Come on, put your hands into the fire

Jan 14, 2014 13:20

Titolo: Come on, put your hands into the fire
(Explain, as I turn and meet the power)
Beta: p_will
Disclaimer: Alas, non sono il signor Disney e queste sono tutte menzogne.
Raiting: NSFW
Pairing(s)/Personaggi: Elsa, Hans, Anna e Kristoff nominati più che di striscio
Sommario: C’è una punta di innegabile fastidio, quando si deve ammettere che certe persone sono più brave a mantenere i propri segreti.
Parole: 2677 (FDP)
Warnings: Fireverse!Hans, crack e follia generica. Idek, non ho nemmeno sbattuto la testa quindi non ho una scusa plausibile.
Note: Scritta per il prompt del p0rnfest “credo sia il momento di riscaldare un po’ l’atmosfera” e per il prompt del COW-T “Terra Incognita”
Il titolo è preso da “Into the fire” dei Thirteen Senses che è una canzone molto figa e ha il gran merito di non parlare di necrofilia, come al contrario era per il precedente titolo. Enjoy :D


La prigionia di Hans non dura molto.

Essere affidato al giudizio di dodici fratelli maggiori, d’altronde, comporta una certa fantasia nella pena.

Quando viene scortato da Viktor - il maggiore, il futuro Re - ad Arandelle, è tutto orribile e umiliante; quando è costretto a inginocchiarsi e supplicare il perdono della Regina sente le mani pizzicare.
Quando Elsa e Anna acconsentono a che la sua pena sia scontata là, Viktor gli mette una mano alla base del collo e, non visto, gli calca col pollice contro la trachea fino a che i suoi pensieri vengono deviati unicamente sul riuscire a respirare con una parvenza di normalità, senza che nessuno si accorga di quanto sta accadendo.
D’altronde, è da quando sono piccoli che ha imparato a farlo.

Durante il giorno lavora nelle stalle; di rado viene lasciato libero dal controllo diretto di Kristoff, e ancor più di rado riesce a tornare alla sua celletta senza puzzare alternativamente di sterco di renna, sterco di cavallo o immondizia generica.

Apparentemente, tutti a palazzo hanno votato la sua vita ai lavori più umilianti del creato. Hans tiene il capo chino ed esegue senza una parola, ben consapevole che la punizione che lo aspetta a casa è di gran lunga peggiore.

Ogni tanto gli capita di incrociare Anna, smaniosa di fare le feste al proprio, zoticissimo fidanzato; non gli dice niente, ma capita che casualmente inciampi e faccia rovesciare uno dei barili di fertilizzante che con tanta cura vengono riempiti di giorno in giorno grazie al contributo degli animali nelle stalle.
Ad Hans torna in mente la stretta di suo fratello, e in silenzio ripulisce tutto.

Elsa non si vede mai.

Il che è molto più normale rispetto alle costanti incursioni di Anna, visto che quell’accomodamento è stato studiato appositamente per impedire che ci siano contatti tra di loro.

(Viktor ha provato a proporlo come servo personale di una di loro due, ma si sono entrambe rifiutate. Elsa ha accettato di accoglierlo ad Arandelle solo perché nelle Isole del Sud sarebbe stato condannato a morte e di nuovo, non è lei il mostro.)

***

La vede una notte, quando l’inverno è alle porte e il vento del nord soffia più forte che mai.

Di dormire non se ne parla; da fuori viene troppo rumore, e Hans è fin troppo abituato a materassi soffici e trapunte di piuma per adattarsi a una brandina scomoda e stretta.

Hanno smesso di chiuderlo dentro dopo il terzo mese di prigionia, per fortuna. E sgattaiolare di fuori gli riesce fin troppo facile, complice il fatto che ha imparato a conoscere ogni angolo di quell’ala del castello.

La porticina che dà sul canale è aperta come al solito - come tutte le uscite del palazzo -, e fuggire sarebbe così facile che per un istante Hans ci pensa davvero. Potrebbe sempre farlo: le stalle con i cavalli sa dove sono, così come le cucine dove poter rubare qualche provvista.

Le stelle splendono a sufficienza da illuminargli il cammino, e anche se non fosse…

Elsa è al centro del fiume. La nota quasi per caso, e una volta individuata non riesce più a distogliere lo sguardo.

Sorride a occhi chiusi, l’aria più serena che mai, e con le mani sembra accarezzare il vento che le scorre addosso e le pettina all’indietro i capelli. Mai come ora sembra eterea e distante, più splendente della luna stessa.

