Titolo: You can have my everything
Fandom: RPF - soccerdom
Personaggi: Sergio Ramos, Fernando Torres + vari camei dei calciatori del Real Madrid (Cristiano su tutti)
Genere: commedia, fluff, romantico
Rating: per ora è più un arancione/16 +
Avvertimenti: AU! (Sergio gioca nel Real, ma Nando caro fa il mestiere più antico del mondo. Ergo: guilty pleasure come se piovesse per me), Age!Gap (perché Nando caro è pure più piccolo di Sergio XD quanti piaceri mi sto togliendo u.u), linguaggio (non troppo forte, ma un po’ volgarotto), slash (ma va? -.-)
Parte: 7/?
Note: scusate tantissimo per il ritardo! 'Sto capitolo è stato un vero e proprio parto. Comunque ci tenevo a ringraziare tutti chi legge e chi lascia un commento <3
Pixie
I wanna feel you from the inside
« Tu non me la racconti giusta » iniziò Cristiano.
Fernando si sistemò velocemente i boxer, prima di andare allo specchio a parete posto sul muro di fronte al letto della camera. Si sistemò i capelli, cercando di fare del suo meglio.
« Perché? Ho fretta. Ho una casa e ai miei farebbe anche piacere vedermi ogni tanto » gli disse, appiattendosi i capelli. Pensò distrattamente che forse avrebbe dovuto tagliarseli, però gli piacevano le carezze che Sergio dedicava loro.
« Non ci vediamo da un po’ e domani parto, speravo che restassi un attimo di più » finì.
Fernando si allontanò dallo specchio, quasi soddisfatto dei suoi capelli. « No, devo andare seriamente ».
Raccattò velocemente i suoi vestiti in giro per la stanza e si vestì in due secondi netti. Cristiano sbuffò e gli allungò un paio di banconote che Fernando intascò con un occhiolino. Un bacio veloce e scappò senza quasi salutarlo.
Una volta arrivato in auto, prese il cellulare dalla tasca. Sergio gli aveva scritto.
(18.37)
Allora anche stanotte ti fermi da me?
(21.43)
Sto arrivando :) ero a cena con i miei, scusa!
Quella notte non riuscì a chiudere occhio, come le altre notti passate a dormire accanto al corpo caldo di Sergio. Che poi definirlo caldo era un semplice eufemismo. Quell’uomo era bollente e Fernando non riusciva a rilassarsi accanto a lui perché la voglia dell’altro lo consumava talmente tanto da lasciargli la gola asciutta. Quella notte però non riuscì a dormire nonostante tutta la stanchezza accumulata perché erano troppi i pensieri che gli si erano affacciati per la mente. Stava facendo la cosa giusta? Si chiedeva costantemente, preso dalla paura di rimanere scottato. Si era reso conto che non era un semplice rapporto di clientela quello che aveva con Sergio, ma stava rischiando di diventare molto di più. Si tirò su, leggermente seduto con solo le spalle contro la testata del letto, e guardò Sergio dormire come un bambino. Era bellissimo quando dormiva, sembrava così rilassato come se ogni cosa brutta successa durante il giorno si annullasse semplicemente. E sorrideva, sorrideva tantissimo, tanto che Fernando si era reso conto di amare il suo sorriso più di ogni altra cosa.
Sergio iniziò a muoversi piano e per non fargli capire di non aver dormito si sdraiò con la testa sul suo petto.
Fece finta di tirarsi insieme, di svegliarsi, non appena Sergio aprì gli occhi.
«Buongiorno » lo salutò.
« Ehi » gli sussurrò Sergio con la voce impastata dal sonno, mettendosi a sedere. Quasi strisciando sotto al lenzuolo, gli si avvicinò per depositargli un bacio su una spalla nuda. Fernando sorrise a quel gesto.
« Dormito bene?» gli chiese dandogli un altro piccolo bacio, all’angolo della bocca.
« Caldo » rispose Fernando. La voce resa roca dal sonno di Sergio stava rischiando di riaccendere la passione in lui.
« Caffè? »
« Sì, grazie » accettò l’offerta per poter avere una piccola pausa da quegli occhi che nonostante fossero ancora pieni di sonno lo guardavano già con un certo appetito.
