True Blood o: L’eterosessualità è come il cucchiaio di Matrix. Non esiste. E se esiste, si piega… (pun intended)
Esco dal letargo autoimposto e rognoso per vomitare sul mondo un delirio che, ne sono certa, cambierà la vita di ognuno di voi.
Perché lo so io e lo sapete voi: ognuno ha uno scheletro nell’armadio. Piccolino, polveroso, razionalizzato, magari nascosto bene, ma c’è.
Parlo di quelle trasmissioni televisive seguite con la devozione di un estremista religioso, ma che non si ammetterebbe di guardare nemmeno sotto tortura, un po’ come Novella2000 letto nella sala d’aspetto del dottore o dalla parrucchiera. Ognuno di noi ha il suo scheletro di entertainment nascosto sotto la pila di jeans che non vanno più bene, ma che ci ostiniamo a tenere lo stesso, perché “non si sa mai”.
C’è chi guardava Kiss me Licia (e no, non il cartone animato, ma la porcata in carne e ossa, con l’intramontabile Cristina d’Avena nei panni di Licia, lei che a quarant’anni ancora pare che ne abbia quattordici)
C’è chi si era appassionato alla chimica da CEPU di McGyver, chi non poteva fare a meno di guardare l’A-team, chi non si è perso una puntata di Beverly Hills, spillonando Brenda con tutta l’intensità di uno sciamano voodoo. C’è chi guarda le Ragazze Gilmore, il Giudice Amy, la Signora in Giallo, il Tenente Colombo, Magnum PI, Buffy, la Tata, i Robinson, Arnold, potrei andare avanti all’infinito. E non fate quella faccetta innocente, perché tanto lo sappiamo tutti che per ognuno di noi esiste una piccola vergogna televisiva.
Io ne ho pochine, sono sempre stata piuttosto schizzinosa in fatto di telefilm, e mi appassionavo poco alle serie interminabili in cui i protagonisti partono che hanno dieci anni e alla fine della storia sono nonni.
Ma in perfetta linea con la mia regressione adolescenziale ciclica, ho appena scoperto la mia nuova droga.
Ho un kink per i vampiri, e questa non è una novità. Twilight mi attira come l’idea di tuffarmi in uno sciame di zanzare, e anche questa non è una novità. Ma Twilight non è l’unico piatto sul menu, e qualche giorno fa ho commesso l’enorme errore tattico di aprire la cartella in cui, mesi fa, avevo scaricato le prime due serie di True Blood, tragicommedia noir ambientata nella Louisiana cajoun dei giorni nostri, e mi sono fottuta con le mie mani.
Solo ai tempi di QaF ero sbroccata così tanto, e ringraziando dio, di TB ne hanno realizzato solo due serie, per ora, altrimenti le mie ore di sonno sarebbero ridotte a -2, ma sto divagando.
Per chi schifa i vampiri, per chi non ne ha vista una puntata, per chi non ha la tv e probabilmente vive molto meglio di me, un rapidissimo riassunto: la protagonista della serie è Sookie, una cameriera venticinquenne telepate, che si ritrova circondata da creature di ogni genere e sorta nell’America dei giorni nostri, nell’universo alternativo in cui i Vampiri decidono di manifestare la loro esistenza al mondo. Sookie è il personaggio perfetto: un po’ Mary Sue, un po’ Pollyanna, un po’ zoccola. Ed è anche bionda. Draco sarebbe fiero di lei…
Altro protagonista è il vampiro gentiluomo (e figherrimo) Bill Compton, soldato nella guerra civile americana e trasformato in vampiro a metà del 1800. l’OTP fra Sookie e Bill è, ovviamente, scontato e canonicissimo, visto che la prima serie ruota, fra le altre cose, intorno alla nascita della loro relazione.
Fanno da contorno una truppa più o meno scombinata di altri personaggi (il fratello figo e idiota di Sookie, la sua amica incasinatissima Tara, il cugino checca di Tara, il suo datore di lavoro Sam, una serie più o meno variegata di vampiri buoni&cattivi e vissero tutti felici e realizzati secondo il manuale della serie televisiva perfetta), e una buona dose di tematiche neanche troppo metaforiche, fra cui la battaglia per i diritti civili dei vampiri, la legge contro i matrimoni misti e via discorrendo. Ah, e il sangue di vampiro è la droga del secolo.
