Motion Picture Soundtrack: Track #4

Dec 15, 2011 15:42

Titolo raccolta: Motion Picture Soundtrack.
Titolo capitolo: Track #4
Fandom/Pairing: RPF (Robert Downey Jr/Jude Law)
Rating: Arancione.
Numero Parole: 1744
Genere/Note:
~AU, slash, se leggete con gli occhi chiusi può sembrare fluff.
~nata per il prompt Mare della prima RDJ Challenge, la mia tabellina qui.
~altre note alla fic della fic.
~quarta fic per la raccolta, praticamente un terzo capitolo.
~tentata malizia.


Track #4

«Che ore sono?»
«Non ne ho idea, forse le tre.»
«Sicuro? Magari sono più le cinque...»
«Sono le tre e dieci, Robert.»
«Oh.» Mormora, prima di tornare a guardare la televisione; non si è ancora concentrato abbastanza su quello che sta succedendo sullo schermo, in effetti non sa neanche se stanno guardando un film o un telefilm, perché troppo preso dalla noia apatica caduta fra di loro - e dallo sguardo fisso del ragazzo seduto al suo fianco.

Jude pare star vivendo in quelle scene.
«Ti sei mai sentito come lui?» Chiede ad un certo punto, probabilmente alludendo al protagonista.
«Mh? Come?»
«In trappola.»

E sullo schermo le immagini di quel povero protagonista imprigionato, catturato e forse torturato dai propri nemici. Robert lo osserva per qualche secondo, giusto per farsi un'idea generale di quella che è la vera domanda.
«Sì.» Risponde infine.

«Davvero? Anche a me capita spesso.» Annuisce, forse più interessato ad un proprio pensiero. Mette qualche secondo per chiedere: «Ma intrappolato da qualcuno? O da te stesso? Perché c'è differenza, sai.»
«Da me stesso. Come si dice... prigioniero della tua mente e cose del genere.»
«Sì, sì, esatto.» Borbotta, perdendo di nuovo interesse per la discussione. Potrebbe accadere di tutto e probabilmente Jude resterebbe interessato alle avventure di un prigioniero qualsiasi.

Ed improvvisamente, senza nessun vero motivo che non sia la voglia di fuggire da questa routine, Robert sente il bisogno di parlare - ma senza alzare troppo la voce: «C'è una cosa che non ti ho detto...»
«Eh?»
«Mi dispiace. Scusami. Non volevo trattarti così e soprattutto non volevo annoiarti.»
Incredibilmente ottiene la sua attenzione, avverte il suo sguardo addosso per qualche istante, prima di sentirlo mormorare un vago: «Non fa niente.»
«Ci tenev-»
«Non è che io sia innamorato di te o cosa, non mi hai spezzato il cuore.»
«Ecco, anche a questo proposito... Ethan.»
«Ah,» torna a ridacchiare Jude, «questa è la nuova tecnica per azzerare la concorrenza?»
«No, no, volevo davvero scusarmi ma...»
«Robert.»
«Lo so,» ridacchia anche lui, senza rilassarsi, «ero partito bene ma ho finito con il rovinare tutto il discorso. Comunque tu non aiuti, cioè, "concorrenza"?»
«Hai capito che cosa intendo.»
«Secondo me stai solo fingendo per darmi fastidio.» E sarebbe nel carattere di Jude, probabilmente. Forse. Se ha capito com'è Jude veramente.

Il protagonista del film è riuscito a scappare, nel frattempo, ed ora sta tornando armato verso i suoi stessi aguzzini. Vendetta negli occhi, violenza nella mente, una guerra personale venduta ad un pubblico non troppo vasto.
Non troppo ispirato.

«Lo pensi ancora?»
«Che cosa? O chi, Ethan?»
«Che io sia noioso.»
«Ti dirò, ultimamente mi stai davvero sorprendendo.»

A questo punto starebbe bene una di quelle battute da film, dare una risposta carismatica o introdurre un nuovo argomento con il tono più intrigante di sempre - solo che non riesce, mai stato particolarmente bravo con queste cose.
Ripensa per qualche secondo alla sua giornata: sveglia tardi, colazione, qualche biscotto in più, vestiti casuali, prima ed ultima sigaretta della giornata, campanello, Jude, pranzo, Jude e la televisione, film sul quale non si è concentrato neanche un secondo. Probabilmente faranno qualcosa dopo, intanto sente solo una grande noia - ed è così grande perché il giorno prima hanno fatto le stesse cose.
Noia.
«Jude,» inizia allora, senza curarsi particolarmente di suonare interessante o meno, «sto riflettendo su qualcosa anch'io.»
«Meno male. A che cosa pensi?»
«Alle onde.»
«Ancora con il mare?»
«Sì. Ti va di andare? Possiamo farlo ora.»