« Prendi pure quello che vuoi dall’armadio » lo invitò Sergio, alzandosi in piedi e mettendo un paio di pantaloncini recuperati a caso da un mucchio. « Vado ad accendere la macchinetta. Ti aspetto in cucina ».
Fernando rimase un attimo a fissare il vuoto davanti a sé mentre sentiva Sergio scendere le scale. Era una proposta troppo invitante per poterla rifiutare. Si alzò dal letto e aprì la porta della cabina armadio per cercare qualche maglietta di Sergio che aveva ancora il suo odore addosso.
Si mise una sua maglietta e un paio di pantaloni di una tuta - anche perché, detto con tutta sincerità, il resto dei capi non facevano proprio per lui. Avevano gusti troppo diversi in fatto di abbigliamento.
Mentre stava varcando la porta della camera da letto per andare in cucina, si bloccò sentendo il suo cellulare squillare da qualche parte, dimenticato. Lo cercò e fece appena in tempo a vedere chi fosse il chiamante prima di rispondere di tutta fretta.
« Pronto? » rispose.
« Ciao, niño » lo accolse la voce calda di Xabi Alonso. Anche se non avesse letto il nome prima di rispondere, l’avrebbe riconosciuto subito. « Hai tempo da dedicarmi? » gli chiese.
Fernando sorrise compiaciuto perché Xabi era proprio quello che gli serviva per cercare di staccare un attimo la spina da quella specie di quadretto familiare che aveva costruito con Sergio. Sarebbe stata una sana boccata di aria fresca che l’avrebbe aiutato a tornare a riprendere il filo conduttore della sua vita.
« Certamente, ma non eri in Inghilterra? » gli chiese. Sapeva bene che Xabi ogni volta che tornava dall’Inghilterra non si faceva mai vivo subito, passavano almeno delle settimane prima di rivederlo. Non era un cliente abituale come Cristiano o come lo era diventato Sergio - sempre se quest’ultimo lo potesse definire ancora così dal momento che rifiutava i suoi soldi. Lo vedeva una volta ogni tanto ma i loro incontri erano sempre memorabili. Xabi era un amante perfetto, gentile ma non dolce, si preoccupava anche dell’altro senza troppe carinerie o artificiosità.
« Lascia stare » la sua voce per un attimo fu come offuscata da un’ombra, tanto che Fernando accettò la risposta senza commentare o rispondere con altro. « Ho una camera in un hotel un po’ fuori porta, se non hai l’auto poi dimmi che ti ridò i soldi del taxi. Ti mando un messaggio con l’indirizzo » e attaccò lasciandolo solo in camera con lo sguardo perso davanti a sé. Si riscosse in un attimo e si tolse a malincuore i vestiti di Sergio, ripiegandoli con cura. Si mise alla ricerca dei suoi che come al solito aveva lasciato in giro per casa troppo preso da Sergio e dalla sua bocca per vedere dove esattamente li stava lanciando.
« Sese » lo chiamò una volta entrato in cucina. « Stasera non ci sono. Mi hanno chiamato e ho un impegno che non posso rimandare » lo informò morsicandosi il labbro inferiore con i denti. L’odore del caffè caldo lo avvolse, troppo familiare. Fu quello a fargli capire che aveva fatto bene ad accettare la proposta di Xabi, anche se l’altro non gli aveva dato nemmeno il tempo di pensarci sopra.
Sergio annuì, comprensivo, mettendogli di fronte la tazza di caffè. « Tranquillo, non c’è problema. Olalla ti avrà dato per disperso in questi giorni » replicò, sorridendogli in maniera strana. A Fernando si strinse il cuore, ma si morse il labbro più forte per non tornare in camera e chiamare Xabi per annullare il tutto.
« Non vado da Olalla, ma da una persona a cui non posso dire di no… » gli spiegò, incapace di mentirgli.
« Ok » rispose, chiudendo lì la questione. « Bevi il caffè che si fredda »
« Ci vediamo domani sera? » gli propose Fernando, bevendo il caffè. Il primo sorso gli scese giù lungo la gola, causandogli una smorfia per il gusto amaro. Non era un bevitore di caffè, ma quello di Sergio era proprio imbevibile.