L’ambientazione, per chi è vecchio a sufficienza, ha un debito addirittura generazionale con Twin Peaks. Non che c’entri qualcosa con il nord selvaggio dello stato di Washington, ma la rappresentazione della provincia americana morbosa e malata è molto, molto in debito con l’immaginario delirante del signor Lynch. Al bar nel quale si svolge buona parte delle vicende ti aspetti di veder entrare da un momento all’altro l’agente Cooper. Non hanno la torta di ciliegie, ma sono disposta a perdonarli lo stesso…
Se ci si aggiunge la tonnellata di riferimenti ai misteri degli stati del sud, alla cultura creola, al lascito pesante delle battaglie razziali, il mix è stellare e realizzato a regola d’arte.
Ma sto di nuovo divagando.
Insomma, comincio a guardare questo benedetto telefilm. Vi scanso qualsiasi delirio su trame, pairing e sviluppi narrativi, questo post in fondo non ha alcuna pretesa di serietà. L’unico scopo è di mostrarvi che a) sono molto grata a chi ha effettuato il casting per i personaggi e b) mai come in questo caso le facce e i corpi mi hanno ricordato con una certa insistenza che l’eterosessualità rigida è una leggenda metropolitana. Come a dire che per andare da Garibaldi a Duomo, devi deviare per forza…
E infatti già al primo episodio compare una graziosa venere nera alla quale, mai commento fu più appropriato, visto il tema del telefilm, darei volentieri un morso. O anche due. Tara, amica della protagonista Sookie, che passa il suo tempo a fare errori clamorosi e, in generale, a vivere una vita un po’ di merda. Ma quanto è bella non si può dire:
Proseguo nella visione e scopro quest’altro personaggio IMMENSO. Jessica, neovampira diciassettenne, che dovrebbe girare con il porto d’armi perché non puoi avere quello sguardo, quel sorriso e I CAPELLI ROSSI e pretendere che io resti indifferente:
Ma anche l’altra metà del cielo non scherza un cazzo. Due sequenze dopo l’inizio della prima puntata, compare questo notevole esemplare di vampiro. Anche qui, Gary Stu da manuale della fanfiction: vampiro, gentiluomo, etico ma non troppo, con quel pizzico di oscurità che fa girare la testa alle bambine e le mutandine alle signore. Il buono tragico e tormentato, per capirci, un po’ Severus, un po’ Sirius. E figo. Ma di quella fighezza, passatemi l’orrore linguistico, che strilla tanto “principe azzurro sui generis” da ogni parte. Come se non bastasse, ha una voce strappamutande che potrei ascoltare per ore. Quando soffia “yes” in risposta a un ordine, nell’episodio 4 (minuto 7.26 del video linkato sotto), potrei morire. Signore e signori interessati all’articolo, Bill Compton:
Dopo questa graziosa visione, decido che vale la pena andare avanti a guardare. E Bill mi appassiona sempre di più, finché non si arriva all’episodio 4. Nella migliore tradizione delle fanfiction a sfondo vampiresco, Bill e Sookie sbarcano nel locale per vampiri della zona, Fangtasia (Non. Una. Parola… XD), e lì l’ordine dell’universo viene ristabilito. Due a due, palla al centro.
Perché a Fangtasia c’è LUI. 194 centimetri di biondaggine svedese, vampiro antichissimo e amorale, sarcastico e pieno di senso dell’umorismo, un po’ Lucius, un po’ Jack Sparrow, egocentrico e manipolatore, gelido e sensuale, non proprio buono e non del tutto cattivo. E di una bellezza IMBARAZZANTE. Sexy come la tua cotta adolescenziale che, uomo fatto, ti invita a bere una cosa da lui. Irresistibile come tutti i cattivi ragazzi. Perfetto. Draco lo odierebbe con l’intensità di mille soli, perché è addirittura più biondo di lui. E si fa le meches (episodio 2 della seconda serie, guardare per credere…). E ha un’amica/seguace che è la Pansy Parkinson di Bite Me.
Lui.
Lui è il vampiro Eric Northman. Lui è l’attore Alexander Skarsgård e io ho una cotta che manco quando avevo 15 anni.
Compatitemi, è bellissimo:
E siccome sono buona, linko anche il filmato youtube con la sequenza della puntata illuminante:
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Nota di chiusura: non ho ancora visto la seconda serie (datemi un paio di giorni…) quindi chiunque l’avesse già vista non si azzardi a spoilerare, che ho ucciso per molto meno…