Titolo: Tre foglie nel vento
Autore:
haruka-lantisFandom: originale
Rating: NC-17
Note: ambientanta in Giappone, nel 1687, ovvero durante l'era Tokugawa, ad Edo (l'attuale Tokyo). Chiari riferimenti a rapporti omosessuali anche con minori (ma era una prassi comune a molte civiltà del passato e avere sedici anni nel XVII secolo non è come averli al giorno d'oggi)
anni nel XVII secolo non è come averli al giorno d'oggi).
Scritta per: la mia tabella su
24ore, prompt Ore 15:00 Un muro da abbattere
Disclaimer: mia l'idea, miei i personaggi, mia la storia, siete pregati di ricordarvelo, nel caso fosse in cerca di ispirazione!
Anno 1687, maggio
Uji, palazzo del governatore
Ora della Scimmia
Quella mattina Sojiro aveva trovato una scusa per allontanarsi dal palazzo del governatore ed evitare Masanori: questi aveva così avuto del tempo per prepararsi alla discussione che sarebbe seguita. Aveva lasciato le sue stanze dopo una notte assieme a Ranmaru: una sorpresa certo non sgradita, ma le cui conseguenze non era in grado d’immaginare.
Mentre sonnecchiava nell’ufficio del governatore davanti alla corrispondenza che il suo segretario stava mettendo in ordine, sentì il rumore degli zoccoli sul selciato della corte interna e capì che la ronda, di cui Sojiro faceva parte, era rientrata alla base.
“Matsumoto-san, andate a prendere Ito-kun e fate che non trovi altre scuse per sparire”
L’uomo annuì pensieroso, Masanori non seppe dire cosa il suo sottoposto pensasse di quella assurda storia, ma per il momento non gli interessava scoprirlo.
Pochi minuti dopo, la porta fu aperta di nuovo e Sojiro si accomodò davanti a lui.
“Notizie da Edo, maestro? Matsumoto-san ha detto che volevate parlarmi, sembrava preoccupato”
“Hai qualcosa da riferire sulla ronda?”
“No, tutto sotto controllo”
“Bene”
“Se non c’è altro, allora io andrei…” azzardò Sojiro facendo per alzarsi da terra.
“C’è ancora un’altra cosa, veramente” Masanori lo trattene con uno dei suoi sguardi di ghiaccio per cui era famoso tra i suoi nemici. Sojiro si sedé nuovamente e attese la mossa successiva. “Sasaki-sensei è nelle mie stanze da ieri. Dice di aver lasciato la compagnia e di voler vivere al mio fianco”
“Buon per voi, maestro” Un sorriso malizioso apparve sul volto di Sojiro, un sorriso che Masanori non gli aveva mai visto prima, qualcosa che conosceva sui volti degli altri wakashu di Chiyoda, ma che non intendeva tollerare sul viso innocente del suo allievo.
“Non prenderti gioco di me, sono ancora il tuo maestro”
“E siete ancora il mio nenja?”
“Ovviamente”
“Non sono dello stesso avviso e, visto che non avete cacciato Sasaki-san dal vostro letto stanotte, credo che anche voi la pensiate come me, ma siete troppo orgoglioso per lasciare a me l’ultima parola riguardo alla nostra sedicente relazione” Masanori gli assestò uno schiaffo che fece sanguinare il labbro del ragazzo. “Non trattatemi come un bambino o una donna: non me lo merito” ribatté il giovane asciugandosi con il dorso della mano il rivolo di sangue.
“No” ammise Masanori facendosi scuro in volto “Lo caccerò”
“E dove andrà? Non ha un posto dove tornare per quel che ne so. Ad ogni modo, non risolverebbe il mio problema: voi siete felice quando c’è lui e io non posso imporvi l’infelicità, così condannerei anche me stesso a soffrire”
“Non ha senso” commentò sarcastico Sato “Tu saresti felice solo se io fossi felice, ma io non potrei esserlo senza quel ragazzo? Tutto ciò è ridicolo”
“Pensatela come volete, maestro, ma le cose stanno proprio così”
Sojiro era diventato come un muro altissimo che Masanori non riusciva a scalare, l’alternativa sarebbe stato abbatterlo, ma il ragazzino non aveva battuto ciglio quando lo aveva colpito. Forse, pensò ad un tratto Masanori, il vero muro non lo aveva eretto Sojiro, ma lui stesso, solo che adesso era Sojiro ad usare quelle alte mura, tirate su per evitare di affezionarsi troppo a colui che ora vi si trincerava dietro. Sojiro, il ragazzino dolce ed ingenuo che aveva conosciuto tre mesi prima, sembrava esser stato inghiottito da quelle pareti inespugnabili, e dai bastioni si affacciava uno sconosciuto, sguardo duro, cuore gelido. Masanori sperò con forza che al di là del muro il giovanotto che avrebbe voluto proteggere stesse aspettando che lui riuscisse ad abbattere l’ostacolo che li separava, allora quel insolente che sedeva di fronte a lui sarebbe sparito, per lasciare spazio al vero Sojiro.
“Ti fa male?” chiese ad un tratto accarezzandogli la guancia gonfia. Sojiro non si aspettava un gesto gentile e ne fu disorientato.
“Mi è capitato di peggio” rispose soprapensiero.
“Ti ho fatto del male, Sojiro-kun, ma non volevo. Pensi di potermi perdonare?”
Sojiro scosse il capo violentemente, tanto che la sua coda nera schiaffeggiò l’aria, e s’inginocchiò per congedarsi. “So che non era vostra intenzione, ma lo avete fatto” Si alzò senza aspettare una risposta.
Umiliato e battuto da un quindicenne che non sapeva nulla di lui, Masanori si sentì così frustrato per non esser riuscito ad avere l’ultima parola che si precipitò nelle sue stanze, dove un adorante Ranmaru lo aspettava trepidante, sempre disposto ad accoglierlo e fargli dimenticare ogni problema: un porto sicuro, un’isola felice dove non doveva pensare, né preoccuparsi delle reazioni del suo amante. Ranmaru sembrava esistere solo per amarlo. I muri inespugnabili, le battaglie, l’onore e il dovere restavano fuori dalla porta, fuori dal loro talamo, nell’abbraccio dei loro corpi accaldati c’era posto solo per la passione.