Titolo: Dying for an Angel.
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean, Castiel, Sam.
Rating: Arancione
Avvertimenti: Sangue, Violenza.
Disclaimer: I personaggi descritti non mi appartengono e la storia non è scritta a fini di lucro.
Note: Spoiler per l'ottava stagione!
Riassunto: "Doveva esserci un altro modo. Continuava a ripeterselo a ogni singolo passo con il capo chino sul pavimento sporco, perché fino a quando non era costretto ad alzare gli occhi, Dean poteva ancora continuare a crederci. Eppure, Castiel lo fissava confuso, non una singola traccia di paura nelle iridi azzurre.
Lo stomaco gli si contorse dolorosamente, quando si accorse che l’angelo, anche nella mera imitazione del Figlio crocefisso, non aveva ancora compreso le sue intenzioni.
Doveva esserci un altro modo, eppure Dean non aveva più la forza di illudersi.
La fiducia dell’angelo s’increspò con un sordo frastuono, quando il cacciatore seppellì a fondo la lama nel suo costato."
{Storia partecipante al contest "[Multifandom e originali] A renderci umani è la possibilità che abbiamo di fare del male" di Stareem}.
“Ora tu mi guardi come se fossi un assassino
ma quello che sta morendo sono io”.
{Anonimo}
Doveva esserci un altro modo. Continuava a ripeterselo a ogni singolo passo con il capo chino sul pavimento sporco, perché fino a quando non era costretto ad alzare gli occhi, Dean poteva ancora continuare a crederci. Eppure, Castiel lo fissava confuso, non una singola traccia di paura nelle iridi azzurre.
Lo stomaco gli si contorse dolorosamente, quando si accorse che l’angelo, anche nella mera imitazione del Figlio crocefisso, non aveva ancora compreso le sue intenzioni.
Doveva esserci un altro modo, eppure Dean non aveva più la forza di illudersi.
La fiducia dell’angelo s’increspò con un sordo frastuono, quando il cacciatore seppellì a fondo la lama nel suo costato.
~~~
Il sangue impregnava le sue mani come una seconda pelle: per quanto tentasse di strofinarselo di dosso, restava sempre una macchia indelebile sulla punta delle dita. Dean scosse la testa e continuò imperterrito a mantenere le mani sotto il getto d’acqua bollente; la pelle era talmente arrossata e accaldata che temeva potesse prendere fuoco, ma poco importava, fino a quando l’odore del sangue invadeva ancora i suoi sensi.
Solo per un singolo momento gli passò tra mille pensieri l’idea che quel gesto, compiuto con tanto impegno, sarebbe risultato del tutto inutile, quando ben presto le sue mani si sarebbero tinte ancora una volta del sangue di un angelo.
Le dita avevano iniziato a fargli male, ma se Sam non fosse entrato in quel momento e non lo avesse costretto ad allontanarsi dal getto bollente, Dean avrebbe continuato fino a perderle per sempre. Forse solo allora si sarebbe convinto che sì, anche a dispetto del mondo, quello che stava facendo non poteva essere giusto.
«E’ svenuto, credo».
Sam strinse le dita attorno al suo braccio, mentre cercava di catturare a tutti i costi lo sguardo del fratello. Non ci riuscì, perché Dean non poteva permetterselo.
«Fermati. Troveremo un altro modo».
Non aveva mai voluto essere un eroe, ma certe responsabilità il mondo te le ficca su per il culo senza tante cerimonie. Illudersi era solo un contrattempo che prorogava all’infinito il dolore di una cruda realtà.
«Devo svegliarlo. Non abbiamo tempo da perdere».
Spinse via il fratello con appena un tocco delle spalle, prima di riattraversare la porta che separava lui dal suo peccato più grande.
La stanza che avevano scelto era molto simile a quella dove una volta, in un tempo passato e ben impresso nella memoria, Dean aveva torturato Alastair su ordine degli angeli. La stessa posizione in cui Castiel giaceva ricordava il demone che, dolce amara ironia, gli aveva insegnato tutto ciò che non aveva bisogno di sapere su quell’arte tanto raffinata.
Dean, entrato con passo deciso dalla porta che lo separava dalla stanza accanto, dove Sam sedeva con la testa tra le mani e le urla di un angelo nel cuore, si avvicinò a Castiel senza dire una parola. Il ragazzo - pareva tanto giovane e indifeso in quella situazione - teneva il capo chino e pendolante; il viso era scarno e pallido e il petto era squarciato da una mezza dozzina di tagli irregolari, che più a uccidere miravano solo a far male. Dean vacillò, lasciando cadere l’orrida maschera che per un indesiderato senso del dovere era stato costretto a indossare. Non voleva farlo, non aveva mai voluto farlo. Se solo Castiel sapesse, se solo a Dean fosse permesso prendergli il volto tra le mani e sussurrargli quanto gli dispiacesse, quanto tutto quello fosse necessario; lui avrebbe capito e forse, soltanto forse, le cose sarebbero state più facili. Eppure, non era tanto il sangue di un angelo di cui necessitavano, quanto le briciole di una fiducia lacerata, che con esso si mescolavano in una potente magia. Il sacrificio di un amico e di quanto più caro Dean possedesse era la terza e ultima prova che avrebbe chiuso per sempre le porte dell’Inferno. Era necessario che Castiel fosse ignaro di tutto ciò, così che il dolore e le preghiere inascoltate lacerassero la ferrea fiducia che da sempre deteneva in Dean e che mai, o almeno quasi mai, lo aveva abbandonato.
