Titolo: Senza titolo
Fandom: Supernatural
Personaggi: Castiel/Dean Winchester
Rating: SAFE/PG-13
Avvertimenti: AU, bleargh vari sparsi per il testo.
Conteggio Parole: 2489
Riassunto: AU in cui Dean ha un negozio di fiori e Cas gestisce il vicino alimentari biologico; e alleva api, purtroppo.
Parte: 1/?
Note: Scritto per la terza settimana del WRPG @
maridichallenge con i prompt matrimonio, natura e fulmine. Non riletta, quindi OPS.
Disclaimer: Niente è mio e niente mi appartiene.
Non è come se Dean non se lo aspettasse - andiamo, tutti se lo aspettavano, anche la carta da parati dell'orribile condominio senza vita che Sam chiama casa - ma sente comunque uno strano vuoto allo stomaco.
Il che è veramente stupido, perché non è come se Sam avesse deciso di tagliarlo fuori dalla sua vita - non potrebbe sopravvivere neanche un secondo senza che suo fratello gli pari il culo o lo metta in imbarazzo durante il cenone del ringraziamento, poco ma sicuro - e non è neanche come se lo stesse lasciando indietro, assolutamente, non è che tuo fratello cresce e diventa un alce di due metri e tu inizi a fare maratone di Dr. Sexy e mangiare gelato.
È poco mascolino. E al massimo Dean ha cenato, col gelato, ed è capitato che dessero Dr. Sexy, ma è un altro discorso.
«Allora?» dice, la voce roca, tutto insicuro perché cazzo, non puoi rimanere due minuti in silenzio e pretendere che quello dall'altra parte lo consideri vagamente normale.
«Allora cosa?»
Dean si pulisce le mani sul grembiule, stringendo il telefono tra guancia e spalla. Fa un clima assurdo, puzza di sudore e terriccio. C'è afa nella piccola serra e questo è male, ha bisogno di controllare la temperatura e l'impianto di areazione prima che gli fotta qualche pianta. Sam deglutisce. Può vederlo dall'altro lato del telefono, perché suo fratello è una femminuccia quando si tratta di cose come queste. Come dirgli di Stanford. Come ricordarsi di presentargli Jessica. Come il suo fottuto matrimonio.
«Mi sposo e questo è tutto ciò che hai da dire?»
Dean alza le spalle. Perché no. Non è tutto quello che ha da dire. È felice per Sam, okay? Anche se dovrà andare a uno stupido matrimonio e pronunciare un discorso imbarazzante e sforzarsi di mangiare cibo sofisticato che gli farà solo venir voglia di scappare al Biggerson's più vicino una volta finito il pranzo. «No» dice a quel punto, prendendo il telefono in una mano e alzando gli occhi al cielo, ed è a quel punto che la nota. Cioè, non è un evento così strano, il mondo non smetterà di girare e la terra sarà salva da qualsiasi imminente catastrofe.
Eppure, è lì.
La segue con gli occhi, tenendo la frase a metà, e sì, doveva dire qualcosa, c'è quasi, ma c'è anche una fottuta ape che ronza nella sua serra e non sa come cazzo ci sia finita dentro. Dean ricorre all'impollinazione artificiale, non alle api.
«Dean?»
La vede ronzare intorno agli Iris che ha coltivato con tanta cura. Assottiglia gli occhi. Quella figlia di puttana sta osando posarci sopra le sue zampe piene di miele. «Mi stai ascoltando?»
Pausa. Dean sbatte le palpebre, e non la lascia andare, la bastarda, quando chiuderà la telefonata avrà vita dura. Ma tutto quello che può fare è tenere a bada suo fratello, perché Dio non voglia che abbia la sua crisi della settimana mentre Dean guarda le api.
«Sì, ci sono» sbuffa, e non ce l'ha con Sam, anche se lo sembra «Dicevo, no» si prende una pausa, arricciando il viso «Sai quello che ho da dire. Jessica è troppo per uno come te, amico»
«Dean» lo dice in quel modo, quello in cui può dirlo solo Sam, allungando tutte le e, in un verso frustrato. Inevitabilmente, ridacchia.