L'altro ridacchia, visibilmente perplesso, «E come hai intenzione di arrivarci? Non è esattamente dietro l'angolo.»
«In macchina.»
«Hai una macchina? ...Guidi?»
«Sì, certo. Perché?»
«No, nulla... solo che ti ho sempre immaginato troppo pigro per queste cose.»
Perché lo è.
«Beh, ti sbagliavi. Allora, vuoi partire sì o no?»

E la risposta è sì, come sempre.

*

«Non amo il mare.» Ammette, quando oramai sono arrivati. La sabbia è scura, pare quasi terra, appiccicosa e poco invitante. L'acqua è torbida, sembra oceano, e non lo attira particolarmente. Oltre loro non c'è nessuno e non poteva desiderare di meglio in un momento come questo.
«Allora perché hai insistito così tanto per venire?» Domanda Jude, qualche passo dietro di lui, perplesso e disinteressato.
«Non ne ho idea. Credo di averci meditato troppo sopra.»

Si ferma, si guarda intorno ancora una volta, concretamente sa di non avere nessuna idea e di non aver fatto nessun progetto, neanche durante il - molto più breve rispetto quello che dicevano - viaggio. Sente freddo, fin troppo, ed il tempo non pare suo amico. Jude non pare suo amico in questo momento.

«Bene, possiamo metterci qua.»
«Per poi?»
«Non lo so,» ammette mentre si siede sulla sabbia fredda, lo fa fingendo indifferenza, come se avesse sempre avuto in testa di sistemarsi proprio in quel punto, «quello che vuoi fare, sono disponibile.»

Jude segue il suo esempio, gli si mette vicino, ma tempo qualche minuto e domanda: «Robert. Mi vuoi dire che cosa siamo venuti a fare? Anzi, che cosa stai cercando di fare?»
«Penso che tu lo sappia.»
«Invece ho paura che tu mi abbia sopravvalutato di tanto.»
«Un po' te lo sei meritato.»
«Oh, ti prego, inizia a parlare chiaramente.» E nella sua voce c'è persino una sfumatura di paura, di star mal interpretando ogni cosa, di illudersi; nella sua voce c'è il timore di chi crede di essere arrivato alla conclusione più bella e - contemporaneamente - a quella più sbagliata.
Robert gli deve una risposta, che come al solito non riesce a dare.
«Ultimamente fai cose insensate...» continua quindi l'altro, abbassando sguardo e voce.

«...E ti trascino con me.»
«Già.»
«Dovremmo continuare così, per sempre. Dovremmo aver iniziato a questo modo.» La voce trema anche a lui, ma dal freddo. Il cielo oramai è tinto dei colori del tramonto, la strada è vuota da prima che arrivassero. Dovrebbero prendere in considerazione l'idea di tornare a casa, di abbandonare quel progetto ridicolo, invece restano lì.
Vicini, fermi.

Finché - dopo qualche minuto ancora - Jude non si avvicina un po' per posargli le labbra sulla guancia. In un primo momento lo scambia per un bacio ma poi si rende conto che è qualcosa di più, ed ha tutta l'aria di una promessa.

Si sposta volontariamente per promettere a sua volta. Si lascia convincere, trasportare, permette di lasciarsi toccare - e vedere, ed avere, e donare.
Sapendo che è una sola occasione, o adesso o ci penserà troppo per tornare indietro.

Ed è per questo che si lascia trasportare, in ogni senso, lascia che siano le onde poco distanti a dettare i suoi movimenti, prende ad accarezzare languido la pelle che riesce a raggiungere tra i vestiti pesanti, continua velocemente fino a quando Jude non stabilisce una posizione, spingendolo sulla sabbia. Salendogli addosso.

Improvvisamente lo sente agitato, lo crede sconvolto; abbassa lo sguardo per cercare i suoi occhi, li trova per qualche secondo - o forse meno, visto che crede di non saper più calcolare il tempo - leggendoci fin troppe domande.
Che cosa stiamo facendo?
Che cosa siamo?
Pensi di trovare il mio cuore aperto anche questa volta? O di usarmi come ti pare? Non è certo che questa sia vera, non è certo che non si tratti di alcune sue domande. Immaginarie o meno, resta che nel suo sguardo trova incertezza e preoccupazioni. Le leccherebbe personalmente dalla sua bocca, rimpiazzandole con delle risposte: ha paura anche lui, così tanta che teme di non saperla controllare.

