice, la caccia era facile da visualizzare.
Il fantasma, come previsto, apparve non appena Dean fu in grado di aprire la tomba e rivelare il cadavere in putrefazione di una ragazza giovane, morta in un tragico incidente. Quello che non si aspettavano, però, era che il fantasma attaccasse Castiel e non Dean, che rappresentava la vera minaccia. Il colpo che Castiel aveva ricevuto alla schiena, però, lo aveva spinto in avanti con così tanta forza che l’ex angelo si ritrovò a cadere tra le braccia di Dean, mandando entrambi a terra e tra le ossute braccia del cadavere.
“Che schifo!” Castiel avrebbe voluto rimbeccarlo per pensare a cose del genere in un momento simile, ma non ebbe il tempo materiale per farlo, come il fantasma decise di sollevarlo e tirarlo fuori da quel buco, prima di buttarlo contro una lapide con una tale violenza che la pieta finì per spaccarsi a metà.
“Cass!” Percepì appena la voce di Dean, come la sua visione continuava a sfumare dal nero al bianco e viceversa. Sentì brividi di freddo percorrergli la schiena con una violenza inaudita e sapeva che il fantasma era fin troppo vicino. Quando qualcosa di freddo e inconsistente si strinse attorno al suo collo, Castiel iniziò ad annaspare e aveva quasi voglia di ridere. Era sopravvissuto a Lucifero in carne e ossa e ora stava per morire a causa di un fantasma che sembrava averlo preso in simpatia. Era giunta la fine, ormai, e la prossima cosa che sapeva, era che giaceva a terra e poco lontano il fuoco bruciava le ossa del morto. Fece appena in tempo a intravedere la paura riflessa negli occhi di Dean, prima che tutto divenne nero.
~~~~~
Si risvegliò con un gemito.
”Bentornato tra noi esseri mortali, Cass!”
Alzò lentamente le palpebre e ci volle qualche secondo, prima che i suoi occhi riuscissero a focalizzare il volto di Dean.
“Ciao, Dean”, la sua voce era un po’ più rauca del solito, ma la risposta familiare fece sorridere l’altro, cosa per cui era sempre grato.
“Certe cose non cambiano, eh?”
Dean gli passò un bicchiere d’acqua e dopo gli mise due dita davanti al naso, così vicine che era sicuro fosse diventato strabico per guardarle.
“Quante dita ho?” In qualche modo, Castiel sapeva di essere preso in giro, motivo per cui spostò malamente le dita con una mano e si mise a sedere su quello che doveva essere il suo letto, nella loro stanza, nel motel dove avevano pernottato negli ultimi giorni. Portò una mano sulla nuca e fu un po’ sorpreso di sentire un’ottima medicazione sotto le dita: era ancora così strano trovarsi nella condizione di averne bisogno.
“Be’, sembra che la tua testa sia più dura di quanto mi aspettassi, Cass. Non credo tu abbia una commozione celebrale, quindi…”
Dean si alzò in piedi, ma Castiel, per un motivo che non riusciva a spiegare neanche a se stesso, gli afferrò il polso e lo strattonò indietro, in una muta richiesta. Con la consapevolezza di ciò che aveva fatto, rilasciò subito la presa e chinò il capo, preferendo fissare le proprie dita sporche che il volto di Dean. Un calore inaspettato gli colorò le gote, come il tumulto in fondo al cuore diveniva sempre più turbolento e confuso.
Aspettò con pazienza che Dean continuasse a fare quello che si era proposto di fare, come se non fosse accaduto nulla, ma al contrario delle sue previsioni, il letto cigolò fastidiosamente e Castiel si ritrovò ad alzare sorpreso lo sguardo, per incontrare quello fin troppo intenso del cacciatore. Si fissarono per un’eternità, Dean muto e calmo, quasi curioso, mentre Castiel non riusciva a smettere di agitarsi. Strano come le parti si fossero tutto a un tratto invertite, ma alla fine, niente era stato più lo stesso da quando tutto era finito.
Cercò di deglutire un nodo in gola che non voleva saperne di sciogliersi, poi provò a riconquistare la sua solita calma, lo stoicismo angelico che da sempre lo aveva caratterizzato, tutto pur di aggrapparsi a qualcosa di familiare, tutto per interrompere la contemplazione di Dean.
“Dovresti…” Non riuscì mai a finire ciò che voleva dire, come le parole vennero soffocate da un paio di labbra calde e screpolate.
Un solo contatto, rude e veloce, che sembrò durare in eterno. Dean gli aveva preso il viso con una mano, facendo in modo di adagiare perfettamente il palmo alla pelle della sua guancia, prima di chinarsi e dargli un bacio veloce, quasi fosse guidato da puro istinto. Poi si era allontanato, ma solo quel tanto per piegare la testa e poggiare la propria fronte contro quella di Castiel. Respirava a fatica, ora, ogni parvenza di calma scacciata da quell’unico gesto improvviso.
“Perché lo hai fatto?”