« Ok, Nando. Domani devi passare per forza così ti do i biglietti aerei » lo informò.
« Biglietti? Che biglietti? » gli chiese spalancando gli occhi, sorpreso.
« Cosa credevi? Che avevo la barca in un molo nell’inesistente mare di Madrid? È a Ibiza, scemo » rispose ridendo.
Fernando s’immusonì per quella presa in giro.
Arrivò all’hotel dopo un lungo viaggio in auto. Non si aspettava di metterci così tanto, né che Xabi ne scegliesse uno così lontano da quello dei loro soliti incontri. Cercando di sembrare più a suo agio possibile, oltrepassò la hall e la reception venendo a malapena degnato di un’occhiata dal concierge. Ormai era diventato abile a fingere indifferenza, il segreto stava nel non guardarsi in giro e andare subito verso gli ascensori che portano alle camere. Così aveva fatto lui, oltrepassando alcune persone in valigia intente a fare il check-in.
Trovò la camera di Xabi prima di quanto si sarebbe aspettato e una volta che ebbe bussato si sentì il cuore più leggero. Nessuno l’aveva notato.
Dopo qualche attimo, il viso di Xabi si affacciò alla porta e senza dire una parola lo fece entrare. Ormai era consono a situazioni di questo tipo, sapeva già cosa voleva. Con un mezzo sorriso e senza nemmeno una parola si tolse la maglia. Un’ombra di desiderio offuscò gli occhi di Xabi, ma Fernando non vide altro venendo presto girato verso il muro. Le labbra di Xabi gli percorrevano la schiena, mentre la barba gli strisciava sulla pelle causandogli i brividi. Un gemito gli sfuggì incontrollato proprio mentre una mano di Xabi gli andava a slacciare i pantaloni. Fernando se li tolse velocemente senza smettere gli dargli le spalle. Era più facile farlo così, senza dover vedere chi ci fosse dietro di lui. Era più facile immaginare, lasciare andare la mente. Eppure Fernando non era ipocrita, non pensava mai ad altri mentre era con i suoi clienti. Non ci riusciva. Al primo morso di Xabi, lungo e doloroso proprio sulla spalla, il pensiero di Sergio si annullò mentre piacere e dolore si mischiavano insieme facendolo gemere senza ritegno. Xabi sembrò apprezzare la sua reazione, tanto che gli morse piano l’altra spalla, mentre con un gesto secco gli fece calare pure i boxer. Fernando con una certa fatica se li tolse, mentre Xabi continuava a morderlo, stavolta più piano, mentre una mano gli si infilava tra il bacino di Fernando e il muro. La frizione sulla sua erezione fu quasi liberatoria. Fernando gemette sempre più forte, mentre le gambe gli si facevano molli, sempre più molli. Non riusciva quasi più a reggersi in piedi mentre il piacere e il dolore gli annebbiavano il cervello. Dovette aggrapparsi a un tavolino poco distante da lui. Tra un gemito e l’altro sentì che Xabi con la mano libera si stava slacciando i pantaloni. Sentì chiaramente il rumore della stoffa pesante dei jeans che scivolavano attorno alle sue caviglie.
Il petto di Xabi, con ancora indosso la camicia slacciata, gli aderì completamente alla schiena mentre la sua erezione gli premeva contro la parte bassa della schiena.
« Ti dispiace se - » iniziò Xabi tra un piccolo bacio e l’altro nei punti in cui prima l’aveva morso. « se non ti preparo » concluse.
Fernando scosse la testa. « Fai pure ».
Xabi si chinò verso i suoi pantaloni per recuperare un preservativo dalle tasche. Una volta in basso si fermò un attimo e fece allargare a Fernando le gambe, lasciando un piccolo morso nell’interno coscia. Si fermò un momento a guardarlo, ma riprese velocemente mordendo e succhiando quel piccolo lembo di pelle che era riuscito a prendere coi denti. Fernando iniziò a gemere sempre più forte mentre la sua erezione sfregava dolorosamente contro il sopporto di legno del tavolino. Xabi era sempre in grado di renderlo un ammasso di carne piagnucolante.