Castiel si svegliò con un gemito sommesso. Dean indurì lo sguardo, impossibilitato a lasciar trasparire il dolore di un cuore che non smetteva di sanguinare. Il cacciatore afferrò la spada - la spada di Castiel - e stando attento al sigillo che marchiava il pavimento e teneva l’angelo bloccato in un corpo fatto di carne e ossa, strattonò il capo dell’altro verso l’alto, così da costringerlo a guardarlo, mentre seppelliva la lama nella sua spalla. Castiel urlò, serrando gli occhi contro il dolore che gli lacerava le carni. Quando le urla si fermarono, forse per mancanza di fiato, l’angelo respirava appena; ebbe la forza, tuttavia, di alzare lo sguardo ancora una volta per incontrare quello vuoto del cacciatore.
«Dean… perché…?».
La spada era ancora sepolta nel profondo della sua spalla e a Dean bastò ruotare la lama per fermare le parole dell’uomo, il quale ansimò duro e strinse gli occhi, impedendosi, solo grazie alla propria forza di volontà, di urlare al cielo la propria sofferenza.
«Non l’hai ancora capito, angioletto? Non c’è un motivo particolare».
Un taglio profondo sotto la giugulare. Castiel sussultò appena.
«Pensi che siamo stupidi? Dopo tutto quello che hai fatto, dopo tutto il male che ci hai dato, pensi davvero che ti avremo perdonato?».
Castiel lo guardò a fatica, appena cosciente.
Dean ebbe l’impulso di vomitare, ma le bugie che gli ostruivano la gola non gli permettevano nemmeno quel miserabile sollievo.
«Abbiamo finto per tutto questo tempo, solo per vederti cadere nella stessa disperazione cui ci hai costretto. Come ci si sente, Cass? Come ci si sente, quando i tuoi amici ti pugnalano alle spalle?».
Gridò furioso, con se stesso e nessun altro, ma Castiel non aveva più la forza di ascoltarlo e così chiuse gli occhi. Prima di perdere conoscenza, Dean ascoltò un pentito “mi dispiace”.
La lama che reggeva tra le mani cadde a terra con un tintinnio acuto e fastidioso. Poco importava, perché Dean non riuscì a trattenersi dall’afferrare la nuca dell’angelo e poggiare la propria fronte contro la sua.
«Cass, stupido figlio di puttana. Non fidarti di chi non merita fiducia. Fa che tutto questo finisca».
Il sussurro strozzato si perse nell’aria, mentre una lacrima solitaria gli solcò il volto con crudele dispetto. Come poteva salvare il mondo, quando sentiva il proprio scivolargli tra le dita come sabbia al vento? Era soltanto un assassino, vittima di se stesso. Eppure, tutto questo non aveva importanza; lui non aveva più importanza.
Dean socchiuse le labbra; un sospiro stanco e lacero si diffuse melodico nell’aria, prima di prorompere in un antico canto dal significato sconosciuto. Castiel si agitò, alzò appena appena le palpebre stanche e un sibilo sussurrato solleticò la pelle del cacciatore, ma Dean sapeva quanto poco consapevole fosse in quel momento: era un istinto, il richiamo di una potente magia impossibile da sopprimere con l’incoscienza.
«No…».
Cantò un po’ più forte, pur di far tacere la disperazione che quelle due singole lettere, appena masticate, gli riversavano nel cuore con impeto furioso.
«Per favore…».
Dean non si accorse di quanto simile fosse a quel Dio che tanto aveva odiato: Castiel pregò fino all’ultima nota del canto, ma le sue preghiere, per qualche strano motivo, restavano sempre inascoltate. Il giovane cacciatore, sordo nell’anima che sfrigolava nell’ardore della morte, notò appena il tocco gentile di una piuma che gli solleticava la gota.
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Se gli eroi non esistono, doveva pur esserci un motivo. Sam ne era pienamente cosciente, perché, a guardare il fratello, poteva capire come essere un eroe fosse un peso troppo grande da portare; gli eroi muoiono ancor prima di nascere e nessuno ne ricorda le grandi gesta, se non quell’unico deprecabile atto che ne ha portato la morte.
Ora poteva vederlo chiaramente, mentre suo fratello giaceva in ginocchio sul freddo pavimento, il capo chino e sepolto nella folta chioma di un uomo, il corpo di un angelo ormai lontano stretto tra le braccia.
Sam cercò di raggiungerlo, ma la mano, sospesa nel vuoto, si ritrasse lontano con grande spavento: piume di un vivace bianco cremisi avvolgevano protettive il corpo di Dean; oltre uno sguardo pieno di lacrime, Sam poteva vedere le ali di un angelo giacere immobili sul pavimento.
«Non funziona, Sammy».
La sua voce era un sussurro senza sentimento; Dean alzò lo guardo, ma il verde dei suoi occhi era ormai opaco e non vi era nessuna luce a risplendervi. Castiel riposava immobile tra le sue braccia, le palpebre schiuse quel tanto da lasciar intravedere un pezzo di cielo ormai perduto.
Sam distolse lo sguardo, si lasciò cadere in ginocchio e ascoltò il proprio cuore spezzarsi in silenzio.
«Non funziona. Perché non funziona?».
Non aveva il coraggio di rispondergli, ma sapeva che non avrebbe potuto funzionare, perché Castiel, fino al suo ultimo anelito, non aveva mai smesso di fidarsi.