Fa più male averla piuttosto che affrontarla, si ricorda.

Sente quasi caldo adesso, sente le sue mani, sente mille pensieri vorticare per la testa e soprattutto sente di dover seguire il primo formulato - anche perché dubita di saperne assecondare di altri.

Confusione frenetica. Confusione. Confusione. Si potrebbe andare avanti così, sempre, aveva ragione prima.
Si potrebbe continuare mentre sente la pelle rovinarsi e curarsi, il freddo - del tempo, del leggero vento, delle onde, del buio - a contrastare le sensazioni calde che sta provando, il peso della persona che stava cercando di sorprendere. Gli mette le mani sui fianchi - mentre realizza che per stupirlo lo ha portato a vivere un intero cliché - fa un po' di forza e ribalta le posizioni, permettendosi di prendere una decisione.

Riprende ad esplorare come non ha mai fatto, annusa, riscopre profumi che ha sempre amato ma mai considerato. Non è la prima volta, non è l'ultima, non è la prima combinazione che provano - non che importi, non ha ancora trovato una cosa che non funzioni, quando si incontrano a questa maniera.
Tenteranno ancora, ed ancora, finché eviteranno sbagli anche nel resto delle loro interazioni.

*

Qualche minuto, ora, giorno, settimana o mese dopo Robert riapre gli occhi. La prima cosa che riesce a concepire è che deve sistemarsi i vestiti e scrollare via tutta la sabbia che sente, la seconda è che Jude si è leggermente spostato; allontanato.
Volta la testa verso di lui, per trovarlo.

«Potevamo portarci almeno una coperta.» Commenta questo, troppo preso dall'accendersi una sigaretta - e a fissare la fiammetta tremante dell'accendino.
«Non stavo pensando a questo quando siamo usciti.»
«Voglio farmi una doccia.»
«Va bene.»
«Devo farla.»
«Certo.»
«Ed è tardi...» Continua l'altro, lo sguardo fisso da qualche parte o in qualche ricordo; distratto da se stesso.
«Stai tentando di dirmi che vuoi tornare a casa, no?»
«Sì, ma tu vieni con me.»
«Jude...»
«Dimmi.»

Probabilmente sto iniziando a provare qualcosa per te, ad amarti come meriteresti.

«Che ore sono?»
«Non ne ho idea,» risponde, ricordando il dialogo del pomeriggio ma continuando a fissare in lontananza, «chissà come finisce quel film. Quello che stavamo guardando.»
«Come tutti gli altri. Il protagonista è forte, si libera, salva la situazione e la giornata, si innamora, continua a vivere. Forse torna a casa...»
«Ma non è così che funziona davvero.»
«No.»
«Già.»
«Ma nei film può sempre accadere.»

Jude lo guarda finalmente e pare irritato, o forse semplicemente deluso. Si chiede che cosa si nasconde dentro quella testa, Robert, si domanda se riuscirà mai a comprenderlo del tutto. Se riusciranno ad aprirsi, facendosi un regalo a vicenda.
Si avvicina a lui, indeciso se baciarlo o meno.

Alla fine sceglie qualcosa di più casto - più puro - e gli stringe la mano. Gesto tangibile per dire che si trova ancora là.
Non se ne andrà.
Non può più vivere altrove.

Anche perché il mare non gli è mai piaciuto, eppure ci sono andati lo stesso. Come in uno dei suoi sogni.



Note:
Nella mia testa la spiaggia di cui si parla è quella di Brighton, così come mi è sembrata nel film di Quadrophenia - sì, sempre i The Who. Ma mi conoscete, oramai, sapete da dove vengono le mie ispirazioni - il ché da definitivamente una posizione alla fic :)
Perché mai una spiaggia collegata ad una strada - probabilmente principale - di Brighton è deserta in prima serata?
Perché voi siete persone piene di fantasia e potete assecondarmi ♥
E perché l'idea di usare quella spiaggia per questi scopi... mi è venuta questa estate! Stavo solo aspettando il momento giusto per usarla, ricca del suo essere un cliché.

Ah già, in teoria quello è il Canale della Manica, anziché il mare. Ma il prompt era "Mare" e la spiaggia sabbiosa (non li potevo mettere su un dirupo, poveretti) si trova lì ed insomma, è una fanfic, non aprite wikipedia né i libri di geografia u_u''

char: jude law, genere: introspettivo, genere: raccolta, pairing: rdjude, char: robert downey jr, fandom: rpf

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