Piega la testa di lato e rivolge il palmo di una mano verso l’alto, e uno zampillo di ghiaccio e neve si solleva dalla sua pelle e si disperde in cielo, mosso dal vento.

Lo rifà altre tre, quattro volte; la neve prende ogni volta una forma diversa che dura pochi istanti prima di disperdersi nell’aria, e può vederla corrugare la fronte con aria assorta, l’ombra di un sorriso a illuminarle gli occhi celesti. Hans si trova senza nemmeno accorgersene a cercare un punto più confortevole contro il muro a cui è appoggiato per godersi meglio lo spettacolo.

Quando lo nota, Elsa sgrana gli occhi e il ghiaccio sotto ai suoi piedi si riempie di stalagmiti affilate come rasoi all’istante.

Per la prima volta da che si trova là, Hans sente una fitta di senso di colpa.

(Non che non ne sentisse già prima, sia chiaro. Ma era tutto più facile, quando Anna era l’ingenua ragazzina ed Elsa il mostro disumano. Diventa tutto più complicato quando si rende conto che non è il solo prigioniero, dentro quel castello.)

La verità è che a Elsa manca il suo palazzo di ghiaccio. Il che non è nemmeno del tutto vero; a Elsa manca la magia. Creare piste di pattinaggio o tenere viva la nuvoletta di neve di Olaf non è niente, in confronto a quelli che sono i suoi veri poteri.

Quando per un istante la paura aveva ceduto il passo alla speranza, all’illusione della libertà completa, Elsa aveva sentito quale era il suo potere. Le ruggiva dentro, le rendeva la pelle elettrica; non si era mai sentita tanto bene come in quel momento.

E anche adesso, con Anna al suo fianco e un visse per sempre felice e contenta che non avrebbe potuto immaginare nemmeno nelle sue più rosee fantasie, sente che cedere al proprio egoismo sarebbe tanto, troppo facile.

Le manca l’inverno.

***

Hans torna a osservarla quasi ogni notte, perché sa che Elsa sarà là a giocare col freddo. Dopo qualche settimana, Elsa smette di correre dentro appena si accorge di lui.

Una volta si schiarisce la voce e si guarda attorno con sguardo attento, senza però riuscire a individuarlo. “Non dovresti essere qui.” Mormora rivolta al nulla.

Hans sbuffa una risata e ignora le sue parole, perché è l’unico ordine a cui sa di poter disobbedire.

Dopo un mese, ben nascosto dietro una roccia, viene sommerso da un gavettone di neve materializzata dal nulla.
Può sentire sua maestà dare in un risolino acuto, da bambina, e la porta sbatterle alle spalle.

***

Una notte sgattaiola di fuori ed Elsa non è là. Hans non lo ammetterebbe mai ad alta voce, ma ci rimane male.

Poi Elsa gli mette una mano sulla spalla, e Hans cade di sedere in terra, la botta vagamente ammortizzata dalla neve che sta scendendo ininterrotta ormai da giorni.

La regina si porta una mano alla bocca per soffocarvi una risata appena accennata. “Oh, ma allora qualcosa in comune con Anna ce l’hai davvero.” Hans non le risponde nemmeno. Tiene lo sguardo basso e, malgrado tutto, si trova a sua volta a sorridere e dare in un piccolo cenno affermativo. C’era stato un momento in cui aveva pensato di poterlo fare; sposare Anna, vivere con lei, sforzarsi di essere felice. Quando però gli aveva parlato delle porte che le erano state chiuse davanti, adeguarsi al piano originario era stata la scelta più facile. “Non hai freddo?”

Si stringe nelle spalle e scuote la testa, e si mette in piedi con una certa fatica. La neve pressata dai suoi passi è diventata ghiaccio, e tenere l’equilibrio è complicato. Elsa, al contrario, sembra fluttuare. “Mai sofferto il freddo in vita mia.” Mormora a mezza bocca.

Non riesce a smettere di fissarla.

Elsa intreccia le dita in grembo e piega appena la testa di lato e la sente sforzarsi così tanto di non risultare spaventosa che fa quasi male. “Perché sei qua?”

“Mi piace…” Si umetta e labbra e china il capo come ormai ha imparato fin troppo bene a fare. “Mi piace osservarvi. Chiedo scusa, maestà. Non volevo disturbare.”

La vede diventare di un curioso colorito. Qualcosa che su un qualsiasi essere umano sarebbe definibile come viola ma che su di lei si orienta su un leggerissimo rosa che fa risaltare ancora di più gli occhioni celesti. Hans si trova a pensare che dovrebbe dire cose del genere più spesso senza nemmeno accorgersene.

“È pericoloso.”