«Cosa?» lo punzecchia «Paura che abbia scelto il fratello sbagliato?»
L'ape si alza, riprende a ronzare intorno ai suoi preziosissimi fiori.
Sam però non lo ascolta. Non ha mai ascoltato nessuno, perché è una testa calda e perché ha problemi ad ammettere che lui e Jessica hanno sicuramente più chimica. «Voglio rose, al matrimonio» è tutto d'un fiato ma questo - questo è serio, niente amico, non prendermi in giro solo perché sto per sposare la ragazza che amo e niente faccia da perché mi hai messo la polvere pruriginosa nei pantaloni. È sincero, e Dean si rende conto che il suo fratellino è commosso. «Voglio riempire la navata.»
Dean osserva l'ape farsi trascinare su e giù, non si posa, continua a girare intorno alle Iris come se avesse iniziato a riconoscerle come casa. La vede sparire in un piccolo buco mentre dice «Col cavolo che porterò rose, al tuo matrimonio» e rovina totalmente l'atmosfera.
*
Dean ha aperto il negozio di fiori da quasi un anno. Funziona bene, propone sempre piante nuove e, anche se le entrate non lo renderanno ricco, gli piace ciò che fa.
Vuole dire, non è esattamente quello che voleva fare da bambino, ma è dove è finito, ed è quello che ha scelto di fare. In più, le cose non vanno male, e non è una cosa che ha potuto dire spesso nella sua vita. Quindi apre la mattina, dopo aver preso le piante alla serra, e chiude la sera, facendo il giro largo per prendersi cura dei suoi fiori prima di tornare a casa, levarsi il fango di dosso e possibilmente morire a letto. Semplice e lineare. Rispettabile, anche.
Charlie da' una mano, di tanto in tanto. È grazie a lei che ha un sito web e, quando non è impegnata con il suo vero lavoro, è sempre disponibile per sostituirlo se deve andare a recuperare qualcosa in serra.
È per questo che il giorno dopo gliene parla.
«Quindi?» non sembra sorpresa, alza le sopracciglia e Dean si sente quasi offeso da come prende la notizia.
«Quindi vuole delle rose nella fottuta navata»
Charlie si stiracchia, le gambe a penzoloni dal bancone, e Dean le direbbe qualcosa se farlo non fosse del tutto inutile. Quindi grugnisce, perché sì, anche se Charlie è sua amica e gli ha portato la colazione. Non comprerà il suo amore con un Donut, okay? Dean è una puttana di classe, l'accordo è apple pie o niente.
C'è silenzio per un attimo, in cui un'ape (no, sul serio, un'altra?) decide di fare il giro turistico sulle sue Camelie. Fantastico.
«Dovresti essere più felice»
Le scocca un'occhiataccia «Rose, Charlie»
Charlie lo guarda in modo eloquente «E allora?»
«E allora non so cosa saranno, ma non saranno rose»
Fischia ammirata. Lo prende per il culo, perché è una delle cose che sa fare meglio; ed è anche il motivo per cui lei e Jo vanno d'accordo «Ma guardatelo» soffia, sogghignando «Dean Winchester, l'uomo che diceva no alle rose»
Dean le lancia addosso uno strofinaccio prima di andare ad aprire.
*
Quindi arriva quella parte della sua vita - che non credeva sarebbe mai arrivata, o che sarebbe stata necessaria - in cui deve spiegare di non essere né la fata madrina né una ninfa dei boschi; e no, non ha nessun super potere verde, grazie tante, anche se di quello non si lamenterebbe.
Sam richiama. Ovviamente richiama. Sia perché a) è il suo cazzo di fratello minore, se non lo chiamasse almeno una volta al giorno sarebbe un ingrato e b) perché vuole sapere delle rose, anche se non ha idea di quanto costino.
«Jess chiede se ti puoi occupare anche del suo bouquet» dice, e Dean è stanco, ha lavorato tutto il giorno ed ha terriccio anche nei capelli - lunga storia, solo, non tenete mai i vasi in posti alti. «E delle coroncine dei fiori per le sue damigelle.»