La bocca di Xabi risalì verso l’alto lasciando un’altra scia di morsi e baci umidi fino a che non fu completamente in piedi. Fernando si chiese quasi perché ci mettesse così tanto. Voleva Xabi, voleva sentirlo dentro di sé. Ne aveva bisogno.
Aprì coi denti il preservativo, lo infilò e senza pensarci due volte entrò in Fernando. Dolore e piacere furono tali da annebbiargli la vista. Di fronte a sé aveva solamente la tappezzeria della parete, ma quasi non la vide più. Preferì chiudere gli occhi per concentrarsi solo su ciò che sentiva. Xabi rimase fermo qualche secondo, giusto per dargli il tempo di abituarsi a quell’intrusione prima di poter cominciare a muoversi.
Era stato intenso, pensò Fernando avvolgendosi stretto nelle lenzuola del letto, mentre Xabi parlava poco lontano da lui al telefono con qualcuno. Non aveva altre parole per descrivere quello che aveva provato. Si sentiva ancora dolorante, ma era qualcosa che poteva sopportare. Xabi era un amante fantastico ma quella volta si erano superati. Sentiva ancora le gambe che gli tremavano sotto le spinte, sentiva ancora i suoi denti sulla pelle. Un lampo di consapevolezza gli passò tra i pensieri, ma fu solo un attimo. Alzò le coperte per osservarsi i fianchi. Due lividi grigiastri cominciavano a formarsi lì dove solo minuti prima era stato appoggiato al tavolino all’ingresso della suite. Un altro livido molto più scuro faceva bella mostra di sé all’interno della sua coscia. Ne aveva altri sparsi per le braccia e i polsi, tanto che non osò pensare alle condizioni in cui doveva versare la sua schiena. Sentiva ancora quello sull’incavo del collo bruciare, ma era talmente sottile che quasi gli sembrava di avere la pelle d’oca. Dopo attimi che sembrarono durare un’eternità, Xabi rientrò in camera con quello che sembrava essere un sorriso di scuse dipinto sul suo volto.
« Scusami, niño » gli sorrise imbarazzato, grattandosi leggermente la barba rossiccio. Il ricordo dello sfregare della barba contro il collo si presentò tra i suoi pensieri tanto che bastò quella a Fernando per scusarlo. « So che non dovevo lasciarti segni, mi dispiace veramente ».
Fernando non riuscì a fare a meno di sorridergli a sua volta. « Tranquillo, Xabi, non è nulla. Anche se la maglia a maniche lunghe a luglio forse mi farà sembrare un po’ ridicolo ».
« Ho chiamato il servizio in camera per farmi perdonare » e risalì sul letto, fermandosi un attimo a baciargli piano il collo, facendogli il solletico con la barba. « Forse abbiamo un po’ di tempo prima che arrivi ».
Quando fu il momento di andare, Fernando intascò i suoi soldi mentre Xabi lo accompagnava alla porta come un vero signore. Avevano convenuto che i segni nell’incavo del collo non si sarebbero visti con una maglia leggermente accollata, mentre per quelli sulle braccia c’era poco da fare. Si coprì come meglio poté per uscire, indossando la felpa con cui era uscito la sera precedente per andare da Sergio. Camminando fuori dalla stanza dell’albergo però si sentì stranamente osservato. La gente ferma nella hall, persino i receptionist, sembrarono fermarsi un attimo a guardarlo mentre passava. Si sentiva strano, come se avesse avuto un cuscino premuto sul naso e sulla bocca che gli impediva di respirare correttamente a pieni polmoni. Solo una volta arrivato fuori alla luce diretta del sole capì che non si trattava altro che del semplice e chiaro senso di colpa.
(13.34)
Stasera non ci sono :(
(16.52)
Tranquillo.
*
(11.32)
Ho visto il video del backstage del servizio fotografico di qualche settimana fa… non mi avevi detto che era di intimo ahahah
(11.54)
Ah, non ci sono in questi giorni… ho avuto un piccolo contrattempo.
(13.03)
Tranquillo, Nando. Non mi devi spiegazioni
*
(10.34)
Sese…
(11.24)
Fammi indovinare… nemmeno oggi ci sei :D
(11.26)
Mi dispiace…