“Non lo è.” La guarda negli occhi per un solo istante, prima di arretrare di un mezzo passetto verso la porta. “Non per me.”

***

Elsa non lo ammetterebbe mai, ma adeguarsi ad Hans le viene molto più facile di quanto non si aspettasse.

Fin dall’inizio non ha voluto averci niente a che fare, perché l’idea di cosa aveva provato a fare a sua sorella, più che a lei, le faceva salire il sangue alla testa e in generale quello era un sentimento a cui non intendeva dare sfogo.

(Non è lei il mostro.)

Lo ha visto umiliarsi.

Anna si divertiva a suo modo, e a Elsa non è mai passato per la mente di impedirle di dargli almeno un po’ di tormento. Spalare letame non era niente in confronto ai pensieri che si era trovata a covare tra sé e sé.

Quando lo ha scoperto la prima volta ci ha pensato. Ucciderlo sarebbe stato tanto, troppo facile. Il prigioniero - la parola iniziava a striderle perfino nei pensieri, troppo spesso stava venendo soppiantata da un semplice ‘servo’ o ‘stalliere’ - era fuori dalla sua cella, e nessuno avrebbe messo in dubbio le sue parole.

D’altronde, aveva già provato a ucciderla in passato.

Quello che l’aveva fermata - e contemporaneamente spaventata oltre misura - era stato il ricordo del palazzo di ghiaccio.

È una cosa che ha il potere di destabilizzarla: il ricordo delle parole di Hans, la consapevolezza che un tale, orribile essere umano l’abbia aiutata a non commettere un gesto di cui si sarebbe pentita in eterno.

Ci sono giorni in cui invidia sua sorella, per questo motivo. Elsa si è sempre sentita fin troppo vicina alla neve, che assorbe anche i rumori più forti e li restituisce ovattati e distanti. In sua sorella l’odio è ancora vivo, le brucia negli occhi ogni volta che per errore finiscono a parlare del prima, di cosa sarebbe successo se. Lei, al contrario, sente scemare la rabbia. Ci sono giorni in cui sente tutto troppo distante, e la vicinanza di Anna è l’unica cosa che le sembra vera, l’unica punturina al petto che le ricorda che cercare di abbandonarsi all’apatia non è mai stata una scelta saggia.

Tentare di non provare niente non ha mai funzionato, e allo stesso tempo Elsa sa che c’è un mondo che la separa dagli altri.

E non lo ammetterebbe mai, ma quando Anna inizia a sua volta a chiamarlo lo stalliere, Elsa sente il senso di colpa sciogliersi dal petto, sente di stare tradendo un po’ meno la sua fiducia.

Hans è silenzioso e tutt’altro che una presenza pesante. A volte Elsa si dimentica di lui, e altre volte si trova a pensare a cosa potrebbe succedere se gli facesse qualche scherzo.

(Una volta lo fa. È divertente.)

***

Inizia dalle piccole cose.

Hans trova sempre più spesso una coperta sugli scalini, perché non importa quello che le ha detto, Elsa è sicura che soffra il freddo.

Una notte, accanto alla coperta ben piegata, Elsa vede una tazza di tè ancora fumante.

Quasi le manca la presa quando si accorge che, più del contenuto, è ustionante il contenitore.

***

“Indossi sempre i guanti?”

Hans abbassa lo sguardo sulle sue mani e stringe i pugni per un istante, e quando guarda Elsa negli occhi azzarda un sorriso. “Sempre.”

(C’è una punta di innegabile fastidio, quando si deve ammettere che certe persone sono più brave a mantenere i propri segreti.)

***

Alla fine, è Hans a cedere.

“Hai mai provato a spingerli al limite?”

Elsa smette di dedicarsi alla ricostruzione in scala del suo amatissimo palazzo di ghiaccio e lo guarda con le mani ancora alzate a mezz’aria. “Cosa?”

“I tuoi poteri.”

Rimane a fissarlo senza rispondere. E continua a non dire una parola ma sgrana gli occhi, quando lo vede alzarsi, e con calma vede i guanti scivolare via e cadere sull’erba indurita dalla brina che il suo passaggio ha creato. L’aria è dolce, annuncia l’estate più imminente che mai, e ad Hans basta avvicinare un dito a una guglia perché questa si sciolga senza nemmeno bisogno di toccarla.

Elsa scuote la testa in cenno negativo mentre vede qualcosa di indefinito brillargli negli occhi.

“Fallo adesso. Con me.”

“È pericoloso.”

Hans sbuffa una risata bassa e le porge una mano. L’aria è deformata attorno alla sua pelle, Elsa la vede tremare come sopra a una fiamma.