Dean grugnisce. Coroncine di fiori. «Ti sembro forse l'Aida degli alberi?»
«Dean»
E Dean sa che lo farà, perché è suo fratello e perché Jess gli piace, crede che sia la scelta migliore che Sam potesse fare - anche perché Sam non ha mai avuto un grande criterio nel scegliere le persone, e Dean crede ancora che sia una specie di miracolo, il fatto che non sia finito con qualche tossicodipendente o che non abbia sposato Becky. Che poi Becky non è male, eh. Solo, non con suo fratello. Diventa strana, con suo fratello.
Quindi sospira un «Puttana» prima di chiudere la conversazione, perché è così che dici ti voglio bene, nel mondo dei Winchester, e si ritrova a pensare a che fiori usare per la navata mentre si lava i denti.
Il che è patetico, perché non voleva pensarci, e perché si tratta del suo lavoro - è sempre stato bravo, nel suo lavoro, qualcosa gli verrà. Non importa che il matrimonio sia di Sam, e che lo debba fare per forza, perché non puoi dire di no; non a tuo fratello, e Dean sa che farebbe tutto, per lui, anche vendere l'anima al diavolo, non si torna indietro.
Poi il negozio inizia ad essere invaso dalle api.
I primi giorni, non ci da' importanza. Ce ne sono due - una è più piccola dell'altra, e Dean la osserva mentre da' un morso al panino che ha per pranzo - che sembrano aver organizzato un piccolo pigiama party nelle camelie, e una terza - che non sa da dove sia comparsa, ma gli sta meno simpatica delle altre due - che viaggia in solitario sulle margherite.
Dean grugnisce. Le api ronzano via.
A fine settimana, le api sono sei. Se ne accorge perché le camelie sono state vendute, ha esposto un mazzo di rose bianche e bang, eccole lì, le stronzette, e non sa perché perda tempo a contarle mentre sistema le cose, ma lo fa.
Chiama Sam per dirglielo, ma ride, l'idiota «Dean, sono solo fiori»
Dean borbotta un «Tu sarai solo un fiore» mentre spegne le luci, perché sul serio, non è Sam quello che si alza la mattina per annaffiarli, che si assicura che il terreno sia della temperatura giusta e che impedisce ai parassiti di divorare le loro foglie. Le api sono solo delle abusive teste di cazzo.
La seconda settimana, iniziano ad essere un problema. Uno serio. Non uno alla Dean Winchester si preoccupa più di un paio di insetti che del matrimonio di suo fratello, come dice Jo. Che poi Jo non ne capisce niente, di fiori. Ucciderebbe anche un cactus, se Dean avesse la malaugurata idea di regalargliene uno.
Fatto sta che è Anna a farglielo notare. È lunedì, e Anna si presenta sempre il lunedì. Lavora in un ufficio qualche metro più avanti, veste sempre in modo elegante e emette un verso strano quando un'ape prova ad avvicinarsi ai fiori che sta - forse - pensando di comprare. «Dean» dice, ed è seria «C'è un ape sui tuoi fiori» rimane immobile, il volto contratto e le mani strette in un pugno, finché l'ape non si allontana. Dean sbatte gli occhi e Dio, stava trattenendo il respiro, vero?
Scappa esattamente tre secondi dopo che un'altra ape le ronza a fianco, e Dean la osserva scomparire da dietro la porta. Due ore dopo, sta cercando su google cosa può fare per sbarazzarsi delle api.
*
Ai clienti le cose volanti e che ronzano non piacciono.
C'è chi ne è infastidito e chi ne è spaventato, e per la fine della giornata inizia a ritrovarsi senza niente di venduto e con un numero indecente di persone a cui bruciava il culo perché un minuscolo insetto era nel suo stesso campo d'aria.
Dean non biasima nessuno, comunque. Sono esseri fastidiosi, e meritano di essere cacciate via. Però google non da' risposta, Charlie gli ride in faccia e non osa chiamare Sam, perché le api mi spaventano i clienti suona troppo pietoso e suo fratello lo prenderebbe per il culo. (Dean lo farebbe, al suo posto).