La voce del cacciatore era appena un sussurro, poco udibile tra i rantoli del suo respiro. A Castiel non rimase che spalancare gli occhi dalla consapevolezza di aver valicato il limite, di aver appena distrutto il muro che Dean, con tanta fatica, aveva creato attorno a sé. Tutto a un tratto, la maschera cadde in frantumi e c’era un mondo ignaro di tutto, un fratello recluso all’Inferno, un tormento che non era mai andato via, una decisione presa per il bene di tutti ma che faceva loro solo del male e un tumulto di sentimenti che si mescolavano, si confondevano e urlavano a pieni polmoni di essere compresi.
“Perché?” Dean premette un po’ più forte la fronte, in cerca di risposte. Castiel non ne aveva, ma inclinò la testa e prendendogli il viso tra le mani, ricambiò il bacio. Bastò quello a mandare tutto a puttane.
Dean non perse tempo. Afferrandogli la nuca con una mano, sprofondò le dita nei suoi capelli, traendolo a sé con ancora più forza del dovuto, non volendo lasciargli via di scampo, quasi temesse che anche solo un soffio d’ossigeno tra le loro labbra avrebbe potuto dividerli per sempre. Castiel, dal canto suo, si aggrappò alla camicia del cacciatore, trainandolo verso il basso, fino a quando si ritrovò disteso sotto di lui. Il movimento tirò i punti sulla testa, facendolo gemere appena, ma tutto il dolore si mescolò con il piacere e perse ogni cognizione di tempo e spazio. La sua testa, sempre così confusa, ora non riusciva a focalizzarsi su altro che non fossero le labbra di Dean sul suo collo, le mani sotto la T-shirt ancora sporca di terra, il calore impellente che cresceva e cresceva nel basso ventre e il sangue che fluiva del tutto verso il basso, lasciandolo preda di gemiti strozzati e parole senza senso. Poteva appena udire Dean maledire il suo nome, più volte, sentire tutta la disperazione nei suoi gesti, ma anche Castiel era disperato e solo e confuso. Ne aveva bisogno, perché i sentimenti erano veleno nelle vene e lo stavano corrodendo da troppo tempo. Sarebbe morto per loro, a causa loro, ma non era importante in quel momento, perché il veleno che aveva colpito il suo cuore palpitava nel sangue e rendeva le gesta frenetiche, necessarie.
“Dean, Dean, Dean…” Non riusciva a dire altro, mentre inarcava la schiena scosso dal piacere e Dean stuzzicava prima un capezzolo, poi l’altro.
Era crollato un impero fatto di bugie e falsi sorrisi e al suo posto non era rimasta che la verità, cruda e famelica e la disperazione e la fortuna che, in qualche modo, girava sempre contro di loro.
“Maledizione, maledizione…” Dean non faceva che ripeterlo, mentre cercava di tirar fuori la cintura dell’altro, liberarlo delle sue costrizioni, così come lui stesso aveva fatto con le promesse e i sorrisi stanchi e le giornate passate al sole, lontano da sé e dal proprio dolore.
Con un movimento brusco, Dean spinse un dito dentro Castiel, soffocando il suo mezzo grido di dolore con un bacio affamato. Castiel gli morse il labbro inferiore, così forte da assaporarne il sangue, e si disfò in fretta dei pantaloni e dell’intimo del più giovane, mentre con una mano afferrava il membrò già eretto e iniziò a masturbarlo con vigore. Dean dovette rompere il bacio per gemere senza controllo, prima di inserire anche un secondo e poi un terzo dito. Castiel non ce la faceva più.
“Per favore!” E per cosa stesse pregando, esattamente, Castiel non lo sapeva, perché voleva tante cose, perché tanto era sbagliato e tanto avrebbe dovuto essere giusto, ma ora c’erano solo loro due e il veleno nel suo cuore e nel cuore di Dean, che lui stesso aveva iniettato a forza di baci e carezze.
Dean non se lo fece dire due volte e con una sola, unica e potente spinta, sprofondò nel corpo dell’altro. Un lungo gemito sfuggì dalle labbra di entrambi, mentre il mondo diventava bianco, poi nero e poi ancora colorato. C’erano tante cose da dire, tante cose taciute, ma ogni spinta ricordava loro di come tutto quello fosse sbagliato, di come non avrebbero dovuto, di come tutto avrebbe avuto una conseguenza, ma allo stesso tempo, ad ogni spinta, Castiel si sentiva un po’ meno solo e Dean ritrovava il pezzo di un passato perso per sempre, che aveva cercato di dimenticare, ma che al di sopra di ogni cosa, lo manteneva vivo nel cuore. Quando vennero, il loro mondo crollò ancora una volta a pezzi, con l’invito di ricostruirlo di nuovo, ma questa volta nel modo giusto. Solo che loro non se lo meritavano.
Dean si era lasciato cadere su Cass senza tanti problemi e sotto di lui Castiel ansimava ancora, regolando il proprio respiro con quello altrettanto veloce del cacciatore. Se tutto fosse dipeso da loro, sarebbero morti lì, concatenati, ma c’era ancora una promessa da mantenere.
“Devo tornare da Lisa” Dean glielo sussurrò in un orecchio, con un respiro di troppo. A lui non rimase che fissare il soffitto e aspettare.
Quando la porta si chiuse alle spalle del cacciatore, Castiel si portò una mano al petto.
Forse aveva smesso di battere.