“Non per me.”

Elsa deglutisce rumorosamente e, dopo diversi istanti, allunga a sua volta una mano.

***

Avere a che fare con la magia è qualcosa di decisamente nuovo. Più in generale, non è tanto la magia a rappresentare un territorio inesplorato quanto più Elsa.
Ma lei è sempre stata un incognita per chiunque, pertanto Hans non se ne stupisce più di tanto. Si limita a subirne il fascino senza porsi troppe domande, accogliendo come un trionfo perfino una parola in più del solito.

I primi esperimenti sono andati decisamente male, ma alla fine sono riusciti a organizzarsi. Dopo aver domato il terzo incendio, sono giunti al compromesso di non provare mai più a replicare l’esperienza nella foresta. Almeno non prima di aver capito come evitare che le cose attorno ad Hans inizino a prendere fuoco quando Elsa inizia ad abbassare un po’ troppo la temperatura.

Ma le segrete sono disabitate da sempre, e almeno là non devono rendere conto a nessuno di eventuali danni.

Certo, convincere Elsa a rimanere sotto lo stesso tetto di sua sorella è stato un po’ difficile, ma organizzarsi in modo tale da andare e tornare dalla montagna del nord ogni notte era molto più problematico.

La cosa più sconvolgente è come il potere si dipani da lei. Non parte solo dalle mani, Hans se n’è accorto dopo diverse settimane; Elsa è magia pura, e se vederla creare statue era sorprendente, niente riesce a battere il momento in cui, abbassando lo sguardo, si rende conto che la regina è in grado di congelare una stanza intera con un leggerissimo colpetto di tallone.

(E ripensandoci si sente un idiota, perché ha assistito in prima persona al primo incidente di Elsa e, a ben rifletterci, era tutto nato nel momento in cui aveva camminato sul fiume.)

Elsa sorride sempre più, di pari passo con i progressi che riescono a fare. Più i problemi diminuiscono e più la vede rilassarsi. Quando un giorno l’unico inconveniente si rivela una ciocca di capelli che le prende fuoco, si limita a ridacchiare e lasciare che sia Hans a spegnere la fiammella soffocandola tra pollice e indice.

***

Quando si chiude la porta alle spalle, Hans la sente sigillarsi l’istante successivo e non c’è nemmeno bisogno che si volti a guardare per averne la conferma.

Le pareti sono coperte da uno strato di ghiaccio spesso un palmo, lucido e trasparente come le mura del palazzo sulla montagna del nord; se Kristoff potesse vedere tutto questo, si commuoverebbe di sicuro.

Raggiunge il centro della stanza senza una parola, senza mai distogliere lo sguardo da Elsa, che lo guarda con un sorriso e le braccia tese verso di lui, sfrega velocemente i palmi tra di loro e sorride a sua volta. “Credo sia il momento di riscaldare un po’ l’atmosfera.”

***

Contrariamente a quanto credeva, la pelle di Elsa non è fredda come ci si aspetterebbe. O forse è la sua a essere esageratamente calda, ormai ha smesso di chiederselo.

Quando gli calca le unghie alla base del collo sente il ghiaccio scorrergli lungo la pelle. Se si sforzasse riuscirebbe perfino a capire di preciso anche che figura gli sta venendo ricamata addosso, perché Elsa è anche questo: è ordine, è precisione, Elsa è aggraziata qualsiasi cosa faccia. Hans sente lo stomaco stringersi un po’ di più perché perfino gli ansiti spezzati che le si condensano sulle labbra sono il frutto di una vita passata a trattenersi per la troppa paura di cosa sarebbe potuto succedere, e gli scorrono addosso fin sotto pelle, fino a bruciargli il cervello.

Hans sa che tra i due è quello più debole. La sua magia - che non è magia buona e non lo è mai stata - non tiene il passo con quella di Elsa. E più la regina si lascia andare, più si rende conto che il suo tocco ha smesso di essere bollente; non vede più la scia delle sue dita sulle sue braccia, sente la propria pelle farsi più tiepida a ogni spinta e, quando Elsa lo stringe a sé e singhiozza più forte, quando la sente tremargli addosso tanto forte da fargli dimenticare perfino come si respira, sente freddo. La abbraccia più stretto che può ed Elsa lo guarda da sotto le ciglia con un sorriso appena accennato e il fiato corto.

“Fa caldo.” Sussurra la donna, pettinandogli i capelli all’indietro e frizionandogli un braccio con la mano libera.

Hans sgrana gli occhi e, come unica risposta, si mette a ridere.

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