Anche la serra è invasa, ed è fastidiosissimo doverci lavorare in mezzo. A metà settimana, oltretutto, inizia a fare un tempaccio - uno che in primavera non si dovrebbe vedere, grazie tante, non dopo l'inverno - ed è costretto a portare tutto dentro.
Le api, ovviamente, non desistono.
È sera la prima volta che non le sente più in giro. Il negozio è chiuso, fuori fa abbastanza vento da aver trascinato via un paio dei suoi vasi, gettandoli a terra, e Dean è quasi sicuro di aver sentito pure un fulmine. Davvero fantastico.
Dean non pensa al lavoro che dovrà fare il giorno dopo per sistemare tutto il casino, così come non pensa ai fiori per la navata di Sammy, perché pensarci gli ricorderebbe che suo fratello sta per fare il grande passo, comprarsi una cazzo di Prius e avere due punto cinque bambini. Scommette che in California avranno anche la staccionata bianca e quando dice di essere felice per Sam - quando Jo lo guarda male e Ellen sbuffa e Bobby gli chiede come la sta prendendo, quasi fosse un cazzo di lutto - è sincero. Ma il problema della California è che, beh, sta in California.
E Dean sa che sono pensieri stupidi - per questo preferisce non pensarci affatto, non è così patetico - ma gli formicolano sulla nuca, gli fanno venire voglia di passarci sopra una mano.
Sposta dei boccioli nell'angolo più riparato della serra, sperando che quel vento non scoperchi via niente e non gli dia altre rogne a cui pensare - sul serio, non è nel dannato Mago di Oz, non ha bisogno di avere sorprese il giorno dopo.
Poi succede.
Sta solo finendo di fare il suo lavoro, di mettere in salvo tutto ciò che può salvare. Un boato in lontananza, e le luci sopra la sua testa ronzano, perdendo una scintilla. Cazzo.
Prende un piccolo respiro. Rimane immobile, il tonfo di qualcosa che cade sul tetto - Dean alza gli occhi ed è felice che non sia qualcosa di grosso, che magari siano solo un paio di rami e che forse tutto andrà bene - e poi le luci sbalzano, di nuovo, e le porte si spalancano come se qualcuno se le volesse portare via.
Con uno scatto, Dean afferra la prima cosa che ha vicino, e poco importa che sia un cazzo di rastrello perché suo padre era un marines, gli ha insegnato a fare male con molto meno che un rastrello. C'è una sagoma, dietro la porta, in mezzo alle scintille. Ci mette un attimo per capire che la sagoma appartiene a un tizio. Che il tizio - vestito di bianco, con una cazzo di retina sul viso - ha deciso di entrare dentro.
Se avesse avuto i riflessi più pronti, Dean l'avrebbe già pugnalato.
Invece lo lascia entrare. Lascia che si tolga il - qualsiasi cosa gli copra la faccia in quel modo, perché non è un casco e non è una rete, e non ha nessuna intenzione di chiedersi che cosa sia, perché sembra la maschera finale uscita dal prossimo film horror in proiezione.
Osategli dire che non è strano. Le luci friggono ancora una volta, immensamente fastidiose, lanciando un'altra scintilla poco carina sopra la loro testa. È allora che Dean vede il suo volto, anche se non è molto interessato a come appare, ma più a che cazzo ci faccia lì.
Il tizio si muove. Alza gli occhi sulla luce, poi gli riabbassa lentamente. «Oh» dice, semplicemente, come se quel monosillabo spiegasse tutto, e non si trovasse affatto in una fottuta serra «Capisco.»
Dean sbatte gli occhi. Non abbassa il rastrello «Chi cazzo sei?»
Lo sconosciuto alza le spalle, come colto alla sprovvista, come se non si fosse neanche accorto della sua presenza. Dean aggrotta la fronte. La stranezza raggiunge interi nuovi livelli.
«Credo che tu abbia le mie api.»
Sbatte le palpebre. Nel dubbio, tiene il rastrello in mano.